La pieve di S.Siro appoggia
direttamente alla roccia. Per giungervi, si può optare o per il
sentiero natura Storico Pian delle Greppe o per un altro
percorso bellissimo, a contatto con la Natura, che passa dietro il
piccolo cimitero, aggira l'archeometro e arriva alle spalle dell'edificio.
Nel 2005 avevamo fatto il secondo, nel 2008 abbiamo effettuato il primo,
così abbiamo vissuto entrambe le esperienze.
.
Tra la vegetazione si scorge il
campanile e ben presto si arriva davanti alla meraviglia che sorge
tutta isolata.
Per arrivare all'ingresso
si deve scendere da una scalinata un po' sconnessa. Non esiste una
facciata, poichè la parte a occidente (su cui normalmente si aprono gli
ingressi degli edifici cultuali cristiani) è incassata nella roccia.
L'ingresso fu aperto a meridione, in questo punto, perchè la geomorfologia
non ne permetteva alternativa. Il campanile fu eretto però solo nel 1447
e prima cosa c'era al suo posto? Alla torre campanaria si può accedere
tramite un'apertura che è detta Cà del Rumit, forse in
origine dimora di un eremita.
Qui sorgeva anticamente
un luogo di culto dedicato a divinità pagane Camune, poi vi fu eretto
un tempio di culto dai Romani; in seguito, con il periodo
Longobardo, circolò la leggenda che le reliquie di S.Siro,
patrono di Pavia e capitale del regno, fossero state donate dalla
regina Teodolinda e qui trasportate. Nell' VIII secolo pare che qui
sorgesse un piccolo tempio con ornamentazioni longobarde(forse
coincidente con l'attuale cripta?), mentre la pieve così come la
vediamo nella sua struttura imponente, assunse queste forme nel Mille.
Dei precedenti edifici, resterebbero frammenti che sono stati incorporati
e inglobati nei muri della costruzione, tra cui "fra gli altri, un
frammento marmoreo di gusto longobardo in una delle monofore aperte nella
parete meridionale della navata centrale..."(citazione dal testo di
A.Galbiati "Romanico -San Siro e San Salvatore in Capo di Ponte").
Ma si può trovare anche un frammento epigrafico di epoca romana,
inglobato nella monofora sinistra dell'abside centrale, forse questo che
ho immortalato:
(la foto andrebbe ruotata di
novanta gradi ma lasciata così si può leggere la scritta in maniera
corretta).
(clicca
su tutte e tre per ingrandirle)
Particolari del
portale, che
reca interessanti simbolismi ,tra i quali, nodi di Salomone, un 'fiore
della vita' sotto l'archivolto del portale.
HINC DS INTRANTES AD TE BNDIC
PROPERANTES. Particolare dell'epigrafe incisa nella lunetta e
che A.Galbiati così traduce "Benedici, o Dio, coloro che entrano da qui
per avvicinarsi a te". Sulla
scheda della pieve
ho trovato un'interpretazione leggermente diversa, che invito a leggere
(più sotto).
Varcata la soglia, il
mistero divino si impossessa del visitatore!Mi sovviene l'immagine di un
santuario all'aperto, la cui presenza si perde nella notte dei tempi, in
cui il Sole nascente sarà stato celebrato forse proprio in questo punto, a
lui fatte offerte per il dono e la continuità della vita, dell'Ordine, del
ripetersi dell'alternanza giorno, notte, delle stagioni, dei raccolti. Un
culto proseguito ed esteso alle varie divinità 'pagane', comuni alle molte
genti che popolavano l'area (Camuni, Celti, Romani, Longobardi, assimilate
e fuse sotto nomi e iconografie diverse, ma sostanzialmente simili). Un
culto radicato che il cristianesimo faticò ad estirpare e che comunque
trasfuse nel Cristo -Helios( Cristo-Luce/Sole), in quel mistero Trinitario
che racchiude l'essenza della valenza Universale di un' Origine Divina
delle cose.
Altare. I raggi del sole
proiettano un fascio di luce sulla parete che si offre a chi entra (erano
circa le 15.30). Un sapore antico, una esperienza di riflessione, il
piacere dell'austera semplicità delle forme, che trasudano passato da ogni
parte, nonostante le numerose ristrutturazioni.
Particolare dei capitelli
istoriati che sorreggono la tavola d'altare in pietra massiccia.
Capitello di una delle
colonne delle navate, che richiama i motivi presenti sia su quelli
della foto precedente che quelli sul portale d'ingresso. L’attuale chiesa
è edificata a tre navate, chiuse da tre grandi absidi che svettano a
strapiombo sul fiume Oglio
Monofora dell'abside
centrale, che è volta a est, al sorgere del Sole:si osservi come
inquadra perfettamente la sottostante chiesa che oggi è la Parrocchiale (e
che ha sostituito, per importanza, questa Pieve). Un tempo-forse- si
trovava un altro tempio. Più in alto, sullo sfondo, il massiccio della
Concarena. La cornice in cui si inserisce questa costruzione è
veramente suggestiva.
Fonte battesimale in calcare,
nella navata settentrionale. Fu ricavato da un recipiente per le olive
di epoca romana. Dato che la Pieve presenta una curiosa 'gradinata'
sul lato ovest, ricavata direttamente dalla roccia su cui sorge, si
pensa che vi dovessero sedere coloro che attendevano una benedizione o il
battesimo(catecumeni). Poi, una volta ricevutolo per immersione nel fonte,
uscivano all'esterno(c'era un'apertura che oggi è murata) ad asciugarsi ai
raggi solari (Rinascita simbolica ad una vita nuova)
.
il fondo della vasca battesimale.
Sulla parete nord,
incassata tra le altre pietre, ve n'è una che presenta una singolare
incisione costituita da tre rombi concentrici intercalati da segmenti
perpendicolari, con due appendici triangolari ai lati di destra e di
sinistra. Nella struttura ricorda la
Triplice Cinta, tuttavia un
simile esemplare è la prima volta che lo incontriamo. Sotto, un nostro 'collage'
fotografico con alcuni simbolismi citati.in questo articolo (cliccare per
ingrandire):
Le pareti dovevano essere
affrescate con opere del 1400, di cui oggi restano alcuni esempi
Particolare del 'Battesimo nel Giordano', con un S.Giovanni
Battista che porta una veste chiusa in vita dalla 'solita' corda
annodata vistosamente sul davanti; e questa Madonna in Trono
dell'artista
'minore' Giovanni Pietro da Cemmo. Reca -in basso- vari simboli
legati al
Nodo di Salomone
(clicca),
testimonianza che questa 'continuità' simbolica non conosce praticamente
soluzione.
Il tipo di suolo su cui
sorge la Pieve, ha costretto le Maestranze (Comacine) ad usare diversi
livelli su cui porre le strutture, tant'è che il presbiterio sorge ad una
altezza superiore rispetto alle navate, anche perchè -al di sotto dei
presbiteri (che corrispondono alle tre absidi)- c'è la
CRIPTA.
Scendendo degli scalini
sotto il presbiterio meridionale, si giunge nella parte più profonda e
più antica dell'edificio:la cripta, luogo altamente suggestivo
e che necessiterebbe di una prolungata visita. A mio modesto avviso,
queste colonne non terminavano certo così, senza una base; in effetti
terminano direttamente sul pavimento, risultano troppo corte', stonate!
Ma come potevano proseguire, e soprattutto dove, se siamo a contatto
con la viva roccia? Ricordate dove ci troviamo? Guardiamo la foto
dell'esterno vista da est:
Le monofore superiori
appartengono alle absidi, mentre quelle inferiori dovrebbero appartenere
alla cripta sottostante. Ma a me francamente è sembrato, trovandomi
all'interno di essa, che l'altezza tra base del pavimento e monofora non
rispecchi quella che si intuirebbe osservando l'esterno,cioè dentro lo
sviluppo in verticale sembra minore di quanto appaia fuori.
Particolare di Capitello
istoriato, che riprende lo stile longobardo, di una delle colonne
della cripta.
Una delle monofore della
cripta
Un affresco della cripta,
con colori ancora molto vivi. Sulla parte a destra, invece, entrando nella
cripta, c'è un dipinto assai rovinato.
Un vano imprecisato
della cripta, che termina forse con una porta inaccessibile. Il
dislivello nel pavimento è notevole (resti di roccia ma anche di pietre
squadrate, forse gradini). Si trova nella parete sinistra percorrendo la
cripta in direzione nord.
(cliccare)
Lastre epigrafiche di epoca imprecisata, appoggiate alla parete
controlaterale alla precedente.
(clicca)
(clicca)
Il vano più a nord,
rischiarato da una monofora in cui si trovano residui di materiale litico,
forse dovuti a crolli.
Si torna all'esterno:veduta
dello strapiombo, visto dal parapetto della scaletta che conduce
all'attuale ingresso.
Sotto scorre il fiume Oglio
.
Veduta del tetto dal sentiero
Descrizione
presente nella Pieve stessa, redatta a cura della Proloco:
Il portale della pieve di San
Siro a Cemmo è uno dei più interessanti dell'arte romanica e forse
della Lombardia. Si tratta di una struttura in gran parte originale a
parte l'architrave, che è stata ricollocata nel 1912; è in pietra di
Vezza d’Oglio, alternata a conci di calcare con due semicolonne
laterali desinenti i capitelli zoomorfi. Alla destra è il serpente
favoloso con ali e testa anche sulla coda, l’amphisboena dei
testi antichi e medievali, che qui appare in coppia intrecciata per
le estremità; sulla sinistra è invece il duplice motivo della
sirena bicaudata, l'altro simbolo ricorrente dei bestiari medievali,
in bilico fra il concetto di sapienza, seduzione e il senso
dell'erotismo e forse l'allusione dell'anima in attesa di purificazione.
È interessante notare per queste, ma anche per la struttura
dell'interno, che il tema fondamentale è quello legato all’idea
del doppio, espresso dalla simmetria e dall'incrocio, forse
allusione all’ambiguità e al mistero della natura umana, dove
l'equilibrio tra anima e corpo, tra terra e cielo e in costante
precarietà; unica certezza nel quotidiano di battersi fra tentazione e
redenzione, era, per l'uomo medievale, il Cristo Giudice
dell'apocalisse. Ed ecco che alla base del portale, in due bassorilievi
contrapposti riconosciamo nel leone e nell'agnello, due attributi del
Cristo: il primo ne simboleggia la forza protettrice e la regalità, il
secondo allude al sacrificio e alla croce. Infine la lunetta,
assai restaurata ed integrata è decorata con un angelo a sei ali fiancheggiato
da un'aquila e da due draghi alati e completata da
uno sfondo fitomorfo e dall'iscrizione in latino "HINC DS INTRANTES
AD TE BNDIC PROPERANTES" cioè "Benedici o Dio coloro che
da qui entrano e verso di te s'affrettano".
Sotto, un nostro 'collage'
fotografico con alcuni dettagli citati in questo articolo, relativi
all'esterno della pieve:
L’interno. È a tre navate con rapporto 1:2 fra quello centrale
e le absidi laterali, ognuna terminante con presbiteri comunicanti,
sopraelevati sopra la cripta. La copertura a capriate di legno a vista e
a volte sulle campate laterali che precedono le piccole absidi, si
appoggia su murature scandite da archi a pieno centro che si concludono
in sé i pilastri diseguali, la cui coppia centrale reca capitelli
Zoomorfi con motivi identici a quelli osservati per il portale.
All'epoca di San Carlo Borromeo, anche la pieve di San Siro ha subito
delle trasformazioni architettoniche vistose soprattutto all'interno con
l'aggiunta delle volte nelle navate laterali e della copertura a
cassettoni in quella centrale. Di fatto è questo il momento in cui
inizia il decadimento della pieve, in quanto le sue funzioni primarie
furono assunte dalla parrocchia dei Santi Stefano e Siro di Cemmo che da
quella indipendente di Capo di Ponte. Al susseguente abbandono e al lento
degrado che colpirono la Chiesa nei secoli seguenti subentrò soltanto
nel ventesimo secolo, il primo importante intervento di restauro a cui
assistette personalmente Arthur K.Porter, uno dei più insigni studiosi
dell'architettura lombarda. In anni più recenti la pieve è stata
oggetto di lavori di consolidamento strutturale ed attualmente appare
restituita, attraverso una serie di operazioni anche a carattere
filologico, al suo aspetto originario, con l'abolizione del soffitto
nella navata centrale e l'abbattimento delle volte cinquecentesche delle
navate laterali, il rinnovo dei pavimenti e i restauri del portale e dei
tratti del muro più danneggiati.
Sotto, un nostro 'collage'
fotografico dei diversi punti luce/monofore della pieve:
L' architettura. La pianta dell'edificio è sicuramente
condizionata dalla situazione e geomorfologica del terreno. La sua
struttura di tipo basilicale risulta interrotta ad occidente delle
murature che vanno ad appoggiarsi direttamente alla roccia. Anche il
perimetro è piuttosto irregolare, con l'ingresso principale
collocato eccezionalmente sul lato meridionale. Il suo schema
architettonico rimanda direttamente alle maestranze Comacine
, come pure la tecnica muraria, con blocchi di selce e di arenaria
sbozzarti ed accostati in regolari corsi orizzontali, evidente
soprattutto nel tratto inferiore comprendente il portale. La trama della
muratura superiore è stata oggetto di vari restauri, tuttavia si è
cercato di mantenere quella originaria sia nella posizione delle
monofore sia nella caratteristica fascia di archetti pensili. Il motivo
lombardo degli archetti pensili ricorre in un altro luogo topico e cioè
sotto la linea di gronda delle tre absidi. Esse derivano il carattere
maestoso e lo slancio verticale della presenza della cripta, ricavata
sotto il presbiterio; questa sovrapposizione è evidenziata a
livello strutturale e dinamico dalle sottili lesene che, impostandosi
all'altezza del piano della Chiesa, vanno a saldarsi in alto agli
archetti. Nell'abside centrale questa classica conformazione romanica
acquista un senso del tutto originale grazie alla creazione di una
corona di nicchie centinate che movimenta il profilo superiore
della parete. Le poche e rade monofore che simmetricamente si aprono
nelle pareti non inficiano il senso di robusta pienezza
dell'apparecchiatura muraria.
La pieve di San siro sorge in una posizione inattaccabile su uno
spuntone roccioso. Su questo stesso sito sorgeva precedentemente un
antico castelliere già in epoca preistorica e proseguita in epoca
romana con l'utilizzazione dell'area come denotano conci e i resti
marmorei reimpiegati delle murature medievali. E’unanimemente accettato
che la consacrazione del luogo come culto cristiano del sito sia
avvenuta in epoca longobarda, non solo a causa dell'intitolatura che la
pieve ha assunto, poiché San Siro era il patrono di quel popolo, ma
anche in virtù di alcune sopravvivenze strutturali di settimo secolo
specie nella cripta, che sono quindi da ascrivere sicuramente a quelle
genti. L'impianto monumentale è da collocarsi all'undicesimo secolo ed
è opera di maestranze itineranti specializzate nelle tecniche
architettoniche e decorative provenienti da una area geografica
coincidente con la Lombardia centro occidentale, i cosiddetti
Maestri
Comacini. Accanto alla chiesa, che fungeva da pieve per i territori
di Cemmo e di Capo di Ponte siamo informati, da un'iscrizione presente
su una roccia presso l'ingresso, dell'esistenza di un castello distrutte
dalle truppe di Federico primo nel 1163 poi ricostruito ed oggi
diroccato. Anche in questo caso, siamo di fronte, per la Valcamonica,
alla frequente associazione del luogo sacro con il luogo profano,
la rocca con la pieve. Nel corso del tempo si sono succeduti interventi
di ristrutturazione e di abbellimento, come quelli relativi alla
decorazione ad affresco (in parte andata perduta), all'apertura di due
porte sui lati del presbiterio (una è stata tamponata) e all'erezione
del maestoso campanile alla fine del XV secolo.
Nel notro 'collage'
fotografico, altri simboli e dettagli dell'esterno della pieve:
STORIA (sintesi tratta da
"Romanico
-San Siro e San Salvatore in Capo di Ponte"di Alberto Galbiati)
Sul finire dell’ VIII secolo, Carlo Magno, vincitore dei
Longobardi, donò la Valcamonica al monastero franco di Saint Martin
di Marmoutier, nel dipartimento di Tours. Contemporaneamente, a Brescia sostituì il duca longobardo
con un conte franco.
La politica regia di rafforzamento dei monasteri non impedì, peraltro,
nel IX secolo la presenza in valle di possedimenti del Vescovo di
Brescia (e di quelli di altri Vescovi). Quest’ultimo, affiancatosi
dapprima al conte franco, finì via via per sostituirsi ad esso,
dimostrandosi insidioso nei confronti della giurisdizione del monastero
di Saint Martin che, troppo lontano, aveva affidato l’amministrazione
della sua valle ad un proprio advocatus locale (nel X secolo, la
famiglia del castello di Esine).
Quanto lontano era il monastero franco proprietario,
altrettanto vicini erano fra loro l’advocatus locale e il
signore-vescovo bresciano. Sicchè, com’è d’uopo in questi casi,
finirono per intendersi e per legarsi l’uno all’altro, così che
la Valle entrò rapidamente nell’orbita del Vescovo, che tese a
controllarla con il sistema giurisdizionale delle Pievi. Poco influì
sulla situazione di fatto locale che l’organizzazione cluniacense,
nella quale era confluito il Monastero di Tours con i relativi diritti
patrimoniali, avesse nel frattempo espanso la sua presenza nella zona
del Lago D’Iseo (San Pietro in Lamosa a Provaglio e San Paolo
sull’isola lacustre) ed eretto in Valle l’unica abbazia camuna,
quella, appunto, di San Salvatore, probabilmente agli inizi del XII
secolo. Ciò avvenne, pare, in contemporanea con l’erezione della
chiesa plebana di San Siro.
Fu appunto la ferrea organizzazione delle Pievi e dei benefici a giocare
a favore di una sempre maggiore influenza vescovile (e imperiale) sulla
Valle, a scapito di quella monasterile (e papale). I successivi tragici
eventi delle lotte fra le fazioni locali ghibelline e guelfe sfociò,
alla fine, nella conflittualità secolare che oppose stabilmente fra
loro i due sistemi. E due splendide chiese, fronteggiantisi dalle
opposte sponde dello stesso fiume, sembrano ricordarlo.
Non risultando documenti scritti, la storia della fondazione della chiesa
di San Siro è affidata agli indizi che emergono da parti
dell’edificio e dallo studio del contesto storico-architettonico.
.
La visita pastorale di san Carlo Borromeo coincise con l’inizio di un
rapido declino della chiesa, le cui funzioni parrocchiali furono
passate alla chiesa di Santo Stefano a Cemmo.
Nello stato di abbandono dei secoli successivi, si registra solo la
spoliazione progressiva di opere e arredi, salvo la realizzazione di una
copertura barocca a volte.
Gli ultimi decenni del Novecento registrarono frequenti interventi di
recupero e restauro: eliminata la volta settecentesca e rifatto il
soffitto a capriate di legno; riaperta la croce greca nel timpano
centrale; rifatto l’altare; scrostate tutte le malte borromee e
riportata a vivo le murature in pietra; restaurato il portale con la
ricomposizione della lunetta dai frammenti sparsi nelle vicinanze;
rifatta la pavimentazione a lastroni; riaperto l’accesso primitivo
alla cripta.
Oggi, l’edificio, monumento nazionale di proprietà della Parrocchia
di Cemmo, è sporadicamente officiato e si offre ai turisti e a
manifestazioni musicali di alto livello.