Famiglia
nobile,guelfa,che si stabilì' a Rimini agli inizi del XIII secolo e ne
ressero la Signorìa dal 1295 al 1528 circa. L'origine della famiglia è
molto antica
e misteriosa, qualcuno la fa risalire al periodo Romano.Resta comunque
imprecisata.
.Risalendo all'VIII secolo,
si potrebbe identificare
in un Giovanni Malatesta, ricco e influente signore di Ravenna,
il "capostipite" della famiglia. Ma le cronache
storiche accettate ci datano al
1239
la notizia di un Malatesta
della Penna che aveva funzioni di podestà della città
di Rimini.
Ma da dove
proverrebbe il nome MALATESTA?
Forse da un certo RODOLFO,
vissuto
nel secolo X°, che si distinse per la caparbietà e il coraggio
con cui seppe affrontare e tenere testa alle opposte fazioni di
Papi e Imperatori, che così lo avrebbero 'appellato'...
La ricerca dell'origine
del loro casato potrebbe comunque essere motivo di ulteriori stimoli di
ricerca.
Si attribuisce a
Malatesta II Verrucchio (morto nel 1312) la fondazione vera e propria
della Signoria, quando fu cacciata da Rimini la fazione Ghibellina nell'anno 1285.
Alcune
fonti riportano la versione secondo cui, attorno al 1200, i
Malatesta si distinguono in due rami familiari, l'uno che viene
detto 'da Foligno',e l'altro "da Verrucchio",questi
ultimi goverarono nelle Marche.
Nel 1239 Malatesta
da Verrucchio (o è il Malatesta della Penna incontrato
prima?), che Dante nel capitolo XXVII dell' "Inferno"
definisce Mastin Vecchio, veniva nominato Podestà di
Rimini.Suo figlio, che prenderà il nome di Malatesta da Verrucchio
II, divenne capitano e signore della città.
Alla morte di questi, gli
succeddette per diritto di primogenitura, il figlio Malatestino
dell'Occhio, che aveva altri fratelli (passati tristemente alla
storia):-Gianciotto lo sciancato, che aveva sposato con
matrimonio puramente diplomatico Francesca (della famiglia ravvennate
dei "da Polenta") e Paolo detto il Bello.
Albero genealogico dei Malatesta(tratta dal sito I
Luoghi del Mistero)
.
Si ha conoscenza di
Palazzi Malatestiani che oggi non ci sono più, già nell' anno 1216,
ubicati nella zona dove
si può ancora ammirare la Rocca Malatestiana o Castel Sismondo,(1437)
La Rocca Malatestiana(voluta da Sigismondo) che si
affaccia sull'attuale Via del Corso a Rimini
In quei Palazzi chissà cosa
successe....Tra il 1282 e il 1285 (probabilmente nel 1283) si consumò l'amore e la tragedia di
due amanti famosi della famiglia: Paolo Malatesta e
Francesca da Rimini, sposata con Gianciotto Malatesta,
fratello
di Paolo,come abbiamo appena ricordato.Scoperta la 'tresca', Gianciotto
uccise sia la moglie che il fratello...Anche se la leggenda vuole che il
tutto si sarebbe consumato nel rinomato castello di Gradara (a pochi
chilometri da Rimini).
Dante li ricorda nel
Canto V dell'Inferno,nella Divina Commedia.
Per aver concorso a far
restare Rimini negli Annali Storici vale la pena di ricordare altri
personaggi della Famiglia Malatesta.
Il nonno di Sigismondo,ad
esempio,che si chiamava CARLO Malatesta, ebbe il merito di
risistemare il porto secondo l'andamento attuale e questa fu
un'opera fondamentale poichè permise l'abbandono dell'antico porto
romano,regolarizzando le acque del fiume Marecchia,potenziando così la
via fluviale e incrementando le attività pescherecce e commerciali, che
erano i due pilastri (insieme all'agricoltura) alla base del benessere
cittadino.
Suo figlio, Pandolfo III,
padre
di Sigismondo, nacque nel 1370 e fu signore di un piccolo stato che
comprendeva BRESCIA e BERGAMO. Nel 1385,all'età di soli 15 anni,
divenne signore della cittadina di Fano.Lo si ricorda come un abile
condottiero e capitano di ventura al soldo dell'allora duca di Milano,
Gian
Galeazzo Visconti .A Fano si stabilì definitivamente quando perse le
città di Bergamo e Brescia e portò con sè la propria corte,che non
era costituita solo da cosniglieri,soldati,segretari ma
da intellettuali,Sapienti e Artisti, che fecero di Fano uno dei centri più attivi
culturalmente, autonomi ed importanti nell'ambito delle Signorie
Malatestiane tra le Marche e la Romagna.
Fu forse in questo ambiente
che crebbe anche Sigismondo, la figura più di spicco della
Casata, avuto illegittimamente da Antonia da Barignano, fuori dal
suo matrimonio con Paola Bianca..
Sigismondo in una scultura nel Tempio Malatestiano di
Rimini.
Pandolfo III ebbe anche
altri due figli: Galeotto Roberto e Domenico Novello.
Morì a Fano il 5 ottobre
1427,quando Sigismondo aveva soltanto dieci anni e fu celebrato con
tutti gli onori nella chiesa di S.Francesco,dove venne
sepolto,all'interno di un sepolcro sigillato.Sigismondo,una volta al
potere,farà trasferire la salma del padre in una nuova
tomba in stile rinascimentale,su disegno
di Leon Battista Alberti e,nel corso del 1600,la tomba subì un
successivo spostamento,presso il portico della chiesa di
S.Francesco,simmetricamente a quella gotica della prima moglie di
Pandolfo, Paola Bianca.
Nelle seguenti immagini, si
vede la mummia di Pandolfo III ritrovata da lavori di scavo sotto il
portico della suddetta chiesa a Fano.
(immagini tratte dal sito I
Luoghi del Mistero )
Alla morte di Pandolfo,i tre
ragazzi vennero accolti dallo zio Carlo Malatesta,Signore
di Rimini,che ottenne la loro legittimazione dal Papa.Egli no aveva
eredi e,alla sua morte,avvenuta nell'anno 1429,la Signorìa passò a Galeotto
Roberto, che era il primogenito ma dopo un paio d'anni
quest'ultimo rinunciò alla vita mondana e lasciò il posto a
Sigismondo.
Ci si potrebbe interrogare
sul perchè preferì ritirarsi da una vita di lusso e
prestigio.Per fare che cosa? Che fine fece?
L'altro fratello, Domenico
Novello, anch'egli profondamente interessato alla cultura e alla
conoscenza, ondò la Biblioteca Malatestiana a Cesena(1452) che
è considerata la più antica biblioteca comunale esistente ed è quasi
un 'UNICUM' in Italia.
Domenico sposò Violante, figlia di
Federico di Montefeltro, famiglia avversaria dei Malatesta,
favorendo perciò una attenuazione della tensione tra le due
Casate.
Interessante il fatto che
quando i due fratelli avevano bisogno di aiuto reciproco,se lo
concedevano e curioso anche il fatto che nei loro monumenti abbiano
adottato i medesimi simboli: la rosa,lo
steccato (simile alla scacchiera), l'elefante...
La Rosa è continuamente ripetuta nel fregio che corre sulle fasce
laterali all'esterno del Tempio Malatestiano,oltre che all'interno.
Lo "steccato" su uno degli stemmi di Sigismondo nel T.M.
:fasce oblique dai colori alternati bianco e rosso,ricordano la
scacchiera.
Ingresso della Biblioteca Malatestiana di
Cesena:"L'elefante indiano non teme le zanzare")
Sia nella
Biblioteca Malatestiana a Cesena che nel Tempio Malatestiano di Rimini
ritroviamo lo stemma con le "Tre Teste".
Sigismondo andò al potere a
soli 14 anni e alla sua morte si aprirono lotte e intrighi, cosa che
pare avesse caratterizzato questa famiglia.
Un figlio naturale di
Sigismondo, Roberto(1452-1482),riuscì ad impadronirsi di
Rimini ma la 'dinastia'stava progressivamente avviandosi verso una
inesorabile eclisse.
Lotte intestine ne
determinarono l'indebolimento e la decadenza fino a che, nel XVI secolo,
la disgregazione fu totale, acuìta dal fatto che nel 1503 il papa
Cesare Borgia aveva imposto la dominazione sui territori della
famiglia (che già Sigismondo aveva dovuto in parte cedere a
suo tempo )e
con Pandolfo V (1509) si chiude la Signoria dei Malatesta a
Rimini.
I Malatesta vengono
descritti spesso come violenti combattenti in competizione con le
grandi Signorie che in quel tempo imperavano nel territorio
italiano.Ma accanto al potere militare ,presso la loro corte si
inventarono i" moderni" modelli di macchine ed argani,
illustrati dagli antichi manoscritti e dai disegni originali , che
ci restituiscono l'aspetto scientifico e tecnico della cultura
fiorita all'ombra della Signoria Malatestiana. E' una cultura superiore,
degna di una signoria "illuminata".
Spesso la storia ci
trasmette solo in parte la realtà dei
fatti e noi uomini di questo tempo non ci domandiamo quale
Pensiero era infuso nelle loro menti,abbiamo comunque alcuni documenti
che ci attestano come i Malatesta conservassero l'autonomia dei territori sotto la loro potestà.
"GLI STATUTI"sono
un esempio di scritti ufficiali con cui veniamo a sapere che
la località di San Mauro e Giovedia, ad esempio, acquistano
"l'indipendenza" da Savignano, concessi da Sigismondo
Malatesta intorno al 1433.
.Località
che gravitavano attorno alla più importante Rimini, ovviamente, ma che ci
permettono di capire quale fosse il clima dell'epoca.
Un clima fatto
certamente di intrighi di corte,di sfide per la conquista del potere, che
i Malatesta riuscirono quasi sempre ad ottenere con opportuni
matrimoni o con alleanze con altri rami parentali.
Riuscirono per quasi
tre secoli ad estendere il loro dominio sulle Marche e sulla Romagna,
che
da sempre avevano interessato la Chiesa di Roma e che, quindi,
sempre si trovò avversa alla famiglia dei Malatesta.
Links Utili:
Novello
Malatesta
Bibliografia consigliata:
Neri Moreno, Come giunse beltà a tanto
buio, in La Conca del Tempio - Ezra Pound e Sigismondo Malatesta,
Scheiwiller, Chieri, 2001.
Neri Moreno, Giorgio Gemisto Pletone - De
differentiis, Raffaelli Editore, Rimini, 2000.
Neri Moreno, Nessuna guida sarà scritta,
in A lume acceso, Raffaelli Editore, Rimini, 2001.
Pletone Giorgio Gemisto, (trad it. e cura di Moreno
Neri), Delle differenze fra Platone e Aristotele, Raffaelli
Editore, Rimini, 2000.
Charles Yriarte, (trad. it. di Moreno Neri), Rimini
: Un Condottiero del XV secolo : Studi sulle lettere e le arti alla
corte dei Malatesta secondo le carte di stato degli archivi d’Italia -
con 200 disegni dai monumenti del tempo, Raffaelli Editore, Rimini,
2003
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Nacque probabilmente a
Brescia,il 19
giugno 1417.Figlio illegittimo di Pandolfo III Malatesta e di Antonia da
Barignano,viene descritto dalle cronache come un tiranno
politico,egocentrico e donnaiolo .In realtà,la sua figura è molto
interessante sotto il profilo umanistico e culturale,nel periodo in cui fioriva - in Italia - la
'riscoperta'della Tradizione
Ermetica Tradizione
Ermetica anche per opera di alcuni traduttori di testi
Antichi, tra cui Marsilio Ficino e un altro grande quanto
trascurato personaggio, Giorgio Gemisto
Pletone, vero fondatore dell'Accademia Fiorentina (sul
modello della Scuola di Platone) e che, non senza motivo, è
sepolto nel sarcofago della IV^ arcata del Tempio Malatestiano di
Rimini.
Qualcuno definisce Sigismondo
Malatesta l'" Uomo ideale del Rinascimento".
Sigismondo,al centro, nel famoso affresco di P.della
Francesca,oggi staccato e posto su un pannello nell'ultima cappella a
destra del Tempio Malatestiano.
Un 'giallo'rinascimentale dunque?
Sono esistiti due Sigismondo? Due facce della stessa medaglia?
Una 'ufficale' ed essoterica ed una privata ed esoterica?
Sembra si sì. Proviamo a conoscerlo meglio.
Sigismondo Storico:
Andato prestissimo al potere,Sigismondo
seppe affrontare il suo ruolo con grande determinazione e, nel
1433, a soli 16 anni fu nominato Cavaliere dall'imperatore del
Lussemburgo, Sigismondo anche lui, in visita alla citttà di Rimini.
L'anno seguente sposò la figlia di Nicolò d'Este, Ginevra,e
per lui si aprì un futuro smagliante: abilissimo in campo militare,si
distinse quale uno dei migliori capitani delle armi pontificie e il Papa
,infatti, lo nominò Gonfaloniere della Santa Sede.
Avere l'appoggio
del Papato,a quel tempo, era il presupposto fondamentale per portare
avanti progetti e potere.
Nel 1437 dà mano alla costruzione della
sua residenza-fortezza, conosciuta come Castel Sismondo o
Sigismondo, nota anche come Rocca Malatestiana.
Tre anni dopo resta vedovo della moglie e
prende in sposa la figlia di Francesco Sforza, Polissena. Matrimonio
che si concluderà nel 1448 per la morte di Polissena.
Rimasto vedovo per
la seconda volta, Sigismondo potè rendere pubblica la sua relazione con
ISOTTA degli Atti,iniziata nel 1446 e che sposerà
nel 1456. Lei era figlia di Francesco, un ricco mercante e
cambiatore di Rimini; molto più giovane di Sigismondo (nacque alla fine
del 1432 o all'inizio del 1433) era orfana di madre fin dalla nascita
(morì di parto).
Si ricama molto sulla storia d'amore di Isotta e
Sigismondo; secondo alcuni lui l'avrebbe notata quando era tredicenne,
riuscendo a conquistarla e nel 1447 ebbero un figlio cui
venne dato il nome di Giovanni ma che morì nel periodo neonatale.In seguito,ebbero altri figli e la loro unione venne cantata
dai poeti e dagli artisti di corte in tutti i modi.
Si può presumere che
Sigismondo amasse profondamente Isotta, la quale ottenne dal papa di
costruirsi una Cappella funebre all'interno del Tempio
Malatestiano
La tomba di Isotta con sopra le insegne Malatestiane(con
l'immcancabile l'elefantino bianco indiano,lo steccato e la sigla
SI).
Sigismondo ebbe trionfi su varie città
come Senigallia e Mondavio e nel 1447 passò al servizio di Firenze
(abbandonando Alfonso d'Aragona appoggiato dal Papato) e questo gesto
avrebbe condizionato la sua esistenza futura.
Nel 1449 ebbe iniziò la realizzazione del
Tempio Malatestiano a Rimini:
in realtà si trattava di lavori di
rifacimento radicale dell'interno della ex-chiesa di S.Francesco,
affidando a Leon Battista Alberti il progetto di rifacimento
dell'esterno.
Nel 1459 divenne papa Pio II,
che da tempo provava ostilità verso Sigismondo, ritenendo avesse
tradito la sua città, Siena e si creò molti nemici.
Nel congresso
di Mantova gli impose pesanti umiliazioni(1459) .Nel 1462, in un
concistoro, il pontefice definì il Tempio Malatestiano praticamente
un'offesa a Cristo,con queste parole"Non sembra un Tempio di
Cristo, bensì di fedeli adoratori del demonio".Contemporaneamente
lo scomunicò, il che equivaleva a minare il suo potere e il
prestigio della sua Signoria.
Non pago, il Papa mosse contro Sigismondo
molte accuse infamanti che contribuirono a metterene in cattiva luce la
sua persona e a tramandarlo ai posteri sotto una veste iniqua e di
parte (venne accusato di fratricidio,uxoricidio,fabbricazione e spaccio
di moneta falsa, alcune violenze carnali,incesto e sodomia verso il
proprio figlioletto Roberto) e si arrivò a bruciare sulla pubblica
piazza, a Roma,in tre diversi luoghi, l'effigie di Sigismondo sottoforma
di un manichino somigliantissimo.
Sembra che, a causa di tutto ciò, dovesse
interrompere i lavori del Tempio Malatestiano...
In questo clima,non gli restò altro da
fare che chiedere il perdono del papa,da cui andò nel 1463, poichè
anche gli Stati Italiani si erano alleati contro di lui.Il papa gli
tolse tutti i domini eccetto la città di Rimini
Nel 1464 Sigismondo fu al soldo di
Venezia e partecipò alla Crociate,in Morea (l'attuale Peloponneso)
combattendo contro i Turchi finchè, nel 1466, Pio II morì.
Ritornò
quindi in patria, però stanco e malato e morì a Rimini il 7
ottobre 1468, volendo essere seppellito nel 'suo'Tempio.
Alla sua morte,si aprì una lotta per la
successione.
Le cronache spiegano poco quale fu il ruolo di Isotta nel
periodo in cui Sigismondo era in battaglia e sembra che, rimasta vedova,
abbia retto il governo della città insieme al figliastro Sallustio.Ma
un altro figlio di Sigismondo, Roberto, voleva il potere ad ogni
costo e nel 1469 ordinò l'assassinio di Sallustio che,fuori di scena,
gli permetteva di impadronirsi della Signoria. Isotta morì nel
1474 e fu sepolta con l'onore dovuto ad una Signora nella sua Cappella
nel T.M.
Sigismondo Iniziato:
L'avverso Papa Pio II Piccolomini
ebbe a dire di lui"Conosce le storie ed è molto innanzi
nella filosofia e sembra nato a tutto ciò che intraprende".
Questo la dice lunga su chi fosse Sigismondo Malatesta.
Cresciuto in un ambiente, come abbiamo
visto, predisposto alla cultura umanistica,all'arte e a quelle Scienze
che erano parte di una Tradizione, Sigismondo si circondò sempre di
letterati,Intellettuali ed Esoteristi.
Può sembrare un 'luogo comune',dato il periodo storico in cui
visse: non era infrequente che
molte Corti Italiane si concentrassero di poeti, filosofi e scienziati e
ricercassero quel 'seme divino'che gli alchimisti rinascimentali si
proponevano di riportare alla luce in ogni individuo.Il Signore -in
questa ottica- ambiva a diventare un 'dio'.
Il suo percorso iniziatico si ispirò alla
tradizione del Corpus Hermeticum e al neoplatonismo,corrente
rinascimentale che si basava sugli studi di Platone,Plotino,Proclo,Porfirio,Giamblico
e che Giorgio Gemisto Pletone stava in quegli anni
riportando alla corte di Cosimo I° dè Medici a Firenze...
.La corte di Rimini fu una luce nel
Rinascimento,guidata da Sigismondo ( e sicuramente anche Isotta
condivideva il Pensiero Filosofico del marito),che veniva chiamato
"re"dai suoi 'confratelli'.
Si circondò di amici come Leon
Battista Alberti (fondatore dell'Accademia Romana) e al quale affidò
il progetto esterno del T.M.; Matteo dè Pasti, Roberto Valturio (uno
dei suoi consiglieri di corte e grande erudito ermetico), Basinio da
Parma, Agostino di Duccio, Matteo Nuti, Piero della Francesca,
Giusto dè Conti, Bonifacio Bembo (autore di uno dei più bei mazzi
di carte del mondo, il TAROCCO VISCONTI, le cui 78 lamine
circolavano eloquenti e silenziose nelle adunanze della confraternita
Malatestiana),Tobia del Borgo, Procellio,
Trebbiano, Francesco Filelfo,e tanti altri...
Di alcuni volle onorare l'amicizia e il
ricordo creando accanto alla sua stessa tomba il luogo del loro riposo.Nella
fiancata destra(per chi guarda)del T.M.si possono trovare,infatti ,i
sarcofagi di sette poeti, filosofi ed eruditi della sua corte.
Nella quarta arcata, su cui è scritto
"Philosophor[um] sua tem[estate] principis" ovvero
"Principe dei filosofi del suo tempo",si trova quello
di GIORGIO GEMISTO PLETONE,il vero fondatore dell' Accademia
Fiorentina.
Le cronache non ci dicono se Sigismondo
lo conobbe in vita ma allora perchè volerlo seppellire nel 'suo'
Tempio
a Rimini? Un semplice atto di nobiltà d'animo verso un Filosofo che
stimava?
Tutto ciò sembra non avere molto
senso,anche perchè recuperare le ceneri di Pletone non fu cosa così
facile
.Angelo Turchini,autore di una particolareggiata ricerca
sul T.M.,ci informa, infatti, che Sigismondo Malatesta, fermati i Turchi
sull'istmo di Corinto, prelevò le ceneri dI Giorgio Gemisto Pletone a
Mistrà (città a cinque chilometri dll'antica Sparta e tra l'altro
sede di numerosi conventi in stile bizantino con magnifici
affreschi) patria di origine del filosofo, le cui opere
erano considerate blasfeme ed eretiche dalla cristianità e
il Patriarca di Costantinopoli (Giorgio Scholarius) aveva
messo al rogo molti suoi scritti tacciandoli di paganesimo. Quindi,
prelevare le ceneri di un così 'scomodo'personaggio avrebbe significato
attirarsi ulteriormente le ire del Papato (gìà suo acerrimo
avversario e che, del resto, lo aveva già scomunicato) una volta giunto in Italia.
Infatti Sigismondo,rientrato nel
1466 con l'urna contenente le ossa di Pletone, venne 'avvertito'
da Giorgio di Trebisonda (un greco nemico del filosofo) di gettarle
subito in mare, pena la morte,cosa che il Signore di Rimini si
guardò bene dal fare. Dopo due anni Sigismondo morì;
anche Isotta e Sallustio (i nuovi signori di Rimini) furono avvisati di
distruggere le "pericolose" ceneri. Ma esse non furono mai
rimosse (almeno non che se ne abbia notizia!).
Alcuni autori,basandosi sulla simbologia
del T.M.,osservano che esso ha tratto sicuramente 'insegnamento'da
Pletone e potrebbe anche essere che Sigismondo fosse entrato in contatto
con il Filosofo greco già nel 1433,durante il Concilio di Ferrara e
magari anche da tempi antecedenti. Alcuni fatti potrebbero aiutare a
capirlo:Sigismondo si reca in battaglia in Morea (la regione dove si
trova Mistrà) nel 1464,ma guarda caso
è proprio qui che si trovano le ceneri di Pletone( che era morto nel
1452). Perchè finisce proprio a Morea?
Che arcano legame correva tra Sigismondo
e la Grecia? Perchè volle apporre una dedica in GRECO sul suo Tempio?
La dedica incisa è alla Fortuna,a Dio Immortale e alla città di
Rimini.
Forse riservare un 'posto'per Pletone era un obbiettivo che
Sigismondo si era posto
da tempo (ma dal 1452 al 1464 ne era passato parecchio) o era stato in contatto con lui attraverso alcune
persone? Come
il despota di Morea(che risiedeva a Mistrà), che era parente di
Sigismondo (Teodoro Paleologo aveva sposato Cleofe Malatesta dei
Sonetti
e il fratello di questi, Pandolfo,era l'arcivescovo latino di
Patrasso) e quindi avrebbe potuto mantenere un filo di contatto poi,
presentatasi l'occasione di partire per la Crociata, ecco che
poteva recuperare e riportare con sè quelle che riteneva
reliquie preziose.
Forse Pletone fu veramente il suo Maestro Spirituale
e Iniziatore a quella religione Universale, a torto confusa dalla
Chiesa Cattolica con il paganesimo, che riconosce l'esistenza di un Dio
Unico Creatore e che in ogni uomo c'è un'anima che sopravvive dopo la
morte, secondo la scuola Platoniana.Non di meno, Sigismondo dimostra,
nel suo T.M. di onorare anche gli antichi astrali ( Apollo o Elio=il
Sole), la Luna o Diana,Venere,Mercurio, Giove e Saturno, mediatori tra
l'uomo e Dio. La medesima simbologia cara agli esoteristi e agli
alchimisti, e che fu portata avanti in quel tempo da persone come Cosimo
I° dè Medici,Marsilio Ficino,Giordano Bruno,fino ad arrivare ai
Rosacroce,ai Massoni e a coloro che, immaginiamo, fanno ancora parte di
quella cerchia di 'eletti' o 'fratellanza segreta' che qualche anno fa
pose "uno stefano di alloro,palme,mirto e rose' sul sarcofago
del filosofo.
Ricordiamo che siamo in un epoca,quella in
cui visse Sigismondo,a cavallo tra la fine di un'epoca (il Medioevo con
i Grandi Costruttori di Cattedrali e la loro profonda simbologia
esso/esoterica e il Rinascimento,con gli umanisti e i platonici e la loro
pratica dell'arte ermetica. E'nelle Accademie, le quali si moltiplicano in
quel periodo nelle migliori Corti Italiane, che si rivelano i principi
delle antichissime Scienze Sacre(Astrologia,Cabala,Tarocchi,
Magia,Alchimia...) atte a ricercare
nella Natura( e nell'Uomo) le Leggi Nascoste che regolano
l'Universo.
Rimini, va ricordato, era stata
anche un'importante stazione dei Cavalieri dell'Ordine Templare e
qui, a
differenza che in Francia, la loro 'fine' fu incruenta. Tra l'altro era
attiva e fiorente una comunità o corporazione di 'lanaioli
"patarini, ossia CATARI.
Non possiamo, è vero, entrare nell'ideale
degli uomini di quel tempo nè,forse,importa oggi sapere le cose che ci
stiamo domandando ma di loro continua a vivere qualcosa ed è il
SIMBOLO! Esso è l'immagine del 'sacro' che hanno voluto trasmetterci,
che fa da supporto alla pratica mentale, indispensabile per farci
passare da un mondo (quello materiale)ad un altro (lo spirituale),da uno
stato di coscienza ad un altro, per permetterci di "vedere"
oltre la nebbia che offusca le nostre menti di uomini 'moderni'.
Gli ermetisti della corte Malatestiana hanno lasciato nel Tempio di
Rimini la loro impronta, tanto che Roberto Valturio -il consigliere
di corte-dirà nel suo "De Re Militarii" (XII,13) :" ..simbolI
tratti dai più occulti penetrali della filosofia e altrettanto atti ad
attrarre fortemente i dotti quanto a permanere nascosti al volgo".
Un'impronta che sta a noi decifrare.
Il Tempio, non terminato, potrebbe essere
ancora lì che aspetta.
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Parlare
degli stemmi della famiglia Malatestiana non è affatto cosa
semplice. Anzitutto perchè molti si sono cimentati a farlo (e siamo
ancora nel campo delle ipotesi); in seconda istanza essi adottarono vari
simboli e sigle che possono disorientare il visitatore dei monumenti da
loro fatti costruire.
Chi ha potuto visitare il Tempio
Malatestiano di Rimini, anche se disattento,sarà stato quasi
ossessivamente seguito da una sigla formata da una S e da una I che
la interseca.:
(si noti una croce
'patente'sul lato destro della foto,ve ne sono alcune nella Chiesa).
Tra l'altro, proprio in questa stessa
immagine che forse non rende bene l'idea,nella parte superiore della
lettera I, è raffigurata una piccola SCALA.(la scala
della Conoscenza?).
Fiumi di parole sono stati spesi per
proporre ora questa, ora quest'altra tesi significativa nei confronti
della sigla di Sigismondo Malatesta. Viene
ufficialmente riconosciuta come l'iniziale del nome SIGISMONDO, in
quanto sembra che anche altri della famiglia Malatesta abbiano adottato
le prime due lettere del loro nome: Novello(NO), Carlo (KA) e anche
Federico di Montefeltro pare usasse firmarsi con FE.
Questa è anche la versione data dal
Capitolo che gestisce attualmente la Chiesa Cattedrale (cioè il Tempio Malatestiano).
Un vero eccesso di MEGALOMANIA, se si pensa
che sono presenti ben 500 sigle SI tra l'interno e
l'esterno dell'edifico.
Resta da capire quale sia in effetti la
sigla "originaria" e quale successivamente 'rimodellata'
Ma lo vedremo meglio nella sezione specificamente dedicata al Tempio..
Arcata d'ingresso del T.M.:si osservi il fregio nel
semicerchio in cui viene ripetuto il medesimo monosillabo).
Singolarmente o facente parte di uno stemma, come si vede nella Tomba di
Isotta(a lato), esso non è mai uguale a sè stesso. Ho potuto osservare
che alcune S si aprono e terminano a fiore, altre sembrano bocche
di serpenti, altre volte la I è lavorata e termina con
un'apertura superiore e inferiore come la corolla di un fiore;altre
ancora è sinuosa e ripiegata verso il basso nella parte anteriore,altre
volte sembra opera di decorazione sofisticatissima,quasi ad esulare,negli
intenti dell'esecutore,di farla assomigliare ad una lettera; in
alcuni casi la sigla è al rovescio e quando ho chiesto il motivo al
gentilissimo prete del luogo, questi mi ha detto che "è stato uno
sbaglio degli esecutori". Cosa
che, con tutto il rispetto, non ha alcun senso, dal momento che nelle
costruzioni cultuali specialmente, nulla era lasciato 'al caso'! Avrei
potuto magari accettare che l' "errore" fosse stato compiuto
una sola volta (su 500 sigle del genere, anche il committente avrebbe
potuto chiudere un occhio?) ma mi sono accorta che più volte si
ritrova la "SI" al rovescio,come in un'immagine allo
specchio.
Ecco lo 'sbaglio' (che si ripete più e più volte nel Tempio!):
Da qualunque parte lo si giri, tale stemma resta sempre rovesciato!
Secondo alcune fonti, Sigismondo avrebbe
iniziato ad adottare tale
sigla (SI) quando conobbe ISOTTA e tacitamente questo connubbio (dei
loro nomi Sigismondo -Isotta) sarebbe per sempre rimasto
impresso in quella che tutti ritenevano la sua sigla personale.
Se riteniamo che il Malatesta fosse legato in qualche maniera
all'Esoterismo, non stupirebbe che in lei avesse visto la dea, la Mater,
la Iside Egizia, la Sophia, Shakti Induista, la Vergine Maria, il
principio femminile divino. E, infatti, nell'epigrafe a lei dedicata
sulla tomba, viene appellata come DIVA che equivale a DEA Isotta. La
"SI" potrebbe anche essere letta "IS"(che
enigmaticamente è anche l'iniziale di Iside...). Singolarmente, nel
Tempio Malatestiano sono assenti iconografie Mariane in senso Cristiano.
Tutto ciò fece dire dal papa Pio II Piccolomini: "Non
sembra un tempio di Cristo, ma di fedeli adoratori del demonio"!
Nell'intento di Sigismondo e dei suoi
eruditi consiglieri avrebbe potuto celarsi l'unione divina dei due
principi,maschile e femminile,per realizzare la perfetta androginia,
della Grande Opera.
A questo riguardo segnalo un
ottimo link che analizza la sigla malatestiana proprio sotto questo
punto di vista.
Questa sigla mi ha subito ricordato quella
del celeberrimo Cagliostro,
che aveva adottato una S (un serpente) trafitto da una freccia
.Una cosa curiosa è che questo 'sigillo' è tratto dalle
chiavi dei Tarocchi,come si vede in questa immagine sotto
in cui il primo a sinistra è relativo al
Conte di Cagliostro ma è...rovesciato! (immagine tratta dalla pagina http://www.acam.it/cagliostro.htm
)
La sigla di Sigismondo ricorda anche il
simbolismo del dollaro statunitenseuna S intersecata da due
barre verticali ma nei caratteri tipografici essa ha comunemente una
sola linea $ quindi ancora più somigliante a quella del Malatesta!
Ricordo che la banconota degli Stati Uniti fu adottata nel 1792
dal presidente massone George Washington e che reca altri simboli di
stampo esoterico.
Un filo?Un legame?Un 'linguaggio'comune
per soli Iniziati? E'possibile che "SI" possa essere una sigla
criptata che solo chi 'sa' comprende?
Volendo andare un poco più a fondo, la
lettera S è arcaicamente stata utilizzata nelle forme di decorazioni
'primitive',in verticale o in orizzontale e la ritroviamo nell'arte
indiana,greca,romana... Ricorda la Spirale,con un movimento di unificazione
fra il cielo e la terra, di un'apertura verso l'alto e di curvatura
verso il basso.La I, altrettanto interessante, in cinese
significa 'unità' e affascinante è che il sommo Dante Alighieri
(nel capitolo XXXVI,133-134 del "Paradiso")
parlando per bocca di ADAMO, dica che il primo nome di Dio fu
"I". Come a sottolineare la primordialità del simbolismo
e la sua circolarità.
Un'altra cosa che mi ha incuriosito è il
simbolo dell'elefantino bianco indiano,presente -come abbiamo
già visto parlando della famiglia Malatesta- sui loro monumenti e in
quelli di Sigismondo in particolare. Sulla porta della Rocca o Castel
Sismondo, è impressionante il grande stemma costituito da uno scudo con
scacchiera (steccato) sormontato da un cimiero (che si vede anche sulla
tomba di Isotta nel T.M.) a testa d'elefante con una 'cresta' (così
viene definita ufficialmente, ma non lo è), a
fianco del quale vi è una rosa a quattro petali. Ai lati c'è scritto
"Sigismondo Pandolfo".
Volendo
conoscere il nesso tra questo animale e Sigismondo, ho chiesto al cortese
sacerdote come mai proprio l'elefante e questi mi ha risposto che
Sigismondo voleva emulare il grande Annibale che varcò le Alpi in
testa 27 elefanti e allo stesso tempo Scipione, che lo sconfisse, due
esempi, per lui, simbolo di Forza.
Resta da capire come mai quelli raffigurati
nello stemma non siano elefanti africani ma indiani. E cosa
significa l'enigmatica scritta presente sul portone della Biblioteca
Malatestiana di Cesena:"L'elefante indiano non teme le
zanzare"?.
Il discorso si allarga poichè la zanzara
simboleggia l'aggressività, cercando di violare la vita intima della
vittima e nutrendosi del suo sangue. Mitologicamente viene anche
associata alla Sfinge di Tebe che poneva enigmi irrisolvibili ai
passanti e che li divorava. Forse era la zanzara malarica, un mostro che
stagnava tra le paludi, allusione all'inconscio umano, dove
'ristagnano' i pensieri e le idee che non riescono a trovare la via
dell'Illuminazione, l'espressione di sè stessi. La scritta potrebbe
portare a capire che l'elefante indiano (identificato con i Malatesta)
aveva trovato questa strada?
L'elefante, in Occidente, era simbolo di
pesantezza e goffaggine, ma non era così (e non lo è) per
l'Oriente, dove esso era la cavalcatura del re e soprattutto del Re
celeste, Indra, quindi simbolo del potere regale. Elefante è
anche il nome di Shiva nelle sue funzioni di sovranità. In alcune
regioni asiatiche, l'elefante bianco è collegato alla divinità della
pioggia e della tempesta, legato ai buoni raccolti. E'raffigurato
con una pietra preziosa splendente come il fulmine sopra il
capo (Illuminazione?). Nella iconografia della Tomba di Isotta, sopra le
teste dei due elefantini bianchi speculari, dipartono due grandi ali
(di pipistrello? Alcuni le identificano con creste, però se lo sono a
me sembrano alquanto strane, che sono simbolo dello Spirito, di una Mente Nobilitata, di una
Coscienza Superiore.
L'elefante simboleggia anche la stabilità,
l'immutabilità. In certi mandala tantrici l'elefante è posto alle
porte cardinali ma anche nei punti laterali (anche nel Tempio di
Angkor) e può significare il dominio del centro reale sulle direzioni
dello spazio terreno, in poche parola la sua sovranità sul mondo
terreno: credo poter intravedere in questo il parallelo con il concetto
di 'camminare sulle acque',ovvero dominare la materialità (il mondo
terreno)con la Mente Superiore, Spiritualizzata.
L'animale è quindi espressione della
conoscenza, in cui si coagulano macro e microcosmo:la testa
di Ganesha ( figura venerata in India che ha la testa di
elefante con una o due zanne spezzate, una grande proboscide, un corpo
enorme deforme e sta seduto su un minuscolo sorcio o su un fiore di loto
e in testa reca spesso una sorta di tiara) è il macrocosmo, la
non-manifestazione e il corpo il microcosmo. Nel Buddismo, l'elefante è
spesso raffigurato da solo (simboleggia il concepimento del Buddha, che
la regina Maya avrebbe avuto accoppiandosi appunto con un elefantino,che
funge pertanto da Spirito Santo). Se è in cima ad un pilastro evoca il
Risveglio che conduce alla Conoscenza.
Quando è sotto qualche altra struttura, al
pari di altri animali come il toro, la tartaruga, le cariatidi (anche
nei nostri monumenti Medievali soprattutto) in India e nel Tibet
simboleggia il supporto del mondo;è il cosmoforo (portatore del
cosmo, dell'universo)! La sua struttura, del resto, non ricorda il
cosmo? Con quattro 'pilastri'che reggono una sfera?
In Africa l'elefante è visto come simbolo
di longevità, prosperità, forza.
Non trascurabile è il significato che può
ancora assumere: il vendicatore dell'adulterio (e come non
ricordare che nella famiglia Malatesta vi fu un episodio simile?!).
E veniamo ad un altro simbolo presente nel
T.M. e anche in altre sedi dei Malatesta:le tre teste.
Capitello raffigurante Tre teste nel chiostro di
S.Francesco dietro
la Biblioteca Malatestiana a Cesena,voluta da Novello Malatesta. I
Malatesta 'copiarono' il simbolo, ben più arcaico della loro
dinastia?
Nel T.M. vi sono dei 'putti'che reggono questo stemma.
La testa generalmente simboleggia il principio attivo, l'autorità del
governare, di istruire, di ordinare.
Rispetto al corpo, che rappresenterebbe la materia, la testa è la
parte spirituale nel suo manifestarsi. Molte divinità,antropomorfe o
animali, sono pluricefale e assume importanza il numero di teste
presenti. Qui abbiamo Tre Teste, che potrebbero significare le tre
componenti dell'Uomo:fisica, spirituale, animica o astrale...
Il tre è un numero fondamentale, esprimente un ordine spirituale e
intellettuale, in Dio, nel cosmo e nell'uomo; formato dalla congiunzione
di 1 + 2 -prodotto dall'unione del Cielo con la Terra.
Il tre, primo numero dispari, viene associato al Cielo e il 2 alla
Terra poichè 1 è anteriore alla loro polarizzazione. Tre,quindi, secondo
i Cinesi è un numero perfetto, espressione della totalità, del
compimento:nulla può esservi aggiunto. Il 3 è associato al maschile
mentre il 4 al femminile e, a seconda dei contesti,assume svariate
valenze simboliche.
Equivale anche alla rivalità (il due) dominata;esprime il mistero di
un superamento,di una sintesi,di una riconciliazione,di una unione.
Il 3 è stato sempre un numero MAGICO e SACRO (la
Trinità che è una Unità).
Nel contesto malatestiano potrebbe anche indicare i tre fratelli?
Del significato della scacchiera o steccato abbiamo parlato in
altra sede. C'è sempre la dualità dei principi che è
presente in questo Tempio.
E la rosa? Scolpita in forme ripetute e diverse su tutti i
fregi che corrono all'esterno del T.M.e anche all'interno.
Collegata con prolungamenti allo stemma SI, non appare con le spine nè
con la forma tipica della rosa, in compenso ha enormi foglie,come
braccia avvolgenti e gambi sinuosi,che la rosa non ha. Ma la rosa è
anche una pianta rampicante... La rosa è, in Occidente, il fiore
simbolico più diffuso per bellezza, forma e profumo. E'affine al fiore di
LOTO Orientale ed Egizio e il suo simbolismo è assimilabile a quello
della RUOTA e dei ROSONI delle Cattedrali
Gotiche.
Rosa o no, è un FIORE ed esso è un
simbolo di principio passivo, il cui calice è come la coppa, il
ricettacolo dell'Attività celeste. La crescita del fiore dalla terra
e dall'acqua (il loto spiccatamente) rappresenta lo sviluppo della
manifestazione a partire dalla stessa sostanza passiva.
Vedere tanti fiori ripetuti nel fregio che
corre all'esterno delle facciate laterali del Tempio Malatestiano può
quindi ricordare come Sigismondo legasse alla sua simbologia il proprio
stato di 'uomo perfetto', che aveva raggiunto (o ambiva)ad una
condizione edenica:la "fioritura"è il risultato di
un 'alchimia interiore', dell'unione dell'essenza (in
cinese ching) e del soffio (ch'i), dell'acqua con il fuoco. E di cos
'ha bisogno un fiore per crescere e svilupparsi? Di luce
(calore, fuoco, Sole) e di acqua (pioggia, rugiada...). Il fiore
visto, pertanto, come elisir della vita: il ritorno alla condizione
primordiale, all'infanzia, al centro, all'unità. Emblema del ciclo vitale.
Trovare le leggi nascoste della Natura era compito dei Filosofi
Alchimisti...
Tornando alla rosa, essa è uno dei fiori
preferiti dagli alchimisti in cui è frequente trovare l'espressione
"Roseto dei filosofi".
Il colore si collega alle fasi
dell'Opera:una rosa bianca,come il giglio, venne dagli Ermetisti
paragonata alla pietra al bianco della piccola Opera,mentre se è di
colore rosso è la metafora della pietra filosofale o pietra al rosso
della grande Opera. Una rosa azzurra simboleggia l'impossibile.
Il numero dei petali potrebbe
suggerire i Metalli o le Operazioni alchemiche.
Non credo che Sigismondo Malatesta scelse i
'suoi' simboli a caso ma anzi, essi sono con molta probabilità il
frutto sottile, criptato, di un'Intelligenza viva e finemente
diretta verso una Luce che aveva conosciuto attraverso gli Eruditi
con cui era venuto in contatto e che gli permise di superare
la ristrettezza mentale e religiosa che la Chiesa imponeva allora,
coraggiosamente sfidandola, restando 'Fedele'al suo ideale di Amore. Egli pagò con la scomunica il suo 'essere' Uomo Universale,
forse davvero il precursore dell' Uomo Ideale del Rinascimento Italiano.
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