Eccoci
giunti al sestiere San Marco, che prende il nome dalla presenza della
meravigliosa basilica omonima che, secondo la tradizione, conserva le
reliquie del santo. Ma i nostri due passi nei misteri veneziani si
dirigono in un palazzo molto meno rinomato a livello turistico, seppure ben
noto a tutti gli abitanti: il palazzo delle Poste e Telecomunicazioni.
Oggi vi ha sede questo ma nel medioevo era il Fondaco (o Fondego) dei
Tedeschi. Venne fondato nel 1228 per controllare le operazioni
commerciali che avvenivano a Rialto (di cui si è accennato nella sezione
precedente). A Venezia esistevano almeno tre 'Fondachi': dei tedeschi,
quello dei Turchi (oggi sede del Museo di Storia Naturale e
situato in sestiere S, Croce) e quello dei Persiani (andato
distrutto). In queste imponenti strutture, di cui una parte affacciava
direttamente sul Canal Grande, si trovavano le abitazioni dei mercanti di
provenienza straniera, ma fungevano anche da deposito e dogana delle merci
che portavano con sè. La loro vita all'interno era 'sorvegliata' da
funzionari veneziani, tre magistrati (nobili) che si chiamavano
Visdomini, che avevano il compito di verificare la probità di
comportamenti e movimenti.
Il Fondaco dei
Tedeschi accoglieva non solo i mercanti provenienti dalla Germania, tenuti
in grande considerazione per il volume di affari che portavano (nonchè
cultura e arte), ma anche gli austriaci, gli ungheresi e le popolazioni del
nord Europa. E' costituito da cinque piani (tre abitabili) ma l'aspetto
odierno si deve alla ricostruzione dell'architetto Girolamo Tedesco poichè
l'edificio subì un incendio e si danneggiò. Disponeva di 200 stanze e aveva
dei loggiati con archi a tutto sesto (ancora presenti) che permettevano ai
sorveglianti di osservare cosa succedeva ai piani. Possiamo immaginare
dunque il Fondaco come un albergo ma anche come un 'ghetto', al quale c'era
la comodità di arrivare dal mare e attraccare dal Canal Grande. Con la
soppressione della Serenissima, nel 1797, venne soppresso e destinato al
Demanio. Napoleone ne fece cessare ogni attività destinandolo a luogo di
controllo doganale; passò quindi alle Poste, dal 1870. La facciata interna
era abbellita da dipinti di Tiziano (La Giustizia) e di Giorgione (La
Pace), di cui restano frammenti nella Galleria G. Franchetti alla Cà
d'Oro, mentre quella esposta al Canal Grande mostrava La Nuda,
un'altra opera di Giorgione. Il portico interno è attualmente in fase di
restauro e inaccessibile al pubblico, mentre è possibile salire al secondo
piano (in orario di apertura degli uffici) dove si può ammirare un grande
orologio sulla parete opposta alle scale. Proprio su questo lato del
parapetto del loggiato, sono presenti diversi esemplari di
triplice cinta (almeno quattro) e un paio di alquerque,
unitamente ad altri graffiti, sia religiosi (croci, IHS, etc.) che profani
(iniziali, lettere, disegni,etc.). Si dice che li abbiano lasciati i
mercanti quando, per ingannare il tempo, si dilettavano a giocare al
'filetto' o al tris multiplo. Non possiamo nè smentire nè confermare
l'ipotesi, tuttavia dire a quando risalgano queste incisioni è arduo, non
paiono comunque medievali. Alcune sembrano però più consunte di altre. Gli
altri piani dell'edificio, soggetto a lavori di manutenzione, sono
interdetti.
Senza
addentrarci nella descrizione della visita della splendida e unica piazza
San Marco, cui lasciamo le descrizioni alle guide, diremo soltanto che
vi sono dei particolari da notare (oltre che abbeverarsi da tutta
l'architettura, l'arte e la sinfonia di bellezza che prorompe dall'insieme),
di minore visibilità: il primo sono le
colonne
annodate, numerose sulla basilica di San Marco. Quattro, molto
esili, in facciata, a sinistra del portale, e altre sulla galleria o
loggiato superiore, ai lati della stessa. Inoltre una bella
Triplice Cinta
fa capolino sul sedile destro (facciata laterale meridionale), in marmo
rosso, dietro i famosi Tetrarchi. Medaglioni alchemici sono
poi presenti sulla facciata opposta, in alto (di tutto ciò abbiamo parlato
in altre sezioni).
A proposito, non tutti sanno
che la basilica di san Marco era stata fino al 1807 'solo' la cappella del
Doge e veniva usata esclusivamente per eventi particolari. La chiesa
vescovile -cioè la cattedrale-era nel sestiere Castello, presso la Basilica di San Pietro in
Castello, che oggi è un'isola ( allora si chiamava Olivolo).Fu Napoleone a
decretare che quella in San Marco divenisse il duomo di Venezia,
appunto dal 1807.
A
Venezia siamo stati molte volte, ed ogni volta è bello scoprire angoli
nuovi. D'obbligo è entrare nel Palazzo Ducale, in piazzetta San
Marco, fastosa residenza dei dogi (eretta tra il 1309-1442), per conoscere
le straordinarie Sale tematiche, realizzate e abbellite dai maggiori
artisti quattro-cinquecenteschi; si visitano anche le Prigioni nuove,
costruite tra il XVI e il XVII sec., passando per il seicentesco Ponte
dei Sospiri, un percorso coperto (che dall'esterno tutti non mancano
di rimirare) con finestrelle minute dal quale i prigionieri, passando per
andare in cella, vedevano il mare ed emettevano dei 'sospiri' di rammarico e
nostalgia, donde il nome al ponte. In queste galere vennero rinchiusi
personaggi storici del calibro di Silvio Pellico, Tommaseo Manin,
e il celebre Casanova. Le vecchie prigioni, chiamate Piombi,
non esistono più ma restano le celle dei Pozzi, in cui venivano rinchiusi i
prigionieri politici e chi aveva ricevuto le condanne più severe.
Ma vi sono
anche altri fatti curiosi che permeano la piazza di un alone magico se non
macabro, a dispetto del suo indiscutibile fascino che la fece appellare da
Napoleone ' il più bel salotto d'Italia'. Si effettuavano qui le esecuzioni
capitali, durante il periodo della Repubblica, e a 'ricordo' rimane un
cippo, nell'angolo destro della Basilica, mentre guardando le colonne del
primo loggiato del vicino Palazzo Ducale, possiamo scorgerne due di colore
differente dalle altre ove, secondo la tradizione, venivano lette le
sentenze di morte...
Il
Campanile di San Marco (chiamato el Paròn de casa dai veneziani),
che crollò su se stesso nel 1902, aveva 'ospitato' per secoli le
gabbie dei prigionieri esposti al pubblico ludibrio, in uno straziante
supplizio (la cheba) che li conduceva a morte. Anch'esso porta con sè
alcune vicende, come quella 'miracolosa' che vuole il suo inesorabile crollo
verso la basilica parzialmente frenato proprio dalla pietra del Bando
(che venne divelta e spostata), non ci furono vittime e la basilica venne
risparmiata. La statua dell'angelo in cima al campanile finì
incredibilmente - come “portato da una forza superiore” - sui gradini della
porta centrale della Basilica, quasi in atto di orazione e senza provocare
danni. In una
sorta di 'scongiuro' le pietre inservibili che non vennero riutilizzate
nella ricostruzione del monumento, vennero caricate su una barca e ne venne
celebrato il 'funerale', sotterrandole ritualmente sotto la sabbia presso
Punta Sabbioni.
In cima al nuovo campanile, riedificato
nell’arco di un decennio, si pose a protezione un bellissimo arcangelo
Gabriele.
Dall'altra
parte, sull'isola di san Giorgio (che amministrativamente fa parte
del sestiere San Marco), vi è la basilica omonima con la statua del santo
che uccide il drago sulla sommità. Qualcuno sussurra che si tratti dei
soliti scongiuri atti a placare il 'serpentone' d'acqua del Canal
Grande che racchiuderebbe forze sconosciute con le quali l'uomo deve da
sempre convivere e alle quali affibbia sembianze più disparate. Dell' isola
di San Giorgio, sede dell'importante Fondazione Cini, abbiamo parlato
in altra sede occupandoci di padre Ernetti che
qui aveva lavorato (inventore di un curioso strumento, il 'cronovisore').
Ci dirigiamo ora verso la
Pinacoteca Querini - Stampalia (della famiglia che ha fondato la celebre
Libreria Queriniana di Brescia), nel cinquecentesco palazzo in cui ha sede
la fondazione e la biblioteca che, in venti sale, allestisce una raccolta di
armi, porcellane, strumenti musicali, opere di artisti veneziani dal
XIV al XVIII secolo.
Senza bisogno
di ricordarlo, passeggiando per le vie, si vedranno palazzi e luoghi
impossibili da menzionare uno ad uno ma che ciascun visitatore potrà
trovare, scoprire e ammirare, così come particolari scolpiti sulle facciate
o targhe che ricordano avvenimenti specifici ivi accaduti.
Ci ritroviamo
così ad attraversare il Ponte dell'Accademia, l'ultimo grande ponte
sul Canal Grande prima dello sbocco in mare aperto dello stesso, che ci
conduce al sestiere Dorsoduro. Bisogna prendersi del tempo per
visitare le Gallerie dell'Accademia, preziosa raccolta di pittura
veneta, allestita nel complesso dell'ex chiesa, convento e scuola della
Carità. Proseguendo il cammino in direzione della Punta della Dogana,
l'estremità del sestiere, che si getta in mare, si incontra il museo-
collezione Peggy Guggenheim, la famigerata Cà Dario (di cui si
trova tutto digitando il nome con un semplice motore di ricerca) e, in
Campo della Salute, la Basilica di S. Maria della Salute,
nell'area del quale sorge anche il Santuario Patriarcale. Sul
piazzale del Campo, come in tutti gli altri 'campi' della città, si trova
l'onnipresente pozzo d'acqua che riforniva l'abitato circostante.
Di
questa scenografica costruzione, si dice che sorga su un luogo di culto
sacro già in antico, secondo alcuni al di sotto vi sarebbe una necropoli,
secondo altri ricalcherebbe forme geometriche volute e dai significati
ermetici. Comunque stiano le cose, sappiamo dai documenti che l'edificio
venne costruito sull'area delle case del vecchio Seminario, in seguito ad un
voto che il doge Giovanni Tiepolo aveva fatto alla Madonna, se la città
fosse stata liberata dalla terribile ed ennesima ondata di peste del 1630,
che aveva mietuto migliaia e migliaia di vittime (si parla di 50.000
persone). Ciò avvenne dopo un paio di anni e fu realizzata dall'architetto
Longhena, nelle ben note forme seicentesche che tutti i turisti, dalla riva
di san Marco, immortalano bene o male nelle foto-ricordo. La sua cupola è la
caratteristica predominante, poggiante su un altro tamburo arricchito di
statue e poderose volute di raccordo. la pianta è ottagonale e l'edificio
poggia su un alto basamento. L'ingresso si raggiunge al termine di una
scalinata; nella parte absidale si trovano una cupola minore e due
campanili. All'interno colpisce la spaziosità e la luminosità; sul pavimento
spicca una sorta di 'rosone' formato da disegni geometrici policromi di
grande effetto. Sull'altare un'icona di probabile provenienza orientale, di
stampo bizantino, di una Madonna dal volto bruno con il Bambino,
molto venerata.
A
due passi si raggiunge la Punta della Dogana, dalla quale si gode una
fresca brezza ed una veduta impareggiabile.
Ora possiamo
prendere un battello o un traghetto e portarci sulla sponda opposta. Da lì
muoveremo per il sestiere Castello, il più grande di Venezia, e forse
anche il meno visitato dai turisti. Ma a torto!
(Continua-Vai
alla III parte)