TEMATICHE:
Aggiornamenti
Alchimia
Antiche
Civiltà
Architetture
Colonne
e Nodi
Fenomeni
Insoliti
I
miei viaggi(estero)
Italia
da conoscere
L'Uomo
e Dio
Maestri
Comacini
Medioevo
e...
Mistero
o Mito?
Personaggi
Simbolismo
Simbologia
e Cultura Orientale
Storia
e dintorni...
Templari
"magazine"
Ultimi
Reports
UTILITY:
Archivio
reports
Bacheca
Collaboratori
Extra sito
Libri
del mese
Links
amici
SERVIZI:
FORUM
CHAT
Newsletter
Avvertenze/
disclaimer
Bpath Contatore
| |
|
Castelli in |
|
|
(a cura di
duepassinelmistero) |
|
|
|
A questa misteriosa e
bellissima Valle bresciana sono state dedicate già diverse ricche pagine su
questo nostro sito (i cui links di riferimento elenchiamo con piacere in
fondo a questo articolo). In esse abbiamo presentato diversi parchi delle
celebri Incisioni rupestri camune, che con il loro eclatante numero
di 300.000 furono il primo sito italiano che l'Unesco riconobbe come
Patrimonio dell'Umanità; abbiamo in seguito documentato i 'tesori
archeologici' di diverse epoche e luoghi presenti nel territorio, dimostrando che
la Valle non è "solo" arte rupestre. Stavolta aggiungeremo altre
delizie per gli appassionati, sperando di stuzzicare in chi ancora non le
avesse viste, la voglia di farlo, approfittando magari delle vacanze estive,
che è senz'altro il periodo migliore -con la primavera- di godersi i
panorami e i siti valligiani.
La visita odierna è stata
organizzata da noi con l'indispensabile collaborazione per la parte
logistica dell'Associazione
Lontano Verde, che fornisce ottime guide disponibili e preparate e
alla quale potranno rivolgersi coloro che desiderano fare la nostra stessa
esperienza, ricordando che sono disponibili diversi tipi di itinerari. Il
nostro ha compreso la visita a tre castelli:quello di Gorzone, quello di
Breno e quello di Cimbergo. Tra una visita e l'altra è stato possibile
visitare il borgo medievale di Erbanno. |
|
|
|
|
Il castello di Gorzone
Si presenta oggi come una
dimora gentilizia ma un tempo fu una roccaforte di importanza strategica,
trovandosi in posizione dominante lungo la via di collegamento tra la
Valcamonica (BS) e la Val di Scalve (BG), protetto da un lato dal confine
naturale della forra del fiume Dezzo. Pur trovandolo globalmente conservato,
si notano gravi segni di degrado, purtroppo, e ne sono visitabili solo
alcune porzioni. Non si conoscono edifici precedenti a quello che risale al
1300, di proprietà della famiglia Federici, nome importante in questa
zona e che lo ha tenuto fino al 1800. Cognome enigmatico che sembra legato
al fatto che al tempo dell'incursione di Federico Barbarossa in Valle (XII
secolo), il casato -dapprima guelfo- si fosse legato all'imperatore-
divenendo ghibellino e fedele a Federico di Hoensthaufen. Tra storie di
voltafaccia politici dei suoi proprietari, distruzioni e rifacimenti, il
maniero conserva resti di una torre medievale, visibile a destra
dell'ingresso (sorregge un balconcino di epoca posteriore), portici e logge
quattrocenteschi e aggiunte posteriori. Si articola su due piani, a cui
vanno aggiunti vani sotterranei non visitabili, una cisterna per la raccolta
dell'acqua, un giardino, una chiesa cinquecentesca esterna dedicata a San
Giovanni Battista. Un tempo doveva esservi sicuramente una chiesina interna,
di cui non resta nulla ma alla quale potrebbero essere appartenuti dei
blocchi di pietra rosata accasciati nel cortile interno, e che recano delle
croci cristiane, delle croci patenti, un
fiore della vita molto ben
eseguito, uno scudo scaccato con lo stemma del casato Federici.
Nessuno sa specificare dove fossero appunto collocati questi reperti e a
quale epoca risalgano. A noi -segugi in fatto di simboli- sono sembrati
degni di particolare attenzione, poichè la presenza di un certo tipo di
croci (spiccatamente "patenti") e del fiore della vita potrebbe-
condizionale doveroso- avere qualcosa a che fare con l'Ordine Templare o con
quello Giovannita? Il mistero si è fatto più intrigante quando abbiamo
rilevato su un pilastro -sempre di pietra rosata- un'altro Fiore della Vita
iscritto in un cerchio (facciamo notare che il blocco su cui si trova è di
reimpiego poichè non è compatibile con la parte superiore del pilastro, che
è vistosamente di materiale e struttura diversa). Seguito poi dalla 'scoperta'
di un altro simbolo su uno dei gradini che scendono in un vano sotterraneo
interdetto al pubblico. Cosa significa e chi lo fece, quando, perchè? I
successivi gradini sono cosparsi di polvere e ghiaietta che impedisce una
loro lettura (almeno da parte nostra che siamo 'non addetti ai lavori'). A 'condire'
il quadro già di per sè molto interessante, dobbiamo rivelare la presenza di
una Triplice Cinta, molto
chiara, sul muretto del parapetto del loggiato superiore, senza diagonali e
con accennato foro centrale, mentre su una lastra di copertura di un
parapetto abbiamo documentato un altro esemplare di triplice quadrato, ma
molto consunto (quasi illeggibile) e incompleto (forse la pietra era più
lunga), accanto al quale vi sono due marcate croci. A destra, i segni di
alloggiamento di due probabili giunti metallici fanno ritenere che questo
pezzo litico provenga da altrove e sia da considerarsi quindi di reimpiego
nella attuale posizione. L'aspetto austero
dell'esterno lascia il posto ad un interno caldo, affrescato, di ampio
respiro e buon gusto, di ispirazione antica. Un maniero assolutamente da
visitare! Per maggiori informazioni storico -artistiche
cliccare qui. Per vedere un 'collage' degli ambienti che abbiamo
visitato, cliccare sulla foto sotto:
Scendendo dal castello, si
ammira la pregevole arca funeraria Federici di epoca medievale, che
riporta -oltre alla dedicazione - l'iscrizione dello scalpellino del
monumento (che non è lo stesso che ha eseguito il sarcofago).
|
|
|
Il borgo medievale di Erbanno
Si snoda tra salite e
discese la visita a Erbanno (frazione di Darfo-Boario Terme), uno dei borghi medievali meglio conservati di
tutta la Valcamonica e feudo della famiglia Federici. Percorrendo le sue viuzze si apprezzano eleganti
loggiati, inserti lapidei antichi collocati nei posti più impensati e
simbolismi a noi noti. Nella foto (potete vederla appieno cliccandovi sopra
per ingrandirla): lo sfondo ritrae la parte 'alta' del paese, che qui termina
e si apre sui campi. Suggestivo lo sfondo della montagna dietro l'arcata. In questa zona avevano sede le botteghe del villaggio. Nei riquadri,
da sinistra a destra: una croce scolpita su un blocco di reimpiego,
attualmente incassato in un edificio di civile abitazione; la superstite
torre medievale di san Martino; la lunetta del portale d'ingresso del
complesso (con i suoi simboli); lo stemma dell'Ordine francescano che si
trova su una chiesina del centro storico; un bellissimo
Fiore della Vita
inscritto in un raffinato motivo a intreccio e doppio cerchio
concentrico(sul pilastro d'ingresso di un edificio civile); il complesso di
San Martino. Quest'ultimo è situato nella parte 'bassa' dell'abitato ed è
costituito da un apparente disomogeneo gruppo di edifici, di cui l'alta
torre è il simbolo del paese stesso. La dedicazione si pensa possa derivare
dalla presenza di un monastero benedettino alle dipendenze della casa-madre
di Tours, ma di esso non resta traccia e già nel 1300 si ha notizia di una
parrocchiale con annesso cimitero, il cui portale d'ingresso (inglobato in
una muratura ottocentesca) è ancora oggi visibile ed è molto interessante:
la lunetta presenta una croce polilobata centrale aperta sul cielo, a cui si
accompagna una decorazione ad archetti intrecciati mentre l'architrave 'a
gruccia' sottostante- in arenaria rossa- ha mensole arabescate, un riquadro
centrale con una croce e ai lati due splendidi esemplari di
Fiori
della Vita (a sinistra normale, a destra con grosso punto centrale
che la fa somgiliare ulteriormente ad un fiore).
Un motivo che in Valle ha
tutta l'aria di essere 'onnipresente'! Il complesso cultuale di San Martino,
nell'area del quale sono emerse anche sepolture di epoca longobarda, consta
oggi nel campanile e in una antica cappella omonima, mentre la cappella
adiacente è più pertinente al cimitero che qui si era impiantato(rimangono
ancora diverse lapidi incassate nelle murature perimetrali).La cappella di
San Martino è formata da un'unica aula riccamente affrescata da dipinti
-parzialmente rovinati- del XV secolo, un importantissimo tassello della
ricostruzione artistica della Valle.
Al centro, sulla volta, Il
Pantocrator in una serie di cerchi concentrici policromi sembra
irradiare la propria potenza a tutti gli altri personaggi raffigurati e alle
scene testamentarie illustrate. Da notare una Madonna dai capelli raccolti e
biondi, assisa su un trono-edificio spettacolarmente fastoso, con il
Bambino pure biondo in posa curiosa, e la rappresentazione dei 4 Elementi
sui pennacchi a fondo rosso: Acqua, Aria, Terra, Fuoco (illustrati nella
foto precedente).. La visita di Erbanno si può concludere con un'immancabile
visita a S.Maria in Restello, la chiesa nobiliare dei Federici, fatta
erigere nel 1525, che conserva affreschi coevi attribuiti a Callisto Piazza.
|
|
|
|
|
Il castello di Breno
Ci sarebbero moltissime cose
da dire su questo straordinario sito archeologico perchè quello che vediamo
è solo l'ultimo baluardo di un complesso di insediamenti umani che riporta
indietro di almeno 10.000 anni. Infatti le indagini stratigrafiche hanno
restituito elementi compatibili con abitazioni a capanna di tipo preistorico
e una statuetta di 'dea madre' sepolta sotto una capanna (con funzione di
rendere 'sacro' il luogo),
oltre a tombe e fondamenta di una primitiva
chiesa la cui dedicazione era all'Arcangelo Michele, e dunque probabilmente
longobarda. In seguito venne sovrapposta ad essa una chiesa successiva con
due absidi, e poi una terza che doveva forse avere anche una terza piccola
abside laterale. Tale chiesa era a tre navate ed è possibile 'leggerne' il
perimetro seppure non restino altro che le fondamenta e una parte
dell'alzato, in cui sono riconoscibili una monofora ed una finestra a croce.
La chiesa si ergeva sullo sperone roccioso a strapiombo e doveva dominare
tutta la valle sottostante. Le indagini scientifiche del sito hanno permesso
di capire che nel medioevo si erano insediate delle case-torri all'interno
di una cerchia di mura a scopo difensivo. Passata sotto il dominio dei
Visconti di Milano, divenne roccaforte militare, funzione che mantenne anche
sotto la Repubblica di Venezia, tra XV e XVI secolo, che operò divere
trasofrmazioni strutturali che sono ancora evidenti nelle murature. Spenta
la sua epopea di baluardo difensivo, nel 1598 Venezia lo vendette al comune
di Breno e il castello venne gradualmente spogliato delle sue pietre, che
servirono per nuovi edifici a valle. I primi restauri si ebbero solo
all'inizio del XX secolo. Oggi è ben conservata, grazie
anche ai restauri e al recupero da parte del Comune a partire dal 2000, una torre merlata di tipo ghibellino. Ampio a articolato
il giro di visita, tramite il quale si può godere di un panorama mozzafiato.
La magia emanata da questo luogo riporta a paesaggi di brughiera, quieti e
immoti ma anche a lontani echi di un passato che fu particolarmente
combattuto e infuocato. Al calar della sera il tramonto sembra riaccendere
le sue mura e quando tutto è buio, un gioco di luci artificiali permette al
castello di non svanire inghiottito dalle ombre delle montagne, ma di
continuare a farsi notare, accogliendo nella stagione estiva- fino alla
mezzanotte- i turisti.
Le vicende dell'area
archeologica, ricostruite grazie agli scavi, sono narrate in opportuni
pannelli all'interno di una sala ricavata nella fortezza ad opera del CIDA
(Centro d'Informazione e Divulgazione Archeologica).
Cliccando sulla foto sottostante, si apprezzerà
un 'collage' di istantanee dei suggestivi ruderi...
Per maggiori approfondimenti
vedasi il link.
E prima di proseguire per il
castello di Cimbergo, sosta
presso...
|
|
|
Il centro di ricerca e
laboratori didattici"Archeopreistorico" di Nadro
E' incredibile come minuscoli
paesini valligiani siano in grado di attirare l'attenzione non solo perchè
hanno la 'fortuna' di essere collocati nei pressi delle celebri incisioni
rupestri o di impensabili castelli medievali, ma anche per l'operosità di
persone che hanno fatto dell'amore per i propri luoghi, della storia e del
passato un motivo di crescita e di formazione anche per gli altri. E' il
caso della frazione Nadro di Ceto e di questo neonato progetto (che
abbiamo avuto il piacere di conoscere proprio nella giornata di
inaugurazione), curato dal ricercatore Maurilio Grassi. Il valore di
questa iniziativa è che permette a bambini ed adulti di 'scoprire' o
riscoprire il piacere della manualità, del 'come facevano i camuni a...?'
perchè 'conoscere' l'arte rupestre della Valcamonica non significa solo
andare a vedere i massi con le incisioni, leggere in teoria le possibili
spiegazioni, ma significa interrogarsi sugli enigmatici petroglifi, 'capire'
se quel mondo eternato sulla pietra era simbolico o reale. Il Grassi,
partendo dall'analisi delle armi da taglio spesso raffigurate (coltelli), ha
ricostruito le loro dimensioni, giungendo a dire che non sono-come alcuni
autori sostengono- in scala reale, poichè sarebbe stato impossibile
maneggiarle e impiegarle. Ma non solo, ha eseguito un'approfondita indagine
presso popoli ancora oggi tribali, che hanno nella manualità (e non nella
tecnologia!) la loro maniera di vivere, scoprendo risposte ad alcune
domande. Allestito in una casa rinascimentale e annesso alla Riserva
Regionale delle Incisioni Rupestri di Ceto-Cimbergo-Paspardo, il Centro si
propone come uno dei passi per avvicinarsi all'archeologia classica, e offre
un percorso espositivo e dei laboratori didattici. Inoltre 'opera su
richiesta di gruppi e famiglie interessate alla scoperta dell'archeologia ed
etnografia locale, oltre che dell'ambiente naturale'. Per info contattare
Maurilio Grassi (349/6072169). |
|
|
|
|
Il castello di Cimbergo
Non ci voleva certo il classico
temporale montano a guastare la visita all'incantevole rudere di uno dei più
interessanti e misteriosi castelli della Valcamonica, del quale si hanno
poche notizie. La sua posizione dominava tutta la valle, poichè è situato
sulla sommità di un promontorio ai piedi del quale si adagia il borgo
medievale di Cimbergo. La scelta era stata strategica poichè da un lato era
protetto in modo naturale da una profonda gola, da cui riecheggia il rumore
dello scorrere tumultuoso e selvaggio del torrente Re. Ancora, sembra di
sprofondare in ricordi ancestrali, in vite mai vissute ma che la fantasia
evoca aiutata dall'atmosfera quasi surreale. L'accesso presenta murature di
maggior spessore, a scopo difensivo, e conserva ancora un bel portale
a volta archiacuta, tratti delle mura perimetrali e un vano-cisterna. Di
pianta pentagonale irregolare, il castello risale al XII-XIII secolo di
proprietà degli Antonioli; per un breve periodo fu dominio poi della
famiglia Federici, già incontrata in questa pagina e quindi dei conti
Lodrone (originari del Trentino) che lo cedettero alla vicinia di
Cimbergo. Andato incontro a grave degrado, le sue pietre vennero in parte
utilizzate per la costruzione del campanile del paese (XIX secolo). Per
approfondire la storia e la leggenda che come ogni castello che si rispetti
ha,
si
veda qui.
|
|
Un particolare ringraziamento
alla nostra preparatissima guida, la sig.ra Liliana Fratti. Per contattare
l'Associazione LOntàno Verde visitare il sito ufficiale:
www.lontanoverde.it
Pagine correlate in questo sito:
www.duepassinelmistero.com
Avvertenze/Disclaimer
luglio '08
|