10 agosto, San Lorenzo
Ieri sera abbiamo guardato
il cielo da Bomarzo, in attesa di vedere qualche 'stella cadente'. La calma
magica dei Monti Cimini ci ha regalato altre emozioni, facendo brillare nel
blu della calda notte estiva lo scintillìo di sciami meteorici che si
incendiano a contatto con l'atmosfera, chiamati volgarmente 'stelle cadenti'.
Di buon mattino ci attende
Salvatore, pronto a guidarci in un altro percorso all'interno dei boschi
sacri bomarzesi; in realtà i confini tra i comuni limitrofi sono labili:
potrebbe accadere di partire da una zona compresa in Bomarzo e sconfinare in
un altro comune; rimandiamo il lettore
alla bibliografia di riferimento per l'esatta individuazione dei luoghi
citati (1).
Prendendo la ormai nota
Via Cupa, a poca distanza dal terreno di Salvatore, ci addentriamo nella
strada comunale delle Rocchette, la quale ricalca in alcuni tratti
un'antica strada romana, attraversando un rado bosco di querce fino a quando
la stradina precipita nettamente in discesa. Per noi che non siamo abituati,
capire quali incroci abbiamo imboccato all'interno del bosco, è difficile;
siamo nella mani dell'amico Fosci, che ci informa che siamo nei pressi di
tre 'tagliate', ovvero di strade rupestri che si sviluppano in trincea,
profondamente incassate, con pareti vertiginose ai lati di chi cammina.
Da un ripiano roccioso che
precipita su una di queste profonde tagliate, Salvatore ci mostra dall'alto
il punto in cui è situata la 'piramide'. Restiamo incantati nel vedere una
costruzione simile nel fitto dei boschi, e speriamo di arrivarvi presto;
tuttavia la strada è ancora lunga...
Costeggiamo il bordo del
ripiano roccioso verso destra e imbocchiamo la discesa della 'Tagliata
delle Rocchette' (lunga 72 m e larga circa 2 m). Ci sentiamo
piccolissimi: l'altezza della parete tufacea si aggira sui 20 m! Questa
doveva essere una strada pedonale di notevole importanza, quale raccordo con
la località sottostante, detta valle del Tacchiolo. A conferma
del fatto che questo luogo era usato in epoca romana, rimane un'epigrafe
latina sul bordo superiore della parete sinistra, che recita TER (terminus,
cioè termine di confine) e- più a destra di questa e un poco più in alto -
ITER PRIVATVM DVORVM DOMITIORVM (Strada Privata dei due Domizi). Chi ha
studiato dette iscrizioni le ha classificate come romane, appartenenti al
periodo alto imperiale (ca. 59 -94 d. C.); esse dimostrano che questo
passaggio era privato, di proprietà 'dei due Domizi' (2).
Un'altra
iscrizione TER si localizza una cinquantina di metri più avanti, sulla
medesima parete di tufo. Mentre un'altra ancora, per ora la terza che si
conosca, è stata individuata da Salvatore - e si può considerare
un'esclusiva per il nostro sito che la pubblica per primo. "Si tratta-
dice il Fosci - di una mia recente scoperta, che non ha visto ancora
nessuno ed è posizionata su una rupe a strapiombo che guarda in direzione
della 'piramide'. Arrivare a vedere quell' iscrizione non è cosa facile, in
quanto fu posizionata in modo che nessuno la potesse vedere, quasi a
nascondere quel termine e fino ad oggi nessuno l'aveva mai vista". Altro
mistero che il prosieguo della Ricerca tenterà si svelare.
Dopo aver camminato a mezza
costa nel fitto della vegetazione per una decina di minuti, la nostra
solerte guida ci conduce ad una struttura che egli stesso ha ripulito e che
oggi possiamo vedere libera da i rovi. Ma di cosa si trattava, in
origine? Un antico altare? Un rifugio? Salvatore la definisce scherzosamente
'piramidina' e ci dice che 'è in assetto'
con la piramide grande, ma bisognerebbe saperne di più...Nelle foto
sotto, da sinistra, prima della ripulitura, ad opera del Fosci, e dopo, come
si presenta attualmente (nell'ultima la scrivente medita sulla funzione del
manufatto...).
Un'altra interessante
ripresa fotografica di Salvatore, effettuata in uno dei suoi sopralluoghi,
ci mostra l'assetto di cui accennavamo prima, tra la base della grande
piramide e questa (piramidina o altare come si voglia definirlo. In mancanza
di studi scientifici che possano definire la tipologia della struttura,
infatti, cerchiamo di capirci ugualmente).
Scendiamo ancora e
raggiungiamo un viottolo da cui dovremo inerpicarci per raggiungere la
'grande
piramide'. La vegetazione si fa più fitta, sembra che il bosco si
restringa e opprima fisicamente il respiro. Qui la scrivente avverte una
sensazione di mancamento. Non è nulla di particolarmente evidente, soltanto
una sorta di 'mal d'isolamento'? O la invisibile presenza degli antichi
abitatori dei boschi?
Salvatore ci tiene a
mostrarci un'altra epigrafe su roccia tufacea (località Macinara), piuttosto
misteriosa, situata poco più avanti. Intanto si riprende fiato e si
riordinano i Pensieri, messi a dura prova da tutte queste meraviglie
nascoste.
L'epigrafe la mostriamo in
fotografia (di L. de Curtis, che ringraziamo); in realtà si tratta di due scritte, una più lunga dell'altra e
apparentemente composta da caratteri alfabetici distinti e forse
cronologicamente differenti. Come mostrano le frecce nell'immagine, la
scritta superiore è più spostata a destra di quella inferiore. La scritta è
stata analizzata dal prof. Alvaro Caponi, il quale sostiene che "[... ] i
caratteri arcaici in cui è vergata sono di difficile attribuzione, potendo
appartenere ad una di quelle lingue scritte non più comprensibili; una
proto-lingua formata da caratteri greci, fenici ed etruschi, poi evoluta in
una lingua distinta[...](3) Noi riusciamo ad individuare una D, una T,
una C, una Q, sembrano lettere sia maiuscole che minuscole, ma senza un
senso logico, per noi profani. Sopra, lettere più piccole e forse anche dei
numeri romani (I, II, L ?). Che cosa significano e chi ha inciso questa
epigrafe? A che epoca risale? Ha qualcosa a che fare con i costruttori della
piramide?
La piramide di Bomarzo
Salvatore offre un bastone
cui aggrapparsi alla scrivente, che è incerta di poter proseguire il
cammino. 'Certo che puoi!', incita la nostra guida. 'La meta è vicina: non
si può essere arrivati fin qui e non raggiungere la 'piramide'!'. Infatti
-come spronata da una forza invisibile- l'energia torna in corpo! Ci
inerpichiamo ancora per un buon tratto di bosco e finalmente eccola, la
piramide! Una costruzione che sembra uscire dal regno del fantastico, che
nessuna descrizione può rendere come l'impatto personale di ciascuno. Il
primo momento è privo di parole: non se ne riesce ad emettere alcuna.
Stupore, meraviglia, curiosità: tutto balena nella mente.
Domande classiche: chi l'ha
realizzata, quando, perchè, sono soltanto alcune che -ripresi dallo
sconcerto - salgono dall'anima. Ma la struttura travalica qualsiasi altro
manufatto che fino ad oggi abbiamo visto e documentato. E' unica nel suo
genere. Nel territorio della Tuscia esistono diversi 'massi del
predicatore', ma nessuno -a quanto pare- è paragonabile a quella che
è davanti ai nostri occhi, la quale - per la sua forma particolare e
complessa- è stata appellata 'piramide' da coloro che l'hanno già visitata.
Il masso di peperino in cui
è stata intagliata doveva essere enorme, caduto dalla rupe sovrastante che
costeggia la vallata tra il paese di Bomarzo e quello di Chia (fraz. di
Soriano nel Cimino). Va a Salvatore il merito di averla ripulita dalla folta
vegetazione che l'avvolgeva (vedasi cosa ci ha raccontato
nell' intervista), e di continuare a
mantenerla libera. Essa fu però rinvenuta nel 2002 da alcuni membri della
Società Archeologica Viterbese Pro-Ferento. "Dopo pochi giorni che
l'avevo ripulita - racconta l'amico Fosci - la
feci vedere al mio amico Giovanni Lamoratta, che non vedevo da tempo e che
era già a conoscenza della piramide; egli da anni studia il territorio di
Bomarzo, in più fa parte del GAP, Gruppo Archeologico Polimartium, e di
Archeotuscia. Giovanni rimase sbalordito da ciò che avevo fatto e fece
subito un articolo per un giornale locale di Viterbo; lo disse anche ai soci
di Archeotuscia, che mi conferirono il titolo di 'socio onorario'. In
quei giorni chiesi agli amici di Archeotuscia se potevano far intervenire
il Sovrintendente di zona ai Beni Culturali, che venne e -una volta
arrivato in loco - gli feci conoscere personalmente la piramide e l'opera di
ripulitura che avevo effettuato. Rimase molto contento e capì le mie vere
intenzioni, cioè quelle di salvare e di proteggere ciò che ancora rimane del
passato di queste zone". A Salvatore non interessa la 'gloria' ma
l'attività di ripulitura dei boschi lo riempie di orgoglio: "Questa mia a
volte faticosa passione nel ripulire siti e sentieri , mi porta a dare più
valore alle cose vere della vita. per me non serve il denaro per esprimere
il bene che ho per il mio paese ...e poi mia sorella dice che i soldi sono
del diavolo!".
E' ipotizzabile una funzione
sacra di questa struttura arcaica, forse antecedente anche agli Etruschi.
Ma che bisogno c'era di realizzarla così complessa, se doveva servire
semplicemente per predicare? Qualcosa ci suggerisce, fin dal primo istante
che l'abbiamo vista, che vi si dovessero tenere cerimonie sacrificali, forse
di alcuni animali ritenuti sacri (non oseremmo pensare a sacrifici umani),
oppure bagni lustrali di iniziazione. E' anche teorizzabile che qui si
potessero riunire, in date o eventi speciali, officianti deputati ad altri
santuari minori sparsi nel territorio, o vi si compissero divinazioni di
importanza particolare. Si dice che gli Etruschi detenessero una dottrina
indicata con l'espressione "etrusca disciplina", i cui depositari erano i
sacerdoti, che avrebbero custodito una tradizione segreta, costituita da una
scienza misteriosa in grado di decifrare i messaggi della natura, di predire
il futuro e compiere la volontà degli dei. Molto preparati in campo medico e
farmaceutico, gli Etruschi detenevano un Sapere che li avrebbe collocati al
di sopra di tutti gli altri popoli del tempo. Ma da dove lo avevano attinto?
La struttura è monumentale: la parte sinistra è costituita da una serie di
scalini intagliati nella roccia (26 gradini per l'esattezza), che
sono larghi da 1 a 4 metri. Questo è già un mistero, in quanto alcuni sono
stati 'allargati' verso destra, ma perchè? Nella parte destra del manufatto,
come le foto lasciano vedere, non vi sono gradini che giungono a terra,
poichè si è seguita la naturale conformazione del masso roccioso. Sull'alta
parete destra, dall'esterno, sono chiaramente individuabili delle nicchie,
sulla cui funzione non si ha alcuna certezza assoluta: potrebbero aver funto
da alloggiamenti per lumi, cibo rituale, offerte, perfino ceneri di qualche
personaggio defunto, oppure -ipotesi affascinante- come ricettacolo degli
dei, permettendo allo 'spirito' di entrare e dimorare nella pietra, forse in
eterno. I 26 gradini si interrompono in prossimità di una prima piattaforma,
dov'è situato un sedile ricavato nella roccia, alla destra del quale si
raccordano altri 9 gradini, che conducono direttamente ad una
piattaforma maggiore, forse l'altare. Salvatore ci fa notare qualcosa
di molto interessante: il primo gradino sembra mancante, e ciò suggerirebbe
il fatto che ne venisse collocato uno mobile quando serviva, in determinate
circostanze; egli infatti lo ha ritrovato durante le operazioni di
ripulitura! Tale scala era quindi normalmente 'interdetta', diciamo così, e
resa fruibile tramite l'apposizione del gradino temporaneo, che si levava e
si metteva. I 9 gradini sono alti 24 cm e larghi 1 m, ampliato poi a 1,60 m.
E' rilevante il fatto che
dalla sommità della struttura si guardi il Nord (NO), punto cardinale
associato alle tenebre e al regno dei morti. Poteva dunque essere un
santuario rupestre per offrire sacrifici agli dei degli inferi? Dalla
sommità della piramide, guardando alla propria destra, si osserva un vasto
panorama e probabilmente anche il levar del sole da un punto preciso delle
montagne, a seconda dei diversi momenti dell'anno. Sarebbe necessaria
un'analisi archeo-astronomica che, per ora, non risulta essere mai stata
condotta. Una sorta di 'incavo' trapezoidale è inciso sul pavimento della
piattaforma sommitale: esso ha la punta rivolta ad est, è profondo circa 25
cm, lungo mediamente oltre 3 m e largo oltre 1 m e mezzo.
Sulla sinistra dei 26
scalini, si osservano dei fori per verosimile alloggiamento di pali di
strutture lignee superiori, ma potrebbero aver avuto altre funzioni. Fori
sono presenti anche altrove, in questa enigmatica piramide.
Prima di salire in cima, si
notano, sulla parte destra della struttura, dei verosimili sistemi di
canalizzazione (per raccogliere il sangue sacrificale?). Una prima idea che
ci è sorta spontanea è che il sangue avrebbe potuto essere fatto scorrere
perfino sulle gradinate, ricordando molto l'uso delle piramidi Maya, ma è
soltanto un'idea. Lungo l'ascesa alla vetta, notiamo pure altre nicchie,
vaschette intagliate nella pietra, e una gradonata orizzontale che
attraversa quasi interamente il manufatto. Sull'estrema destra è situata
un'altra rampa di 9 scalini, larghi una sessantina di cm che, come
abbiamo detto, non arriva a terra ma conduce alla cima della 'piramide'. E'
come se i frequentatori di questo 'tempio rupestre' salissero da un lato,
percorressero poi la struttura secondo dei rituali ben precisi,
raggiungessero la sommità e poi ridiscendessero da un altro lato, ma tra la
scala destra e la sinistra si trovano due voluminose 'vasche'
quadrilatere, intagliate e scavate nel peperino, cioè appositamente volute
così. Perchè? Che cosa veniva messo nelle enormi nicchie? Acqua? Offerte? O
cos'altro? "L'ambiente di sinistra misura 2,60 m x 1,80 m, con un' h del
lato più alto di 2, 30 m. Sulla parete di fondo è stata ricavata una
banchina alta 60 cm e profonda 45 cm. L'ambiente di destra misura 3,30 m x 3
m ed ha un' h di 2, 40 m" (4). Interessante è l'ipotesi che i 9 scalini
che stanno alla destra della vasca siano stati tagliati nella loro intera
lunghezza proprio per far posto alla vasca, che quindi in origine non era
forse prevista. Qualche riutilizzo posteriore da parte di una successiva
cultura subentrata all'indigena?
Dietro la piattaforma
sommitale, si trova un banco tufaceo largo mezzo metro e alto una
settantina di cm. Soffermandosi sulla cima della 'piramide' non si può fare
a meno di interrogarsi: si ripescano le stesse domande che sono sorte appena
l'abbiamo scorta, ma se ne sono aggiunte ben altre! Nessuna iscrizione,
nessun reperto, sebbene Salvatore ci informi che in passato sono stati fatti
dei ritrovamenti - nei dintorni - come frammenti di dolium, anfore e
tegolame vario, databili all'epoca repubblicana. I Romani potrebbero aver
sfruttato l'area posteriormente all'esecuzione della 'piramide',
naturalmente. A pochi passi, Salvatore ci guida alla scoperta di una grotta
naturale, che poteva servire come riparo o abitazione. Forse di chi doveva
anticamente 'vigliare' sulla piramide stessa?
Interessante far notare che
nella parte esterna del blocco in cui fu intagliata la struttura, si trova
incisa una croce cristiana, di tipo greco. Non è certo la prima che si
incontra, lo abbiamo già detto, ma quando fu apposta? Da chi e perchè? Per
riconsacrare in senso cristiano un luogo 'pagano' potrebbe essere la
spiegazione più semplice, ma forse non l'unica. "La sommità del santuario-
scrive Mario Tizi (5)- richiama la sagoma di un'imbarcazione con la punta
rivolta verso oriente. Inoltre il campo energetico del manufatto è stato
misurato da un serio radioestesista con una solida esperienza nel settore
dell'archeologia. Il risultato della misurazione è stato un incremento
esponenziale del livello dell'energia man mano che si sale verso la sommità.
Un modo per entrare in trance ed iniziare la 'navigazione' verso le
dimensioni extracorporee? Tutto sembra indicare questa direzione
interpretativa, E del resto, Caronte non era in traghettatore delle anime
dei defunti che dovevano raggiungere l'aldilà?"
Mentre ridiscendiamo, a
malincuore, dalla stupefacente struttura di pietra, Salvatore ci svela un
dettaglio che forse potrebbe aiutare a dipanare il mistero: gli scalini che
giungono a terra, continuano ancora! La sua pala ha sentito 'qualcosa' e
forse si tratta di una continuazione della gradinata. Ma dove andrà a
finire? E cosa svelerà? Soltanto nuove ricerche potranno consentire di
rispondere...
Salvatore è molto orgoglioso
della propria opera di ripulitura della 'piramide': senza di lui, oggi non
l'apprezzeremmo in tutta la sua misteriosa bellezza; auspica anche una
collaborazione proficua con le Istituzioni. "Ad oggi - ci dice -
ho la fortuna di conoscere Tiziano Gasperoni, un archeologo che da anni
studia la zona con la nuova Sovrintendente ai Beni Culturali e con loro
presto cercheremo di concretizzare alcuni progetti di mantenimento e
protezione di questi luoghi. Comunque vi posso assicurare che dopo la ripulitura alla piramide, è
cresciuto notevolmente il suo interesse".
Non ne dubitiamo certo! Ma
proseguendo il sentiero, in località Tacchiolo, ecco che la
nostra inesauribile guida ha un'altra sorpresa nel cilindro:seminascosta, ci
indica la 'finestraccia', abitazione rupestre riutilizzata in epoche
diverse fino al secolo scorso! L'atipico edificio fu ricavato direttamente
dalla roccia in epoca imprecisata, e all'interno si presenta con due piani
distinti, un tempo separati da un solaio di legno. Doveva esservi anche
qualche palo ligneo che ne chiudeva l'ingresso, stanti dei fori quadrati
presenti lungo gli stipiti interni laterali. Esternamente colpisce anche per
la sua forma 'a tazza', in quanto sul lato superiore sinistro presenta
un'apertura somigliante ad un manico e, vista da lontano, sembra uscire da
una fiaba. Ma avvicinandoci scopriamo che le sue dimensioni sono notevoli e
che è tutt'altro che materiale da fumetto: all'interno troviamo un lungo
sedile di pietra, addossato direttamente alla parete di fronte mentre, sulla
destra, presenta una profonda fossa, dalla forma di un sarcofago, di cui non
si sa nulla esattamente. A cosa era adibito il vano inferiore? E' stato
supposto che si potesse trattare di una tomba, un magazzino oppure di una
...stalla. Nel piano superiore invece vi poteva essere l'abitazione.
Rimaniamo un po' all'interno, indugiando in riflessioni personali: Salvatore
ne ha accumulate un'infinità, visto il tempo che trascorre in questi boschi
a contatto con queste testimonianze del passato, e noi siamo pervasi da un
vortice di meravigliosa curiosità ma anche di profondo rispetto. Sentiamo
solo il fruscio del vento tra gli alberi, c'è una pace assoluta.
Risaliamo il sentiero,
osservando come il camminamento sia spesso intagliato nella roccia. Arrivati
al pianoro che si dirama con la strada comunale delle Rocchette,
troviamo una lapide moderna, infissa nel terreno: qualcuno (un certo Gigio)
l'ha lasciata in ricordo della sepoltura del proprio cavallo, chiamato
Musetto, morto il 25 aprile 2001. Salvatore ci informa che l'animale perse
la vita durante il Palio di Sant'Anselmo, patrono di Bomarzo. La lapide è
nota come Tomba del cavallo e costituisce anche un punto di
riferimento per il GPS.
Torniamo quindi al terreno
di Salvatore.
Nel pomeriggio, dopo una
doverosa quanto entusiasmante visita al
Parco dei Mostri,
la nostra guida d'eccezione ci conduce per altri sentieri, stavolta
portandoci in zona con l'automobile. Salvatore ci preannuncia che non
abbiamo molto tempo a disposizione e si dovrà ritornare con maggiore calma,
poichè le strutture da vedere sono tante e tutte di grande interesse.
Promettiamo che, in inverno, faremo il possibile per essere di nuovo qui.
Comunque, prima che tramonti il sole, approfittiamo per renderci conto di
dove si troviamo. Abbiamo costeggiato - in automobile- il perimetro
recintato del Parco dei Mostri e abbiamo proseguito per una strada
sterrata, fino ad incontrare una croce di ferro, che segna un bivio a T.
Salvatore ci ha indicato dove andare; lungo il tragitto abbiamo osservato
che dall'altra parte della collina si trovano numerose grotte, oltre ad
evidenti nicchie a colombaio, che la nostra guida ci dice essere delle tombe
sovrapposte, sembra incredibile che giacciano lì, in mezzo ai
boschi...Incredibile...Superiamo il ponte sul torrente Vezza e ci
inerpichiamo in salita, parcheggiando quindi la macchina nello spiazzo
antistante la chiesa di Santa Maria (chiusa), piccolo edificio
medievale restaurato, che doveva far parte di un complesso forse più ampio.
Tutta l'area compresa tra il
Parco dei Mostri e la chiesa è nota come Bosco del Serraglio
(toponimo forse derivante da 'luogo difensivo riparato'?), geograficamente
situata nel settore ovest del Comune di Bomarzo. La zona, popolata da
querceti, è ricca di massi erratici di origine vulcanica, alcun idei quali
utilizzati dagli antichi abitatori dei boschi per fini quotidiani di vita,
religiosi e cultuali.
A
breve distanza dal bosco, si trova la Riserva Naturale di Monte Casoli,
localizzata in un'area di contatto tra i terreni appartenenti a tre
distretti vulcanici laziali. La collina fu oggetto prediletto di quelle
antiche genti, che tra la sua roccia realizzarono abitazioni e soprattutto
tombe rupestri, perforandola insistentemente. Questi avanzi del passato
vengono ancora oggi sfruttati, probabilmente, come ripari per animali da
pastorizia.
Scrive G. Menichino (op. cit.,
p.150) "Vi è chiara testimonianza dell'esistenza di un antico
insediamento, con manufatti assai simili a quelli esistenti nelle contigue
zone sorianesi "valle San Nicolao" e "Selva di Malano". Questa località,
come le due cui sopra si è accennato, è oggetto di recenti studi,
soprattutto del prof. Lidio Gasperini, per la presenza di importanti resti
epigrafici latini rupestri, fino a qualche anno fa completamente sconosciuti
al mondo scientifico".
Quanti segreti e misteri
celano ancora questi sacri boschi! E' stato veramente determinante arrivarvi
e farne una prima conoscenza, grazie a Salvatore, che ci ha spronato a
farlo. "Fino a quando ce la farò - ci dice salutandoci -anche da solo,
cercherò di mantenere sempre pulite queste testimonianze del passato. aprire
un sentiero dai rovi per me è come aprire le vie del passato; seguo spesso
l'istinto e anche i buoni consigli di mio padre. a volte seguo anche il
passo che lascia il cinghiale e si arriva dove meno te lo aspetti..."(6)
Crediamo di aver fornito
alcuni spunti che facciano da stimolo, a coloro che sono interessati a fare
'due passi' nel mistero, ad andare a vedere le strutture celate nelle selve
boschive della Tuscia viterbese, sempre subordinando l'avventura ad una
preparazione fisica adeguata, alla stagione migliore e alla consulenza di
una guida esperta.
E anche per noi, pur giunto
che sia il momento
di congedarci, sappiamo nel nostro cuore che è soltanto un Arrivederci...