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Due passi nei misteri del

                                                        Palazzo di Diocleziano a Spalato

                                                                           (testo e foto di Marisa Uberti)

La vivacità che abbiamo trovato a Spalato (in croato Split) la dice lunga sulla rilevanza che essa riveste dal punto di vista turistico. Capoluogo della regione spalatino-dalmata (Splitsko-dalmatinska županija), è insieme a Zara la città più importante della Dalmazia e la seconda -dopo Zagabria- di tutta la Croazia. Una 'marea' di persone è riversata soprattutto nel suo epicentro culturale: il Palazzo di Diocleziano (Deoklecijanova palaća), che tra le costruzioni romane di questo tipo è la meglio conservata al mondo ed è inclusa dal 1979 nel patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.

Giungendo dal lungomare (4)  non se ne ha una prospettiva adeguata, cerchi un parcheggio (senza trovarlo!), ti guardi attorno, vedi un mare stupendo con le 'consuete' isole dirimpetto (la Dalmazia ci ha abituato a queste 'visioni'), ma ti chiedi "Dov'è il Palazzo?". E lui è lì da 1700 anni, non si è mai mosso, e guarda il lungomare come noi. A poco a poco ne distinguiamo gli elementi: da questo lato meridionale è difficile rendersi conto della sontuosità che doveva avere l'edificio, molto decantato per la sua bellezza fin dal suo nascere.

Tra mura di abitazioni civili (1), condizionatori d'aria (3), e suppellettili varie di epoca moderna, le colonne, i capitelli e gli archi romani vengono quasi occultati. Però ci sono e appena li scopri sai di essere nel posto giusto. Trovato il varco per accedere al complesso, che è ormai a tutti gli effetti un piccolo borgo abitato, vieni preso nel vortice della moltitudine di persone che ne percorrono il lungo corridoio sotterraneo invaso da turisti, abitanti, gente del posto che è qui per fare shopping... E' necessario fare il punto di dove ci troviamo, poichè è uno scherzo perdersi.

                                                                                      

Il palazzo ha la forma di un rettangolo (sotto, una ricostruzione settecentesca);  misura 215 m per 180 m circa e copre un'area di 30.000 mq. Fu costruito da Diocleziano, della famiglia romana Valeria, nato nel 243 d.C. a Dioclea, piccolo borgo vicino a Salona (5 km da Spalato) che al tempo era la città più importante della costa, governata dalla Roma imperiale (e con Diocleziano divenne un cruciale nodo di commercio tra impero d'Oriente e Occidente). Distintosi in campagne militari,  nel 277 si trasferì da Salona a Roma e ottenne l'impero nel 284, governando soprattutto sull'Impero Romano d'Oriente (come si sa, durante il suo regno si stabilì una tetrarchia di quattro 'comandanti' che si suddivisero il territorio), conseguendo numerosi successi militari e usando il pugno di ferro con i cristiani che avevano abbracciato la fede in Gesù Cristo. Ironia della sorte, un cugino di Diocleziano divenne papa nel 283 e fu santificato come San Cajo Salonitano. Sono tristemente note le persecuzioni dioclezianee e nel 294 si fece adorare egli stesso come un dio. Sembra che in seguito alla guarigione della figlia da un fenomeno di 'possessione' operata da un vescovo cristiano, la sua ferocia si sia attenuata. Nel 295 diede inizio alla costruzione della sua residenza, che terminò in dieci anni. All'inizio del IV secolo (305) decise di rinunciare al proprio titolo, abdicare (unico caso nella storia imperiale romana) e ritirarsi dalla vita politica, prendendo residenza stabile nel proprio palazzo, che aveva un accesso diretto al mare, immerso in una lussureggiante vegetazione, tra le sue terme di acqua calda e i suoi fedeli seguaci. Era al contempo una sontuosa villa imperiale, un villaggio bastante a se stesso e una fortificazione militare.

                      

Una lunga via trasversale tagliava in due il complesso da est a ovest; l'imperatore viveva nell'ala sud; a nord stavano le guardie e la servitù. Il palazzo aveva delle mura possenti (alte 18 m e spesse 2 m) interrotte da ben sedici torrioni:ogni lato -eccetto quello verso il mare- aveva due torri esagonali centralmente e quattro più poderose torri quadrangolari stavano agli angoli. Aveva alte finestre lungo tutto il perimetro e quattro porte di accesso ai quattro punti cardinali.

All'interno del palazzo, oltre agli edifici, c'erano tre templi religiosi (uno rettangolare dedicato a Giove, uno circolare dedicato a Cibele e un altro pure rotondo dedicato a Venere) e il mausoleo dell'imperatore, che vi fu sepolto nel 312, all'età di 68 anni. Altra ironia della sorte è che dopo aver perseguitato ferocemente  in vita i cristiani, il suo sepolcro venne profanato dopo la sua morte dai cristiani stessi (essendo il Cristianesimo divenuto religione di Stato dell'impero romano con l'Editto di Costantino del 313) e il suo mausoleo fu trasformato nel VII sec. in una cattedrale di culto cattolico, funzione che svolge ancora oggi.

Il tempio di Giove venne riadattato a Battistero di San Giovanni; diverse chiese furono erette all'interno e l'intero palazzo venne occupato gradualmente da abitazioni civili, soprattutto dopo la distruzione della città di Salona (614) che cadde nell'oblio fino al 1800, quando gli scavi archeologici (oggi visitabili a 5 km) la riportarono alla luce. Gli abitanti in fuga trovarono riparo tra le mura del palazzo di Diocleziano e praticamente diedero vita ad un nuovo nucleo cittadino: Spalato appunto. Anche se molto è stato stravolto, è stato proprio grazie al fatto che la gente ha continuato ininterrottamente ad abitarlo, che si è potuto mantenere 'vivo'.

Attualmente sono possibili gli ingressi da tutte e quattro le porte; la parte migliore -perchè più conservata - è quella opposta al mare, quella settentrionale, in cui si ammira la Porta Aurea ( nella foto sotto al n.2) che portava a Salona, alla cui sinistra su un capitello è scolpito un nome, Zotikos, forse il costruttore del palazzo stesso (sarebbe un dato raro, straordinariamente importante). Sopra questa porta, internamente, venne costruita nel medioevo una piccola chiesa dedicata a san Martino. Fuori dalla porta spicca la mole della gigantesca statua bronzea (1)del vescovo Gregorio di Nin (Grgur Ninski), identica a quella che abbiamo visto a Nin, anche se là è in proporzioni minori. Svetta anche uno snello campanile(3), appartenuto ad un convento medievale di bendettine (1096).

                                                                                  

La porta Argentea è collocata sul lato est, dove l'estendersi dell'abitato ha nel tempo creato una nuova piazza adibita a mercato. Nei piani superiori vi erano le sale da pranzo e ambienti di cui ancora si ignora la funzione. Sul lato ovest c'è la Porta ferrea, sopra cui fu costruita un'altra piccola chiesa dedicata a San Teodoro, solo in seguito intitolata alla Madonna del Campanile (Gospa od Zvonika), il cui antico campanile preromanico è il più vecchio di tutta la costa dell'Adriatico orientale. In questa ala, ai piani superiori, c'erano sale di ricevimento e private dell'imperatore. Su questo lato nel medioevo si crearono nuovi spazi raccolti attorno alla attuale piazza del Popolo (Narodni trg), sviluppatasi nei secoli seguenti e caratterizzata da alcuni begli edifici gotici, come il Municipio (2) (XV sec.) e una una casa- torre con l'orologio cittadino(3),

                                                                                     

Il lato sud dà sul mare, che un tempo era molto più vicino di oggi e doveva bagnare direttamente la porta bronzea. Vi si potevano attraccare direttamente le barche. In quest'area si trovavano le terme, che paiono avveniristiche per noi, oggi: erano dotate di una piscina circolare di acqua calda, il calidarium e di una sala di riscaldamento provvista di aria calda! Dalle descrizioni pervenute e dalle ricostruzioni archeologiche, si è capito che da questo lato al primo piano c'era un corridoio percorso da finestre, loggette, passaggi che permettevano di vedere direttamente il mare e le sue isole. Molto impressionante il Vestibulum (2), una sala d'ingresso circolare, la cui cupola è sprovvista di copertura (1). Doveva essere ricoperta da splendidi mosaici, in origine, e se questo era solo l'ingresso, ancor oggi attraente, chiediamoci come potesse essere il resto!

                                                                                      

Imboccando le scale che sotto si aprono, si raggiungono i sotterranei, le 'cantine di Diocleziano', che erano ambienti di 'supporto' per gli appartamenti del piano superiore, che era l'abitazione dell'imperatore. Le 'cantine'  perfettamente conservatesi, sono oggi di fondamentale interesse perchè ci informano su come dovessero essere i piani superiori, oggi distrutti o stravolti dalle ristrutturazioni, Oggi in questi ambienti trovano posto innumerevoli bancarelle che vendono di tutto, souvenirs a volontà ma anche oggetti di un certo pregio (foto sotto).

                                                                                      

Da qui si accede -con un biglietto del costo di 15 Kune, circa due euro -alla visita di tutti gli ambienti sotterranei, costituiti da un dedalo di camere divise da massicci pilastri e volte.

                                                                                      

In alcune camere si conservano reperti che gli scavi hanno restituito, come un frantoio medievale (2) con croci patenti incise (4), un sarcofago quasi intatto con dedicazione (1), un palo di legno attribuito all'epoca della costruzione del palazzo e sepolto nelle fondamenta, una lastra decorata (5).

                        

Interessante questa volta, che denota la maestria dei costruttori:

                                                                               

Risalendo, si emerge in uno spiazzo aperto (gremito di gente a seconda dell'orario) che corrisponde all'antico Peristilio, la zona più importante e che dava la 'prima impressione' ieri come oggi. Su questo spazio si raccordavano tutti gli altri ambienti: i templi situati a ovest, la residenza dell'imperatore situata a sud -raggiungibile dal protiro colonnato-  e il suo mausoleo che era ad est. Il lato nord era libero. Nel XVI-XVII sec, sono state erette due cappelle ai lati del protiro, una dedicata all'Immacolata Concezione (Gospa od Začeća) e l'altra alla Madonna del Cingolo (Gospa od pojasa). Il Peristilio è delimitato da entrambi i lati più lunghi da archi sorretti da colonne; sulla sinistra, per chi entra dal Vestibulum, si vedrà che tra le colonne sono inglobate abitazioni 'moderne'. A destra (per chi vi è entrato dal Vestibulum), tra la seconda e terza colonna c'è l'ingresso alla cattedrale di Split, l'antico mausoleo di Diocleziano di cui ha conservato le forme ottagonali(2), sopra la quale svetta il maestoso campanile-simbolo della città (1-3).

                                                                             

Risale al XIII secolo ma fu rifatto nel corso del XIX sec. perchè decadente. Una bellissima sfinge di marmo nero sta accovacciata tra due colonne, a guardia di chissà cosa. Diocleziano ne fece trasportare ben 11 dall'Egitto, risalenti al 1.500 a.C. Per apprezzare l'edificio della cattedrale dall'esterno, si deve perlustrare l'intero complesso fino a trovare la posizione migliore (ne offre diverse e tutte suggestive). Sotto, alcune gallerie di foto riprese da diverse angolazioni, perchè il palazzo va 'scoperto' nei suoi angoli più nascosti e raccontarlo non è come vederlo.

                                                                    

                                                                             

Un tempo, al centro dell'unica aula ottagonale c'era il sarcofago dell'imperatore Diocleziano, posizionato sotto la cupola mosaicata. Oggi non è più così: la cattedrale venne intitolata a San Doimo (martire di Solona fatto uccidere da Diocleziano stesso). Capolavori conservati in questo ristretto tempio sono:il pulpito tardo romanico (3) in stile 'lombardo' (Comacino?), i cui capitelli delle colonne proverrebbero dal sarcofago di Diocleziano stesso;  l'arca di San Doimo (2), realizzata su un sarcofago paleocristiano da Bonino da Milano, nel 1427, e l'arca di Sant'Anastasio(1), l'altro martire salonitano morto insieme a Doimo. Le reliquie di questi due santi furono fatte portare nella cattedrale dall'arcivescovo Giovanni Ravennate (che è sepolto, come vedremo, in un sarcofago conservato nel Battistero di San Giovanni, nato come Tempio di Giove). Molto belli, splendidi, gli stalli del coro ligneo. Con un biglietto di circa 2 euro si accede al piccolo museo (tesoro della cattedrale) di arte sacra, che conserva alcuni reperti unici (come il primo documento in alfabeto glagolitico usato per evangelizzare i locali, VII -VIII sec.).

                                                                            

Segnaliamo che nella parte situata dietro la cattedrale, dirigendosi a nord-est abbiamo notato un mosaico pavimentale policromo, dall'aspetto abbastanza trascurato. Il prezioso pavimento è infatti soggetto alle intemperie e i passanti vi gettano anche i rifiuti. E' anche poco distinguibile, perchè coperto di polvere. E' situato in una porzione recintata ma che non abbiamo capito a cosa effettivamente appartenga. La cosa singolarissima è che se fosse dell'epoca di Diocleziano (e i mosaici policromi come questo a quell'epoca erano la norma) non si spiegherebbe la presenza delle croci, simbolo cristiano per eccellenza che lui avversava. Se fosse paleocristiano (dopo la sua morte certamente, dunque IV sec. come minimo) o più tardo si accorderebbe con la presenza del nodo di Salomone, retaggio di una tradizione 'pagana' ma spesso impiegato nell'iconografia cristiana cattolica. Per ora è un mistero spiegare questo lacerto musivo, che doveva essere originariamente bellissimo e far parte chiaramente di un ambiente di una certa importanza

                                                

 

Due passi nei misteri del palazzo

Il campanile della cattedrale

Per noi importante aver trovato ciò che cercavamo, ovvero nuovi esemplari di colonne annodate, censimento/studio che stiamo portando avanti da anni. Non sveliamo oltre, poichè la sezione delle colonne annodate del nostro sito è sempre in divenire e a tempo debito faremo gli aggiornamenti. Ci occupiamo invece subito di un "simbolo" che è oggetto di un altro studio/censimento da parte nostra da diverso tempo. Dobbiamo però andare nei sotterranei.

La cripta

Uscendo dalla cattedrale, a sinistra, si può scendere nella cripta, che ne ricalca la forma. 15 kune per entrare (circa due euro) e, attraverso delle scale e un breve corridoio orizzontale, ci si immette nell'aula circolare, realizzata con grossi blocchi litici, attorno a cui sono disposte radialmente sei cappelle. Ci si trova subito davanti un pozzo, chiuso superiormente da una grata, che contiene ancora dell'acqua sul fondo. Un piccolo altare la cui base è costituita da probabili pezzi di reimpiego, accoglie la statua policroma di una Madonna. L'ambiente è nell'insieme veramente suggestivo e con attenzione abbiamo iniziato a osservarlo meglio, accorgendoci che, mentre tutte le altre cappelline sono vuote, quella a sinistra dell'altarino ha delle lastre appoggiate per terra, in due file, la prima di quattro e la seconda di due lastre (un altro reperto litico, che potrebbe essere stato un capitello liscio, giace proprio lì accanto).

L'attenzione si è fatta sorpresa quando, avvicinandoci, abbiamo visto che la prima lastra della prima fila reca inciso un simbolo molto particolare: un alquerque o tris multiplo. Abbiamo pensato che il 'caso' ci stesse giocando uno scherzo, poichè da tempo stiamo censendo questi 'elementi'  (insieme ai 'filetti' o Triplici Cinte con cui spesso sono 'accostati') per cercare di capire se la loro valenza sia semplicemente ludica oppure se - in determinati contesti- possano considerarsi simboli che contrassegnino luoghi a cui è stata per qualche ragione conferita una valenza 'sacra', importante. Da tempi antichi il 'tris' è noto come 'gioco' di pedine, con proprie regole che non è il caso di dilungarci a spiegare. In questo caso abbiamo quattro 'tris', che formano un 'tavoliere', nel più semplice dei casi.

Al centro, dove si incrociano le diagonali maggiori, c'è un marcato foro; oggi la troviamo in posizione verticale questa lastra, ma chiaramente c'è da pensare che potesse trovarsi ovunque, e per servire come tavola da gioco sicuramente doveva stare in posizione orizzontale, ma ciò non lo sapremo mai. Questo stesso 'schema', che gli arabi conoscevano bene e importarono in Europa nel medioevo come el-qirkat, è stato trovato inciso anche in un luogo molto particolare: la cella del castello di Chinon dove furono rinchiusi i Templari francesi in attesa di giudizio, dopo l'ignobile arresto in massa del 1307 ordinato da Filippo IV detto il Bello. Cosa c'entrano i Templari in questo caso? Molto probabilmente niente, ma resta il mistero di chi, quando e perchè abbia tracciato questo 'alquerque' su questa lastra ma, se permettete un'aggiunta, ancor più sarebbe interessante sapere perchè questa lastra è stata appoggiata qui in bella vista? Perchè in una cripta, cuore di una cattedrale cristiana, luogo sacro profondissimo, in cui la presenza del pozzo d'acqua interno non fa che amplificarne il senso? Non parrebbe quanto meno 'irriverente' aver messo un tavoliere da gioco in un posto simile? La lastra accanto a quella con l'alquerque non presenta alcun graffito, mentre è impossibile spostare le altre lastre per verificarlo, per via del loro enorme peso. Sono reperti provenienti dal palazzo di Diocleziano? Possibilissimo: i romani giocavano a tris. O di epoche posteriori?

Dalla morte di Diocleziano, all'inizio del IV secolo, questo complesso è stato occupato da molte persone, ma una cosa la sappiamo: da una foto 'moderna' della cripta che ci è capitato di vedere, non erano presenti le lastre che abbiamo trovato nella cappella. Allora qualcuno, per qualche ragione, le ha appoggiate lì di recente perchè -visto il loro peso- non dev'essere un divertimento spostarle in continuazione! Ciò ci fa pensare che non siano state ritrovate troppo lontano da qui ma il motivo per cui siano finite nella cappella ci sfugge e non convince nemmeno l'ipotesi di un 'parcheggio' momentaneo (non ci sembra proprio un 'ripostiglio', una cripta). Comunque, tutto può essere, in mancanza di ulteriori dati. E' altamente probabile che chiunque l'abbia collocata qui (temporaneamente o per sempre) non abbia pensato che reca incisa una 'griglia' (tale appare ad un profano, che magari nemmeno la nota) e si sia trattato della solita involontarietà del puro e semplice caso. Ma quel 'fatidico caso' le ha volute far trovare proprio a noi che le stiamo indagando da diversi anni. Dovremmo continuare a ringraziare questo provvidenziale"caso", allora, perchè in questo palazzo di Diocleziano la fortuna ha in serbo per noi qualcos'altro.

  Nella foto: 1.L'ingresso alla grotta-cripta, in primo piano il pozzo rialzato e coperto dalla grata, sul fondo l'altare con la statua della Madonna e l'apertura di una delle cappelle; 2. particolare della cappella in cui alloggiano le lastre e il supposto capitello; 3.dettaglio dell' alquerque sulla prima lastra, di cui si parla sopra.

Il Battistero di san Giovanni Battista

In uno stretto passaggio (al momento della nostra visita soggetto a impalcature tra l'altro) a ovest del Peristilio e in asse con la cattedrale, ci si infila per raggiungere il Tempio di Giove (Jupiterov hram, in croato). E' questo l'unico dei tre templi religiosi che Diocleziano aveva fatto erigere nel palazzo ad esser pervenuto fino a noi: quelli circolari di Cibele e Venere, circondati da colonne e un deambulatorio, sono scomparsi, restando di essi solo brandelli di mura e di pavimento inseriti in alcune delle abitazioni. L’edificio è a base quadrangolare e sorge su una base rialzata. Ai lati della scala, a sinistra, si trova una delle undici sfingi egiziane fatte portare da Diocleziano, priva della testa. Sul frontone in alto corre un bellissimo fregio scolpito con dieci soggetti legati alle divinità del mondo classico. Due formelle presentano un singolare soggetto: il cosiddetto 'Green Man' o uomo fogliato o dei boschi, mentre quelle accanto mostrano un 'Ercole bambino' le cui gambe confluiscono in due serpenti con la testa coronata (ma quando mai Ercole nella mitologia è rappresentato così?). L'edificio dovrebbe avere anche una cripta, che in epoca cristiana fu trasformata in chiesetta intitolata a San Tommaso (crkva sv.Tome), che non si visita e non sappiamo come possa essere (ma il suo ingresso dove sarebbe ubicato, visto che all'interno non si vedono aperture?).

L’interno della cella è permeato da un’oscurità mitigata soltanto dalle fievoli luci artificiali e dall’apertura del pesante portone quando entra qualche turista. Il soffitto, con volta a botte, è a cassettoni con motivi di volti (o maschere) entro triplici riquadri decorati. Sappiamo che questo tempio pagano venne trasformato nel VII sec. in un battistero cristiano dedicato a san Giovanni Battista e la prima opera d’arte che attira l’attenzione è il magnifico fonte battesimale a immersione dall’insolita forma a croce greca, formato da lastre accostate, di probabile reimpiego e mirabilmente scolpite.

Anteriormente vi è la figura controversa di un sovrano (croato) sul trono che impugna una grande croce, con un personaggio in piedi che gli sta accanto ed un altro è steso ai suoi piedi (chi dice che si tratti di Cristo re, chi dice ancora che si tratti di San Doimo, uno dei patroni di Spalato e titolare della cattedrale); sul lato destro vi è un complesso insieme di intrecci, nodi di Salomone, croci, finemente scolpiti, sul lato sinistro c’è invece una grande stella a cinque punte con un fiore centrale, all’interno di una ghiera lavorata ad intreccio, tra volatili, fiori e tralci vegetali. Le lastre vengono datate al IX secolo d.C.

La cella conserva inoltre una statua di San Giovanni Battista tra due sarcofagi, rialzati e addossati alla parete di fondo: uno appartenente all’arcivescovo spalatino Giovanni Ravennate (morto nel 680), e l’altro dell’arcivescovo Lorenzo, datato all’ XI sec. Il primo sarcofago, a sinistra, presenta sul davanti quattro fiori quadripetali in cui è disposta una X (con doppia punta) e ha una consunta iscrizione lungo il bordo superiore esterno; il sarcofago di destra è molto più semplice, presenta una lunga iscrizione però molto mutila.

Nella foto:1. La sfinge nera fuori dal Tempio; 2. il soffitto a cassettoni; 3. il fonte battesimale visto dalla parte posteriore che è liscia; 4.lo stesso fonte visto davanti, dove è tutto lavorato; 5. lastra anteriore con il re sul trono; 6.lastra laterale destra con Nodi di Salomone e croci; 7.frontone del Tempio con le sculture di divinità del mondo greco-romano: si notino le prime due da sinistra (il 'Green man'); 8.lastra laterale sinistra del fonte battesimale con la stella a cinque punte; 9.il sarcofago di destra all'interno; 10. una iscrizione su un probabile gradino di reimpiego; 11.la statua di S. G. Battista di Ivan Meštrović.

Sul coperchio del primo sarcofago si trova scolpita una vistosa croce, che ai lati presenta alcune lettere (sopra, il binomio HC e XC e sotto, NH e KA), i binomi sono separati dal braccio lungo della croce stessa, al termine della quale c'è un foro (come di serratura). Elementi ben curati che fanno ritenere siano contestuali alla sepoltura in oggetto.

La sorpresa ci ha colto quando abbiamo scorto, nella parte sinistra del coperchio del sarcofago, un chiarissimo esemplare di Triplice Cinta incisa! Come abbiamo accennato parlando dell' alquerque trovata nella cripta, con cui viene frequentemente ritrovato in associazione,  il triplice quadrato concentrico (che è variamente denominato 'filetto', trija, mulinello, etc.) può essere inteso come un gioco di pedine, di cui non stiamo ad elencare le modalità nè le varianti, poichè da tempo andiamo censendo tali esemplari in ambito architettonico e raccogliendo dati per capire se possa avere un altro senso, ben più sottile e profondo, cioè se possa assumere la valenza di  simbolo, in determinati contesti.

La sua forma  consta di tre quadrati concentrici raccordati da segmenti perpendicolari e diagonali dal quadrato più esterno a quello più interno. Non è presente alcun foro centrale. Risulta un po' 'schiacciato' il lato inferiore del quadrato esterno ma nell'insieme il soggetto mostra una certa 'proporzione'. Mentre ci stupivamo di scoprire un "filetto" su un sarcofago contenente delle sante reliquie, ne abbiamo scorto un secondo e poi un terzo! Tutti in fila, orizzontalmente. L'intermedio è scarsamente documentabile: si vede solo la parte superiore del quadrato più esterno (potremmo ipotizzare sia l'esemplare più vecchio, o non terminato?), mentre il terzo (quello più prossimo alla croce incisa sul coperchio) è ben distinguibile e presenta i soli segmenti perpendicolari (non diagonali nè foro centrale).

Sul coperchio dell'altro sarcofago, per amore di cronaca, non è presente alcuna incisione.

Come mai si trovino incisi proprio in questo conteso, è un mistero che probabilmente nessuno svelerà con facilità. Di ipotesi ne possiamo fare all'infinito, e in senso 'simbolico' potremmo dire che almeno uno di quegli esemplari sia stato inciso con l'intenzione di rimarcare l'importanza del luogo, la sua sacralità (ma in tal caso perchè non farlo sul pavimento, o sulle pareti, ma sul sarcofago?),forse poi emulato in senso ludico da altri che, non conoscendo il significato 'arcano' della TC, l'abbiano copiata e riprodotta per qualsiasi motivo(dispregio, divertimento, idiozia?), tuttavia se fosse così avrebbero copiato male, poichè la terza TC non ha le diagonali che la prima invece presenta. Che si tratti di opera di 'burloni' che non avendo di meglio da fare abbiano inciso in tempi imprecisati questi soggetti (ma ciò avrebbe richiesto sicuramente del tempo perchè sono profondi i segni nella pietra), fermo restando che il presente sarcofago si trovasse alla mercè di tali 'burloni' e tenendo presente che avevano sicuramente a disposizione posti migliori, in questo vasto palazzo, per crearsi dei 'tavolieri' da gioco. Inoltre, il coperchio del sarcofago è lievemente spiovente, e gli esemplari sono stati eseguiti verso il bordo esterno, il che per collocarvi delle pedine non è proprio il massimo della stabilità. Inoltre si sarebbe dovuto giocare in piedi, poichè seduti sul sarcofago, oltre che ancor più irriverente, il gioco sarebbe divenuto veramente complicato. Se però il detto sarcofago si è sempre trovato qui, o quanto meno protetto da atti vandalici perchè appare in ottime condizioni, chi ha potuto pensare di tracciare delle Triplici Cinte su di esso? Perchè? Quando? Domande che cadono nel vuoto ma che abbiamo ripreso quando, uscendo dal palazzo di Diocleziano, abbiamo fatto altri 'incontri' del...triplice tipo!

Nella foto: centralmente, il sarcofago di sinistra, sul cui coperchio vi sono le TC che si vedono sotto (1-2-3) così come descritte nel testo; sopra, da sin. a destra, le lettere presenti sul coperchio attorno alla croce scolpita: HC- XC; NH-KA. Nella rimanente foto, il sarcofago visto dall'alto.

Il convento dei Francescani

Dopo aver ripreso la strada del lungomare, uscendo dal Palazzo di Diocleziano, e aver ammirato le Procuratie, in piazza della Repubblica (trg Republike), ci siamo lasciati sedurre dal bell'edificio che in facciata mostra un orologio, come fosse una torre campanaria: è il convento dei Francescani (in croato samostan Sv.Frane). Qui precedentemente sorgeva una chiesa dedicata a San Felice (XI sec.) e le cronache ci dicono che San Francesco in persona venne a fondarlo. Egli infatti, nel 1222, approdò in Dalmazia prima di recarsi in Palestina, durante le Crociate, e mise le basi per diversi conventi del suo ordine, quello di Zara, dell'isola di Pašman, di Traù (Trogir),di Spalato appunto e di Ragusa (Dubrovnik).

Lo stile della chiesa è tardo-romanico ma è stata restaurata perdendo molto dell'antico fascino. E' comunque gradevole e conserva tombe di illustri personaggi spalatini. Il chiostro è stato rimaneggiato, come denotano le colonnine bianchissime e l'ordine esagerato, ma nella pavimentazione sono tuttora incassate antiche lastre tombali, iscrizioni, stemmi, e-guarda caso- una Triplice Cinta! E' un bell'esemplare il cui quadrato più esterno è ormai confuso con il perimetro della piastrella su cui si trova attualmente. Contenti per la nuova 'scoperta', abbiamo prestato maggiore attenzione al resto del chiostro, anche se apparentemente rifatto, ma in un punto del parapetto abbiamo notato dapprima un abbozzo di TC, un quadrato solo profondamente inciso, mentre verso l'uscita del chiostro (che poi è anche l'entrata) abbiamo trovato un interessante esemplare di TC. Inequivocabile che di questo si tratti, anche se ha molti punti abrasi e scomparsi, ed è appunto interessante perchè a nostro avviso si trovava su questo parapetto sicuramente prima del recente restauro ed è stato conservata in loco pur avendo rifatto (con materiale diverso e si vede) tutto il paramento murario. Come mai? Cosa significa per i monaci del convento questo 'contrassegno'? Ci saranno affezionati? O nessuno si è accorto di niente? Difficile!

Nella foto: centralmente la TC sul pavimento del chiostro; in alto a sinistra veduta del chiostro; in alto a destra la TC abbozzata su un punto del muretto del parapetto; in basso a sinistra la lunetta sopra il portale d'ingresso al convento francescano; in basso a destra la TC sul muretto del chiostro.

Lasciamo Spalato pensando che gli uomini da quasi due millenni passano tra le mura del palazzo di Diocleziano, e vanno, non resistendo al tempo; e noi- meteore per un istante nella sua orbita- ci sentiamo parte di una storia che solo lui ha realmente vissuto e vivrà.

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                                                              settembre '08