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5) – Il Satiro e il Fanciullo e la "confezione" dell’uovo filosofico (di Fabrizio Tonna) Presso il Museo del Vino, a Torgiano, è conservato un piatto decorato a tutto tondo uscito nel 1528 dalla bottega di M° Giorgio Andreoli. La scena che ci viene presentata è ricca di simbolismo filosofale con un chiaro riferimento al Vaso prezioso della Grande Opera nel suo duplice aspetto di ricettacolo e matrice propria della Pietra filosofale. Sì, perché nel caso della Via secca, lo stesso vaso naturale che si forma per l’azione trasformante dello spirito e del fuoco è altresì la materia vetrosa che farà da substrato alla resurrezione della gloriosa Fenice. La scena, nei suoi colori crepuscolari bluastri e verdi, evocatori dell’indispensabile apporto dell’onda umida mercuriale, ci presenta al centro un Satiro e un fanciullo intenti a giocare su un piccolo isolotto erboso tutto circondato da un sentiero terroso indicatore dell’ormai conosciuta via del crogiolo, che impiega le materie allo stato secco nella dinamica evolutiva della perfetta liquazione. Come il lettore potrà ben osservare, alcuni particolari si dimostrano ricchi di stupende analogie, che vedono il Satiro appoggiato allo scuro legno di una quercia, la mano destra sulla spalla del fanciullo, mentre tiene con la mano sinistra un singolare vaso di rossa argilla, rivolto con il collo verso il manto erboso verde-dorato che pare ricordare l’oro verde ed immaturo che il Monaco di Erfurt Basilio Valentino non mancava di segnare nella sua antica grafia che ben si presta al curioso anagramma.
VITRYOL – L’OR Y VIT
Certamente! l’oro che vive proprio in virtù della caratteristica di questo sale sensibile e altamente refrattario evocata dai baffi che il fanciullo afferra con la mano destra mentre con la sinistra sostiene un grappolo d’uva, indicato non solo come attributo del dio Bacco ma altresì come la fonte dispensatrice del prezioso succo di cui presto daremo l’immensa portata alchemica. Il lettore avrà inoltre notato che sia il Satiro, sia il fanciullo sono rivestiti d’identico colore e cioè del bianco-argenteo indicatore di potenza acquisita. Se qualcuno si divertisse ad obiettare circa l’azione del fanciullo nei confronti del Satiro e ci correggesse affermando che il piccolo non afferra il baffo ma dispone un acino d’uva sulla bocca del mitico personaggio, noi non contraddiremo, in quanto il senso dell’immagine in nulla resterebbe variato. Ma vediamo ora cosa ci comunica Dom J.A. Pernety nel suo Dizionario, al riguardo di questo personaggio singolare dagli attributi caprini:
Ora il dio Baccco si pone inevitabilmente in analogia con il vino generatore del prezioso aiutante salino, il vero trucco della grande Opera che nel francese antico e moderno il suono secco TRUC; questo è l’omofono di trux (c.g.), mosto, feccia di vino, che nella sua forma τρυγόϚ gioca cabalisticamente τρύχω, consumare, esprimente l’azione propria di questo alkali igneo tutto speciale. È da non dimenticare, inoltre, che Bacco è spesso raffigurato mentre sorregge il calice , la testa coronata d’uva e foglie di vite; la sua nascita è simile a quella di Esculapio che abbiamo già visto avere una collocazione ben precisa. Non a caso il fanciullo qui raffigurato sostiene un grappolo d’uva dispensatrice del preziosissimo tartaro, e se anche vogliamo vederlo mentre passa un acino del prelibato frutto alla bocca del Satiro non sbaglieremmo nell’attribuire alla scena il significato che le conviene, ovvero la necessaria nutrizione ignea che permette al sale il dovuto accrescimento in massa e virtù. Ancora il sapiente benedettino ci ricorda che Pan,
Poi, completando nella sua eminentissima opera sulle "Fables", non manca d’affermare che
Del resto l’analogia con il fuoco innato appare ancora più sbalorditiva presso gli italici che fecero del Satiro Pan il loro Fauno – FAUNUM che, nel pieno rispetto delle regole della Lingua solare, sembra derivare da ϕάος, luce, la cui forma contratta ϕϖϚ indica la vibrazione luminosa ignea, la vita. Ancora, la madre di Pan Dryops, deriva verosimilmente da δρύϚ, δρυόϚ, quercia, quella stessa contro cui è appoggiato il nostro satiro barbuto. Dal canto suo δρυόϚ gioca cabalisticamente con δρόσοϚ, rugiada, acqua, ma anche sangue con una forte analogia nei confronti della metamorfosi del Leone verde in Leone rosso. Ora, la nostra Rugiada, carica della virtù vegetativa della vibrazione cosmica o fluido universale è un vero e proprio dono (δϖρον), al punto tale che fu definito dagli Adepti come Dono del Cielo. Se poi prendiamo δρυόϚ e trasponiamo ο in ρ, otteniamo δόϱυ (Ϛ è di regola eliminato) con il significato di tronco d’albero, lancia, nave; quest’ultima può essere in francese navire ma anche vaiseau con il duplice significato di vascello e vaso, ovvero, in Alchimia, contenuto e contenente. Lo stretto rapporto che intercorre tra il vascello e il vaso è proprio questo, che vede entrambi contenuti nella terra rossastra, molto simile esteriormente al comune sesquiossido di ferro, risultata dalla calcinazione filosofica del CAPUT. In queste ceneri, ben espresse dal vaso d’argilla tenuto dal Satiro sul manto erboso, è contenuta la materia salina e vetrosa che quasi sicuramente entrò nella composizione dei lustri di M° Giorgio, nonché la piccola remora ignea, unica in grado di mantenere in incubazione l’uovo opportunamente confezionato. L’origine di questi due preziosi elementi che presto si uniranno a formare un’unica sostanza sembra confermata dal fatto che nella lingua francese il vaso è altresì VASE il cui omofono indica la materia fangosa, salina, per noi rappresentante il risultato del riflusso delle onde del Mare dei Saggi. Inoltre, se vogliamo interpretare il gesto del fanciullo come un’indicazione importante dei baffi del Fauno, allora all’unanimità con Fulcanelli siamo tentati a riferirci al gatto, presso gli egizi particolarmente venerato per la sua affinità con la vibrazione lunare. Questo animale, spesse volte disprezzato e amante dei luoghi tranquilli e dei focolari domestici, è geroglifico vivente del fuoco segreto e nei suoi baffi disposti a X esprime altresì il ricettacolo salino adatto a captare le preziosissime onde e accogliere in gestazione il minuscolo sole sulfureo. Del resto l’etimologia stessa non lascia dubbi, che vede il francese CHAT conservare nel suo omofono ellenico Χα il suono duro esprimente la luce manifestata, il raggio igneo dimorante nella cenere preziosa e profumata di fresca verzura, quella stessa che, dorata in più punti, esprime la potenza vitale e vegetativa nate dall’amicizia del fanciullo (la remora) e dal Satiro (il sale) di uguale natura spirituale (entrambi rivestiti dello stesso colore). Terminiamo ricordando che il prezioso tartaro nato dalla fermentazione del succo nei tini di legno di quercia non deve essere spinto in purezza oltre i limiti prescritti dalla Tradizione, pena la perdita della preziosa calce necessaria affinché lo spirito formi il guscio di protezione. A questo proposito ricordiamo che già la sua cristallizzazione si differenzia notevolmente da quella conosciuta nella chimica moderna, proprio come intercorre notevole distanza tra i due tipi di fermentazione, la spagirica e l’alchimica. Nel primo caso si tratta infatti di assemblare e ridurre le parti volatili e spirituali dei corpi in fissità moltiplicativa attraverso menstrui acidi o solventi universali di natura sostanziale estranea al fermento; nel secondo caso, al contrario il processo utilizza una generazione PER IGNEM, per mezzo del fuoco interno che attrae la parte fissa e la coagula in un corpo totalmente nuovo. Compreso questo punto capitale della pratica alchemica non sarà paradossale ammettere che l’accrescimento dei cristalli del nostro sale è sviluppato dal centro verso la periferia secondo un dinamismo guidato dall’apporto costante delle onde, le quali tessono una struttura potenzialmente idonea a impregnarsi successivamente di tutte le virtù del fuoco, un vero geode artificiale all’interno del quale scorreranno SUONI, COLORI e PROFUMI.
Note al Paragrafo 5
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