Ed eccoci a
Berceto, l'ultima, importantissima tappa della
via Francigena
prima del
Passo della Cisa. Da qui sono transitati secoli di storia, hanno
sostato viandanti, pellegrini, eserciti, cortei Ci troviamo ancora in provincia di Parma,
al confluire della Val di Taro con la Val Baganza. Il
borgo -di poco più di 2.000 abitanti- ha nel Duomo di San Moderanno il suo centro spirituale,
culturale e storico. Esso fu costruito nel 719 d.C. dal re longobardo
Liutprando, come chiesa di un monastero benedettino, che veniva a trovarsi
prossimo al valico appenninico della strada del Monte Bardone, che
costituiva il principale collegamento tra Emilia e Toscana. "La
cima del Monte Bardone, attuale Passo della Cisa, rappresentava un
importante punto strategico nella viabilità dell'attraversamento
appenninico. Il Monastero chiamatao Berceto avrebbe presidiato una strada di
capitale importanza per le comunicazioni fra i Ducati longobardi".(1)
Riferimenti
agiografici, circonfusi di un alone di leggenda e mistero, accostano questo
piccolo borgo (divenuto nel tempo importantissimo) al vescovo di Rennes
(antica capitale del Ducato di Bretagna), Moderanno (VIII sec. d.C.)
che- diretto a Roma come pellegrino e portatore nella città eterna alcune
reliquie di san Remigio, ricevute a Reims- si fermò a sostare nei
pressi del Passo della Cisa (esiste ancora una fonte che porta il suo nome),
in una piccola chiesa del Monastero dedicata a sant'Abbondio Martire. Dovendovi passare la notte, decise di appendere il contenitore con le
reliquie ad un albero, ma quando si svegliò se ne dimenticò e cominciò a
camminare. Ad un certo punto si ricordò delle reliquie e tornò indietro per
riprendersele, ma constatò che l'albero era cresciuto, non consentendogli
più di recuperare il prezioso 'tesoretto'. Pare che Moderanno fece voto di
lasciare in dono le reliquie stesse in quella località, dove c'era
un'abbazia, se l'albero si fosse abbassato, e così avvenne! Non proseguì più
il viaggio verso Roma e si fermò a Berceto, venendo nominato da Liutprando
priore dell'abbazia stessa e morendo in tal luogo (le sue spoglie vennero,
nel secolo scorso, trasferite a Rennes). Chiaramente, in tutta questa
storia, c'è da estrapolarne il significato simbolico...La presenza del santo
francese fu talmente incisiva che, su alcune antiche mappe, il nome della
località è scritto san Moderanno...
La costruzione
longobarda, cioè il complesso monastico, venne assegnato alla diocesi di
Parma nell' 879 ma un secolo dopo venne chiuso. La chiesa si
trasformò in Pieve, dedicata a san Moderanno. Venne rimaneggiata o,
secondo le cronache, riedificata nel XII e XIII sec., quando
era grandioso il fervore edificatorio e religioso, nonchè politico ed
economico. E' in quest'epoca che si realizzano le navate con altrettante
absidi e la si dota di un transetto; di questo edificio medievale
sopravvivono il portale secondario e le absidi minori. Se si avrà cura di
osservare ogni particolare, la visita verrà ripagata con grandi
soddisfazioni. La facciata si presenta a capanna, con un rosone e due alte
monofore. Il portale è riccamente strombato (ma non è originale,
risalendo al Rinascimento;
lavori della facciata vennero eseguiti nel 1845); nella parte superiore, si
trova una curiosa scultura:un copricapo che ricorda quello del Cohen,
il Gran Sacerdote ebraico di biblica memoria. Una lunga iscrizione latina
ricorda il lavoro di restauro.
Eleganti
archetti sottogronda sono impreziositi da metope, sculture di volti, che abbiamo
documentato innumerevoli volte e probabilmente da ascrivere ai costruttori
(Comacini), che non si firmavano - il più delle volte- ma lasciavano una
traccia molto simbolica della loro presenza (una sorta di
'personalizzazione' dell'edificio). Alcune 'metope' sono riutilizzi della
chiesa medievale (lato nord), altre rinascimentali (sottotetto del
campanile), altre ottocentesche (facciata). Tra l'altro, nella parte abdisale
posteriore (absidiola di destra, guardando) e nel fianco laterale, si
possono individuare dei personaggi che si distinugono dal resto perchè
anzitutto si trovano entro l'archetto sottogronda (in uno degli
archetti), e sono a figura intera. Ciascuno è rappresentato in pose diverse,
come mostrano le foto:
Il soggetto ha i
capelli lunghi, dietro la nuca e pare munito di caratteri sessuali
femminlil. Le braccia aperte terminano con grandi mani (archetto sottogronda
dell'absidiola posteriore)
Questo ha caratteri
verosimilmente maschili e tiene la mano destra appoggiata al ventre, mentre
l'altra dov'è? (archetto sottogronda fianco laterale)
Il terzo è più deteriorato dei precedenti; la figura è più sottile e
caratteristica:tiene la mano sinistra appoggiata ala guancia, come stesse in
pensosa attesa (archetto sottogronda fianco laterale)
Data la
considerevole altezza cui si trovano, munirsi di fotocamera con adeguato
obbiettivo.
Tra il 1480 e
il 1502 la chiesa subì altre modifiche strutturali, per volontà del nuovo
signore del borgo, Bertando Maria Rossi. Vennero ricostruiti i
pilastri e le campate vennero rialzate, ponendovi coperture a volta nelle
navate e realizzando le cappelle.
Particolare della
lunetta sopra il portale principale (opera romanica, forse di scuola
pre-antelamica). La descrizione ufficiale è la seguente:
"Nella lunetta Cristo crocifisso è rappresentato in atteggiamento
trionfante; alla destra le figure dolenti di Maria, di San Giovanni e di San
Moderanno, alla sinistra il centurione che trafigge il costato di Cristo e
un fanciullo che raccoglie in una coppa il sangue versato. Nell’architrave
sottostante sono scolpite figure umane e animali fantastici, simboli dei
vizi (o dei falsi profeti) e dell’eresia, simboleggiata al centro dall’asino
che suona la cetra"(motivo, questo,
che abbiamo trovato anche su uno dei pilastri della chiesa di S. Maria
Assunta a Fornovo al Taro, sempre sulla Francigena). Sul simbolismo
dell'Asino abbiamo parlato in altra sezione.
Interessanti i due 'telamoni'
sotto l'architrave: quello a sinistra tiene una mano sul padiglione
auricolare come volesse far intendere 'Io ascolto', e l'altro, a destra,
tiene la mano sul volto indicando gli occhi, 'Io vedo'. Ma sicuramente non
parlano, tenendo i segreti costruttivi per sè...(a buon intenditor, poche
parole).
Nel portale laterale, si vedono
due sculture assise: a sinistra Pietro, che tiene la chiave, e a
destra Paolo,che tiene tre spighe. Essi -tradizionalmente sepolti a
Roma- indicavano al pellegrino medievale la strada, e l'ospitalità. Nella
lunetta del portalino, c'è un affresco molto degradato, ascritto al 1198!
L'interno è sobrio, spazioso, con una illuminazione dosata. Bisogna
lasciarsi abbeverare dal senso del sacro che vi si respira:esso guiderà i
passi. Non staremo a descrivere tutto ciò che vi si può ammirare (rimandando
il lettore interessato alla esaustiva guida citata nella Nota 1). Si
segnala, sotto l'altare, la presenza delle reliquie di San Moderanno del
Martire Abbondio; come paliotto d'altare si ammira invece un pluteo
longobardo, il reperto più prezioso ed antico della chiesa. La stanzetta
detta di San Moderanno è legata al primo periodo monastico.
Diverse le lapidi sepolcrali presenti, come
quella che recita: "HO TV CHE PASSI PER QUESTA VIA TORTA, VAI CERCHADO IN
QVESTA CIECHA VIA- A ME DIMANDI SE LA MORTAE E' MORTA. IO NON LA VIDI MAI
NE' MORTAE NE' VIVA. 1638".
All’interno si trova il Museo del Duomo, che
espone interessanti oggetti sacri di epoca medievale, dipinti, il piviale di
Moderanno e una postazione multimediale per conoscere meglio il territorio.
In particolare, il Museo conserva un enigmatico e bellissimo e rarissimo calice di
vetro,che fu ritrovato in una tomba scavata nel 1971 al centro del
tiburio, ai piedi dell'antico altare. La sepoltura (multipla) aprì un
mistero: a chi appartenevano i resti? Agli abati del primitivo monastero,
dell'VIII secolo? Il morto non aveva insegne, la muratura era povera, in
sasso, a secco; il defunto era adagiato su un'asse di castagno e aveva una
pietra sotto la testa, a far da cuscino. Ma tra l'assoluta mancanza di
corredo, ecco spuntare un enigmatico calice di vetro, unico reperto
-conservatosi miracolosamente intatto- tra ossa e detriti. Perchè qualcuno
lo aveva portato con sè nella tomba? "La sua fattura è tra l'altro
molto moderna ed elegante: vetro sottilissimo con riflessi iridescenti. Nel
piede e nella coppa le cordonature della soffiatura del vetro sembrano
conferire un tocco voluto di raffinatezza; il calice è stato ottenuto
saldando insieme con gocci di vetro il piede, il gambo e la coppa"
(v. nota 1).
All'esterno del duomo, ammiccano due bei
blocchi di pietra (Berceto è il paese della pietra!), la Fonte Romea
e- dalla parte dell'ingresso principale- il Punto Tappa Via Francigena. Una
interessante scultura moderna di pellegrino medievale attira la
nostra attenzione: non è uno qualunque, pare un Templare! Sicuramente per
queste vie i Poveri Cavalieri di Cristo sono transitati e magari hanno anche
stazionato a lungo. La scultura è opera di Giovanni Spaggiari e reca la
data, 2000.
Una
passeggiata per le vie di Berceto consentirà di osservare le case antiche in
pietra, i portali lavorati, i simboli di tanto in tanto ammiccanti,
l'immancabile icona del pellegrino e tutto quanto lo spirito di ricerca
permetta di trovare.
Il borgo aveva anche un
castello (1221), in posizione elevata, la cui ultima ristrutturazione risale
al magnifico conte Pier Maria Rossi, nato a Berceto nel 1413, grande
stratega e mecenate, fondatore di diversi manieri nel parmense. Pare che
quello di Berceto fosse il più bello, ma non ci è dato di appurarlo, essendo
oggi scomparso (si può avere un'idea di come fosse perchè è ritratto in una
sala della Rocca di Torrechiara(PR).