Abili nei
commerci, i Micenei intrattennero rapporti anche con le città italiche.
Vedendo i blocchi megalitici di Micene, non abbiamo potuto esimerci
dal raffrontarli a quelli della laziale Alatri, tanto per fare un
esempio. A Micene vi sono blocchi ancor più giganteschi, ciclopici
vengono chiamati, senza alcuna remora, dalle guide locali. Li vedono tutti e
numerosi Autori antichi non ebbero difficoltà a riferire che la tradizione
li ha sempre attribuiti ai ciclopi. Leggenda o realtà, sono lì da
vedere.
Uno dei blocchi lungo il corridoio che conduce all'ingresso della
famosa Porta dei Leoni è inspiegabile a parole, bisogna
vederlo...
Arrivando a
Micene, si nota immediatamente la forma della collina su cui sorgeva
l'Acropoli, recinta da mura. Fuori dalle mura, sono stati individuati dagli
scavi quattro complessi abitativi ben antecedenti e datati al XIII sec.
a.C.e che sono ben identificabili quando -oltrepassata la Porta dei Leoni -
ci si sofferma sulla Rampa a vedere le tombe scavate da H. Schleimann.
Prima
di salire alla Porta dei Leoni, in uno scenario che il visitatore fatica ad
inquadrare subito, si noti il pannello che indica le rovine di un importante
tempio di epoca ellenistica, la casa della fontana Perseia, così
chiamata dall'omonima sorgente che alimentava l'acquedotto nelle epoche più
antiche e in quelle seguenti. Si preservano dei blocchi nella parte
meridionale, che dovevano - si pensa - far parte di un edificio sacro
dedicato all'eroe Perseo o alla dea Hera. L'edificio è datato
al III- II sec. a.C.
Il sito
visitabile oggi si presenta con la topografia seguente:
1)Porta dei Leoni; 2)Granaio; 3)Grande Circolo A;.4) Rampa:Casa del Vaso del
Guerriero; Grande Rampa; Appartamenti ellenici; 5) Centro del Culto; 6)
Quartiere Nord; Edifici del pendio Nord ; 7)Propilei del Palazzo; 8)Palazzo
del re; 9)Templi di epoca storica; 10)Quartiere degli artigiani; 11)Casa
delle Colonne; 12)Edificio delta; 13)Edificio gamma; 14) Estensione
nord-orientale; 15)Cisterna sotterranea; 16) Magazzini Nord; 17)Porta
settentrionale. II)Tomba a tholos di Aegistus, III)Tomba a tholos di
Clitemnestra, IV)Grande circolo B, V)Casa della Fontana Perseia, VI)Casa del
mercante d'olio, VII)Tomba a tholos del Leone, VIII)Tomba a tholos di Atreus,
IX)Casa della Madonna (Panaghia House).
I
nomi dati alle tombe, non corrispondono ai reali 'proprietari' delle
stesse.
La "Porta dei
Leoni" è uno di quei 'sogni' che albergava nel nostro cuore di poter vedere,
un giorno...Ed eccola davanti ai nostri occhi, anzi ai nostri sensi. Quante
volte l'abbiamo vista nei documentari televisivi, sui libri di storia, sulle guide
d'arte antica, sui depliant turistici della Grecia...Averla davanti annulla
tutte le immagini precedenti che il cervello aveva immagazzinato: è il
contesto che fa la differenza e rende l'esperienza imparagonabile a
qualsiasi informazione attinta in letteratura. Unica!
Questo ingresso
principale fu sempre visibile attraverso i secoli. Gli stipiti e
l'architrave monolitica sono di conglomerato. Il rilievo triangolare dei
leoni e della colonna è considerato il più antico del tipo monumentale in
Europa. Le teste degli animali erano probabilmente di steatite ma non sono
sopravvissute fino a noi. L'ingresso era chiuso da una doppia porta,
assicurata da una barra scorrevole. E' datata al 1240 a.C. ed è
contemporanea alla seconda fase edificatoria della cittadella la quale ha
anche un ingresso Nord, munito di porta ma non lavorata come quella
dei Leoni.
Sotto, come si
presentava agli occhi dei visitatori nel 1890 (Istituto Archeologico
Tedesco):
Il 'Santuario
della Porta' è un piccolo vano situato immediatamente superata la Porta
dei Leoni, sulla sinistra. Lì si teneva la divinità deputata alla protezione
degli ingressi, una sorta di nume tutelare, al quale bisognava dare un
tributo prima di accedere all'Acropoli.
Immessi
sulla rampa che sale verso il Palazzo, a destra si notano le rovine del Granaio
e, nell'area sottostante, i tre cerchi concentrici entro cui vennero
rinvenute le favolose tombe (con corredi preziosi) da Heinrich
Schliemann.. Seguendo le
indicazioni del geografo greco Pausania, che intorno all'anno 170 aveva
visitato e descritto quei luoghi, Schliemann elaborò l'ipotesi che le tombe
dei sovrani della città si trovassero all'interno della cinta muraria. Il
suo proverbiale intuito lo portò a scavare nell'agosto 1879 nel punto che
egli riteneva fosse l'Agorà di Micene, dove si tenevano le assemblee dei grandi della
città. In seguito, rimise in luce una serie di tombe a pozzo e a
cupola, che
la tradizione attribuisce ai membri della dinastia degli Atridi (Agamennone,
Cassandra ed Eurimedonte e i suoi compagni uccisi dalla regina Clitemnestra
e dal suo amante Egisto, ma gli studi successivi hanno portato a credere che
non si tratti di loro). Nelle tombe a fossa giacevano scheletri di persone
che erano state bruciate frettolosamente (combustione incompleta), come
che chi lo avesse fatto avesse avuto una certa fretta (assassinio?).
Schliemann recuperò nelle tombe stesse qualcosa come 14 chili d'oro,
tra gioielli, armi, utensili, pettorali con
cui erano solitamente adornati i morti di stirpe regale, e le famose
maschere d'oro che
conservavano ancora i lineamenti reali e non idealizzati dei defunti; tra
queste maschere il fortunato ricercatore credette di individuare il volto del leggendario re Agamennone,
foto seguente:
XVI sec. a.C. circa, trovata nella tomba V del Grande Circolo A
A tal
proposito c'è da rilevare che non solo questa attribuzione si rivelò
scorretta (poichè la maschera sarebbe appartenuta ad un re antecedente ad
Agamennone di almeno trecento anni), ma uno studioso americano, William M. Calder III
confutò
l'originalità della maschera, che ritenne un falso commissionato dallo stesso
Schliemann. Non ci sbilanciamo in commenti ma tale tesi è stata recentemente
riconsiderata e avvallata da David A. Traill, con un articolo
su "Archaeology" (Vo. 52, N.4, luglio-agosto 1999). Al di là di
ogni possibile verità, la maschera -conservata nell'originale al Museo
Archeologico Nazionale di Atene - emana un fascino che travalica il tempo
e ci testimonia- insieme alle altre- l'abilità raggiunta dalla civiltà
micenea in campo orafo e come doveva essere feconda la produzione. Nel
Museo di Micene è possibile ammirare le riproduzioni di innumerevoli
reperti trovati nel sito archeologico di Micene, compreso il 'tesoro' e le
maschere in oro massiccio scoperte nelle tombe.
L'architettura funeraria prevedeva due tipi di tombe: quelle a fossa
costituite da un pozzo dove vi era la camera sepolcrale, e le tombe a thòlos
formate da una camera con una pseudo cupola, a cui si accedeva attraverso un
corridoio chiamato dromos.
La prima
tipologia è stata identificata in diverse parti della cittadella
di Micene (alcune sono tutt'ora in scavo) e sembra aver interessato un
periodo di tempo di 150 anni (poco prima del XVI sec. a.C. alla metà del
XV sec. a.C.). Ogni gruppo di tombe è stato poi circondato da un muro di
cinta circolare. Le prime sepolture furono scavate nel cosiddetto Cerchio
B (scoperto nel 1951), che giaceva al di fuori delle fortificazioni
dell'Età del Bronzo. Il Cerchio A(scoperto nel 1876) fu invece
scavato deliberatamente all'interno di essa, e le sepolture incorporate
sono sei, riccamente corredate, forse appartenenti a membri della famiglia
reale, che avrebbe soppiantato Cnosso come principale centro del mar Egeo.
Nelle tombe furono trovate ossa
di manzo e gusci di ostriche, testimonianza di riti funebri ben
sviluppati. Uomini
e donne sono stati sepolti nelle tombe, molte delle quali contenevano
corpi diversi. .
Dopo che i corpi vennero collocati nella tomba, le camere sepolcrali
vennero coperte con legno. Una fantastica gamma di coppe d'oro e
d'argento, gioielli, abiti e ornamenti erano stati messi con i morti,
soprattutto con quelli nelle tombe del Circolo A, diademi d'oro e oggetti
elaborati adornavano le teste delle donne. Le perline delle collane erano
di ametista, probabilmente proveniente dall'Egitto, e ambra dal Baltico.
Segno ulteriore dell'intenso rapporto commerciale dei Micenei. Gli
uomini furono sepolti con forniture di armi in bronzo, tra cui grandi
coltelli da taglio e punte di lancia; due i tipi di spade, una versione
che si usava sulla terraferma e una versione cretese. Spade
diverse sono ornate con oro placcato alle impugnature e hanno pomelli di
pietra levigata, avorio o oro, alcuni raffigurano predatori d'oro all'elsa.
Le lame possono essere ornate con cavalli in corsa, grifoni in volo, scudi
a forma di un otto, o addirittura gigli che pendono dal manico alla punta.
Edifici fuori dalle mura (XIII sec. a.C.)
Salendo lungo
la Rampa, si arriva - circondati da un paesaggio di grande suggestione
emotiva- al famoso Palazzo reale.
Il 'Palazzo di Agamenonne'. Ha la forma di un megharon, diviso in
tre corti.
I re a Micene
rivestivano un'importanza fondamentale, essendo infatti capi politici e
religiosi, intermediario tra mondo umano e divino. Era il capo assoluto di
tutto, discendente di Zeus. Del pantheon di dei nel periodo d'oro di
Micene si sa poco; alcuni nomi hanno una somiglianza con quelli degli dei
greci successivi di quattro secoli, ma sono sconosciute le loro
caratteristiche. Il palazzo reale consisteva in una grande sala, al cui centro era disposto un
focolare che era sempre acceso, dietro il focolare c'era il basamento del
trono; la sala era circondata da quattro
colonne disposte a quadrato che sostenevano, probabilmente, il tetto.
L'ambiente era preceduto da due grandi vestiboli, il primo dei quali aperto
sul lato anteriore dove erano disposte due grandi colonne.
Alcune vedute delle rovine di
Micene
Il Museo di Micene
Si
trova nell'area della Cittadella e si raggiunge facilmente a piedi. Il
museo espone più di 2000 oggetti provenienti da Micene e dei suoi
dintorni e sono collocati in base al luogo dove sono stati trovati,
criterio abbastanza funzionale per i visitatori, che possono così
comprendere la loro provenienza e l'evoluzione degli oggetti in alcune
aree. E 'possibile capire come la
gente di Micene visse, e come la vita a Micene si sia sviluppata fino alla
sua caduta, nel 2000 a. C circa. Il
valore archeologico e storico della collezione consiste nel fatto che
Micene fu uno dei centri di civiltà più importanti del secondo millennio
a. C, un periodo che va dagli anni 1600-1100 a.C. Gli scavi a Micene
iniziarono nel 1841 ad opera dell'archeologo greco Kyriakos
Pyttakis,
tuttavia
nuovi scavi hanno avuto luogo nella zona fino ai nostri giorni, con
criteri più scientifici ad opera della British School e di alcuni
archeologi moderni. Molti oggetti che appartengono a questi scavi sono
stati portati al Museo Archeologico Nazionale di Atene e alcune
riproduzioni sono state poste nel nuovo Museo Archeologico di Micene.
Troviamo mappe che illustrano come i commerci con altre zone geografiche
dovessero essere fiorenti. Inoltre colpiscono gli idoli femminili di
Grande Madre, statuette votive, monili, serpenti arrotolati di terracotta,
oggetti ritrovati nelle tombe, vasi e suppellettili, senza contare il
tesoro trovato nelle tombe reali del Grande Circolo A.
Un 'collage' dei reperti presenti nel Museo e, sotto, dettaglio di alcuni
di essi.
Importantissima, per noi, questa raffigurazione di Triplice Cinta,
che viene definita 'probabile gioco' e datata al IV- III sec. a.C. Fu
trovata nella Casa degli Scudi, al di fuori del recinto
dell'Acropoli.
Ripartizione
geografica di elementi ceramici simili del medesimo periodo:
Questo
monumento è uno dei più impressionanti che ci è capitato di visitare
durante il tour greco. Imponente, maestosa (ma per sua natura
semi-ipogea), con un lungo dromos (corridoio) di 36 m, in cui si
notano blocchi veramente 'impossibili', per la loro dimensione. Metterli
in posa dev'essere stata un'impresa davvero ciclopica. Inoltre,
inquadrando l'ingresso, si rimane colpiti dall'enorme architrave
monolitica che sovrasta l'apertura. La tomba è definita 'a tholos',
di cui si conoscono altri modelli nell'area mediterranea orientale.
Monolite ciclopico che sovrasta l'ingresso
A
Micene ne sono state rinvenute una dozzina di questo genere, ma questa è
la più strabiliante, grandiosa e perfetta. Chi la realizzò rimane un
mistero, forse un sovrano che ricostruì la rocca; viene impropriamente
detta di Atreo, il padre di Agamennone, ma mancano certezze.
Il periodo in cui fu edificata è stato attestato al XIII secolo (quattro
secoli prima della Guerra di Troia). Sopra l'architrave, si apre una
fessura triangolare, forse con funzione di scarico della struttura
sovrastante. Dall'interno è possibile considerare però che si vede la
montagna che sta di fronte, con una porzione di cielo ristretta, e
non possiamo escludere una correlazione archeoastronomica, di cui forse i
costruttori e il committente tennero conto.
In
origine aveva due colonne calcaree di colore verde ai lati dell'ingresso,
di cui restano visibili gli alloggiamenti; era dipinta e doveva essere uno
splendore. Aveva un fregio
con rosette sopra l'architrave della porta e decorazione a fasce con spirali
sulla lastra in marmo rosso che chiudeva l'apertura triangolare di
alleggerimento sopra l'architrave. I capitelli sono a cavetto, simili a
quelli lotiformi egizi. Altre decorazioni erano intarsiate con porfido rosso
e alabastro verde, tutti elementi che -oltre a sorprendere vista l'epoca di
cui si tratta- lasciano capire che chi vi fu sepolto doveva essere
veramente importante.
Infatti anche all'interno pare avesse decorazioni in oro, argento e
bronzo, completamente asportate (rimangono le pietre levigate). L'interno
porta letteralmente in un altro mondo, in cui mistero, rispetto e stupore
si intrecciano. Il capo all'insù si impone, seguendo uno per uno i corsi
di blocchi che si sovrappongono in un elevarsi sempre maggiore (fino a 13
m), in sezione ogivale, con i massi progressivamente aggettanti, e la
copertura voltata che non lascia spazio apparentemente ad errori. Sembra
una residenza per gli dei. Il diametro massimo è di 14, 50 m ed è dotata
di un'appendice o camera, che era quella che ospitava la sepoltura vera e
propria. Questo ambiente ha la forma di un cubo e rappresenta la parte
più intima della struttura, paragonabile al naos di un santuario.