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Santa Maria di Tergu o di Gerico e i suoi misteri (di Marisa Uberti) Ci si chiederà perchè tanti nomi per una sola chiesa.Il fatto è che questo stupendo edificio ha attraversato secoli di storia e in origine si ritiene che la sua denominazione fosse proprio Jericum (Gerico) che significa 'luogo sacro'. "La festa più importante di Tergu -si legge nel sito ufficiale del Comune - è quella dedicata alla Natività di Maria, patrona del paese, e viene celebrata nella basilica l’8 settembre. L’origine di tale festa è antichissima, venne importata a Tergu dai monaci orientali che verso la metà del 600 d.C. fuggirono dalle loro regioni cadute nelle mani dell’Islam. Probabilmente deriva dall’usanza Cananea di iniziare l’anno con la festa dell’autunno Caputanni o Capudanni, infatti così viene chiamato il mese di settembre in lingua sarda".Tale remota memoria si ravviserebbe nella presenza delle 'rose di Gerico' (Anastatica ierocuntica) scolpite lungo gli archetti ciechi in calcare bianco presenti in facciata: rose in fiore e rose secche, esplicito riferimento al fenomeno dell' igrocrasia, cioè l'assenza di umidità. Questo fiore, la rosa di Gerico, cresce solamente nel deserto nel Negeb e vive senza acqua per decenni, pur mostrandosi rinsecchita e creduta morta.Se anche dopo decenni riceve dell'acqua però, misteriosamente si rimette a rinverdire e rifiorire. Nel Medioevo questo fenomeno poteva considerarsi la metafora della resurrezione. Ma ci doveva essere un motivo per cui questo preciso luogo fosse ritenuto sacro e così venerato. Dalla periferia dell'attuale borgo si può accedere alla cosiddetta Valle dell'Inferno, percorribile solo a piedi, tranne il primo chilometro, tra rocce tufacee, boschi, ruscelli, lecci e lentischi; a nord-ovest si erge la mole del Monte Elias, in cui l'antica civiltà nuragica vi aveva stanziamenti, riutilizzati in epoca romana, e dove l'erosione di alcune rocce ha creato sensazionali 'piscine' naturali. Questo sentiero era l'unica via di collegamento tra Tergu e Castelsardo nell'antichità, che ci permette di comprendere la sua valenza strategica, tra l'altro. Il popolo ancora oggi è molto devoto alla sua Madonna di Gerico. La zona è 'privilegiata', adagiata tra il mare e un altopiano, collegata da tre strade ai rispettivi paesi vicini di Castelsardo (di cui fu una frazione fino al 1980, quando divenne Comune autonomo con poco più di 500 abitanti), Osilo e Nulvi, con i quali a lungo si contese la supremazia sulla chiesa abbaziale, spuntandola (ma rimangono tre distinte porte sull'edificio, ciascuna destinata ai pellegrini dei relativi paesi!). E' curioso come ormai non ci stupiamo quasi più a vedere che borghi così apparentemente minuscoli, racchiudano tesori inestimabili:qui in Sardegna è così! Non serve andare nella città- capoluogo per trovarne, anzi abbiamo capito che più ci si addentra nei meandri più reconditi, più sembra che lì -come in un'ostrica- si nasconda il meglio dell'Arte, in questo caso medievale, poichè è in queste forme che l'abbazia di Tergu appare al visitatore oggi.Forse proprio per la loro posizione furono scelte come luoghi ideali per conservare segreti, reliquie, tesori...Chissà...si vocifera che proprio qui nell'Abbazia di Tergu sia nascosto niente meno che il Santo Graal! Essa 'fa parte' di quelle otto abbazie, poste su altrettante colline che percorrono l'Anglona, che costituivano complessi monastici importanti, in massima parte benedettini, dono dei Giudici di Torres ai monaci laziali di Montecassino. Si dice anche che i Templari finanziarono il suo ampliamento e il suo abbellimento. Sta di fatto che tutti questi monasteri decaddero, con la caduta dei Giudicati, a causa dell'espandersi dei Pisani sull'isola,che finirono per soverchiare il potere dei Giudici. Infatti cosa resta degli edifici monastici di Santa Maria di Tergu? Basta guardare per rendersi conto: solo pietre di fondamento, poche vestigia perimetrali e tanto lavoro per gli archeologi, che dal 2003 stanno portando avanti un progetto di scavo (con l'aiuto del Comune, dell'Università 'La Sapienza' di Roma e dell'Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Tempio-Ampurias), che sta facendo luce sulle origini di questo complesso, sulle strutture preesistenti l'impianto medievale e sulle costruzioni successive.Si riteneva che entro il 2006 l'area potesse essere aperta al pubblico, invece non è così. Noi siamo andati in loco nell'agosto 2007 e abbiamo potuto visitare 'solo'la chiesa e la parte antistante mentre tutta la zona dove si trovava il monastero è ancora recintata e preclusa. Avevamo saputo che erano emersi dei reperti di eccezionale rarità e importanza, e avevamo letto che era stata rinvenuta una moneta d'oro (la seconda conosciuta al mondo) battuta dal re Ruggero, padre di Federico II di Hoehnstaufen, e una fornace per la produzione di vetri preziosi, risalente al X secolo! In loco nulla è stato possibile appurare di più preciso, ma suscita senza dubbio un certo stupore che sul sito del Dipartimento di Scienze Storiche Archeologiche e Antropologiche dell'Antichità dell'Università coinvolta, sia specificato che: "Sul campo sono attualmente operativi archeozoologi, archeobotanici, antropologi, esperti di informatizzazione dei dati archeologici e, naturalmente, archeologi specializzati nello studio delle diverse classi di reperti. Collaborano inoltre, con un apporto insostituibile alla ricerca, il Centro Sperimentale del Vetro di Murano per le analisi sui reperti vitrei, il C. N. R. (Istituto di Scienza e Tecnologia dei Materiali Ceramici) di Faenza per le analisi archeometriche sui reperti ceramici ed il C. N. R. (Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria) di Cagliari per le analisi petrografiche e geologiche".
Caspita che team di studio, ci siamo detti! Non si sarà allestito per poca cosa, un gruppo di lavoro simile. E' chiaro che nell'area di scavo sono emerse testimonianze degne della massima attenzione. Non solo manufatti ma anche dei cadaveri, sembra quattro (tre adulti e un adolescente, in sepolture databili all'epoca dei Giudicati). Un fatto strabiliante è quello della presenza di una fornace per il vetro. Cosa c'è di così strano? Traiamo da un articolo de" L'Unione Sarda":"Uno di questi segreti ha fatto rizzare le antenne perfino ai responsabili del Centro sperimentale del vetro di Murano, arrivati a Tergu in tutta fretta per analizzare alcuni dei più importanti reperti trovati sotto alle fondamenta del monastero.Si tratta di cocci di vetro.Ma non banali cocci di vetro.Frammenti di varie forme e dimensioni prodotti da una fornace di cui è stato ritrovato in buono stato di conservazione il crogiuolo, ossia la parte in cui venivano fusi i minerali per la produzione del vetro. L’epoca è quella del X-XI secolo, e i ritrovamenti sono le uniche testimonianze che permettono di stabilire con esattezza un passaggio epocale nella produzione del vetro.Fino al VIII-IX secolo il vetro veniva prodotto utilizzando un minerale proveniente dall’Egitto, il natron.Poi si passò alla produzione dalle ceneri.Per un breve periodo il vetro veniva creato utilizzando una tecnica mista.I vetri prodotti a Tergu mille anni fa e ritrovati negli scavi di questi giorni rappresentano proprio questo storico passaggio: sono vetri misti.Oltre ai vetri ci sono molti manufatti di origine araba, e numerosi reperti organici che paradossalmente sono arrivati a noi quasi intatti grazie a un incendio.Un rogo che distrusse parte del monastero e che causò la carbonizzazione degli oggetti conservati in quella che verosimilmente doveva essere la dispensa dei monaci benedettini". Non mancheremo di indicare a fine pagina il link dove poter leggere l'articolo integralmente, perchè rappresentativo di tanti 'segreti' che giacciono sotto le fondamenta di S.Maria di Tergu. Come mai si faceva questa attività in un minuscolo paesino dell'Anglona? Ancora un indizio per comprendere come questo territorio fosse veramente importante. Erano sempre monaci, quelli che si occupavano della fornace? Eppure il monastero venne edificato per volere del cognato del Giudice Mariano I di Torres nell'XI secolo e solo in seguito donato ai benedettini di Montecassino...Compare tra le proprietà di Montecassino dal 1122; il Giudice Gonario II lo fece ampliare e lo riconfermò nel 1147 tra i beni donati dalla sua famiglia ai cassinesi, proprio presso l’abbazia di Montecassino, dove egli ebbe modo di soggiornare al ritorno da un pellegrinaggio verso il Santo Sepolcro a Gerusalemme. Tale donazione fu poi riconfermata dallo stesso giudice nel 1153, poco prima che egli abdicasse a favore del figlio Barisone, per farsi monaco cistercense a Citeaux. Per conto di chi si lavorava il vetro prezioso, dunque, e chi ne conosceva i segreti? In quale commercio erano inseriti? Sicuramente la loro specializzazione doveva essere alta per l'epoca e molto apprezzata. A partire dal XII sec., come si evince dalle fonti, il monastero di Tergu era già divenuto uno dei centri monastici più prestigiosi e attivi della Sardegna, sicuramente il più importante tra i monasteri cassinesi, tanto che il suo abate fu insignito del titolo di legatarius in Sardinea ven. patris domni Pontis abbatis montis Cassinis, ed esercitò alcuni importanti diritti sui due rilevanti monasteri -che abbiamo già incontrato- di S. Nicola in Solio(o di Silanis) e di S. Pietro di Nurchi (identificato con S.Pietro delle Immagini). Dipendevano inoltre direttamente dall’abbazia di Tergu una decina di monasteri cassinesi di minore entità diffusi nel territorio dell’Isola.Abbiamo già visto nella sezione dedicata alla mostra 'I Templari e la Sardegna', come in S.Nicola di Silanis -fatta erigere dal padre di Gonario II, Costantino, fosse stato custodito un 'segreto' (di quale portata non è dato sapere), e forse -ma sono solo ipotesi suggestive- potrebbe avervi qualcosa a che fare addirittura l’assassinio dell’abate di Tergu e di alcuni membri del clero sardo, nel 1202? Si cercava qualcosa? S.Maria di Tergu, S.Pancrazio a Sedini, S.Nicola di Silanis (rovine), S.Maria di Solio o SS.Annunziata (rovine), S.Giovanni, S.Elia (non l'abbiamo vista), S.Pietro di Simbranos (scomparsa, era situata ai limiti del centro abitato di Bulzi) e S.Pietro delle Immagini. Otto abbazie al centro dell'Anglona, situate sulla stessa dorsale, appartenute ai Monaci benedettini. E' quasi irresistibile cercare un 'filo rosso' che le leghi segretamente, attraverso quella Sapienzialità che all'epoca era solo ed esclusivamente monastica. Ma dopo aver mosso i nostri consueti due passi nei misteri di questa storia, apprestiamoci a visitare il magnifico edificio che occhieggia da dietro un arco, collocato prospiciente la strada carrozzabile, via dei Benedettini, lungo la quale scorgiamo le quattordici imponenti statue rappresentanti una Via Crucis, uniche nel loro genere che ci sia mai capitato di vedere. L'ingresso al sito attraverso un corridoio 'a volta' l'avevamo invece già visto non molto tempo fa,in un'altra terra,ma per certi versi legata alla Sardegna, in Toscana, presso la chiesa di Abbadia a Isola,in provincia di Siena. Sull'archivolto che conduce al sagrato, non si è mancato di rilevare un simbolismo molto arcaico,scampato alle distruzioni:
Poi si apre uno scenario di straordinario effetto:un edificio tutto rosso, in trachite, con un campanile che pare più una torre di guardia, con lo sfondo delle colline tutt'intorno.
Unica 'stonatura' sono le assi di recinzione dell'ex area monastica (in corso di scavo, come abbiamo detto e ripetuto).Appena si supera l'arcone d'accesso, a sinistra, vi sono dei locali o cappelle di cui non conosciamo l'epoca. In uno si venera una Madonna. La chiesa viene datata ante 1137-fine XII secolo. L'architetto è ignoto ma le maestranze furono Lombardo-toscane (pisane)dei cantieri medievali duecenteschi.Viene riconosciuto anche lo stile del Maestro di Ardara (località in cui c'è un'altra bellissima chiesa, Santa Maria del Regno, che non abbiamo visitato). Ha subito trasformazioni e alterazioni, specialmente nel pavimento interno. La chiesa appare in tutta la sua singolare bellezza in cui risaltano le pietre bianche di calcare degli archetti ciechi e delle colonnine della galleria superiore, due lisce e due a 'dente di sega' '. Mirabile il rosone, che inscrive una croce vagamente riconducibile ad un Nodo di Salomone, mentre tutta la parte superiore è invasa da simboli che devono ancora trovare una adeguata decifrazione.
Si noti il particolare degli archetti,terminanti in curiosi 'scalini',già visti in costruzioni di matrice lombarda e toscana (abbazia di Chiaravalle milanese ad esempio, ma anche nella chiesa della Magione di Poggibonsi). Entrando, soli come eravamo, c'è sembrato tutto silenziosamente 'narrativo':tutto è in ordine, tutto è stato 'rimesso a posto', tutto in una meticolosa ricerca di pace e armonia.Quella che non deve avere vissuto sempre questo luogo.La pianta è a croce commissa ad unica navata con abside di pianta quadrangolare (più recente). Arazzo del pittore sardo Filippo Figari, che si trova sulla parete sinistra all’interno della chiesa.Sotto, epigrafe attestante un restauro avvenuto nel 1664, segno che la chiesa continuava ad essere mantenuta e curata.
Nel piccolo transetto, a destra, abbiamo notato un altare molto speciale, in cui è stata ricostruita la Biblica Arca dell'Alleanza, descritta nel testo Veterotestamentario, con i due cherubini che vegliano su di essa.Non è la prima chiesa in cui ci capita di vedere una ricostruzione analoga, ma certamente la storia dell'Arca,custodita nel Tempio di Salomone verosimilmente fino alla distruzione di quest'ultimo ad opera delle truppe romane nel 70 d.C. e poi scomparsa, è permeata dello stesso alone di mistero che accompagna questo luogo. Un alone che i laboriosi scavi intrapresi ormai da quattro anni nell'area dove sorgeva l'antico monastero benedettino, potrà un giorno sbiadirsi, se si lasceranno parlare le pietre e ciò che esse hanno custodito.
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