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                                                 ELEMENTI DI ARCHEOASTRONOMIA (5^parte)

                                                                                             di

                                                                                 Adriano Gaspani

                                                                 I.N.A.F - Istituto Nazionale di Astrofisica

                                                              Osservatorio Astronomico di Brera - Milano

                                                                        adriano.gaspani@brera.inaf.it

 

La Nutazione

La Nutazione, scoperta dall'astronomo inglese James Bradley (1693-1762) è una oscillazione periodica dell'asse di rotazione della Terra intorno alla sua direzione media nello spazio. A causa di questo fenomeno il polo istantaneo di rotazione della Terra oscilla descrivendo una ellisse intorno alla posizione del polo medio il quale, come abbiamo visto, ruota a sua volta a causa del fenomeno della  Precessione, attorno al Polo dell'Eclittica. La nutazione è dovuta principalmente alle perturbazioni gravitazionali esercitate dalla Luna sulla Terra ed è composta da una somma di termini periodici il principale dei quali ha un periodo di 6798,4 giorni, pari nuovamente a 18,61 anni solari medi. I termini con ciclicità breve hanno un periodo dell'ordine di meno di 10 giorni. La Nutazione può essere divisa in due componenti. La prima è la Nutazione in Longitudine e si sviluppa lungo l'Eclittica, la seconda componente, perpendicolare alla prima, è detta Nutazione in Obliquità a causa del fatto che essa tende a modificare l'inclinazione dell'Equatore celeste rispetto all'Eclittica. La Nutazione è un fenomeno la cui entità e il cui periodo sono relativamente ridotti rispetto a quello che succede nel caso della Precessione, ma non per questo essi sono trascurabili nell'ambito del lavoro di ricostruzione del cielo antico. Durante l'identificazione delle direzione astronomiche indicate dagli  allineamenti presenti nei siti archeologici di rilevanza astronomica è necessario tener conto anche del fenomeno della Nutazione che contribuisce, assieme agli altri fenomeni, a modificare la posizione  apparente degli astri sulla sfera celeste.

L'Aberrazione

L'Aberrazione è un fenomeno di entità molto piccola che è dovuto al fatto  che la Terra, e con essa l'osservatore, è in moto nello spazio orbitando intorno al Sole. A causa del fatto che la velocità della luce non è infinita, ma come è noto vale poco meno di 300000 chilometri al secondo, la posizione di un astro osservata in un certo momento non corrisponde alla posizione vera, ma esisterà una piccola differenza dovuta alla velocità e alla direzione della Terra nella sua orbita. Questo fenomeno è di scarso rilievo dal punto di vista archeoastronomico.

Il Moto Proprio

Un'altra causa di variazione della posizione apparente di un astro nel tempo è il suo Moto Proprio. Se l'oggetto è dotato di un moto di traslazione nello spazio con una velocità  molto forte, nel giro di pochi anni le sue coordinate varieranno in maniera sensibile e nel giro di qualche millennio la sua posizione nel cielo potrebbe cambiare anche di molti gradi. Usualmente le stelle hanno moti propri relativamente ridotti, ma non trascurabili, salvo alcune di esse denominate "runaway stars" le quali sono caratterizzate da un movimento di traslazione molto veloce. Il moto proprio delle stelle è un grosso problema durante la simulazione del cielo antico; esso è noto perché è stato misurato in epoca recente, ma le misure sono generalmente affette da un piccolo, ma consistente errore, vuoi perché gli spostamenti da misurare sono molto piccoli, sia perché le misure di posizione vengono eseguite su intervalli di tempo relativamente corti, al massimo 100 anni. Un secolo è poco per determinare con accuratezza sufficiente il moto proprio di una stella e l'errore che ne deriva, seppur di lieve entità, si amplifica fortemente propagandosi  quando si calcola la posizione dell'astro in epoca molto remota. Questo fatto limita a 6000 - 8000 anni da ora la possibilità concreta di simulare al computer un cielo antico in cui le posizioni delle stelle che vi appaiono possano essere ritenute affidabili.

La Parallasse annua

La parallasse annua è un fenomeno la cui entità dipende dalla distanza a cui fisicamente sono situate le stelle nello spazio; più la stella è vicina più la parallasse annua è grande. Questo fenomeno è dovuto al fatto che la Terra durante il suo moto di rivoluzione annuale intorno al Sole, portandosi dietro l'osservatore che è solidale con essa, si sposta dalla sua posizione media di circa 300 milioni di chilometri. Le stelle più vicine sono quindi viste rispetto a quelle più lontane sotto una differente angolazione durante l'anno. La conseguenza pratica è che la posizione apparente di queste stelle, e quindi le loro coordinate cambiano oscillando con una periodicità annuale. L'entità della variazione di posizione dovuta alla parallasse annua è generalmente di piccola entità in quanto le stelle sono generalmente molto lontane, ma esiste un ristretto numero di esse che a causa della loro notevole vicinanza al Sole mostrano parallassi annue apprezzabili. Le stelle vicine al Sole sono generalmente di bassa luminosità salvo due e cioè Sirio (a Canis Majoris) e Procione (a Canis Minoris) le quali sono di prima grandezza. Questo fatto implica che dal punto di vista archeoastronomico esse rivestano grande importanza in quanto erano ben visibili ed osservate nell'antichità quindi nel calcolo della loro posizione va tenuto conto anche della oscillazione annuale dovuta alla parallasse annua. Volendo studiare la data delle levate eliache di Sirio e Procione durante  l'anno, sarà necessario tenere la parallasse annua in debito conto, dato che anche il fenomeno della levata eliaca ha periodicità annuale.

La frazione di cielo osservabile nella preistoria e nella proto-storia

In corrispondenza di differenti località sul globo terrestre è possibile   osservare solamente una certa frazione della sfera celeste. Tale frazione dipende strettamente dalla latitudine geografica a cui l'osservatore è posizionato; infatti la declinazione della stelle che ad una determinata ora sono posizionate in corrispondenza dello zenith locale è uguale alla latitudine geografica dell'osservatore. La latitudine dell'osservatore determina anche quali stelle debbano essere confinate perennemente al di sotto dell'orizzonte locale relativo alla località geografica occupata quindi gli astri che rimangono confinati durante tutto l'anno al di sotto dell'orizzonte locale non potranno essere mai osservati.

 

 

Il moto di oscillazione dell'asse terrestre dovuto al fenomeno della Precessione, produce un'escursione massima nella posizione apparente delle stelle di quasi 47° in un periodo di 25700 anni solari tropici; quindi nel tempo cambieranno le stelle osservabili, ma la frazione di cielo visibile rimarrà sempre la stessa dato che è solamente funzione della latitudine geografica del luogo di osservazione. In corrispondenza di una fascia di latitudine che va da +40° a +60°  nord i calcoli mostrano che alla latitudine +40° era visibile, durante tutto l'anno, circa lo 88% della sfera celeste, mentre alla latitudine +60° solo il 75% della sfera celeste poteva essere osservata. Ricordiamo, a titolo di confronto, che alla latitudine media di +25°, corrispondente grosso modo all'Egitto, la frazione della sfera celeste osservabile durante l'anno andava dal 97% al 99%. Un valore un poco minore era tipico della Mesopotamia e della Grecia, luoghi in cui l'Astronomia ebbe anticamente grande impulso. Vedremo che esisterà la tendenza, da parte di una certa cultura, a elaborare una certa metodologia di osservazione del cielo e di studio dell’Astronomia in funzione della latitudine geografica in corrispondenza della quale essa si è sviluppata. Tutte le culture che si sono sviluppate i località caratterizzate da una bassa latitudine geografica hanno sviluppato notevoli capacità astronomiche dal punto di vista dello studio dei pianeti e delle stelle. Le culture Egiziana, Greca, Caldea, Cinese e Indu ne sono un esempio. Infatti presso queste culture si è sviluppata precocemente le tendenza a riunire le stelle visibili in costellazioni, soprattutto quelle zodiacali, che a queste latitudini si osservano molto alte nel cielo. Il passo successivo, poco ortodosso dal punto di vista scientifico, ma  perfettamente logico in quel contesto, è stato lo sviluppo di credenze  astrologiche collegate alle costellazioni attraversate dai vari corpi celesti  durante gli anni.  Presso le culture che si svilupparono in corrispondenza di località situate a latitudini geografiche elevate la ridotta percentuale di cielo osservabile implicò lo sviluppo di una astronomia che potremmo definire di tipo "orizzontale", cioè basata soprattutto sull'osservazione e sullo studio degli eventi astronomici osservabili in prossimità dell'orizzonte naturale locale. Divennero quindi importanti per queste culture l'osservazione della  posizione delle levate e dei tramonti degli astri e la registrazione delle date a cui esse avvenivano. Tutto questo poteva essere messo in relazione con le scadenze tipiche dell'agricoltura e fornire un utile meccanismo di previsione e pianificazione. Le culture antiche che si svilupparono sul territorio nord-europeo quindi svilupparono un'Astronomia più incline all'osservazione dei corpi celesti in prossimità dell'orizzonte, alla misura della loro posizione mediante una metodologia che fornì risultati di accuratezza comparabile con quelli ottenuti dai Greci o dai Babilonesi. Gli strumenti usati per le misure furono gli allineamenti stabiliti mediante complessi di pietre o di pali in legno, accoppiati con particolari oggetti visibili in lontananza sull'orizzonte i quali permisero di ottenere misure di posizione con un grado di accuratezza abbastanza elevato. Questa differente impostazione dell'attività astronomica fu completamente avulsa dalle implicazioni astrologiche che permearono tutta l'Astronomia greco-orientale. Non è azzardato quindi ribadire il carattere non astrologico dell'Astronomia sviluppata anticamente dalle culture che fiorirono sul territorio europeo.

Le culture che si svilupparono in località geografiche la cui latitudine era poco elevata potevano osservare il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle appartenenti alla fascia zodiacale molto, alti nel cielo. In un simile contesto osservativo la costruzione dei monumenti megalitici e l'uso di traguardi naturali sull'orizzonte al fine di aumentare la precisione ottenibile erano del tutto inutili. Presso le culture europee divennero molto importanti gli studi relativi al calendario come conseguenza di un'Astronomia prevalentemente, ma non esclusivamente, di tipo solare e lunare. Presso le culture orientali e quella greca fu preminente l'Astronomia zodiacale e planetaria, quindi di riflesso l'astrologia, come conseguenza della bassa latitudine geografica a cui queste culture si svilupparono. Ovviamente, come ben sappiamo, lo studio e lo sviluppo del calendario non fu certamente trascurato presso questi popoli.

Frazione di Sfera Celeste visibile dalle latitudini di sviluppo della cultura celtica

La latitudine geografica media dei siti in cui si ebbe lo sviluppo della Cultura Celtica va da 40° N nel caso delle popolazioni Celtibere fino ai 58° N nel caso del nord della Scozia, quindi nei vari luoghi la frazione di Sfera Celeste visibile era diversa. Ad una latitudine di 40° N era possibile osservare il 88,3% della Sfera Celeste, mentre alla latitudine di 58° N solo il 76.5% era osservabile, questo significa che nelle regioni celtibere ispaniche la stella di declinazione più bassa visibile era posta teoricamente alla declinazione d = -50°, mentre nel nord della Scozia la declinazione minima osservabile era pari a d = -32°; questo significa che a questa latitudine, al solstizio d’inverno, a malapena il Sole può salire di alcuni gradi al di sopra dell’orizzonte astronomico locale, anche nell’antichità durante la quale il valore dell’Obliquità dell’Eclittica era più elevato di quanto non sia ora. Infatti le altezze apparenti h* raggiungibili dagli astri, rispetto all’orizzonte astronomico locale, dipendono dalla latitudine j del luogo e dalla declinazione d* dell’astro ad una data epoca. In generale l’altezza raggiungibile da un astro di declinazione d* rispetto all’orizzonte astronomico locale è pari a:

                        

                                              h* = 90° - j - d*

 

e devono essere corrette per gli effetti della rifrazione astronomica. Nel caso del Sole, la sua altezza apparente varia in continuazione durante l’anno a causa della continua variazione della sua declinazione tra gli estremi +e al solstizio d’estate e -e al solstizio d’inverno, passando per il valore zero agli equinozi (e è l’obliquità dell’eclittica ad una determinata epoca).

(Continua-)

(Autore:Adriano Gaspani, aprile 2008)

Sezioni correlate in questo sito:

1^ parte di questo lavoro
2^parte
3^parte
4^parte
6^ e ultima parte + bibliografia
Archeoastronomia

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