Bellissimo
passeggiare lungo la Riva degli Schiavoni, dove siamo approdati dopo
aver preso un battello sulla sponda opposta. Questa prende il nome dal fatto
che mercanti dalmati approdavano qui per commerciare (la Dalmazia era detta
Schiavonia). Mentre si prosegue verso il sestiere Castello, ci
si accorgerà che la gente comincia a diminuire, il paesaggio muta, si
allarga, di fronte solo mare aperto e qualche isola in lontananza. Questo
sestiere è l'unico a non affacciarsi sul Canal Grande. Dopo aver superato
larghi e bianchi ponti, ci si ritrova in via Garibaldi, sulla quale
si aprono stretti vicoletti. Nei pressi si incontra il Museo Storico
Navale e, un po' più avanti, gli storici giardini dove ha sede la
Biennale dell'Arte di Venezia (Esposizione Internazionale d'Arte Moderna).
Questo sestiere è il più grande della città e quello posto più a est, una
sorta di 'coda'. Proprio qui aveva sede nel medioevo il Castello
(donde il nome del sestiere stesso), che sorgeva sulla limitrofa isola
Olivolo (dal fatto che c'erano molti oliveti), oggi San Pietro in
Castello. Qui vi sorgeva l'antica chiesa omonima, che fu basilica di
Venezia (fino al 1807) prima di quella di san Marco. Un edificio quindi
della massima importanza, oggi decaduto.
Da
vedere la zona dell'Arsenale, nel Campo omonimo, ideato in parte dal
Sansovino. Un bel ponte ligneo collega le sponde; l'edificio fortificato,
oggi è sede della Marina Militare alla cui guardia, all'esterno,
stanno due giganteschi leoni, uno accucciato e uno seduto, e varie statue.
Nel medioevo l'Arsenale (noto fin dal 1100) era il punto nevralgico della
potenza veneziana, dove si costruivano le potenti flotte navali e
considerato il punto vitale della Serenissima, un vero centro strategico.
Nel
sestiere si trovano numerosissime chiese (almeno 18). Impossibile visitarle
tutte, chiaramente; pertanto segnaliamo quelle che abbiamo visto e cioè:la
chiesa di San Giovanni in Bragora, che secondo alcuni studi sarebbe
stata gestita dai Templari, e poi passata ai Giovanniti.
All'esterno, molto semplice, si trova un fiore a quattro petali (anche una
croce). La chiesa ha origini ben più datate, pare all'VIII secolo ad opera
di San Magno ed è dedicata a San Giovanni Battista, dove -secondo una
tradizione- sarebbero state portate le sue spoglie. L'etimo 'bragora' non si
sa cosa significhi esattamente nel caso in questione. All'interno -che non conserva più alcuno stile
medievale- accoglie tele di artisti importanti, tra cui un Battesimo di
Cristo di Cima da Conegliano (1492-1494). Sulle orme dei Templari e dei
Giovanniti, arriviamo alla Chiesa Priorale, dell'Ordine di Malta
(poco più avanti c'è la farmacia 'alla Croce di Malta'), sulle cui origini
c'è mistero e c'è pura scarsità di notizie su come fosse al tempo
dell'insediamento dei Giovanniti. Numerose sono invece le notizie
successive, così come i rimaneggiamenti che la chiesa ha subito nel corso
del tempo. Era arricchita di pregevoli opere di illustri pittori ma, con la
soppressione napoleonica, fu spogliata dei suoi quadri e dei suoi altari e
destinata a magazzino di barche. Venne successivamente restaurata al culto.
Proseguendo
la perlustrazione, ci si imbatte in un'enorme chiesa, visibilmente
abbandonata, che risulta essere quella di san Lorenzo, una
delle più antiche di Venezia, risalendo al VI secolo. Vi era il monastero
femminile delle benedettine, accanto.
Senz'altro
superba e di primaria importanza è la chiesa domenicana dei SS. Giovanni
e Paolo (detta anche San Zanipolo), che è anche un sacrario,
poichè vi si trovano molti sepolcri dei Dogi veneziani, i quali hanno tutti
delle tombe fastose, a tratti anche tracotanti. Una bellissima scultura,
situata in una delle cappelle absidali, rappresenta una donna seduta,
pensosa, che regge uno specchio. Andando a vedere cosa vi si riflette,
abbiamo avuto un brivido:la Morte. La sua.
Si
conserva anche un piede di
Santa Caterina da Siena, in una teca di vetro.
La chiesa dei SS. Giovanni e
Paolo è, insieme a quella dei Frari, seconda solo a San Marco; all'esterno, nella parte bassa, si vedono caratteri gotico -bizantini (forse
del XIII secolo); vi sono diversi sarcofagi riportanti croci patenti, e
sulla facciata delle curiose quadruplici cinte, il cui significato al
momento sfugge. Un'antica porta, oggi murata e di cui rimane soltanto
l'architrave e gli stipiti, è ancora visibile sul lato di destra.
Nella
piazza prospetta la statua equestre al condottiero bergamasco Bartolomeo Colleoni,
omaggiato dalla Serenissima per il servizio che egli prestò, e la
scenografica Scuola Grande di San Marco, oggi adibita ad
Ospedale Civile (la facciata si scambia per una chiesa). All'interno, in
una sezione apposita, a parte del nosocomio, si può ammirare (ma solo in
particolari occasioni) la Biblioteca, mentre la cappella dell'ospedale,
ovvero la chiesa di San Lazzaro dei Mendicanti, dove si ammira
un'opera del Tintoretto (prima maniera) e una di Paolo Veronese, è aperta
tutti i giorni al mattino.
Prendendo a sinistra del
Campo SS. Giovanni e Paolo giungiamo alla bella chiesa di Santa Maria
Formosa. Alla base c'è una tradizione che narra di un'apparizione
mariana sotto le sembianze di una donna formosa (prosperosa), e risalirebbe
al VII sec. Prima c'era una chiesa precedente. L'edificio attuale mostra le
forme tardo-rinascimentali ed ha una particolarità: due facciate. Una
affaccia sul rio ed una sul campo omonimo. Questa chiesa era sede di una
curiosa cerimonia in antico (durò fino alla soppressione della Repubblica):
il doge riceveva in omaggio un cappello di paglia, che gli veniva donato
dalla confraternita dei Casselleri che qui avevano sede. Essi erano i
fabbricanti della casse nuziali e nel 944 avevano fornito un consistente
aiuto in occasione del Ratto degli Slavi, quando cioè degli slavi avevano
tentato di rapire delle fanciulle veneziane. I Casselleri sventarono
l'attacco e da allora venivano celebrati con la venuta del doge una volta
all'anno.
Ritornando sui nostri passi
si raggiunge, tra calle e callette, l'ultimo dei sestieri che ci restano da
visitare: Cannaregio, cosiddetto per la presenza di fitti canneti.
Incontriamo la chiesa di S. Maria dei Miracoli, bell'edificio
rinascimentale che all'interno lascia a bocca aperta per via di un mirabile
soffitto a cassettoni dove sono incastonati 50 ritratti di santi e profeti.
Immettendosi sulla Strada
Nuova (che fu voluta da Napoleone e andò a sostituire il complesso di
campi e campielli che vi si trovavano), proseguendo verso l' ovest
della città (cioè verso la Stazione Ferroviaria) ci delizieremo tra
bazar, negozi, palazzi più o meno antichi, alcuni anche fatiscenti, e le
onnipresenti chiese. In Campo S. Sofia non vedremo subito la chiesa
omonima, che rimane incastrata tra le case, ma un carugio permette di
girarle attorno e ritrovarsi sul davanti. Una parte dell'edificio venne
distrutto per far posto alla strada Nuova. Sul Canal Grande prospettano
edifici famosi come la Cà d'Oro (1421-1440), un tempo rivestita in
facciata del nobile metallo. Prendiamo a destra per dirigerci verso
l'estremo Campo della Madonna dell'Orto, dove c'è l'omonima chiesa.
Bellissima lo è anche all'esterno, gotico e forse unico esempio a Venezia.
Dentro racchiude la tomba di Tintoretto e molte sue opere. Pochi
passi e si incontra l'antica chiesa di Sant'Alvise (e l'omonimo
campo), il cui sobrio esterno stride con lo sfolgorante sfoggio di
colori dell'interno. L'unica navata ha infatti affreschi magnifici e una
volta con una curiosa geometria a triplice quadrato concentrico...
Ci accorgiamo che qualcosa è
cambiato nuovamente, siamo rimasti soli, la gente non c'è più, perchè qui
non viene quasi nessun turista. Ci troviamo sulla sponda più settentrionale
della città, vediamo il mare aperto, ma dall'altra parte rispetto alla Punta
della Dogana. Abbiamo percorso Venezia da parte a parte, fantastico! Le vie,
qui, corrono parallele e a tratti sembra di essere sprofondati nella città
fantasma. Ma ci piace! E' intrigante la scoperta di nuovi tasselli di questo
mosaico veneziano. Siamo quasi nella zona del Ghetto ebraico, che è
il più antico d'Europa perchè a Venezia i Giudei giunsero precocemente. Si
notano alcuni simboli ma soprattutto massiccia è la presenza delle
sinagoghe (ben cinque) e molto importante è il Museo della Comunità
Israelitica, che allestisce oggetti della tradizione ebraica
dall'antichità in poi.
Proseguiamo lungo le
Fondamenta della Misericordia e arriviamo al Campo dei Mori, più
animato. Facciamo la conoscenza di alcune statue abbigliate
all'orientale: sono quelle dei fratelli Mastelli, arrivati in città nel 1112
dando vita al Fondaco degli Arabi o Mori. Una leggenda narra che fu
S. Maria Maddalena a pietrificarli per la loro cupidigia!
Due
passi ancora ed ecco la casa di Tintoretto, con la relativa bottega,
che risulta essere tutt'ora funzionante.
Ripreso
il cammino verso la Stazione Ferroviaria, superiamo il Ponte delle Guglie,
costruito nel 1580 ma rifatto nel 1823, quando furono apposte delle piccole
piramidi, o guglie, che danno il nome al ponte, unico ad averle. Giriamo
subito a destra perchè dobbiamo visitare l'ultima delle zone di nostro
interesse: la più antica porta di terraferma di Venezia. Il movimento
di gente anche qui è molto ridotto, rispetto al ponte delle Guglie, molti
proseguono verso la Lista di Spagna, mentre noi ci infiliamo in
questo settore.
Vogliamo
vedere il ponte dei Tre Archi, l'unico a Venezia ad avere, appunto,
tre arcate. Nei pressi c'è la chiesa di San Giobbe, purtroppo trovata
chiusa, che ha accanto un bel chiostro, ma è interdetto al pubblico (forse
per lavori). Lungo la strada incontriamo alcuni residui simboli sugli
edifici, alcuni 'sandali del pellegrino', alcuni toponimi che ci fanno
supporre come qui potesse trovarsi un luogo di assistenza per i pellegrini
medievali.
Una grande chiesa, ormai
riadattata, prospetta anche sulla sponda opposta. Non vi sono indicazioni o
informazioni sul posto.
Dopo aver raggiunto la punta
estrema anche di questo lato di Venezia, dove ha sede l'università, e aver
ammirato il paesaggio marittimo nel quale è compreso il ponte ferroviario
che si getta sulla terraferma, ritorniamo indietro e riprendiamo Lista di
Spagna, affollata di persone. Chi viene, chi va, chi è del posto, tanti
individui con le loro storie personali e la loro vivacità. Rumori, suoni,
sapori, arrivano ai sensi ma ci estraniamo ancora e andiamo a visitare una
delle chiese più enigmatiche di Venezia, spesso trascurata dai passanti. Si
trova in Campo S. Maria Maddalena e si tratta del tempio omonimo.
La chiesa della Maddalena è antica, risalendo al XIII secolo (1222),
ma fu interamente rifatta nelle forme attuali molti secoli dopo. Risale
infatti al 1780 il disegno di Tommaso Temanza, a pianta circolare, che
attualmente ammiriamo. Sull'area pare sorgesse già un edificio religioso,
appartenente alla famiglia Balbo, che secondo alcune fonti aveva tra le
proprie fila un Cavaliere Templare. In origine l'edificio aveva anche un
campanile(nato come torre di avvistamento), ma è stato distrutto perchè
troppo pericolante. La sua funzione di chiesa parrocchiale cessò nel 1781 e
nel 1820 venne chiusa. Attualmente è una chiesa rettoriale dipendente dalla
parrocchia di San Marcuola. L'aspetto esterno è molto armonico e
quasi severo. Il portale è formato da un alto timpano triangolare sorretto
da due lesene binate e capitello ionico.
Fanno discutere gli esoteristi i
simboli presenti nella lunetta sovrastante il portale d'ingresso: un cerchio
intersecato da un triangolo e un occhio nel mezzo. Chiara l'ispirazione
massonica. Cosa che parrebbe confermata dalla presenza di un altro simbolo
inequivocabile che abbiamo trovato appena dentro il portale laterale: una
lastra pavimentale tombale con le ceneri dell'architetto Tommaso Temanza
(probabilmente affiliato alla Massoneria?) in cui spiccano dei simboli
massonici (squadra, compasso, livella) che però sono anche quelli del
mestiere che egli esercitava.
E'
la prima volta che troviamo la chiesa aperta, in occasione di una mostra,
per questo ci è stato possibile fare questa interessante scoperta. L'interno
è sobrio, con una bella cupola e diverse statue collocate in cadenzate
nicchie. Una ritrae Maria Maddalena in atteggiamento di penitenza,
mentre guarda un teschio deposto accanto ad un calice. Alcuni dipinti
completano l'arredamento, mentre rimane un bell'altare marmoreo. All'esterno
abbiamo rinvenuto un labilissimo schema a
Triplice Cinta, che probabilmente c'era anche sulla soglia
dell'ingresso principale (si vede assai male). Altri graffiti si trovano sul
sedile di destra, ma non sembrano ricalcare l'aspetto del nostro soggetto.
L'area è degna di un'ispezione tranquilla, anche agli edifici retrostanti,
alla piazza e, mentre rimuginiamo ancora sui simboli trovati, ci ritroviamo
dinnanzi alla chiesa di san Geremia (di antica origine) che però è nota per essere quella
dov'è custodito il corpo (vero o presunto) di Santa Lucia di Siracusa(per
esteso si denomina chiesa di San Geremia e Lucia). Il corpo, assai
venerato, fu trafugato con un'azione violenta nel 1981 e ritrovato proprio
la notte del 13 dicembre, tradizionalmente data in cui si festeggia la
santa. Ma la vera chiesa a lei intitolata esisteva ed era lì che si
trovavano le sue spoglie fino al 1861; venne abbattuta perchè doveva sorgere
la Stazione Ferroviaria, che ne mantenne il nome.
A proposito, il treno ci
chiama. Stanchi ma carichi di ricordi e materiale, ci accomiatiamo, promettendo a Venezia di rivederci
presto.