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| ABBAZIA DI SAN MARTINO AL CIMINO (VT) (a cura di Marisa Uberti) Il paese 'modello' Raggiungere San Martino al Cimino è possibile dalla Cassia fino a Viterbo oppure la Cassia-Cimina che attraversa Ronciglione e costeggia il lago di Vico. Dista da Viterbo circa 6,5 chilometri. Il toponimo 'al Cimino' è dovuto al fatto che si trova sull'omonimo monte,ex apparato vulcanico. E' una località che si trova sul percorso della Via Francigena, in territorio Laziale (un tempo la zona era detta Tuscia e faceva parte della Toscana). Quando lo si raggiunge,è impossibile non accorgersi della disposizione dell'abitato. L'Abbazia sorge in posizione sopraelevata rispetto alla carrozzabile,dopo aver percorso un'erta salita. Come vedremo nel proseguo dello scritto,ad un certo punto della sua storia,all'Abbazia venne parzialmente sostituito il Palazzo della principessa Olympia,che divenne così il centro attorno a cui 'ruotavano' tutte le altre abitazioni,creando un impianto scenografico di contorno ad un nucleo più importante. Tutto intorno infatti sta una schiera di casette tutte uguali, con i tetti digradanti,in un bizzarro gioco di simmetrie.
Il borgo in una cartolina d'epoca:si può ben notare la forma ellittica digradante verso il basso.Il borgo sorge ad un'altezza di oltre 500 m s.l.m. Si vede bene anche la 'spianata'dove sorge l'Abbazia,con l'abside pentagonale rivolta a est.
L'abate Giambattista Pamphilij (o Pamphili),che divenne papa col nome di Innocenzo X (resse il pontificato dal 1644 al 1655), donò questo borgo alla seconda moglie del fratello, Pamphilo (Pamphilio),che lo aveva sostenuto economicamente. La cognata si chiamava Olympia Maidalchini Pamphilij (Viterbo 1594-San Martino al Cimino 1657) e trasformò radicalmente il tessuto urbano di questo paese a partire dal 1645, avendo piena facoltà di farlo, lei e i suoi successori,come più le aggradava e lei lo fece in un tempo tanto esiguo da far supporre che il progetto fosse stato già preparato in precedenza. Ma perchè? Cosa c'era in questo luogo di tanto ricercato? Tale realizzazione la si attribuisce all'architetto militare Marcantonio dè Rossi,forse con una consulenza del Borromini,esecutore del portale in facciata, o forse anche del Bernini,che era maestro del figlio di Marcantonio,Mattia,e che aveva già dato un proprio parere circa la sopraelevazione del Palazzo. La realizzazione viene definita un esperimento urbanistico ante litteram: i costruttori del palazzo di corte furono gli stessi che poi acquistarono le case a riscatto,costruite mano mano attorno ad esso: i primi esempi di costruzione pianificata.Le casette numerate, addossate le une alle altre,con il loro giardinetto,ospitavano i sudditi all'interno del borgo che era dotato di tutto quanto necessitasse (spacci,osterie,divertimenti organizzati). Era saldamente difeso da ben nove baluardi,raggiungibili direttamente da ognuna delle case in caso d'emergenza.Vi erano due porte di accesso/uscita:la 'montana' e la 'viterbese'. La principessa aveva esentato i sudditi dal pagamento delle tasse,voleva essere benvoluta creando attorno a sè un nutrito stuolo di sudditi,al punto di stabilire una dote alle ragazze che dopo il matrimonio avessero scelto di rimanere nel paese. Qualcuno- senza prove- avanza l'ipotesi che per il suo scopo,avrebbe fatto arrivare degli ex galeotti provenienti da Civitavecchia e forzate da Tarquinia per popolare l'area di San Martino...Nel 1609 (cioè circa 40 anni prima del suo progetto)gli abitanti di San Martino erano 410 ed era considerato ben sviluppato...La fama di Olympia non è del tutto limpida:le vengono attribuiti vari amanti,si dice che sposò Pamphilio solo per denaro e prestigio,e a quanto pare era riuscita anche ad entrare in simpatia al papa in persona,se egli le concesse tanti privilegi(in cambio di altri,naturalmente:sembra che lei gli donasse terreni e rendite catastali in altre zone del Lazio...).Ma questi sono i pettegolezzi della storia!
Planimetria del borgo:si riconoscono l'Abbazia con i suoi edifici monastici,il Palazzo principesco e tutto il contorno di casette che lo circondano (da P.Marconi,citato da M.de Paolis,op.cit.nella bibliografia, pag.55) Donna Olympia trasformò i locali dell'Abbazia in un Palazzo di corte,fece abbattere vari passaggi e porte per creare accessi alle sale e creò un Teatro,realizzato in un'ala del complesso. Restò di originale solo la chiesa e qualche frammento del chiostro,come si vedrà. Ma così come si era velocemente concretizzato,il progetto altrettanto rapidamente svanì perchè in coincidenza con la morte di Innocenzo X (nel 1655), il processo di sviluppo del borgo si bloccò e nel 1657 morì anche Donna Olympia,la cui lapide (nel pavimento del coro) dice:" D.OM./ OLYMPIA MAIDALCHINA PAMPHILIA/ SANCTI MARTINI PRINCIPISSA/ HUMANAE MORTALITATIS MEMOR/ SUPREMUMQUE DIE/ CURA IMMORTALIS ANTE VERTENS/ SVVM HIC TVMVLVUM/EX PIETATIS PREASCRIPTO/ DELEGIT AC POSVIT/ VT ET VIVENTI SIBI ET DEMORTVUAE/ TVTELARIS DIVI/ PERENNEM OPEM SENTIAT ADESSE/ ET AB SVIS AEQVE POPVLARIBVS/ HOC MONVUMENTO ADMONITIS/ FEEQVENTES SIBI POSTVLET/AD DEWM PRECES AC SVFFRAGIA/ APVD QVOS IPSA/ ET OPPIDI AMPLIFICATIONE/ ATQVE ORNATV/ ET VNIVERSE IN OMNES/ BENEFICIENTIAE STVDIO/ PONERE SVAE PARITER NITITVR/ MONUMENTA CHARITATIS/ MDCXXXXVII/ OBIIT DIE XXVI SEPTMS/ MDCLVII". Curiosità: nel 1760,dunque oltre cento anni dopo, un discendente di Olympia,un Gerolamo Pamphilij, principe di San Martino,volle essere sepolto accanto a lei e infatti nel pavimento sono presenti due lapidi nel coro. Questa dice: "Hieronymo Pamphilio / S.Martini Princip etc / qui propre sepvlcrvm Olympiae Maidalchinae Pamphiliae / se condi madavit /ibi hoc monvumenvm vbi qvam proximvs erat locvs / hyeronymus Card.Columna S.R.E.camerarivs / here ex asse avvuncvlo de se optime merito/ p / vixit ann.LXXXII mens XI dies XX/ obiit die XXI decemb.anno MDCCLX". Con lui la casata dei Pamphilij si estinse.Subentrò la famiglia Doria Landi.Ma adesso è tempo di ritornare un po' più indietro e rioccuparci della nostra Abbazia... Un po' di storia L'Abbazia nasce benedettina e se ne ha notizia fin dall'anno 838.L'abate di Farfa, Sichardus, la riceve in dono da un certo Benedetto figlio di Auperto. Il luogo,stando all'atto di donazione,era inospitale e 'putido',dunque da risanare. Il cenobio pare venisse spostato più tardi (1045-1048) in zona più salubre e nel 1145 il papa Cistercense Eugenio III lo affidò ai monaci del suo ordine, provenienti da Saint Sulpice in Savoia, filiazione di Pontigny. In quel momento si ha notizia che l'abbazia versa in condizioni precarie ed è oberata di debiti.Nel 1150 questi monaci sulpiziani si installano a San Martino e da lì in poi ricevettero, anche dai pontefici successivi, esenzioni e privilegi;tuttavia solo con papa Innocenzo III,nel 1207,l'abbazia venne affidata direttamente alla sua casa -madre (Pontigny) e venne ad essa elargita una cospicua somma (1000 libre d'argento),confermandole numerosi privilegi,e donandole vari terreni e proprietà. Non si conosce precisamente la data di avvio della costruzione dell'abbazia,forse nel 1150 stesso, ma è sotto un certo abate Giovanni -sempre menzionato per i servizi resi a papa Innocenzo III e a Onorio III che essa si anima: o prende il via o si amplia e si consolida.Nel 1217 per certo, si sa che il refettorio era costruito 'da poco'. Su una colonna in chiesa, con lo stemma dei Piccolomini, è riportata la data del 1225,che probabilmente si riferisce alla consacrazione dell'abbazia stessa,quando era vescovo Raniero Capocci (1212-1244),ricordato in una lapide fatta apporre da Donna Olympia Nel 1244, dai documenti,si evince che il chiostro esisteva già, presumibilmente costruito in due fasi:la più antica addossata alla chiesa, mentre le altre parti -coperte a crociera- daterebbero a dopo il 1250.Non si conosce nemmeno la data di completamento del complesso,anche se si desume dai documenti cartacei il 1305. Oggi purtroppo dell'originario impianto resta solo l'interno della chiesa, perchè il complesso subì trasformazioni dal 1300 fino e soprattutto al 1600. Già attorno al 1330 i monaci furono scacciati da Lando Gatti e vennero rubate anche tutte le decime. Attorno al 1445,per volere papale,il complesso avrebbe dovuto entrare in possesso dei Monaci Olivetani ma questo non si sa se realmente avvenne, non essendo riportato negli atti.E' in questo periodo o poco successivo, che entrano nell'abbazia i nomi dei Piccolomini,che abbiamo incontrato occupandoci di Pienza (la città di Pio II, papa Enea Silvio Piccolomini appunto).Vediamo come. Il pontefice Pio II diede in commenda l'abbazia al nipote Francesco Todeschini Piccolomini (futuro Pio III) che fece effettuare dei lavori di restauro (1468) e fece inserire in vari punti della chiesa e del monastero il suo stemma cardinalizio (colonna della navata centrale, contrafforti e dormitorio dei monaci), come testimonianza dei suoi interventi. Il Piccolomini la tenne in commenda fino al 1503 e alla sua morte da altri tre commendatari fino a che ,nel 1564, venne unita al Capitolo della Basilica di S.Pietro in Vaticano fino al 1645. Vennero in questo periodo compiuti altri necessari lavori di restauro,dei tetti e delle volte della navata, alcuni contrafforti,c he erano fatiscenti! L'impronta decisiva per questa abbazia e per l'intero luogo si ebbe a partire dal 1645, quando il papa Innocenzo X permutò il complesso con rendite catastali nel Lazio con sua cognata,Donna Olympia Maidalchini Pamphilij, che eresse San Martino al Cimino a Principato.La chiesa quindi si stacca dall'autorità episcopale e i monaci vennero sostituiti da un collegio di canonici. Ritratto di Donna Olympia,conservato alla Galleria Doria Pamphili di Roma (scultura di Alessandro Algardi (1598-1654) A questa svolta corrispondono notevoli lavori di consolidamento,ad esempio l'erezione (1651-54) delle due torri campanarie sulla facciata della chiesa, che rischiava uno 'slittamento' in avanti verso il sagrato.Le due torri funsero da giganteschi contrafforti e ancora oggi sono uno degli elementi che la fanno distinguere da lontano. Il complesso nato nel lontano XII secolo con l'austera regola bernardina, a questo punto viene stravolto:si insedia la vita di palazzo,per così dire. Vennero rimodellati gli ambienti monastici per renderli consoni allo scopo, vennero affrescate lunette ed eseguiti bassorilievi con l'emblema dei Pamphili, famiglia che si estinse nel 1760 e a cui succedette a San Martino quella dei Doria Landi,per concessione di papa Clemente XIII. L'Abbazia venne ulteriormente restaurata tra il 1884 e il 1888;altri ancora tra il 1911-15.Nel 1967 venne rifatto il pavimento della chiesa e nel 1973 quello della sala dei Monaci e nel 1980 si restaurarono gli affreschi della sala capitolare. Due passi nell'abbazia...out Pianta del complesso (1=Chiesa;2.Chiostro,3.Sagrestia;4.Armarium;5Sala capitolare;6.Locutorium;7.Sala dei monaci;8.Palazzo Pamphili) L'Abbazia cistercense di San Martino al Cimino è figlia dell'abbazia-madre Pontigny (costituita nel 1114) e rispecchia la formula architettonica prevista (salvo rare eccezioni) dalla 'pianta bernardina' :essenziale razionalità dell'impianto, rigore e nitidezza di forme, nudità degli apparati. Anche questa abbazia nacque così ma, come in molte altre Abbazie che nel tempo si sono 'corrotte' (nel senso che hanno perso via via il loro primitivo carattere di estrema essenzialità arricchendosi di dipinti,opere d'arte,etc. quell'iconografia che Bernardo rifuggiva), dopo la morte del Santo le maestranze cistercensi fecero propri gli stilemi del gotico nascente.Pur rispettando quindi lo schema planimetrico originario, si apportarono alcune modifiche:l'abside-che nelle chiese cistercensi deve essere quadrata o rettangolare- qui è pentagonale coperta da volte esapartite ed altri elementi decorativi di impronta bergognona,dettaglio che la fa distinguere dalle abbazie vicine, come quella di Casamari e Fossanova. Gli ambienti monastici,di regola previsti a sud della chiesa,qui a San Martino sono a nord:questo per caratteristiche del terreno,che ha una maggiore pendenza sul lato di meridione);del resto la casa -madre Pontigny ha il chiostro posto a nord della chiesa (a evidenziare lo stretto legame che c'era tra un'abbazia madre e le proprie figlie). La facciata si presenta con le sue grandi torri laterali,quadrate alla base e terminanti con piramidi.Il campanile di destra (rispetto a chi guarda) reca in un tondo una meridiana;quello di sinistra un orologio.
La zona centrale è occupata da una grande vetrata, che va osservata attentamente:si individuano infatti tre rosoni differenti più grandi,e altri più piccoli sotto le monofore che la compongono,è singolare! Il rosone centrale ha otto petali (XIII secolo),secondo alcuni presenta analogie con il traforo della Loggia dei papi a Viterbo,ma anche con quello presente in una nicchia all'interno del coro della chiesa.Altra analogia è stata vista tra la tipologia delle porte-finestre di Castel del Monte e il portale di questa chiesa,semplicissimo, architravato con lunetta,sormontato da un arco a tutto sesto con colonnette laterali a capitello con scultura di foglia d'acanto (ripetuti anche all'interno della chiesa).Nella lunetta c'è lo stemma di Innocenzo X Pamphili (tre gigli,la colomba con il ramoscello d'ulivo). In origine,proseguendo oggi verso il lato sinistro della chiesa (Nord) si trovava il chiostro più antico,addossato alla stessa,ma di esso resta nulla,solo la piazzetta aperto verso il paese.Si può vedere una porta,che doveva portare dalla chiesa al chiostro i conversi,e usata attualmente come ingresso laterale al tempio. Un'altra porta, murata però, che era l'antico ingresso dei monaci alla chiesa(dal chiostro),presenta un'incisione sulla lunetta: una croce gigliata da cui dipartono tralci di vite e grappoli d'uva,motivo che si riscontra in chiese cistercensi del XIII secolo ed analogo a quello dell'abbazia di Casamari, datato alla prima metà del 1200, dunque anche questo potrebbe essere della stessa epoca. Proseguendo la nostra visita,si incontreranno i resti del chiostro orientale,che primitivamente doveva essere a due piani,con galleria,di cui restano tre archetti che poggiano su colonnine singole e binate. E' una desolazione vedere un chiostro ridotto così! Ci sorge la domanda se vi potessero essere delle colonne annodate ai lati,chissà! Qui si trovano diversi ambienti del complesso monastico,in parte stravolti perchè adibiti alla vita di palazzo dai Pamphili,e sulla lunetta della porta che conduceva alla sala dei monaci si può ancora vedere una croce scolpita,situata tra due fiori entro una modanatura incisa ad arco trilobo; essa è molto curiosa e pare che una simile si trovi nella chiesa cistercense di Bonmont (1120-1157).
Il chiostro settentrionale fu integralmente riedificato e non presenta più tracce del primitivo impianto cistercense. Il complesso prevedeva anche gli orti e il giardino. ...E in Internamente si può ritrovare l'antico sapore di un'Abbazia Medievale;come spesso accade,è netta la demarcazione tra l'esterno profano e l'interno sacro. Saranno frasi fatte,ma provate a entrare in S.Martino! La chiesa è a croce latina a tre navate,come nella pianta bernardina, con la centrale più alta rispetto alle laterali; breve transetto recante a est le cappelle che si affacciano sull'abside la quale,abbiamo detto, non è quadrata o rettangolare come regola cistercense vorrebbe,ma pentagonale. La navata centrale ha quattro campate quadrate,ad ognuna delle quali corrispondono due campate rettangolari nelle navate laterali. I pilastri sono diversi tra loro:uno quadrato con 4 colonnine addossate, e uno monolitico liscio si alternano. L'originario è il primo verso l'altare, poichè gli studiosi hanno ravvisato nello stile del capitello,i medesimi lavori presenti nella casa-madre di Pontigny (1185-1205/10),in quello di S.Martino di Clamecy(1075-1225) e di Notre Dame di Digione (1220-1225). L'effetto della luce è molto particolare, perchè la navata centrale -ricevendo luce dalla grande vetrata della facciata e dall'abside- è molto luminosa mentre accentua ancor più l'oscurità delle altre due:in quella di sinistra manca infatti del tutto qualsiasi punto luminoso (vi era addossato il chiostro);in quella di destra vi sono strettissime finestrelle rettangolari corrispondenti ad ogni campata. Notevole la campata che contiene un fonte battesimale. Percorrere una chiesa cistercense,ora che ne abbiamo visitate alcune,non è più difficile:sappiamo che a determinate 'zone' devono o dovrebbero corrispondere precisi elementi:così nel transetto,a ovest troveremo in fondo la 'porta dei morti' che conduceva al cimitero dei monaci,che oggi è murata.Vi sono anche residui di affreschi. Sul lato opposto si accedeva al chiostro(i monaci). Particolari da osservare ce ne sono parecchi,pur ricordandoci che l'edificio ha subito modifiche e trasformazioni continue.Nella parete destra del coro vi sono le 'nicchie di servizio'(presenti in ogni chiesa cistercense) che qui hanno una particolarità:un arco a pieno centro,con una sorta di rosoncino esapetalo, ai lati del quale vi sono due tondi;sotto,due bifore con archetto a sesto acuto trilobato,che gli esperti hanno datato ad un epoca precoce(1220).
Chi scrive vuole far notare che nel Viterbese,come altrove,furono molto attivi i Maestri Comacini.Molti particolari stilistici rimandano a loro! Alzando lo sguardo,stando nel punto centrale dell'incrocio del transetto,si può osservare un grosso foro nella volta:da lì dovevano scendere le corde per le campane... E' consigliabile un'accurata visita ai locali abbaziali aperti al pubblico(secondo orari indicati),cosa che non abbiamo potuto fare perchè fuori dai giorni idonei,ma abbiamo saputo che alcune sale sono stupendamente affrescate,con grottesche e motivi classicheggianti,con pavimenti in bianco e nero (a scacchiera) e sui capitelli,sulle colonne,in qualche angolo i più attenti potrebbero trovare sicuramente simbolismi da annotare sul proprio taccuino. Inoltre,ringraziamo il gentile sacerdote che ci ha accolto,il quale ci ha detto che l'Abbazia necessita di sostegno(anche economico) da parte di volenterosi, poichè vari lavori attendono ancora di essere effettuati (ci auguriamo che,nel frattempo,qualcosa si sia 'mosso'). La Compagnia del SS.Sacramento All'interno dell'Abbazia di San Martino al Cimino, il compito di mantenere la lampada e l'altare del SS.Sacramento è affidata a questa Confraternita,esistente in un documento del 1467 con il nome di Compagnia della Misericordia o del Corpo di Cristo (Archivio dei Domenicani di S.Maria della Quercia).Ufficialmente riconosciuta nel 1607 da Paolo V Borghese,ebbe il permesso di costruire il proprio oratorio adiacente alla chiesa di San Martino,dal Principe Doria Pamphilij.Oratorio che alla fine dell' '800 venne distrutto.Nel 1760 venne unita a questa Confraternita quella del S.Rosario,che ha origini antiche e che è presente nell'abbazia con una cappella dedicata alla Vergine.Oggi queste due Confraternite occupano la Sala Capitolare o dei Monaci (da circa un secolo).Ci torna in mente che anche a Saint Sulpice di Parigi sentimmo parlare di una Compagnia del Santo Sacramento,e abbiamo appreso che qui a San Martino arrivarono proprio monaci Sulpiziani (della Savoia) in tempi remoti.Non sappiamo se qualche filo si incrocia in questa storia,che è già abbastanza avventurosa e particolare,ma è sempre affascinante provare a calarsi in quelle antiche gesta,a quei lontani tempi in cui ciò che sembra strano oggi,poteva essere comprensibile allora; ciò che ci può apparire come una volontà di chi deteneva il potere di rendere tutto 'stereotipato', sembra essere smentito dalla gente,che ancora oggi è attaccata al proprio assetto urbanistico barocco voluto da Donna Olympia; al loro non unico ma sicuramente singolare borgo, a questo 'paese modello' chiamato San Martino al Cimino.
Bibliografia essenziale(da cui sono state tratte anche alcune immagini di repertorio):Itinerari d'arte e di cultura - Abbazie: 'L'abbazia di San Martino al Cimino' a cura di Marta de Paolis per Fratelli Palombi Editori,Roma-2000 www.duepassinelmistero.com |