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Nell'alta Val Brembana, a
nord di Bergamo, si trova una piccola e ridente valle citata già in documenti del 917
d. C., la valle Averara..Con tale denominazione si intendeva l'intera Valle Averara con i
comuni di Averara, Santa Brigida, Cusio, Ornica, Cassiglio, Olmo, Mezzoldo.
Tutti borghi che conservano nel loro tessuto urbano un sapore di antico; non
mancano le
leggende di draghi e serpenti magici che
continuano ad animare il folclore popolare e le fredde notti invernali.
La prima chiesa della valle,
dicono gli studiosi, sorse proprio in località S. Brigida (810 m di
altitudine) anteriormente al XIII secolo. A questa data si fa risalire il
santuario dell'Addolorata, ancora esistente pur se ristrutturato nei secoli,
del quale ci occuperemo prossimamente.
Vogliamo adesso far
conoscere la chiesa parrocchiale, intitolata a
Santa Brigida ,
forse la più famosa badessa benedettina nata attorno al 415 e morta a
Kildare nel 525; fu la prima evangelizzatrice irlandese (istruita da
San Patrizio) che, secondo la tradizione, qui avrebbe esercitato il
suo apostolato. Il suo nome deriva dal pagano
brigit,
che era una potente divinità legata al fuoco e alla Conoscenza. Nello stemma
del paese compare ancora oggi la croce di S. Brigida, formata dalla
legatura di giunchi e paglia in una maniera del tutto particolare, ottenendo
i quattro bracci su livelli diversi e un quadrato centrale che denota un
andamento a spirale.
Pur se definibile moderna,
questa chiesa racchiude simbolismi altrettanto moderni ma che, per la loro
unicità e particolarità, ci hanno colpito.
All'esterno l'imponente
edificio, eretto in posizione elevata, è piacevole a guardarsi: il colore
caldo della pietra si stacca dalla meravigliosa scenografia costituita dalla
corona di montagne che lo circondano. Provvisto di protiro anteriore e
laterale, è orientato secondo la prassi cristiana, sull'asse est-ovest con
ingresso a occidente. In tal modo è rispettato il cammino verso la luce del
Creatore che sorge, come il sole, ad est. E già la salita della ondulata
gradinata che conduce al sagrato dà un senso di ascesa e di libertà dal
routinario.
Due possenti colonne bianche
sanciscono il legame con l'arte antica, mentre la bella Porta Bronzea
di Gianni Grimaldi, descrive episodi di S. Brigida e del papa Giovanni XXIII.
Tre finestroni sovrastano il protiro mentre una grande croce in pietra
emerge dalla muratura superiormente. Un altissimo campanile ( terminato nel
1933) si staglia a destra, sfidando l'altezza delle montagne e quasi vi
riesce.
L'interno è accogliente e
silenzioso. Prevalenza di colori caldi e di luminosità diffusa ma non
aggravante. L'assetto è strano, non si può dire che via solo una navata ma
nemmeno tre. L'aula è rettangolare con diverse nicchie laterali; le colonne
sono solo quattro: due in fondo alla navata e due nell'abside. Il
presbiterio è rialzato da quattro gradini ed è sormontato da una cupola
luminosa. Il soffitto, come le pareti, è affrescato.
Colpiscono le colonne che
abbiamo definito all'egiziana, perchè mostrano decorazioni
serpentiformi e lotiformi policrome.
Questa chiesa venne
inizialmente progettata dall'architetto Luigi Angelini attorno al 1920 e fu
consacrata nel 1925. Attorno al 1985 si presentarono dei segni di cedimento
progressivo delle strutture che richiesero la chiusura della chiesa; solo
dopo adeguati lavori di messa in sicurezza potè essere riaperta al culto, il
30 settembre del 2000.
Il nuovo apparato liturgico
è frutto dello scultore Elio Bianco, che ha avuto certamente delle idee
alquanto eclettiche, dettate da un intento simbolico che secondo chi scrive
non avrà mancato di dividere i critici.
Questa chiesa è per il
progettista una nave, concezione affatto estranea ai dettami evangelici.
Dunque che c'è di strano se sull'altare in pietra d'Istria troviamo una
pala di timone? Essa emerge in posizione verticale alla base, e
segnala che quando sull'altare si celebra è guida e orientamento per la 'barca'
della chiesa in navigazione nella storia.
Seguendo il medesimo
ragionamento, vediamo accanto quello che dovrebbe essere l'ambone, ed
ha la forma della prora di una barca che procede verso l'aula per portare
il Verbo.
Alzando lo sguardo si
osserva un fuso di legno di ulivo attraversato da una grande spina
di palissandro che ha prodotto un taglio in verticale. E' il sostituto
del Crocefisso: il fuso è il Corpo, la spina l'offesa e il taglio la ferita
che diventa centro di emanazione della luce, di Dio.
Certo, chi è abituato agli
arredi liturgici classici se li deve dimenticare e deve aprire la propria
mente al nuovo simbolismo, che inizialmente ci è stato estraneo, ma a poco a
poco ci ha conquistato con l'essenzialità delle forme, ci ha sconcertato per
l'ardire - in un paese di montagna piccolino come questo- e alla fine ci ha
quasi convinto che ci piace.
Dettaglio dell'Incoronazione
della Vergine sulla volta della navata
Proseguendo si trova,
nell'ultima cappella a destra (verso l'uscita) un apparato di pietra
d'Istria che si capisce dovrebbe essere un Fonte battesimale, ma è
tutto chiuso. La sua forma è un seme: il suo dischiudersi genera la
vita. L'apertura del fonte, che avvia in contemporanea l'illuminazione del
battistero, avviene schiacciando sui due incavi situati in corrispondenza
dell'asse di simmetria della parte superiore. Quando è aperto, simboleggia
l'idea di dare vita, e consente l'accesso alla coppa della
rinascita battesimale. Dal soffitto, su cui brillano simbolicamente
infinite stelle a otto punte, discendono sette colombe di legno di quercia
rovere che alludono alla discesa dello Spirito Santo. Lo sfondo dorato del
pannello carica la cappella di misticismo.
E con un certo rincuorante
affetto troviamo anche il noto simbolo del Pellicano, prima di uscire,
fuorviero di significati universali, che se si sanno cogliere e decodificare
parlano la stessa lingua.
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