Prefazione
Interpretazione dell’incisione di Mattheus Merian annessa alla
Basilica Philosophica dell’Opus Medico Chymicum scritto dal medico chimico Johann Daniel Mylius e pubblicato da Lucas Jennis a Francoforte nel 1618
La tradizione ha sempre rappresentato l’alchimia come qualcosa di misterioso le cui origini non sono mai state definite. Molte storie e leggende sono state raccontate sull’alchimia e sugli alchimisti, immaginati sepolti nei loro antri oscuri, avvolti da un’aurea di occulto, alle prese con pozioni magiche e veleni potentissimi. La Pietra Filosofale, la Quintessenza, la Polvere rossa di proiezione, capace di trasformare in oro purissimo il più vile dei metalli, fu la loro ricerca. Personaggi come Ermete Trismegisto, Zosimo l’Alessandrino, Raimondo Lullo, Arnaldo de Villanova, Nicolas Flamel, Basilio Valentino, Paracelso, Johann Daniel Mylius, Giovanbattista Della Porta e, più recentemente, Fulcanelli ed Eugène Canseliet contribuirono ad accrescere questa immagine magica. I loro scritti appaiono ancora oggi un’inesauribile fonte di simboli e di geroglifici, segni di un’antichissima lingua le cui radici si affondano nella cabala ebraica, nelle elucubrazioni monacali del Medioevo e nei riti delle misteriose confraternite rinascimentali.
All’inizio del XX secolo gli studi di Scholem sulla cabala ebraica (1) e quelli di C. G. Jung sui rapporti tra Psicologia e alchimia hanno permesso di scoprire un’alchimia diversa da quella che fu creduta la sola arte della trasmutazione dei metalli vili in oro. Nella speranza di riprodurre, in piccolo, quanto esisteva nel Macrocosmo, gli alchimisti lavorarono e rilavorarono, nelle storte poste sopra all’athanor, le più strane materie. Il loro laboratorio non fu solo l’antro oscuro, ma soprattutto l’uomo.
In questa fine secolo(il presente lavoro risale al 1999,n.d.r.), ove lo strabiliante sviluppo tecnologico domina la vita dell’uomo, l’Alchimia è ancora in grado di attirare l’attenzione di molti che, alla ricerca di una loro precisa identità, trovano nel pensiero alchemico il modo per scoprire loro stessi e l’indole umana. Nota:
1. Gershom Scholem, La Kabbalah e il suo simbolismo, Torino Einaudi 1960.
Introduzione
La teoria del Macrocosmo e del Microcosmo ebbe nel Medio Evo e nel Rinascimento una grandissima fortuna. Al Macrocosmo fu associata l’immagine dell’Universo, del Mondo, del locus
in cui risiedeva Dio, la Luce Creatrice propagante in ogni direzione e capace di dissolvere le tenebre e di fornire il principio attivo generatore di tutte le cose. L’Uomo, creato da Dio e nel quale la Divinità si rifletteva, fu, invece, il Microcosmo e l’Universo di cui costituiva una replica in piccolo.
Macrocosmo e Microcosmo erano dunque costituiti da una sola materia formata da due principi contrapposti: la Luce Infinita e le Tenebre Oscure. Nel dualismo gli alchimisti credettero di individuare il mistero della Pietra Filosofale, della Quintessenza, del Medicamento Universale in grado di guarire ogni tipo di malattia. Nell’illustrazione simbolica e negli scritti alchemici, i principi opposti, Luce e Tenebre, acquisirono il significato dello Zolfo e del Mercurio, del Giorno e della Notte, del Sole e della Luna, del Maschile e del Femminile, del Re e della Regina. Il simbolismo ebbe la funzione di
Lutum Sapientiae (1) che «sigillando» il vero significato delle cose, permetteva il rispetto del segreto dogmatico dell’Arte Sacra che imponeva l’assoluto silenzio e il divieto alla volgare divulgazione della sapienza eterna. Operazioni, consigli e teorie per la fabbricazione del
Lapis Philosophorum furono così memorizzate in immagini emblematiche. L’incisione, oggetto della nostra interpretazione, è inserita nel terzo trattato dedicato alla
Basilica Philosophica( 2) dell’ Opus Medico-Chymicum di
Johann Daniel Mylius. L’opera fu eseguita dall’incisore
Mattheus Merian, al quale l’autore affidò il compito di sintetizzare dogmi e segreti dell’Alchimia in «immagini». Nel volume esistono altre importanti illustrazioni alchemiche come l’Undicesima Chiave di
Basilio Valentino e la geometrica rappresentazione del
Mundus Archetipus di
Thomas Norton. Le immagini sono state utilizzate dall’editore Lucas Jennis per la marca tipografica e per la raffigurazione schematica della visione ermetica del Mondo. L’editore impiegò l’opera di Mattheus Merian anche per illustrare l’appendice del Museum Hermeticum
(3 )pubblicato nel 1625 a Francoforte.
Note:
1)-Un tipo di preparato che veniva impiegato per "sigillare ermeticamente" il vaso alchemico posto sul fuoco dell’athanor
2)-Tractatus III seu Basilica Philosophica continens lib. III J.D. Mylius Francofurti apud Lucam Jennis 1618
3)-Opus Medico-Chymicum: continens tres tractatus sive Basilicas: quorum prior inscribitur Basilica Medica, secundus Basilica Chymica, tertius Basilica Philosophica J.D.Mylius Francofurti apud lucam Jennis 1618
La Composizione
L’opera rappresenta in forma sintetica, ma nel medesimo tempo completa, l’Universo ermetico. Essa appare divisa in due parti secondo un asse orizzontale che separa il divino dal terreno, il cielo illuminato dall’abisso oscuro. Un grande emisfero raggiante, simbolo dell’Universo macrocosmico, è lo scenario della parte superiore. In questo fondale di luce e di energia primitiva, una moltitudine di Angeli avvolgono il Nome Sacro ed impronunziabile di Dio scritto con i quattro caratteri ebraici,בװםװ , JHVH (Jehovah). Accanto l’Agnello Mistico del Figlio e la Colomba dello Spirito Santo. Nella zona sottostante una sfera più piccola, cinta da nuvole, contiene i simboli alchemici del Corvo, del Cigno, del Drago o Basilisco, del Pellicano e della Fenice. La raffigurazione delle fasi dell’Alchimia è racchiusa a sua volta tra un anello di sette stelle e un cerchio che congiunge la sfera superiore a quella inferiore. Il tutto circonda una struttura di sette anelli concentrici che accoglie, partendo dall’esterno, il regno dello Zodiaco e dei Pianeti - Metalli, quello del Vento, del Sole e delle Stelle, quello del Mercurio, dello Zolfo e del Sale, quello del Fuoco.
La parte centrale della struttura è costituita dall’insieme dei simboli della conoscenza alchemica ovvero i triangoli dell’Acqua, del Fuoco e la Stella a sei punte o Scudo magico di Salomone simbolo della
Pietra Filosofale. Il triangolo inscritto nel cerchio è l’immagine trinitaria del fondamento alchemico, il
Mercurio Filosofico, il cui geroglifico è posto al centro.
La parte inferiore dell’incisione è divisa, a sua volta, da una linea immaginaria in due parti; una diurna a sinistra e una notturna a destra. Nel mezzo del paesaggio una piccola collina alberata, di forma rotondeggiante, simboleggia la terra. Ogni albero porta il segno di un metallo e in quello posto alla sommità è riprodotto quello dell’Oro. Gli alberi sono querce, che nel linguaggio dei filosofi ermetici significavano forza e perpetua resistenza.
Al limite inferiore della «foresta» un vecchio brandisce due asce, una nella mano destra e l’altra in quella di sinistra e la sua tunica, tutta ricamata di stelle, è per metà in luce e per l’altra metà nell’oscurità. La figura incarna l’Alchimista e l’Unità indissolubile della Pietra d’Oro ed è sorretta da due Leoni i cui corpi si fondono in una sola testa da cui esce un fluido, trasposizione della materia prima.
A destra della collina, immersa nelle tenebre della notte, un’aquila con le ali spiegate sostiene una donna nuda e un uomo dalla testa di cervo e nel contempo protegge la sfera della terra e dell’acqua. L’ermetismo vuole che questa sia la parte consacrata al principio femminile cioè alla Luna-Argento innalzata dalle due figure. La donna nuda è
Diana e l’uomo è il mitologico
Atteone, allegoria del monito per gli uomini a non avvicinarsi troppo al mondo degli Dei senza la necessaria riverenza. La Donna tiene nella mano destra un grappolo d’uva rossa, valorizzazione sessuale e materna del latte della fertilità che esce, diretto verso la terra, dal suo seno sotto forma di uno sciame di stelle. Atteone regge, invece, nella mano sinistra, un trifoglio, emblema dei tre principi
Zolfo, Mercurio e Sale. Una catena lega il polso della donna alla sfera delle nuvole confermando l’unione con l'emisfero superiore.
Nella parte diurna sono posti i simboli maschili del Leone rampante, dell’Uomo, del Sole e della
Fenice. Come l’Aquila, l’uccello che rinasce dalle proprie ceneri, ripara con le ali la sfera del fuoco e dell’aria e sostiene l’Uomo e il Leone uniti nel Sole. L’Uomo è anch’egli incatenato alla sfera celeste. La linea, che divide il paesaggio inferiore, parte dall’unica testa dei Leoni e, attraversando il corpo dell’alchimista, raggiunge l’albero dell’Oro, il Dragone, il Sigillo di Salomone, il simbolo del Mercurio filosofico posto all’incrocio dei due assi, quello orizzontale e quello verticale dove avviene l’unione suprema. La linea prosegue in forma completamente immaginaria fino al Tetragramma divino. L’espressione artistica risulta così essere, una rappresentazione della «summa philosophica» dove le raffigurazioni sono «imagines agens» armoniche con l’antico linguaggio della Dottrina dei Saggi e la visione macro-microcosmica dell’Universo. Adottando il motto alchemico «Prega, leggi, leggi, leggi, rileggi lavora e troverai» l’incisione rivela la sua peculiare funzione di luogo mnemonico in cui tutti i misteri della sapienza eterna sono stati riposti. L’uso esplicito o implicito delle forme geometriche ne sono un esempio.
Il richiamo all’Opus alchemicum sono così il cerchio chiuso dal diametro, il triangolo ottenibile unendo i polsi dell’uomo e della donna al Tetragramma, il triangolo formato dalla veste e dal corpo dell’Alchimista, il triangolo formato dall’unione del Sole e della Luna con il simbolo del Mercurio. Mediando i significati dei geroglifici dell’antico Egitto, le forme geometriche riflettono il corso del Sole nel cielo, l’origine e la fine, la nascita e la morte, il principio femminile e quello maschile, la composizione ternaria della materia e la natura trinitaria della Divinità. Il medesimo nucleo centrale, secondo una comune interpretazione, rappresenta la totalità del «mondo» contenuta nell’esistenza divina o Luce inavvicinabile. In tutta l’incisione il messaggio è indirizzato all’interazione equilibrata tra il Mondo Archetipo, il Macrocosmo, frutto dell’unione degli elementi acqua, fuoco e delle loro combinazioni, e il Microcosmo, rappresentato dall’Uomo creato ad immagine di Dio e dell’Universo.
Secondo la teoria della «signatura» il paesaggio di fondo è l’iconografia della Natura intera trascritta in un infinito Libro ermetico dove le creature sono le parole.