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                                                        Trasformazioni animali e piante magiche

                                                                               (di Gianluca Toro)

                                                                                     - 2^ Parte -

Anche per la trasformazione in lupo non mancano le testimonianze.
Nella Sarmazia sarebbe vissuto il popolo dei Neures che secondo ERODOTO si trasforma in lupo una volta all’anno, mentre VIRGILIO nelle Bucoliche parla di certe piante che crescono nel Ponto e che avrebbero il potere di trasformare in lupo, come accadde a un certo Meris.
Nel Satyricon di PETRONIO è interessante il seguente passo:

“Era un militare forte come il diavolo […]. A un tratto volgo gli occhi verso di lui e te lo vedo che si toglie i vestiti e li depone lungo i bordi della via […] si mette a pisciare intorno ai suoi vestiti e subito si cambia in lupo […] si mette a urlare e scappa in mezzo ai boschi […]. ‘Se fossi arrivato prima’, mi disse ‘almeno ci avresti aiutato. Un lupo è entrato nella fattoria e ci ha scannato tutte le bestie peggio d’un macellaio. Però l’ha pagata cara, anche se è riuscito a scappare: uno dei nostri schiavi gli ha passato la lancia attraverso il collo’ […]. Quando giunsi a casa, il mio militare se ne stava a letto, giù come un bove caduto in un fosso, e un medico gli curava il collo. Io capii che era un lupo mannaro”.

Scrive il medico PAULUS AEGINETA, tra il IV e il VII secolo:

“Coloro che operano sotto licantropia escono di notte imitando i lupi in tutto e per tutto, e si aggirano per i cimiteri fino al mattino dopo. Potete riconoscere simili persone dai seguenti tratti: essi sono pallidi, la loro vista è debole, gli occhi sono secchi, la bocca ancor più secca, la salivazione bloccata; sono assetati, hanno le gambe gravemente ferite per le numerose cadute”.

H.C. AGRIPPA, nel De occulta philosophia del 1510, riporta:

“[…] un tempo gli uomini si cangiavano in lupi dopo aver gustato di ciò che veniva sacrificato a Giove Lyceus, cosa che Plinio narra essere accaduta a un certo Demarco”.

Un certo PIERRE BOURGOT nel 1521 confessò di fronte al Tribunale dell’Inquisizione francese di aver impiegato, con un amico, un unguento che poteva trasformarli in lupi per un paio d’ore. Come licantropi, avrebbero assalito diverse persone, mordendole, uccidendole e anche mangiandone parti del corpo.
Un altro processo per licantropia, in cui compare un unguento, vede protagonista nel 1598 JACQUES ROULET, mendico di Caude, ritardato mentale ed epilettico, accusato di aver ucciso un ragazzo di 15 anni di nome CORNIER. Il giudice P. HÉRAULT lo condannò a morte ma, mediante un appello al Parlamento di Parigi, la pena fu commutata in due anni di internamento nel manicomio di Saint Germain-des-Près.
Riportiamo uno stralcio dell’interrogatorio:

- “Di cosa ti si accusa?
- Di essere ladro, di aver offeso Dio. I miei genitori mi diedero un unguento, pero non so di cosa è fatto.
- Quando ti applichi questo unguento, ti trasformi in lupo?
- No, però nonostante tutto uccisi Cornier e me lo mangiai. Ero un lupo.
- Andavi vestito da lupo?
- Andavo vestito come adesso. Avevo la faccia e le mani insanguinate, perché avevo mangiato la carne del fanciullo.
- Le tue mani e piedi si trasformano in artigli di lupo?
- Sì.
- La testa ti diventa come quella di un lupo e ti si ingrandisce la bocca?
- Non so come avevo la testa in quel momento. Usai i denti. Avevo la testa come oggi. Ho ferito e mangiato molti altri bambini piccoli e sono andato ai sabba”.

Altro elemento è la pelle di lupo e la cintura di pelle di lupo. Secondo la confessione di PETER STUMP, giustiziato come lupo mannaro nel 1590, la cintura gli fu data dal diavolo in persona e la usava ogni qualvolta bramava trasformarsi in lupo (citato in A Restitution of Decayed Intelligence del 1637, autore R. VERSTEGAN):

“I Lupi Mannari sono sicuramente degli stregoni che si sono unti il corpo con un unguento che li fa trasportati per l’istinto del diavolo; e indossando una cintura magica non solo agli occhi degli altri sembrano lupi ma anche essi stessi pensano di avere tanto la forma quanto la natura di lupi […] e si comportano proprio come lupi, aggredendo e uccidendo creature umane”.

La pelle di lupo e l’unguento sono citate anche nell’opera Examen of Witches del 1602 di H. BOGUET, il quale supervisionò diversi processi per licantropia nella regione dello Jura:

“Le confessioni di Jacques Jamprost, Thievenne Paget, Pierre Gandillon e Georges Gandillon sono rilevanti per le nostre argomentazioni, poiché essi confessarono che, allo scopo di trasformarsi in lupi, si unsero con un unguento, poi Satana li coprì con una pelle di lupo e se ne andarono a quattro zampe correndo per la campagna, cacciando ora una persona, ora un animale per saziare il loro appetito”.

Anche M. DEL RIO nomina, nelle Disquisitiones magicarum del 1606, la pelle di lupo in rapporto agli “stregoni”:

“A volte egli [il demonio] li cinge ben strettamente la pelle autentica di una bestia attorno ai loro [degli stregoni] corpi: che ciò avvenga, e che la pelle di lupo che si da loro è nascosta nel tronco vuoto di un albero, è provato dalle confessioni di certi testimoni”.

Ancora BOGUET, nel 1608:

“In compagnia del signor Claude Meynier, nostro consigliere, ho visto quelli che ho nominato andare in giro per la stanza a quattro zampe, proprio come facevano nei campi, ma dicevano che era impossibile trasformarsi in lupi perché non avevano più unguento, e non avevano nessuna possibilità di procurarselo, essendo in prigione”.

A volte i licantropi indossavano la cintura o la pelle dopo averla imbevuta nell’unguento, oppure applicavano quest’ultimo su un bastone (manico di scopa o di forcone), che poi sfregavano contro l’inguine.
Da quanto sopra riportato, appare che la trasformazione in lupo è strettamente legata all’impiego di un certo unguento. Per meglio comprendere la relazione funzionale tra unguento e licantropia, ci si soffermerà sulla sua composizione.
Nel contesto della stregoneria europea, l’unguento fu probabilmente il preparato più conosciuto e utilizzato; il potere di spostarsi in volo che esso conferiva è una delle caratteristiche indissolubilmente legate alla figura della strega. Considerato per molto tempo un’invenzione fantasiosa, esso sarebbe derivato dagli unguenti curativi impiegati per esempio per calmare dolori e febbri, per curare ferite e reumatismi; il riferimento più vicino, soprattutto per la composizione, è il cosiddetto unguentum populeum, riportato praticamente in tutti gli erbari e le farmacopee del XV secolo.
L’interesse per la composizione degli unguenti delle streghe si manifesta verso la fine del Tardo Medioevo, sviluppandosi in speculazioni da parte di medici e scienziati del Rinascimento sulla base delle loro conoscenze ed esperienze farmacologiche, dell’interesse per i preparati narcotici impiegati nella medicina popolare e in chirurgia e per l’antichità classica.
Molte di queste ricette hanno origine negli scritti degli autori antichi, quando l’uso di pomate, unguenti e oli era molto più diffuso rispetto alle epoche successive. Bisogna anche considerare il fatto che diversi autori ricopiavano nelle loro opere le ricette riportate da altri, come per esempio DELLA PORTA e G. CARDANO.
Nel corso del tempo, dopo la scoperta di nuove piante psicoattive, la lista dei possibili ingredienti si è arricchita ed è nato un buon numero di ricette considerate fantasiose e comunque presentate come “vere”. Generalmente, i costituenti erano semplici perché ci si accontentava delle piante che si potevano trovare nelle vicinanze, ma è possibile trovare anche ingredienti meno comuni, per i quali si potrebbe ipotizzare un acquisto da bottegai o scambi con viaggiatori. Gli ingredienti impiegati possono distinguersi in quattro tipologie. I primi svolgono l’azione principale ricercata e sono soprattutto piante contenenti uno o più principi attivi con una ben definita azione farmacologica. I secondi avrebbero la funzione di equilibrare, intensificare o depotenziare l’azione tossica, eccitante, sedativa o allucinogena degli ingredienti essenziali, o anche di purificare l’organismo a seguito di un’azione tossica. Vi sono poi i cosiddetti “ingredienti occulti”, non precisamente identificabili, forse per mantenere una certa segretezza. Altri additivi sono quelli privi di azione farmacologica, con funzione secondaria come quella di addensante per favorire l’applicazione e aumentare l’assorbimento dei principi attivi, di riempitivo, eccipiente, per migliorare l’aspetto generale. Vi era poi una classe di ingredienti anch’essi considerati privi di azione farmacologica. Sono a volte definiti mediante giochi di parole, spesso hanno caratteristiche bizzarre, sinistre e teatrali. Sono ingredienti fantastici, ad azione magica (per magia simpatetica), che generano suggestione, senso di orrore, repulsione, sgradevolezza e anche sensazionalismo.
Non bisogna infine dimenticare la funzione delle formule magiche recitate durante la preparazione o la somministrazione. Queste avevano un potere occulto, fungevano da rinforzo psicologico e aumentavano l’azione degli ingredienti attivi. Anche la scenografia del sabba, i luoghi misteriosi notturni, il fatto che alcune piante come le Solanaceae crescessero tra i ruderi e nei cimiteri contribuivano all’effetto psicologico del preparato, aggiungendo anche un alone di mistero attorno a chi le impiegava.
In genere preparati contenenti componenti molto tossici o che potevano dare effetti collaterali importanti erano applicati esternamente, come appunto gli unguenti. Essi mostravano un grado e una rapidità di assorbimento, una velocità di azione e un’intensità degli effetti diversi a seconda della parte del corpo su cui erano direttamente applicati, superiore nelle zone più sensibili dove la pelle è più sottile e in cui il flusso sanguigno è maggiore e più superficiale (orifizio anale e vaginale, zone genitali, ascelle, piante dei piedi, vene del collo). L’unguento si applicava anche su scope e bastoni che, una volta cavalcati, permettevano di applicarlo sulle parti intime (membrana vaginale). Inoltre, l’assorbimento poteva avvenire più facilmente in presenza di lacerazioni, piaghe, ferite e sulla carne viva. Alcuni ingredienti potevano avere anche la funzione di stimolare la circolazione sanguigna, procurando dermatiti e favorendo l’assorbimento cutaneo. In ogni caso, gli eccipienti grassi permettevano l’assorbimento localizzato dei principi attivi.
Gli ingredienti degli unguenti delle streghe erano numerosi ma quelli più ricorrenti possono essere facilmente circoscritti. Tra le specie vegetali troviamo le Solanaceae psicoattive quali belladonna (Atropa belladonna), datura o stramonio (Datura stramonium), giusquiamo (Hyoscyamus albus o H. niger), mandragora (Mandragora autumnalis o M. officinarum) e solano nero o erba mora (Solanum nigrum). Altre specie vegetali sono il papavero sonnifero (Papaver somniferum), la canapa (Cannabis sativa), l’aconito (Aconitum napellus), la cicuta (Conium maculatum), la lattuga velenosa (Lactuca virosa), piante (come il loglio, Lolium temulentum) parassitate dalla segale cornuta o ergot (il fungo inferiore Claviceps purpurea) e il pioppo nero (Populus nigra). Gli ingredienti di origine animale erano meno comuni; troviamo comunque il rospo (Bufo bufo, Bufo calamita o Bufo viridis) e la cantaride (Cantharis vesicatoria). Altri ingredienti comuni erano il grasso e il sangue animale o di bambino e la fuliggine.
Gli ingredienti maggiormente presenti nelle formulazioni degli unguenti sono le specie psicoattive della famiglia delle Solanaceae sopra elencate. La famiglia conta più di 2000 specie diffuse nelle zone tropicali e temperate dei due emisferi e comprende specie alimentari molto importanti come patata, pomodoro, melanzana e peperone.
Queste piante erano le “consolatrici” (latino solamen, sollievo) perché alleviavano il dolore. Anticamente il termine solano (o solanum) indicava diverse specie di Solanaceae. Seguendo il De materia medica di DIOSCORIDE, i botanici del XVI secolo distinguevano nel genere Solanum le seguenti specie: S. furiale (A. belladonna o Datura metel), S. halicacabum (Physalys alkekengi o P. somnifera), S. hortense (S. nigrum) e S. hypnoticum (P. somnifera o S. dulcamara). Per quanto riguarda gli effetti descritti da DIOSCORIDE, essi vanno da una leggera analgesia del S. nigrum alle proprietà allucinogene di A. belladonna e D. metel.
Nell’ambito della stregoneria europea, solanum furiosum sarebbe A. belladonna o D. stramonium (quest’ultima indicata anche come stramonium), mentre il solanum manicum non è stato identificato precisamente, ma potrebbe riferirsi ancora a D. stramonium. Il termine solanum somniferum invece identificherebbe la belladonna o anche Withania somnifera e possibilmente la dulcamara velenosa (forse S. dulcamara) o S. nigrum. Probabilmente la vaghezza del termine solano riflette la vaghezza della fonte, forse orale. Inoltre, a seconda del luogo, della stagione e della disponibilità, diverse specie psicoattive di Solanaceae potevano essere impiegate per ottenere effetti simili.
Il loro impiego fu soprattutto medicinale, per poi rientrare nella fabbricazione di veleni e preparati psicotropi, passando dalle specie meno attive come la dulcamara o l’erba mora, fino al giusquiamo o alla belladonna.
Seguono alcuni dati relativi alle più potenti specie psicoattive già identificate.
 

(fine seconda parte-Continua). La bibliografia è citata nell'ultima parte.

Autore: gianlucatoro@libero.it

Sezioni correlate in questo sito:

Trasformazioni animali e piante magiche (1^ Parte) e 3^ Parte

L'Uomo e Dio

 

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