Il santuario di
Apollo a Delphi (o Delfi
o anche Delfo) -prima ancora di essere una località geografica - è un sogno
ambito da molti ricercatori. In esso mito, storia e archeologia, arte e
architettura, religione e politica, filosofia e cultura si intersecano pur
rimanendo sullo stesso piano. Un vero mistero. Potevano mancare i nostri
'due passi' in un luogo tanto attraente?
Le origini
del culto
Delfi, il
centro del mondo antico. Ciò significava che lì vi era qualcosa di
particolare, dal momento che la leggenda riconduce la nascita della città al
dio Zeus che- volendo sapere quale fosse il 'centro' del mondo, fece
volare due aquile dalle estremità del mondo orientale e occidentale; dove
esse si fossero congiunte, quello sarebbe stato il punto esatto. Le due
aquile si incontrarono proprio sotto il monte Parnaso, a Delfi, che divenne dunque l'
"omphalos" (o ombelico) del mondo antico. A celebrare questo
evento, in epoca mitologica si narra che si trovasse una pietra a forma di
campana (o di mezzo uovo), che non esiste più, costruita dalla popolazione
nel punto in cui le due aquile si erano incontrate. Sono pervenute fino ai giorni nostri due pietre con
tale forma: una si trova nel santuario e l'altra (di epoca romana) molto più
elaborata, è conservata nel museo, come vedremo.
L' "Omphalos" che si trova all'aperto, nel complesso del santuario
Nacque così
Delfi, almeno mille anni prima di Cristo, che divenne sede di un grandioso
santuario dedicato al
dio Apolloe del più famoso oracolo del mondo antico. I
vaticini, emessi dalla Pizia (o Pitonessa), riportavano la
volontà del dio stesso. Perchè quel nome? Una tradizione mitologica racconta
che in una grotta sotto il monte Parnaso si fosse rifugiato Pitone,
orribile serpente che Hera (moglie di Zeus) aveva scatenato contro
Leto o Latona (che dall''unione con Zeus aveva partorito Apollo ed
Artemide). Omero
racconta che Apollo, nelle sembianze di un delfino, sarebbe giunto qui
saltando su una nave proveniente da Creta e, con mira infallibile, avrebbe
ucciso il mostruoso serpente, sulla cui tana venne eretto un tempio al dio
(Apollo, appunto), che venne appellato Pizio (Pitonesso), così la Pizia era
chiamata la sacerdotessa che riferiva i suoi oracoli. In ricordo dell'evento
(che non si sa a quale tempo far risalire), nel VI sec. d.C. vennero
istituiti i Giochi Pitici, che si svolgevano ogni quattro anni nello
stadio.
Esistono
diverse varianti del mito, una descrive l'uccisione di Pitone da parte di
Apollo appena nato,con le sue frecce. Dopo
l'evento, il serpente Pitone visse in amicizia con Apollo e custodì l'
"Omphalos", la sacra pietra- ombelico, centro della Terra, che stava nel
tempio del dio.
Piccola
parentesi per far notare come, nell'allegoria dei miti, si celi un senso
recondito che si relaziona con l'Alchimia. La nascita del dio
in un'antro (sull'isola di Delo, appena nata dalle acque) custodito da leoni
(simboli dell'elemento fisso o solare), è un tema frequente nell'iconografia
dell'Arte Regia, così come la lotta col drago, che rappresenta il 'cavaliere
armato di lancia o di freccia' (principio solfureo) che deve liberare dalla
materia lo spirito (1). Il centro sacro, sorgente del Sapere, è infine la
realizzazione cui deve puntare ciascuno di noi.
Ancor prima
dell'arrivo del culto apollineo, nel luogo si trovava un tempio dedicato al culto di Gea,
la Madre Terra, da epoche immemorabili (lo attestano le
statuette di 'Grande Madre' rinvenute durante gli scavi ed esposte al Museo
Archeologico locale). C'è da dire infatti che un'altra trazione narra che da
una fessura della terra salivano dei vapori o gas naturali; un
giorno, un pastore che si chiamava Koreta (o Corete) si avvide che le capre
che vi si avvicinavano erano colte da spasmi ed emettevano strani suoni.
Volle verificare cosa succedesse e, quando respirò le esalazioni pure lui,
si avvide che cominicava a dire delle cose che si verificavano. Ma dalla
fessura venivano anche misteriosamente risucchiati coloro che si spingevano
sul crepaccio. Allora il pastore mise un vaso treppiede (tripode) sulla fessura della
terra, facendovi sedere una fanciulla vergine affinchè vaticinasse (e non
venisse risucchiata) dando origine alla prima forma dell'oracolo.
Dato che il 'dono' proveniva dalla Madre terra, venne eretto un tempio
intitolato a Gea. Quei vapori potrebbero aver indotto uno stato alterato di
coscienza, cosa scientificamente spiegata.
Idoli
rappresentativi della Grande Madre (Museo Archeologico di Delfi)
L'antica
dedicazione alla Madre Terra, si potrebbe essere trasformata nel culto alla
dea Athena; sappiamo infatti che il santuario della dea precedeva
l'ingresso al tempio di Apollo, tanto che veniva chiamata Athena
Pronaia. La strada carrozzabile ha quindi 'tagliato' in due il complesso
cultuale di Delfi: a Sud-Est sorgeva il tempio dedicato alla divinità
femminile, a Nord-Ovest, quello di Apollo. Il compito del primo era di
proteggere il recinto sacro del secondo.
Un luogo
strategico e sacro
Sulla strada
che conduce a Delfi, veniamo colpiti dalla maestosità del paesaggio,
soverchiato dalle antiche Fedriadi o rocce terribili, come le
indicavano gli antichi:da esse venivano fatti precipitare i malfattori, i
sacrileghi, sorte toccata anche al famoso favolista Esopo, quando osò
dubitare della sincerità dei sacerdoti del tempio. E' da capire, infatti,
che la Pizia emettesse i suoi vaticini in accordo con quanto le dicevano di
dire i sacerdoti stessi, per una sorta di convenienza politica o sociale,
non perchè il dio Apollo le trasmettesse veramente le profezie. Ma chi osava
dubitare...
Di fronte a
Delfi si stende la vallata del Cristos, molto fertile, e c'è anche il
mare (il porto di Itea, che fa parte del Golfo di Corinto) ma il
santuario non era visibile dal mare ed era quindi protetto dai pirati che
infestavano questa zona nell'epoca antica. Delfi era un importante luogo di
transito per tutti e quattro i punti cardinali, ecco perchè storicamente era
considerato il 'centro' del mondo.
Sappiamo che
nell'area hanno insistito tre diversi santuari: il primo, dedicato al culto
del dio Apollo, venne eretto nel VI sec. a.C., venne distrutto da un
grande incendio e venne ricostruito grazie al finanziamento di una ricca
famiglia ateniese, chiamata Alcmaeonidis, ma sappiamo che nel 373
a.C. questo secondo tempio era già in rovina perchè venne distrutto da un terremoto e così, nel 330 a.C. tutti i greci decisero di finanziare la costruzione
di un nuovo tempio, che era tutto in marmo bianco. Tale 'lega' religiosa tra
popolazioni e città confinanti era chiamata Anfizioniae si
proponeva di curare e difendere un tempio comune, celebrandone insieme le
festività ad esso connesse. L'anfizionia delfica in onore del Santuario di
Apollo a Delfi è la più famosa ed autorevole che si conosca, unitamente a
quella costituitasi per il santuario di Demetra ad Antela.si portò
a termine il terzo tempio, le cui rovine vediamo oggi. L'oracolo funzionava
però da tempi antichissimi e perdurò fino all'epoca cristiana; nell' 86
a.C. i Romani sottrassero i tesori che si era accumulati nei templi.
Nella parte chiamata Agorà (spazio aperto), si trovava una
basilica cristiana, di cui restano alcuni capitelli con croci, poche
cappelle e colonne.
L'Agorà, dove in epoca cristiana venne eretta una Basilica
Il tempio di Apollo venne chiuso dall'imperatore
Teodosio nel 390 d.C., restò abbandonato e i primi cristiani
adoperarono molto materiale edilizio per realizzare altre costruzioni (cosa
che era la prassi in ogni epoca). La distruzione operata dai cristiani e dai
romani fu quasi totale; gli scavi- in aggiunta alle descrizioni pervenuteci
dagli antichi autori- hanno permesso di capire come fosse strutturato e dove
fosse collocata la statua del dio Apollo: essa stava in posizione preminente
nella cella (naos), mentre sui muri del pronao (vestibolo) sono incise
grandi massime dei Sette Uomini Saggi ed una enigmatica lettera E.
Secondo una tradizione, sul frontone del
tempio era scritto in greco"Gnothi seauton" ovvero "Conosci te stesso", un monito per scoprire che
la vera Conoscenza è dentro l'Uomo e che da essa parte la conoscenza di
tutto il resto.
Alle pendici
meridionali del monte sacro Parnaso, a circa 600 metri di altitudine,
ancora oggi possiamo vedere le rovine del grande centro spirituale e di
pellegrinaggio, situato all'incrocio di importanti vie di transito. Per la
conformazione naturale del terreno, il complesso cultuale si snoda su
terrazze ed ha un elemento fondamentale legato al sacro: la presenza di una
sorgente d'acqua, chiamata sorgente Castalia, che veniva incanalata e
condotta fino alla roccia dove la Pizia emetteva i suoi oracoli.
Le
canalizzazioni dell'acqua provenienti dalla sorgente Castalia
Dall'ingresso principale del Tempio si snoda-lungo un ripido declivio
digradante le balze- la Via Sacra, lungo la quale venivano
collocati ex -voto e numerosi tempietti votivi. Nel corso del tempo,
infatti, il Santuario venne arricchito di edifici chiamati Tesori
che custodivano le opulente offerte donate (ricordiamo quello di Sicione, quello degli Ateniesi, dei Sifni o della Sfinge,
ma molti sono scomparsi). Apriamo una piccola parentesi, rimandando il
lettore ad un
interessante articolo di Giuseppe Sgubbi, che ci informa di come
alcuni Autori antichi (Strabone, Plinio il Vecchio, Dionigi di Alicarnasso,
Polemone) abbiano indicato -tra i Tesori del santuario delfico - anche
quello di Spina (località italiana in prov.di Ravenna) e di Cerveteri (RM).
Come mai nessuno ne parla e tutto sembra essere un mistero, tra i tanti che
ancora Delfi deve rivelare?
I Tesori erano generalmente di forma quadrangolare con due
colonne davanti. che ne proteggevano l'ingresso. Frammenti delle loro decorazioni si possono ammirare nel museo
locale, insieme ad alcune delle più importanti sculture dell'arte greca,
come i due Kouroi (i gemelli di Argo), la Sfinge, le cariatidi che la
precedevano, le metope del tempietto degli Ateniesi e di Sicione, l'Auriga
in bronzo, e naturalmente la copia romana dell' "omphalos", di cui poi
diremo. Il santuario era dotato anche di un teatro, nella sua parte
superiore, a ridosso della collina, ben visibile ancora oggi.
Molte città
fecero a gara per avere un posto nel santuario, sottoforma di tempio votivo,
tesorieri, etc. Si trattava anche di 'sponsorizzarsi', politicamente...
Su molte stele,
stando alle guide, sono fittamente iscritti i nomi dei costruttori che hanno
partecipato alla realizzazione del Santuario.
Gli scavi del
santuario di Delfi iniziarono nel 1880 a cura di un'equipe francese, che
riportò alla luce i resti della città con le sue necropoli e lo stadio
databili al IV sec. a.C., che sovrastava il grande santuario del dio Apollo.
Scavi che si susseguono ancora oggi. Tutti accorrevano a farsi fare un
vaticinio, soprattutto i personaggi politici e militari importanti (si sa
che vi arrivò anche Alessandro Magno, Ciro e, secoli dopo,
Giulio Cesare, e poi Nerone, tra i tanti), ma anche
eminenti filosofi come Socrate e Platone; inoltre Euripide,
Esiodo. I sacerdoti avevano capito l'importanza giocata dal ruolo
della Pizia e con buona probabilità erano loro -su convenienza politica- che
le suggerivano di volta in volta cosa dire all'interlocutore di turno.
Tuttavia, lo storico Plutarco -che fu un sacerdote del Tempio- ci ha
tramandato che "La Pizia ripete le parole del dio, che si vale di lei
nella maniera in cui della luna si vale il sole. Apollo rivela ed apre i
suoi pensieri ma li rivela mescolandosi con un corpo mortale ed un'anima
umana, che non riesce a mantenere la calma ed a manifestare ogni cosa
rimanendo impassibile. Essa dunque ondeggia come una nave nel mare
tempestoso ed è trascinata dal suo intimo sconvolto. Edè questo che genera
l'entusiasmo (Plutarco, 'Opuscoli', tomo III). I responsi non vennero
mai ufficialmente contestati. L'oracolo di Delfi pare che predisse pure la
sua stessa distruzione.
Ingresso del Santuario e del Museo
Tratto della
Via Sacra
Scorcio di un
settore del complesso cultuale; sullo sfondo il Monte Parnaso
Resti del tempio votivo lasciato dai re di Argo
Tesoro di Sicione
Tesoro degli Ateniesi (unico ad essere quasi integro)
Resti di mura poligonali del recinto del Tempio: i
blocchi sono incastrati tra loro a secco, e alcuni sono incredibilmente
curvati. Erano giù presenti quando il Tempio venne costruito?
Altare del dio Apollo
Alcuni scorci del complesso ('collage' di foto)
Blocchi incisi con lettere greche
L'Autrice davanti al
Tempio di Apollo
Veduta delle rovine del tempio del dio Apollo
Le
colonne del tempio di Apollo
Il Teatro
Bellissima veduta del
santuario di Delfi
La cerimonia
oracolare
Nulla si è
preservato della 'sala delle audizioni' dove veniva preso l'oracolo; unico
elemento, sul pavimento della cella, il simbolo della profezia del dio: il
tripode oracolare su cui stava la Pizia. Le descrizioni ci narrano
che la cerimonia avveniva secondo schemi ben precisi e complessi, in date
prefissate (al riguardo, abbiamo sentito diverse versioni, chi afferma
avvenissero in un solo giorno dell'anno (il 7 marzo), con un'affluenza
sterminata di gente, chi dice che avvenissero solo d'estate, salvo casi
particolari). La Pitonessa veniva accompagnata dai sacerdoti dal recinto
sacro in cui viveva alla Fonte Castalia in cui -completamente nuda-
si immergeva per purificarsi. Si recava quindi a bere alla Fonte
Cassotide e raggiungeva il Tempio di Apollo, dove attendeva un
(malcapitato!) capretto del sacrificio: veniva immolato solo se reagiva agli
spruzzi d'acqua, segno di buon auspicio che faceva continuare la cerimonia,
altrimenti tutto si interrompeva, il capretto veniva liberato ma era cattivo
presagio. Se tutto era a posto, si procedeva con il sacrificio, in seguito
al quale la Pizia raggiungeva la sala più interna del Tempio, in cui era
stata inglobata la fessura della roccia, dalla quale esalavano vapori
vulcanici e dove si trovava anche l'Omphalos, insieme ad una pianta
sacra di alloro e il tripode, su cui ella sedeva. Andata in trance,
iniziava a vaticinare scuotendosi (ma non cadendo poichè si teneva ben salda
alle maniglie del tripode), trasmettendo le parole del dio Apollo, che poi i
sacerdoti si incaricavano di riferire.
La
roccia identificata come la sede dove la Pizia traeva i vaticini.
Accanto, la presunta 'tana di Pitone'
Le
condotte in pietra che portavano l'acqua sorgiva al tempio oracolare
Il tripode (Museo
Archeologico)
Il Museo
Archeologico di Delfi
La visita al
santuario deve essere preceduta o comunque completata da quella del Museo, dove sono raccolti
tutti i reperti fittili e plastici rinvenuti e che raccontano la storia del
complesso cultuale nel corso della sua vita secolare.
Ricostruzione di come dovesse
essere composto il complesso all'apice della sua fama. Al centro, colonnato
e coperto, stava il Tempio di Apollo
Un 'collage' di reperti che si
possono ammirare- tra i molti- nelle sale museali
I
gemelli di Argos.
Due statue identiche per misura e altezza sono le più antiche e monumentali
offerte votive a Delfi e uno dei più precoci esempi su larga scala di
scultura arcaica. Una coppia di statue nella Grecia antica è cosa rara. Dal
tempo della loro scoperta, essi sono stati identificati con due possenti e
pii fratelli di Argo, Cleobis e Biton, che gli abitanti di quella città
dedicarono in forma di statua a Delfi. La mitologia ci dice che la loro
madre voleva recarsi al santuario di Delfi ma i buoi che dovevano trascinare
il carro, non si muovevano. Allora i due gemelli si misero al posto degli
animali e trascinarono il carro, con la madre sopra, fino a Delfi. Qui si
addormentarono, sfiniti. Quando lei, che gli era molto riconoscente, andò a
svegliarli, li trovò morti. Un'altra interpretazione li
identifica invece con i Dioscuri, il cui culto era molto diffuso nel
Peloponneso. I due Kouroi (il singolare, Kuros, identifica una statua
maschile in piedi), che siano semidei o eroi mortali, sono opera dello
scultore di Argo Polimedes, il quale ci ha fornito- tramandandoceli - un
esempio di lavoro scultoreo argivo dell'inizio del VI sec. a.C., che si
colloca al tempo della transizione tra il Dedalico (o labirintico) e la
prima arte arcaica.
(cliccare per leggere quanto Erodoto ha tramandato sulla leggenda dei due
fratelli di Argo)
Uno
dei più antichi monumenti presenti è il Tempietto della Sfinge (Tesoriere
della Sfinge).
Dopo lo stile austero delle costruzioni doriche dedicate al santuario di
Delfi nelle varie città greche, il tesoro della Sfinge presentava
lavorazione e stile delle isole egee e della grecia orientale, come il ricco
ornato di ordine ionico. L'architettura rimasta permette di ricostruire la
sua struttura nel dettaglio. Inoltre, questo è uno dei pochi monumenti che
può essere datato nel dettaglio, dalla sua costruzione legata ad un fatto
storico descritto da Erodoto e dato dalla Pizia in un oracolo che aveva
preso dalla Sfinge (questa data è sicuramente prima del 524 a.C.).
La costruzione di questo tesoriere della Sfinge interamente in marmo, fu un
tributo di gratitudine al dio Apollo da una piccola parte delle isole
Cicladi, che a quel tempo erano finanziariamente floride, per la presenza di
miniere di oro e argento. Il tempio era lussuosamente rifinito, come
dimostrano i dettagli delle sculture a rilievo sulla parte superiore
dell'edificio, che presentano fiori di loto, palmette, rosette, teste di
leone, elementi figurativi e tutto contribuisce a capire che si volesse
ostentare l'ordine ionico. Attorno al 560 a.C., prima della costruzione del lussuoso
tempio del Tesoro della Sfinge, un'altra città- Naxos- offrì al dio
Apollo di Delfi una statua della mitologica Sfinge; la colossale
misura impose che venisse collocata e vista nel Santuario (vicino alla
roccia della Pizia), affinchè corroborasse la supremazia
politica ed artistica di Naxos nell'era arcaica.
La
demoniaca figura con volto femminile e sorriso enigmatico, il corpo di leone
e le ali di uccello, era situata su una colonna con capitello ionico e
l'altezza totale del manufatto era di 12, 50 metri. Da un'iscrizione trovata
alla base della colonna, datata al IV sec. a.C., i sacerdoti di Apollo onorarono il popolo
di Naxos con il privilegio di 'promanteia', ovvero la priorità di ricevere
un oracolo.
La
Sfinge di Naxos e il suo sorriso definito 'arcaico'
E'
tuttavia nella facciata che venne toccato l'apice della ricca
scultura:anzichè le due usuali colonne che sostenevano l'epistilio, si aveva
qui una coppia di cariatidi, simili a quelle dell'Erecteion
dell'Acropoli di Atene di origine ionica. Così, nel 525 a.C., le cariatidi
del tesoro della Sfinge presagirono il portico dell'Eretteo.
Retro della Sfinge di Naxos
I soggetti
scolpiti sul lato nord del tempietto della Sfinge, che dava sulla Via Sacra, raffigurano la Gigantomachia,
la battaglia degli dei dell'Olimpo contro i giganti, figli di Gaia.
Il mito del conflitto- che fu vittorioso per gli dei- è un tema preferito
nell'arte greca antica, simboleggiante il trionfo dell'ordine e della
civilizzazione sopra l'essere selvaggio e l'anarchia. Alcuni dei giganti
sono raffigurati con armature di metallo, elmetti e scudi, altri con corazze
e gambali. I pellegrini potevano vedere le scene che si snodavano da
sinistra verso destra. Partendo da sinistra, Efesto- vestito di un corto chitone-
prepara una palla infuocata, mentre vicino si trovano Demetra e
Kore, mentre Dioniso è vestito di pelle di pantera e Cibele
è su un carro trainato da leoni. Il paio di dei che stanno dietro ai
giganti è identificato come Apollo e Artemide. Sullo scudo del
quarto gigante è incisa una frase che riporta l'autore del rilievo ma
sfortunatamente il nome non si è conservato. Proseguendo nella decodifica
delle sculture, potrebbe seguire il dio Zeus, poi Hera,
Athena, Ares (armato con elmetto e scudo) ed Hermes, che
indossa il conico pilos, caratteristico dei pastori di Arcadia.
L'ultima figura è frammentaria, probabilmente si tratta di Poseidone,
accompagnato da sua moglie Amphitrite.
Particolare della scena tratta dal fregio orientale del
Tesoro di Siphnos, rappresenta la Guerra di Troia (525 a.C.).
Da sinistra, Aris, Afrodite, Artemis, Apollo, e Zeus. L'intero fregio
riporta anche Athena, Hera, Demetra, carri troiani, Enea, Ettore,
combattenti, Menelaus, Ajace, e carri greci. Tutti i lati presentano scene
relative alla omerica Guerra di Troia.
Scena
del mito dei Dioscuri. Castore e Polluce, con i loro cugini, i due figli di
Aphareus, muovono i loro buoi, catturati durante una razzia in Arcadia;
tutti brandiscono le loro lance. Le iscrizioni dipinte permettono
l'identificazione dei soggetti.
Rapimento
di Europa. La figlia del re di Fenicia, assisa sulla groppa di Zeus
trasformatosi in toro, pende in avanti per aggrapparsi saldamente
all'animale, che galoppa.
Scena
del mito della spedizione degli Argonauti. Alla prua di una nave di Argo sta
Orfeo con un altro musicante a suonare la lira. Scudi sono messi contro
l'arrivo dei nemici. I Dioscuri, sbarcano dalla nave sui loro cavalli.
Nel 1939, gli archeologi fecero delle scoperte insperate, che suportavano
quanto alcuni autori antichi (come Erodoto) avevano scritto im merito
a favolosi e mitici tesori che alcuni re (Mida di Frigia, Creso
di Lydia, etc.)avevano lasciato come offerta al santuario di Apollo,
testimoniando la sua enorme fama. Sotto le pietre della Via Sacra,
davanti al portico degli Ateniesi, gli scavatori trovarono due fosse
riempite di oggetti e materiali preziosi (oro, argento, avorio e bronzo),
databili tra l'VIII e il V sec. a.C., dei frammenti appartenenti ad
una statua crisoelefantina, pezzi d'argento appartenenti ad un toro di
grandi dimensioni; numerosi pezzi d'avorio lavorati a rilievo; squisiti
pezzi d'avorio, spade, vasi, etc. La loro deposizione sembrava accurata, ad
indicare che forse erano stati sotterrati per proteggerli dai saccheggi
attorno al V sec. a.C.(epoca in cui il secondo tempio venne distrutto).
Il
toro
Grazie ad un
lungo restauro, i pezzi sono stati riassemblati ed è stato possibile esporli
così come li vediamo oggi, mostrando l'alta raffinatezza e l'opulenza
dell'arte del periodo arcaico e classico nonchè la venerazione nutrita verso
il santuario di Apollo a Delfi, sede dell'oracolo. Molti pezzi provenivano
da laboratori ionici (da città come Mileto, Samo, Efeso). Tuttavia non è ben
chiaro da dove possa originare la statua crisoelefantina, in quanto sembra
una tecnica usata tra VI e V sec. a.C. e se ne avevano esempi
nell'Acropoli di Atene (statua di Atena) e nel Tempio di Zeus ad Olimpia,
entrambe realizzate da Fidia.
'Vaso' (coppa attica con fondo
bianco)di un artista ateniese anonimo, raffigurante il dio Apollo
rappresentato come profeta e come dio della musica (ha in mano una lira): sta
facendo una divinazione e versa sangue sacrificale (oppure vino come
libagione). Il corvo è qui il
simbolo dell'arte della profezia (ma la didascalia suggerisce che si tratti
del mito dell'amore del dio per la bella Cornelia(Koronis), figlia del re Phlegyas (480-470
a.C.).
Esempio di Arte corinzia mirabile
L' "Omphalos"
o pietra che definiva il ' centro sacro' della Terra, fu trovato
nell'area nord- orientale del Tempio di Apollo. E' molto probabile che
replicasse la forma della pietra che stava nella sala dell'adyton
(dove veniva dato il responso dell'oracolo) ed è considerata una copia
ellenistica o romana di quell' "omphalos". Il rilievo rappresenta gli
intrecci della coperta di lana che ricopriva l'originario 'omphalos'.
Secondo la didascalia in loco, recenti teorie avrebbero stabilito che esso
coronava la sommità della colonna cosiddetta 'dei danzatori'. In realtà,
potevano vederlo soltanto i sacerdoti e le sacerdotesse che avevano accesso
alla sala.
L' Omphalos
Particolare dell'Omphalos
L'Omphalos all'interno della sala del museo archeologico di Delfi...
Altare
circolare proveniente dal tempio di Atena Pronaia. La decorazione scultorea
ritrare dodici giovani donne (disposte a coppia), con ghiralnde di fiori. La
rappresentazione viene considerata una tipica scena usata come oggetto di
decorazione del santuario in preparazione di festival musicali o performance
teatrali.
L'Auriga di Delfi,
cosiddetto dagli studiosi. E' una statua in bronzo di straordinaria
importanza poichè nessuna delle altre statue bronzee descritte in antico si
è salvata dalle distruzioni (catastrofi naturali, terremoti, saccheggi e
trasporti in altri siti), eccetto questa. La scoperta fu fatta nel 1896 e
suscitò enorme entusiasmo,in quanto raro a trovarsi una statua di questo
genere, a grandezza naturale e del periodo classico. Doveva trattarsi, in
origine, di una quadriga (sono stati trovati frammenti bronzei che
componevano i cavalli); la composizione aveva uno o due bambini ai lati, e
altri tenevano le redini. Doveva trattarsi di una sfilata, in cui l'Auriga
era vincitore di una corsa con i cavalli e si mostrava alla gente per
celebrare la propria vittoria. Sobrio ed austero, incarna il modello
artistico di transizione tra l'epoca arcaica e quella classica (480-460
a.C.). Studi comparativi sono stati condotti con alcune opere di Pitagora,
originario di Samo, ma andato in esilio in Calabria (che allora era parte
della Magna-Grecia), che si distiungono per la loro simmetria e per il
particolare apporto di dettagli.
Scultura di Antinoo (epoca Adrianea)
Iscrizione di epoca romana
Interessante
un'erma acefala in marmo, la cui iscrizione ci dice che questa offerta
votiva con il busto di Plutarco, venne dedicata dagli abitanti di
Delfi e Cheronea, in onore del grande storico e sacerdote del tempio di
Apollo, conformemente ai decreti votivi della Anfizionia delfica, attorno al
125 d.C.
Athena
Pronaia
Uscendo
dal Museo, si vedranno i cartelli per l'Antico Ginnasio e il
Santuario di Athena Pronaia, che si trovano lungo il pendio, oltre la
strada carrozzabile (come abbiamo accennato all'inizio). Procedendo lungo la
carreggiata a piedi, dopo poche decine di metri dall'uscita del Museo, sulla
sinistra, si incontra una piccola cascata d'acqua sorgiva, che un tempo
doveva alimentare una vasca ed era ritenuta probabilmente sacra o
taumaturgica (si vedono alcuni cippi votivi a terra ma, dato che l'ambiente
è chiuso ed è proibito entrare, non ci è dato sapere altro). Fermo restando
che gli scavi sono ancora in corso in più punti, su tutta la montagna, e che
non ci è stato possibile raggiungere la parte a valle della strada
carrozzabile, brevi note vogliamo ugualmente dedicarle, per completezza di
comprensione, agli edifici che lì vi sorgevano, e che anticamente
costituivano il punto di partenza per l'ascesa al tempio oracolare di
Apollo. Dunque dovremmo immaginare i pellegrini che- provenendo dal basso-
si inerpicavano su per la salita, entravano prima nel tempio di Athena
Pronaia e probabilmente eseguivano un percorso prestabilito (e probabilmente
si ristoravano dal viaggio e dal cammino, perchè qui arrivavno genti da ogni
dove, richiamati dalla presenza della Pizia che profetizzava in nome del dio
Apollo, ma anche dalle acque salubri e taumaturgiche), che culminava nel
santuario oracolare. Ma meta era anche il teatro e, ogni quattro anni, lo
stadio si animava per i Giochi Pitici.
Scavi
archeologici hanno evidenziato che in precedenza, nell'area dove c'è il
tempio di Athena Pronaia, vi erano venerate divinità locali (Phylacus
e Autonous), e che il sito fu abitato già tra il 1500
e il 1000 a.C. Gli scavi sono stati difficoltosi per la sovrapposizione di
più strati edilizi. Sono comunque stati scoperti degli altari, la cui
iscrizione, del V sec. a.C., segnala che nel sud del tempio vi erano due
altari dedicati a due aspetti diversi della stessa Atena, Ergane
(patrona dei lavori, delle arti, delle scienze e della fecondità) e
Zosteria (patrona delle battaglie) ed uno al dio Zeus Polieus
(protettore della città). Ma incisioni presenti sulle mura, attestano che vi
si veneravano altre divinità come Eilythyia (che elargiva protezione
alle donne durante il parto) e Hygieia (che assicurava guarigioni e
salute). Il tempio di Athena Pronaia venne riedificato più volte, come
quello di Apollo. Il primo tempio impiegò un materiale di tufo ed era di
tipo arcaico o dorico(VII sec. a.C.), con grandiosi colonnati; nel
480 a.C. il santuario venne danneggiato dalla caduta di rocce dalla
montagna sovrastante e, nel 373 a.C., distrutto da un terremoto. Ne
venne quindi eretto un altro, più spostato verso est per maggiore sicurezza
(era fuori mira dalla caduta dei massi), che venne scavato dall'equipe
francese alla fine del XIX secolo; nel 1905 era ancora visibile il
peristilio ma una frana distrusse il lavoro.
Vi
erano poi i tempietti del Tesoro, dove venivano depositate tutte le
offerte più ricche e preziose. Le città titolari si superavano in
ostentazione di raffinatezza e opulenza anche nelle decorazioni simboliche
dei tesorieri. Ma il monumento sicuramente più interessante e misterioso è
il celebre Tholos o monumento circolare, di tipo
classico (380-360 a.C.), che misurava 14,76 m di diametro ed aveva
un'altezza di 13,5 m. Lo si può dedurre perchè è stato riportato alla luce e
parzialmente ricostruito nel 1938. Si ritiene opera architettonica di
Theodorus di Phocaea; è in marmo attico, l'ordine è dorico sulla parte
esterna e aveva venti colonne. Ma non si conosce esattamente quante ne
avesse internamente. E' considerato una meraviglia architettonica tra le più
interessanti del mondo antico; in particolare, sono rilevanti le
armonie geometriche riscontrate, un'abilità matematica nei rapporti
strutturali che chiama in causa il numero aureo. La complessità algebrica
della struttura è abbinata dettagliatamente e alla perfezione alla relativa
decorazione. Il Tholos era decorato con un fregio costituito da 40 metope,
conservate nel Museo Archeologico. Nel fregio esterno era raffigurata la
battaglia fra le Amazzoni e i Centauri. Purtroppo manca
qualsiasi iscrizione e non si trovano suggerimenti in letteratura, sulla
reale origine e scopo di questo edificio. Si sa che era contemporaneo al
tempio principale, ma quest'ultimo era totalmente differente nel materiale,
nella forma e nello stile ( e pare non avesse decorazioni scultoree).
C'erano anche zone dove alloggiavano i sacerdoti, chiaramente. Dobbiamo
pensare a questi grandi complessi cultuali, in effetti, come ai monasteri
cui siamo abituati a vedere ancora oggi, concettualmente.
Il sito archeologico di Delphi
è inserito nella lista dei monumenti Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO:
Note:
1)- Più volte abbiamo affrontato
l'argomento in questo sito (v.'Il linguaggio dell'Alchimia'). Scriveva
Fulcanelli:" [...] questo combattimento singolare dei corpi chimici la cui
combinazione produce il solvente segreto (e il vaso dell'amalgama), è
stato l'argomento di moltissime favole profane e di allegorie sacre. Quella di
Cadmo che trafigge il serpente contro una quercia; quella di Apollo che uccide
con le sue frecce il mostro Pitone e di Giasone che uccide il drago nella
Colchide; ed ancora Horus che combatte contro il Tifone nel mito di Osiride;
Ercole che taglia la testa all'Idra e Perseo che taglia quella della Gorgone; e
poi san Michele, san Giorgio, san Marcello che abbattono il drago, copie
cristiane di Perseo che, a cavallo di Pegaso, uccide il mostro che
sorveglia Andromeda; ed è anche il combattimento tra la volpe e il gallo; quello
dell'Alchimista colo drago, della remora (di Ciliani) e della salamandra(di
Cyrano de Bergerac), del serpente rosso e di quello verde..." (Fulcanelli, "Il
Mistero delle Cattedrali", p. 146, Edizioni Mediterranee, 2001. Anche
l'allegoria di Apollo che giunge nelle sembianze di un delfino, riveste
un alto valore ermetico: rappresenta infatti il pesce regale, di colui
che è destinato a diventare re, geroglifico del sole (=oro).
Bibliografia e Webgrafia:
Molte delle notizie riportate
in questo articolo sono state tratte da fonti locali ufficiali e dalla nostra
guida locale greca
Massimo Centini, "Guida
insolita ai luoghi misteriosi, magici, sacri e leggendari d'Europa" Newton &
COmpton Editori, 2000, pp. 92- 95