Pieve di Sanguinaro (fraz. di
Noceto):
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(di Marisa Uberti)
Dopo aver già visitato
Fidenza,
Parma, le abbazie cistercensi di Fontevivo
e di
Chiaravalle alla Colomba,
eccoci nuovamente sulla mitica Via Francigena (e sulle sue varianti e
diramazioni), nel territorio della provincia di Parma. Dalla Pieve di Sanguinaro
(sulla via Emilia) ci siamo mossi in direzione
sud, toccando lo splendido borgo medievale di Fornovo di Taro,
quello-importantissimo- di Berceto, con la sua incantevole frazione di
Corchia, per superare poi il Passo della Cisa, dove ci siamo
ricongiunti a Pontremoli, già in terra Toscana, di cui abbiamo parlato in un'altra sezione.
Vediamo dunque, soprattutto attraverso le immagini, questo percorso storico,
architettonico e simbolico, che lascia in chiunque lo visiti con sensibilità
e interesse, ricordi incancellabili e materiale documentale che va ad
aggiungersi a quello che da diversi anni andiamo raccogliendo.
| La Pieve di Sanguinaro
(fraz. di Noceto) |
Il suggestivo edificio sorge
sulla via Emilia, strada che dall'epoca romana costituisce il
principale asse viario della regione omonima e che si congiunge con la
Francigena.
Le sue origini parrebbero
risalire alla volontà del prete Maginfredo (XI secolo), che intese dare
assistenza religiosa ai pellegrini che sostavano nel vicino ospizio, che
dunque doveva già esistere. Dopo essere passata nei beni del monastero
benedettino di San Prospero (Reggio Emilia), nel 1168 passò ai Cavalieri
di San Giovanni di Gerusalemme (oggi di Malta), che la mantennero fino
al 1798. Altre fonti dicono invece che passò al suddetto ordine nel 1230
(prima avrebbe potuto appartenere ai Templari?). Nel corso dei secoli, la
chiesa fu interessata da rimaneggiamenti anche pesanti, tra i quali una
brutale amputazione che le portò via almeno due campate (XVI secolo).
Nel 1864 venne ceduta a
privati e nel corso del XX secolo venne restaurata e utilizzata come chiesa
parrocchiale dal 1916, fino a tutt'oggi.
Della primitiva chiesa si
sono conservati l'abside e la mistica cripta, un vero gioiello nascosto nel
ventre dell'edificio, e di cui si erano perse le tracce (fu usata anche come
cantina). E' un ambiente seminterrato, coperto da volte a vela e a crociera,
sostenute da pilastri a sezione quadrata con capitelli a cubo smussato. Ha
tre navate, chiuse da altrettante absidi rivolte ad est, in cui si aprivano
strette aperture strombate. Questa cripta, così grande e particolare, ha
suggerito che anticamente la chiesa (attuale) dovesse essere di dimensioni
ben maggiori, sicuramente a tre navate (come la cripta stessa). Ma è
possibile che la cripta abbia costituito la prima chiesa originaria.
L'ambiente ipogeo ha trovato inoltre raffronti con altri edifici simili, del
primo romanico lombardo- emiliano, non solo in Italia ma anche in Catalogna,
Francia e Svizzera. Chi volesse approfondire la vicenda dello scavo di
questa cripta, può cliccare sull'immagine inserita nella colonna a sinistra
del testo.
La chiesa attuale (che
chiameremo superiore) conserva, nel catino absidale, un bell'affresco con
Cristo nella Mandorla mistica, in un precoce Giudizio Universale, tra
dannati e beati. Il Cristo è raffigurato anziano, con una folta barba
bianca, ed è descritto come 'Antico di giorni'.
| Fornovo di Taro
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E' un importante borgo
situato sulla Strada Statale della Cisa, ai piedi della salita che porta a
Berceto e al Monte Bardone. Da qui si diramano
però altre importante vie di comunicazione, che lo rendono strategico: una
direttrice conduce alla val di Taro, una alla Val di Ceno, una alla Via
Emilia. Ci limiteremo a fare 'due passi' nella splendida Pieve
dell'Assunzione della Vergine che, essendo citata per la prima volta nell’854, è tra le più
antiche pievi della diocesi di Parma. Nel corso dell'anno Mille venne costruita la chiesa a tre navate e tre absidi la
cui struttura è alla base dell’edificio attuale.
Dato che era meta
obbligata per i pellegrini in transito da e per i luoghi santi,
si decise poco dopo di costruire un portico frontale, largo tre campate e profondo
due, per dar loro riparo. Esso in seguito fu chiuso e lo possiamo vedere,
attualmente, inglobato all'interno nella chiesa.
Nello stesso periodo viene realizzato un pulpito, smembrato alla fine del
XVI secolo, di cui si conservano alcune parti scultoree. Infatti, pare
provengano proprio da quel pulpito dei plutei che sono oggi incassati in
facciata (la lastra con scena di lotta e la lastra dei
dannati sottoposti alle pene infernali), e che sono mirabilmente
belli, oltre che profondamente simbolici.
Questi pezzi, insieme al
portale, sono originali della pieve medievale, insieme a due capitelli e due
figure nell'arco e i telamoni. Bellissimo anche il fregio che contorna il
portalino del lato destro (rispetto alla facciata).
In una nicchia, alla destra
del portale guardandolo, è visibile una statua acefala, che la
descrizione ufficiale definisce essere quella di pellegrino che indica la strada per Roma
(simboleggiata dalle chiavi di San Pietro appese alla cintura) a chi
percorre la via Francigena.
L'interno è molto
interessante; a tre navate divise da pilastri che recano capitelli simbolici
(in particolare, quello che doveva appartenere al portico che nel medioevo
era esterno alla chiesa, reca scolpito un motivo che ritroviamo anche a
Berceto, l'Asino musicante. Sul simbolismo di questo soggetto,
abbiamo parlato in
altra sede). Da notare un residuo di croce rossa (a
coda di rondine) dipinta su un blocco della navata destra (guardando
l'altare), in alto (quasi di fronte all'ingresso laterale sinistro). Manca
la parte inferiore.
Una prima cappella laterale
sorse nel XIV secolo, la seconda nel XVI. Le altre cappelle vennero
addossate alla chiesa nel corso dei lavori di ristrutturazione che dal 1712
al 1745 la adattarono al gusto dell’epoca, intonacando le pareti e coprendo
a volta le navate. Strutture che vennero tolte con i lavori di restauro eseguiti dal 1927 al 1942, ripristinando
pure la facciata, in modo tale che oggi possiamo leggere la pieve nella sua
connotazione romanica.
Uno dei pezzi migliori è la
lastra incassata nella mensa d'altare, che narra le storie
di Santa Margherita; in origine doveva far parte del pulpito che venne
smembrato. Il paliotto illustra le diverse scene relative al martirio della
santa, in una successione di scene di crescente
drammaticità.
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| Corchia (fraz. di
Berceto) |
Il borgo di Corchia sorge -a
650 m s.l.m. - all'estremità superiore della val Manubiola, adagiato sulle
pendici del Monte Groppo Maggio. Da Berceto, la si raggiunge per una
tortuosa strada che attraversa Ponte Manubiola e risale, dopo alcuni
tornanti, il percorso del torrente stesso, attraversando il paese di
Bergotto. Il fascino di Corchia è legato alla sua cornice naturale,
costituita da monti e boschi di castagneti e dall'atmosfera medievale che è
riuscita a mantenersi inalterata nel tempo. Castagne e funghi rendono famosa
Corchia agli appassionati del settore e per secoli hanno fatto la base della
sua economia. Nei tempi andati, le castagne rappresentavano una fonte di
sostentamento per tante famiglie, che vendevano il prodotto fresco,
essiccato nei vecchi 'casoni' in pietra o macinato nei mulini ad acqua. Lla
2^domenica di agosto si svolge qui la tradizionale festa della "Pattona", il
noto dolce che si fa con acqua e farina di castagne.
Altro mezzo di sostentamento era l'attività estrattiva di minerali dalle
miniere (situate tra il Monte Binaghè e il torrente Manubiola); Corchia
ricevette le concessioni nel XIX secolo per estrarre rame (pirite e
calcopirite), poi ferro, zinco e feldspato. L'attività fu però discontinua a
causa della precarietà delle vene minerarie e, nel 1943, i cantieri vennero
tutti chiusi. E' possibile oggi partecipare a visite guidate nelle
miniere, organizzate da enti preposti.
Le origini del borgo sono antichissime; dai documenti si ha notizia che nel
1312 divenne feudo dei Sanvitale. Nel XVIII sec. venne venduto
ai conti Tarasconi che lo tennero fino alla soppressione napoleonica dei
feudi (1805). Oggi è una frazione del Comune di Berceto.
Il borgo presenta, nel suo perimetro esterno, edifici strettamente addossati
gli uni agli altri, originando una struttura compatta che, in origine,
rappresentava una difesa. All'interno, l'abitato è diviso in due da una
strada lastricata sulla quale si affacciano case, stretti vicoli e
sottopassi ad arco, tipici dell'architettura rurale dell'Appennino. Il tono
medievale resta evidente nelle logge, negli archi e nelle scale di pietra.
Tra gli edifici spicca il campanile della ex-chiesa parrocchiale
dedicata a San Martino, caduta in disuso dopo la costruzione della
nuova parrocchiale (1950). Le abitazioni di Corchia hanno pietre a vista e
tetti coperti da lastre di ardesia; i caratteri ornamentali sono ridotti al
minimo. Di notevole interesse è 'Casa Corchia', che si
incontra entrando a piedi nel borgo, sulla sinistra; si tratta di un
edificio (ora ristrutturato e sede di una mostra permanente del pittore
locale Martino Iasoni, inizio XX sec., che- emigrato in America, divenne uno
dei più importanti collaboratori di Walt Disney) risalente al 1100,
che è stato donato al Comune dai proprietari. Dal paese si diparte il
"Sentiero dei Saggi", recentemente inaugurato e così chiamato per i castagni
secolari e gli anziani che abitano lungo il percorso. |
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Fornovo al Taro:
Corchia:
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