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         Castelli in
(a cura di duepassinelmistero) Valcamonica
 A questa misteriosa e bellissima Valle bresciana sono state dedicate già diverse ricche pagine su questo nostro sito (i cui links di riferimento elenchiamo con piacere in fondo a questo articolo). In esse abbiamo presentato diversi parchi delle celebri Incisioni rupestri camune, che con il loro eclatante numero di 300.000 furono il primo sito italiano che l'Unesco riconobbe come Patrimonio dell'Umanità; abbiamo in seguito documentato i 'tesori archeologici' di diverse epoche e luoghi presenti nel territorio, dimostrando che la Valle non è "solo" arte rupestre. Stavolta aggiungeremo altre delizie per gli appassionati, sperando di stuzzicare in chi ancora non le avesse viste, la voglia di farlo, approfittando magari delle vacanze estive, che è senz'altro il periodo migliore -con la primavera- di godersi i panorami e i siti valligiani.

La visita odierna è stata organizzata da noi con l'indispensabile collaborazione per la parte logistica dell'Associazione Lontano Verde, che fornisce ottime guide disponibili e preparate e alla quale potranno rivolgersi coloro che desiderano fare la nostra stessa esperienza, ricordando che sono disponibili diversi tipi di itinerari. Il nostro ha compreso la visita a tre castelli:quello di Gorzone, quello di Breno e quello di Cimbergo. Tra una visita e l'altra è stato possibile visitare il borgo medievale di Erbanno.

               Il castello di Gorzone

Si presenta oggi come una dimora gentilizia ma un tempo fu una roccaforte di importanza strategica, trovandosi in posizione dominante lungo la via di collegamento tra la Valcamonica (BS) e la Val di Scalve (BG), protetto da un lato dal confine naturale della forra del fiume Dezzo. Pur trovandolo globalmente conservato, si notano gravi segni di degrado, purtroppo, e ne sono visitabili solo alcune porzioni. Non si conoscono edifici precedenti a quello che risale al 1300, di proprietà della famiglia Federici, nome importante in questa zona e che lo ha tenuto fino al 1800. Cognome enigmatico che sembra legato al fatto che al tempo dell'incursione di Federico Barbarossa in Valle (XII secolo), il casato -dapprima guelfo- si fosse legato all'imperatore- divenendo ghibellino e fedele a Federico di Hoensthaufen. Tra storie di voltafaccia politici dei suoi proprietari, distruzioni e rifacimenti, il maniero conserva resti di una torre medievale, visibile a destra dell'ingresso (sorregge un balconcino di epoca posteriore), portici e logge quattrocenteschi e aggiunte posteriori. Si articola su due piani, a cui vanno aggiunti vani sotterranei non visitabili, una cisterna per la raccolta dell'acqua, un giardino, una chiesa cinquecentesca esterna dedicata a San Giovanni Battista. Un tempo doveva esservi sicuramente una chiesina interna, di cui non resta nulla ma alla quale potrebbero essere appartenuti dei blocchi di pietra rosata accasciati nel cortile interno, e che recano delle croci cristiane, delle croci patenti, un fiore della vita molto ben eseguito, uno scudo scaccato con lo stemma del casato Federici. Nessuno sa specificare dove fossero appunto collocati questi reperti e a quale epoca risalgano. A noi -segugi in fatto di simboli- sono sembrati degni di particolare attenzione, poichè la presenza di un certo tipo di croci (spiccatamente "patenti") e del fiore della vita potrebbe- condizionale doveroso- avere qualcosa a che fare con l'Ordine Templare o con quello Giovannita? Il mistero si è fatto più intrigante quando abbiamo rilevato su un pilastro -sempre di pietra rosata- un'altro Fiore della Vita iscritto in un cerchio (facciamo notare che il blocco su cui si trova è di reimpiego poichè non è compatibile con la parte superiore del pilastro, che è vistosamente di materiale e struttura diversa). Seguito poi dalla 'scoperta' di un altro simbolo su uno dei gradini che scendono in un vano sotterraneo interdetto al pubblico. Cosa significa e chi lo fece, quando, perchè? I successivi gradini sono cosparsi di polvere e ghiaietta che impedisce una loro lettura (almeno da parte nostra che siamo 'non addetti ai lavori'). A 'condire' il quadro già di per sè molto interessante, dobbiamo rivelare la presenza di una Triplice Cinta, molto chiara, sul muretto del parapetto del loggiato superiore, senza diagonali e con accennato foro centrale, mentre su una lastra di copertura di un parapetto abbiamo documentato un altro esemplare di triplice quadrato, ma molto consunto (quasi illeggibile) e incompleto (forse la pietra era più lunga), accanto al quale vi sono due marcate croci. A destra, i segni di alloggiamento di due probabili giunti metallici fanno ritenere che questo pezzo litico provenga da altrove e sia da considerarsi quindi di reimpiego nella attuale posizione. L'aspetto austero dell'esterno lascia il posto ad un interno caldo, affrescato, di ampio respiro e buon gusto, di ispirazione antica. Un maniero assolutamente da visitare! Per maggiori informazioni storico -artistiche cliccare qui. Per vedere un 'collage' degli ambienti che abbiamo visitato, cliccare sulla foto sotto:

                    

Scendendo dal castello, si ammira la pregevole arca funeraria Federici di epoca medievale, che riporta -oltre alla dedicazione - l'iscrizione dello scalpellino del monumento (che non è lo stesso che ha eseguito il sarcofago).

                           

 

Il borgo medievale di Erbanno

Si snoda tra salite e discese la visita a Erbanno (frazione di Darfo-Boario Terme), uno dei borghi medievali meglio conservati di tutta la Valcamonica e feudo della famiglia Federici. Percorrendo le sue viuzze si apprezzano eleganti loggiati, inserti lapidei antichi collocati nei posti più impensati e simbolismi a noi noti. Nella foto (potete vederla appieno cliccandovi sopra per ingrandirla): lo sfondo ritrae la parte 'alta' del paese, che qui termina e si apre sui campi. Suggestivo lo sfondo della montagna dietro l'arcata. In questa zona avevano sede le botteghe del villaggio. Nei riquadri, da sinistra a destra: una croce scolpita su un blocco di reimpiego, attualmente incassato in un edificio di civile abitazione; la superstite torre medievale di san Martino; la lunetta del portale d'ingresso del complesso (con i suoi simboli); lo stemma dell'Ordine francescano che si trova su una chiesina del centro storico; un bellissimo Fiore della Vita inscritto in un raffinato motivo a intreccio e doppio cerchio concentrico(sul pilastro d'ingresso di un edificio civile); il complesso di San Martino. Quest'ultimo è situato nella parte 'bassa' dell'abitato ed è costituito da un apparente disomogeneo gruppo di edifici, di cui l'alta torre è il simbolo del paese stesso. La dedicazione si pensa possa derivare dalla presenza di un monastero benedettino alle dipendenze della casa-madre di Tours, ma di esso non resta traccia e già nel 1300 si ha notizia di una parrocchiale con annesso cimitero, il cui portale d'ingresso (inglobato in una muratura ottocentesca) è ancora oggi visibile ed è molto interessante: la lunetta presenta una croce polilobata centrale aperta sul cielo, a cui si accompagna una decorazione ad archetti intrecciati mentre l'architrave 'a gruccia' sottostante- in arenaria rossa- ha mensole arabescate, un riquadro centrale con una croce e ai lati due splendidi esemplari di Fiori della Vita (a sinistra normale, a destra con grosso punto centrale che la fa somgiliare ulteriormente ad un fiore).

Un motivo che in Valle ha tutta l'aria di essere 'onnipresente'! Il complesso cultuale di San Martino, nell'area del quale sono emerse anche sepolture di epoca longobarda, consta oggi nel campanile e in una antica cappella omonima, mentre la cappella adiacente è più pertinente al cimitero che qui si era impiantato(rimangono ancora diverse lapidi incassate nelle murature perimetrali).La cappella di San Martino è formata da un'unica aula riccamente affrescata da dipinti -parzialmente rovinati- del XV secolo, un importantissimo tassello della ricostruzione artistica della Valle.

Al centro, sulla volta, Il Pantocrator in una serie di cerchi concentrici policromi sembra irradiare la propria potenza a tutti gli altri personaggi raffigurati e alle scene testamentarie illustrate. Da notare una Madonna dai capelli raccolti e biondi, assisa su un trono-edificio spettacolarmente fastoso, con il Bambino pure biondo in posa curiosa, e la rappresentazione dei 4 Elementi sui pennacchi a fondo rosso: Acqua, Aria, Terra, Fuoco (illustrati nella foto precedente).. La visita di Erbanno si può concludere con un'immancabile visita a S.Maria in Restello, la chiesa nobiliare dei Federici, fatta erigere nel 1525, che conserva affreschi coevi attribuiti a Callisto Piazza.

Il castello di Breno

                    

Ci sarebbero moltissime cose da dire su questo straordinario sito archeologico perchè quello che vediamo è solo l'ultimo baluardo di un complesso di insediamenti umani che riporta indietro di almeno 10.000 anni. Infatti le indagini stratigrafiche hanno restituito elementi compatibili con abitazioni a capanna di tipo preistorico e una statuetta di 'dea madre' sepolta sotto una capanna (con funzione di rendere 'sacro' il luogo), oltre a tombe e fondamenta di una primitiva chiesa la cui dedicazione era all'Arcangelo Michele, e dunque probabilmente longobarda. In seguito venne sovrapposta ad essa una chiesa successiva con due absidi, e poi una terza che doveva forse avere anche una terza piccola abside laterale. Tale chiesa era a tre navate ed è possibile 'leggerne' il perimetro seppure non restino altro che le fondamenta e una parte dell'alzato, in cui sono riconoscibili una monofora ed una finestra a croce. La chiesa si ergeva sullo sperone roccioso a strapiombo e doveva dominare tutta la valle sottostante. Le indagini scientifiche del sito hanno permesso di capire che nel medioevo si erano insediate delle case-torri all'interno di una cerchia di mura a scopo difensivo. Passata sotto il dominio dei Visconti di Milano, divenne roccaforte militare, funzione che mantenne anche sotto la Repubblica di Venezia, tra XV e XVI secolo, che operò divere trasofrmazioni strutturali che sono ancora evidenti nelle murature. Spenta la sua epopea di baluardo difensivo, nel 1598 Venezia lo vendette al comune di Breno e il castello venne gradualmente spogliato delle sue pietre, che servirono per nuovi edifici a valle. I primi restauri si ebbero solo all'inizio del XX secolo. Oggi è ben conservata, grazie anche ai restauri e al recupero da parte del Comune a partire dal 2000, una torre merlata di tipo ghibellino. Ampio a articolato il giro di visita, tramite il quale si può godere di un panorama mozzafiato. La magia emanata da questo luogo riporta a paesaggi di brughiera, quieti e immoti ma anche a lontani echi di un passato che fu particolarmente combattuto e infuocato. Al calar della sera il tramonto sembra riaccendere le sue mura e quando tutto è buio, un gioco di luci artificiali permette al castello di non svanire inghiottito dalle ombre delle montagne, ma di continuare a farsi notare, accogliendo nella stagione estiva- fino alla mezzanotte- i turisti. 

Le vicende dell'area archeologica, ricostruite grazie agli scavi, sono narrate in opportuni pannelli all'interno di una sala ricavata nella fortezza ad opera del CIDA (Centro d'Informazione e Divulgazione Archeologica). Cliccando sulla foto sottostante, si apprezzerà un 'collage' di istantanee dei suggestivi ruderi...

                         

Per maggiori approfondimenti vedasi il link.

E prima di proseguire per il castello di Cimbergo, sosta presso...
 

Il centro di ricerca e laboratori didattici"Archeopreistorico" di Nadro

E' incredibile come minuscoli paesini valligiani siano in grado di attirare l'attenzione non solo perchè hanno la 'fortuna' di essere collocati nei pressi delle celebri incisioni rupestri o di impensabili castelli medievali, ma anche per l'operosità di persone che hanno fatto dell'amore per i propri luoghi, della storia e del passato un motivo di crescita e di formazione anche per gli altri. E' il caso della frazione Nadro di Ceto e di questo neonato progetto (che abbiamo avuto il piacere di conoscere proprio nella giornata di inaugurazione), curato dal ricercatore Maurilio Grassi. Il valore di questa iniziativa è che permette a bambini ed adulti di 'scoprire' o riscoprire il piacere della manualità, del 'come facevano i camuni a...?' perchè 'conoscere' l'arte rupestre della Valcamonica non significa solo andare a vedere i massi con le incisioni, leggere in teoria le possibili spiegazioni, ma significa interrogarsi sugli enigmatici petroglifi, 'capire' se quel mondo eternato sulla pietra era simbolico o reale. Il Grassi, partendo dall'analisi delle armi da taglio spesso raffigurate (coltelli), ha ricostruito le loro dimensioni, giungendo a dire che non sono-come alcuni autori sostengono- in scala reale, poichè sarebbe stato impossibile maneggiarle e impiegarle. Ma non solo, ha eseguito un'approfondita indagine presso popoli ancora oggi tribali, che hanno nella manualità (e non nella tecnologia!) la loro maniera di vivere, scoprendo risposte ad alcune domande. Allestito in una casa rinascimentale e annesso alla Riserva Regionale delle Incisioni Rupestri di Ceto-Cimbergo-Paspardo, il Centro si propone come uno dei passi per avvicinarsi all'archeologia classica, e offre un percorso espositivo e dei laboratori didattici. Inoltre 'opera su richiesta di gruppi e famiglie interessate alla scoperta dell'archeologia ed etnografia locale, oltre che dell'ambiente naturale'. Per info contattare Maurilio Grassi (349/6072169).

Il castello di Cimbergo

Non ci voleva certo il classico temporale montano a guastare la visita all'incantevole rudere di uno dei più interessanti e misteriosi castelli della Valcamonica, del quale si hanno poche notizie. La sua posizione dominava tutta la valle, poichè è situato sulla sommità di un promontorio ai piedi del quale si adagia il borgo medievale di Cimbergo. La scelta era stata strategica poichè da un lato era protetto in modo naturale da una profonda gola, da cui riecheggia il rumore dello scorrere tumultuoso e selvaggio del torrente Re. Ancora, sembra di sprofondare in ricordi ancestrali, in vite mai vissute ma che la fantasia evoca aiutata dall'atmosfera quasi surreale. L'accesso presenta murature di maggior spessore,  a scopo difensivo, e conserva ancora un bel portale a volta archiacuta, tratti delle mura perimetrali e un vano-cisterna. Di pianta pentagonale irregolare, il castello risale al XII-XIII secolo di proprietà degli Antonioli; per un breve periodo fu dominio poi della famiglia Federici, già incontrata in questa pagina e quindi dei conti Lodrone (originari del Trentino) che lo cedettero alla vicinia di Cimbergo. Andato incontro a grave degrado, le sue pietre vennero in parte utilizzate per la costruzione del campanile del paese (XIX secolo). Per approfondire la storia e la leggenda che come ogni castello che si rispetti ha, si veda qui.
 

                  

 

Un particolare ringraziamento alla nostra preparatissima guida, la sig.ra Liliana Fratti. Per contattare l'Associazione LOntàno Verde visitare il sito ufficiale: www.lontanoverde.it

 

Pagine correlate in questo sito:

bullet Una giornata in Valcamonica (2002)
bullet Tesori della Valcamonica      
bullet Il tempio della Minerva a Breno
bulletUn'altra giornata in Valcamonica...! (2008)
bullet La pieve romanica di san Siro a Cemmo
bullet I Camuni

 

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                                                                                      luglio '08