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3) – Il Bagno di Diana" e le Purificazioni Mercuriali (di Fabrizio Tonna). L’opera che sottoponiamo al lettore è la riproduzione assolutamente fedele, nei colori e nelle forme, del piatto firmato da M° Giorgio Andreoli il 6 aprile 1525 e attualmente conservato tra i pezzi della Wallace Collection. L’oggetto, in Maiolica misura un diametro di 37,5 cm. e misura 2,8 cm. di altezza e fu effettuato a Gualdo Tadino verosimilmente intorno al 1928. Ci spiace molto non aver reperito un’immagine dell’originale dell’Andreoli e quindi ci è impossibile ogni positivo confronto; tuttavia fidandoci delle autrici dell’opera "Ceramiche Umbre dal Medioevo allo Storicismo", ed essendo unicamente interessati, nell’ambito di questo studio, ad un’interpretazione alchimica del mito e del simbolismo, daremmo immediatamente di seguito la descrizione così come si propone nel succitato catalogo. (*)
Il Bagno di Diana è strettamente legato al mito di Atteone trasformato in un cervo, tuttavia è interessante non fermarsi ad una descrizione puramente mitologica, in quanto l’occasione (?) fornisce seducenti analogie. Il mito narra della castissima Diana - ΑϱτεμήϚ – che innamorata della caccia e sempre seguita da uno stuolo di Ninfe decide un giorno di bagnarsi con esse, presso un lago che qui è singolarmente rappresentato da una interessante piscina. Atteone attratto dalla casta nudità della dea si avvicina a nuoto in modo a dir poco temerario ed ella lo trasforma prontamente in un cervo che morirà dilaniato da propri cani che non lo riconosceranno. Ma la cosa più singolare è che questo personaggio non appare sulla scena del nostro piatto, così come la stessa Diana, sempre accompagnata nell’iconografia dai suoi ermetici attributi. Né il crescente lunare, né l’arco e la faretra, né le alchimiche Colombe sembrano comparire nell'insieme: ch’ella sia la fanciulla di sinistra, voltata di schiena, con i capelli parzialmente raccolti intenta a togliersi la tunica stranamente ocellata? Oppure si tratterebbe dell’altra fanciulla , quella seduta sempre a sinistra con la testa girata in prossimità degli alberi e il corpo semi-coperto dal drappo purpureo? In entrambi i casi i dati sono veramente pochi per poter formulare un’ipotesi il più possibile certa; inoltre la presenza delle Tre Grazie sembra presentarci una scena del tutto diversa da quella che il titolo dell’opera lascerebbe presagire. Noi crediamo che, se l’originale non appare a favore del mito, la figlia della Principessa Latona sia rappresentata soltanto In secondo piano e che, al contrario, si voglia far luce su un punto capitale dell’Opera al forno che va ben oltre il procedimento tecnico delle Purificazioni cui abbiamo accennato velatamente nello studio della marca alchimica di M° Giorgio. Il sapiente Jean Greter definisce Diana – Artemide (la nostra belle d’Argent) come la Regina delle Onde – REGINA UNDARUM (2), appellativo straordinario e assolutamente appropriato che rivela le virtù ormai acquisite del nostro Mercurio dei Saggi. La sue eterna verginità, unita alla casta nudità dell’immagine indica senza ambagi il grado di eccellente purezza ormai raggiunto dal prezioso solvente filosofico, grazie alla triplice irradiazione attraverso il nitro celeste dispensatore e unico portatore della nitrazione universale. Quest’ultima è rappresentata in modo eccellente dal complesso delle 14 Ninfe che ci riportano alla fanciulla ideale di Cyliani (3) uscita dalla quercia per donargli il liquido capace di aprire la serratura del tempio: Ella, insieme ad importanti segnalazioni, gli rivela essere di essenza celeste e lo esorta a considerarla quale una deiezione della Stella Polare. Dietro l’abile velo dell’allegoria, l’alchimista autore dell’Hermès Devoilé – ERMETE SVELATO. Comunica un punto capitale dell’Opera che ben duecentonovantuno anni prima M° Giorgio Andreoli aveva citato e trasposto abilmente nella decorazione in oggetto. Il numero delle Ninfe è assolutamente rivelatore, formato com’è da due volte sette, espressione di pienezza e perfezione, costanza ed equilibrio realizzate in seno alle onde senza le quali non vi sarebbe elaborazione realmente filosofica. Questa comunicazione del fluido cosmico è una emissione costante e controllata, un vero dinamismo raggiante, corporificata in un liquido reale e ponderabile, il cui substrato è acquoso e il cui nome risponde a Rugiada dei Saggi (dalla canonicità indiscussa). È infatti attraverso questo fluido prezioso, o meglio attraverso il preziosissimo sale che se ne estrae e nel quale è realmente corporificata l’emissione celeste, che il nostro Mercurio dei Filosofi è estratto e purificato. La virtù ignea del fuoco segreto penetra nelle interiorità intime della struttura agendo a livello del nucleo centrale e comunicando una forza metamorfosizzante e vegetativa, quella stessa evocata dall’abbondante colore verde che tinge non solo la verzura della foresta ma altresì l’acqua dell’affollato Bagno di Diana. Certamente! Proprio da quella forza chimica e trasformante originano le Acque in secco alle quali si formerà l’embrione metallico raggiante del suo splendore luminoso. Che esse siano riferite all’apporto costante del fluido universale, o alla vibrazione magnetica del magma centrale di cui il magnetismo terrestre non è che pallido riflesso, la sostanza, o intima essenza che la rilega è una sola e ad un tempo trascendente e immanente, materiale e spirituale. Essa è ben espressa dalle teste ricciolute unite dai festoni che riversano il fluido prezioso nella vasca sottostante. Questo meccanismo eminentemente evocatore non manca di essere riproposto dalla treccia di motivi a forma di "S", con una chiara allusione al nocciolo sulfureo e al riflusso delle onde mercuriali; tuttavia ci è stato comunicato che nell’originale conservato al Victoria and Albert Museum di Londra questo particolare è assente, così come l’ocellatura sul velo sollevato dalla ninfa voltata di schiena sulla sinistra dell’immagine, particolare sul quale non ci fermeremo nel timore di rivelare un punto importante della pratica alchemica, ma che consideriamo una forzatura non solo decorativa. Inevitabilmente, in virtù di questa comunicazione d’etere cosmico il Mercurio dei filosofi è ormai carico della grandezza – MAGNITUDO, della luce spirituale ed è pronto a cederla nel bellissimo smalto verde di cui le acque della piscina sono un annuncio favorevole: come queste infatti rendono ricco il Bagno di Diana, così il sale vitriolico assimila la vibrazione ignea contenuta nel bagno mercuriale e si carica di ogni potenzialità vegetativa. Questa casta unione che muove la massa nel profondo dell’essenza è molto ben espressa dalla decorazione che circonda il tondo, ove OVOLI e PERLE si alternano in un gioco simmetrico armonioso. Se il prezioso frutto della materia madreperlacea è chiara prefigurazione della nostra Belle d’Argent (nell’originale di M° Giorgio paiono puntate nel mezzo, con chiara allusione alla possibilità di accogliere il Sole dei Saggi), a maggior ragione gli OVULI assumono una duplice valenza simbolica: da un lato la materia costitutiva, dall’altro lo scopo del nostro uovo filosofico, sul quale sicuramente torneremo. Per ora ci basti sapere che OVOLO indica spesso nel gergo botanico la gemma dell’ulivo, il quale nella sua etimologia francese rivela il gioco cabalistico del vetriolo filosofico. OLIVIER – OIL VERT Quest’olio verde, o olio di vetro – VITRI OLEUM è sede dell’oro celeste e prezioso, vero oro degli Alchimisti, dispensatore di tutta l’energia attrattiva necessaria e della virtù coagulante e ritenente dello spirito (L’OR Y EST). Grazie a questo apporto quintessenziale il nostro Leone Verde potrà convertirsi in Leone Rosso, impegnandosi della fisicità specifica dell’anima dei metalli: gli angioletti dalle ali rosse posti appena sopra i festoni, tra le teste riversanti, non indicano altro che questa volatilità capace di fissarsi definitivamente in un corpo nuovo la cui struttura è assolutamente trasformata. Come la casta Diana degli Adepti è capace di rivestirsi dell’Iride multicolore della vibrazione cromatica, così, in seno all’uovo, lo zolfo dei filosofi non smetterà di irradiare alla sostanza stessa dal suo ricettacolo la gamma sonora della via Regale pere eccellenza che si vuole a giusto titolo SECCA! Concluderemo ricordando che l’identificazione del ricettacolo appropriato si situa al livello di una corrispondenza tutt’altro che casuale. Il Bosco raffigurato dall’Andreoli e riprodotto a Gualdo Tadino rivela ad un tempo la fonte e l’utilizzo del prezioso sale raccolto al termine della Prima Opera: Bosco in francese è bois, con l’ulteriore accezione di legno, corna di cervo, e dell’insieme di alcuni strumenti a fiato quali l’oboe (hautbois), il clarinetto, ecc. Il carattere legnoso ci riporta immediatamente alla vecchia quercia cava di N. Flamel (4) dispensatrice del prezioso materiale di partenza, mentre l’arte di musica è intimamente collegata alla facoltà propria del nostro vaso di impregnarsi della scala cromatica dello spirito. Ancora bois è omofono di boîte, che indica una scatola o comunque un oggetto atto a contenere, il quale gioca cabalisticamante con boitte, esca, con chiara allusione all’azione di pescare di trarre dall’acqua un piccolo pesce.
Note al Paragrafo 3
(*) Segnaliamo al lettore di essere ora in possesso dell’immagine originale, ma purtroppo priva di colori.
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