Macrocosmo e microcosmo (di Marcello
Fumagalli- quinta parte)
Lo Zolfo
Sulphur Fixum, Sulphur Aetheorum,
Sulphur Combustibilem
Lo Zolfo è il principio originario maschile che agisce fecondando il passivo e femminile Mercurio. Gli alchimisti abbinarono allo Zolfo il Fuoco, il calore vitale, lo Spirito, la Luce celeste dalla quale e per la quale ogni forma vivente nasce e si sviluppa.
Nell’illustrazione, sopra la collina, l’immagine del Fuoco nascente da una spaccatura della Terra, è l’affermazione di quanto gli alchimisti affidavano allo Zolfo che stava nel Microcosmo come il Sole dimorava nel Macrocosmo. Al
Fuoco veniva contrapposta l’Acqua, simbolo della femminilità e infatti in posizione diametralmente opposta, è riprodotta una sorgente d’acqua pura. Lo
Zolfo «Fixum» è per gli alchimisti il Fuoco interiore di ogni fissità individuale quindi parte di quella «pioggia di zolfo di Sodoma» similitudine dell’attività dello Spirito creatore e particella di quella Luce creatrice Una e Trina.
Nelle descrizioni alchemiche lo Zolfo fu collocato al secondo posto fra i tre principî per la preparazione della Pietra Filosofale. Esso partecipava, in miscela con
Sale e
Mercurio, alla costituzione di tutti i corpi e la sua separazione impose un difficile lavoro agli alchimisti.
Distillazioni, calcinazioni, sublimazioni, liquefazioni, fusioni e cristallizzazioni furono le
operazioni mediante le quali gli addetti alla Grande
Opera, per anni e anni, cercarono di separare lo zolfo dagli altri due principi. La ricerca sperimentale fruttò loro diverse scoperte precorritrici della
chimica moderna.
Analizzando l’ideogramma si possono scoprire le logiche e le concezioni degli alchimisti che occultavano sotto un banale simbolismo un’ampia messe di informazioni destinate ad essere usufruite da altri iniziati. Il simbolo è il risultato dell’unione di due singoli emblemi, quello del triangolo e quello della croce
quadrata. Il primo, antico emblema egizio, racchiude in sé una moltitudine di significati di cui, il più alto, è quello cristiano della triplice personalità di Dio, della Luce infinita, della natura celestiale di ogni essere. Il triangolo con l’apice rivolto in alto, peraltro, fu anche il modo per contraddistinguere l’elemento Fuoco e il principio maschile. Ruotando di centottanta gradi l’immagine, si ottiene un triangolo con la punta diretta in basso ovvero il suo opposto, il principio femminile, l’acqua.
L’altra parte dell’ideogramma è la croce quadrata illustrazione arcaia nella quale veniva identificata la
Terra. Il «locus terrenus» è diviso nei quattro punti cardinali, nei quattro fiumi che l’inondano, nelle quattro aree che la cristianità adottò nel Medioevo come punto di riferimento per il Mondo: Asia, Africa, Europa e Gerusalemme. L’armonica simmetria quaternaria formata da i due segmenti della croce illustra oltretutto i quattro elementi:
aria, acqua, fuoco e terra e le loro qualità tradizionali:
caldo, secco, umido e freddo.
Il Sale
Il Sale è il terzo principio accanto a sulphur et mercurius. L’accostamento avvenne per la prima volta per l’opera di
Paracelso che lo definì la "qualità del corporeo". Nei trattati e nelle ricette alchemiche fu inteso come il «Sale dei filosofi che nulla aveva a che vedere con il Sale comune», il Sale della Sapienza eterna la cui origine era nell’Allume ¡ essenza indifferenziata e primitiva. Il simbolo del
cerchio è il simbolo dell’eternità, di Dio che non ha inizio
nè fine, delle acque dell’Oceano cosmico che nel Caos primordiale appaiono sotto forma di una massa confusa in cui gli elementi non sono separati. Quando avvenne la divisione tra il firmamento e il mondo, questa "materia prima" acquisì la natura celeste della quintessenza diventando la radice di tutti i corpi, il sale dei metalli.
Il diametro orizzontale simboleggia tale avvenimento che ordinò e stabilizzò tutto il creato, scindendo il Cosmo in Macro e Micro, in acque superiori ed inferiori. Il Sale è, nell’immaginazione alchemica,
ciò che determina l’equilibrio, la stabilizzazione, la combinazione armonica tra anima e spirito, tra zolfo e mercurio. Il parallelo, che gli alchimisti intesero vedere tra Lapis e Cristo, trova nel sale un fondamento. Essi indicarono in Gesù il Sale che compenetra Cielo e Terra, l’elemento che sterilizza ogni cosa, che vince ogni male, redendo il corpo e l’anima. Il nesso tra Sale e Cristo fu concepito anche per quel concetto di stabilità a cui il Sale era legato.
Nell’immaginazione attiva dell’Alchimista, l’equilibrio divenne sinonimo di solidificazione, di cristallizzazione espressa sotto le forme dei cristalli ottenuti negli esperimenti di laboratorio alla ricerca del «tesoro nascosto»,
frutto della combinazione dei tre principi originatori. Da qui il parallelo tra il
Lapis «trinus et unus» alla Divinità. Il sale fu il principio della conservazione, dell’incorruttibilità, della purificazione, come ancora oggi nelle cerimonie shintoiste è creduto.(-continua-)
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