Anche se le
vere origini di Averara sono in parte avvolte nel mistero (mancano ricerche
archeologiche mirate), si suppone che già nel VI secolo alcuni abitanti dei
nuclei soggetti alla depredazioni dei barbari trovassero rifugio tra
questi monti e il fiume, ove presumibilmente nessuno li avrebbe cercati. Nel Medioevo
questo piccolo borgo incastonato nell'Alta Val Brembana, in provincia di
Bergamo, era l'ultimo paese lungo l'itinerario che risaliva la Val Mora
e conduceva nei Grigioni.
Dalla Valmora si poteva raggiungere la Valtellina a piedi e fu infatti una
direttrice utilizzata per secoli. Prima della costruzione della Via Priula
(di cui diremo) chi proveniva dalla Valtellina saliva fino al passo di San
Marco, scendeva fino all'attuale diga di Valmora e poi lungo la Valmoresca
si arrivava ad Averara.
Terra importantissima, dunque, che non a caso conferiva il nome a tutta la
vallata (di cui era il capoluogo), nota infatti come valle
Averara. A ricordo di quell'epoca restano gli avanzi di una torre che,
insieme ad una gemella, sorgeva a presidio degli opposti versanti del fiume.
La Valle
Brembana forniva però anche una risorsa irrinunciabile:le miniere di ferro.
E' possibile che anche in quest'area, come in tanti altri luoghi strategici, avessero
stanza i
Cavalieri Templari, a
sorvegliare merci e pellegrini in transito (non esiste documentazione ed è
un'ipotesi che richiederebbe approfondimenti). Nel territorio si snodavano diverse
vie di comunicazione, che costituivano dei validi percorsi alternativi alle
più importanti direttrici conosciute. Queste mulattiere che collegavano le
valli alla città di Bergamo dovevano essere agevoli e percorribili anche
dagli animali da soma. La principale via di accesso alla Valle Brembana nel
medioevo è indicata nelle mappe come Via Mercatorum che non
seguiva il percorso del fiume Brembo, in cui alcuni tratti poco agibile per
la presenza di gole impenetrabili e pareti rocciose, ma giungeva dalla bassa
valle Seriana attraverso i comodi versanti di Selvino e Trafficanti. Sono
stati individuati dagli studiosi due percorsi principali di questa via
Mercatorum e la cosa curiosa è che ancora oggi è una strada percorribile
soprattutto in mountain-bike, anche se pare riservata ai più esperti per
comprensibili difficoltà tecniche.
Tra il XVI e il
XVII secolo diventò particolarmente importante la strada mulattiera
recentemente indicata come Via del Ferro che collegava i paesi
dove sorgevano i forni fusori e le fucine di lavorazione del metallo. Per
secoli le attività metallurgiche e siderurgiche caratterizzarono l'economia
della valle Averara. La Via del Ferro la metteva in comunicazione con i
territori confinanti (Valsassina e Valtellina), e con il territorio di
Milano, rimanendo tuttavia una mulattiera percorribile solo da animali da
trasporto.
La Via
Taverna, nella bassa Val Brembana da alcuni anni è stata riscoperta e
rivalutata; deve probabilmente il nome al fatto che lungo il tragitto vi
sorgessero luoghi di sosta (Ospitali?), mentre prima si chiamava
Strada Meneghina.
Nel 1592,
durante il governo di Venezia, venne realizzata una delle opere più
importanti per i passi alpini: la Strada Priula (dal nome
dell'allora podestà di Bergamo Alvise Priuli), nata con scopi militari tra
la Repubblica e la città di Coira e i capi delle Tre Leghe
che governavano
sul territorio dei Grigioni. Il progetto
- cui contribuirono anche gli
abitanti della Valbrembana - fu innovativo perchè seguiva il fondovalle ed
eliminava i saliscendi delle mulattiere, grazie ad imponenti opere murarie
e a scavi in roccia che, per l'epoca, dovevano apparire molto ardimentosi. La
strada segnò anche il miglioramento dei trasporti commerciali con uno
sviluppo sul piano economico e sociale. Progressivamente perse d'importanza,
con l'istituzione delle moderne carrozzabili, ma di quell'antico tracciato
restano dei frammenti in alcuni borghi della Valle.
Ad Averara
troviamo, in contrada Fontana, un tratto della Via Porticata, su
cui affacciano austeri edifici quattrocenteschi in cui aveva sede la vita
amministrativa del tempo, per questo palesano un livello rappresentativo
superiore. Il suggestivo percorso, pur nella sua brevità, consente di
apprezzare affreschi del XV e XVI secolo (a tema sacro e profano) e,
sul lato interno dei pilastri porticati, si trovano ancora oggi i marchi delle maggiori
imprese gentilizie e commerciali, gli stemmi della famiglie più in vista
come i Baschenis, i Guerinoni, i Bottagisi, i Migazi, i Sonzogni e altre
che ebbero parte nella storia della valle Averara.
Un tratto della Via
Porticata ad Averara
Affresco di S. Antonio
Abate lungo la Via Porticata
Da questa bella camminata si gode di un
paesaggio notevole sulla parrocchiale, con il fiume come divisore naturale e
si respira un'atmosfera da piccolo mondo antico. Uno stemma curioso ritrae
la fortificazione difensiva (simbolo del paese) con due strade che vi giungono e una croce
sulla sommità, forse situata in realtà sulla montagna retrostante (tra lo specchio delle due torri?).
Prima di
visitare le chiese, è bene arrampicarsi per un sentiero situato dietro la
strada coperta, che conduce alle rovine di una delle torri, che segnavano il
confine. Più avanti, in posizione sopraelevata, si trova quella che
(all'epoca della nostra visita) era indicata erroneamente come dogana
veneta ma che è in realtà Casa dei notai Bottagisi, molto pittoresca.
La Dogana Veneta è situata invece a Mezzoldo e ogni anno vi si svolgono
manifestazioni culturali, al suo interno. E' collocata prima che la via
Priula salga a Sparavera per proseguire sul monte Faino e scendere a
Redivo. A proposito della Via Priula va chiarito che se è pur vero che
passasse da Mezzoldo, il suo vero tracciato passava dalla località
Sparavera e vi arrivava valicando il Monte Faino, e sul monte vi saliva
passando prima per Redivo (notizia fornitami dal prof. A. Gaspani, che
ringrazio).
Casa Bottagisi
Nei pressi
della Casa Bottagisi è posta l'antica chiesa di San Pantaleone
(XV sec.), con
un panoramico poggio, oggi ristrutturata nelle forme settecentesche.
Notevole il campanile con le bifore.
Attraversato il
ponte sul fiume Mora, si può scendere fino alla riva. Risalendo la
scarpata si raggiunge la chiesa di San Giacomo, di origini medievali
ma ampiamente rimaneggiata, caratterizzata
all'esterno da numerosi affreschi, alcuni poco leggibili. La facciata è ad
ovest, dall'altra parte del fiume. La dedicazione farebbe consolidare
l'ipotesi di un luogo di transito di pellegrini... Accanto, un singolare
edificio ottagonale, normalmente riservato ai battisteri, mostra iconografie
macabre, indicando che si dovrebbe trattare di una sepoltura collettiva.
La zona
tra Averara e
S. Brigida,
fu patria della illustre famiglia di
pittori Baschenis
che per oltre duecento anni (dalla metà del XV
secolo) abbellirono le chiese bergamasche spingendosi fino alla remote valli
del Trentino, di generazione in generazione.
Averara è tutta
qua, una manciata di case, nemmeno duecento abitanti ma alle spalle tanta
storia, come quella che è transitata certamente dalle sue strade e dai suoi
ponti. Dopo un lungo fenomeno di spopolamento, il borgo sta recuperando
l'attività turistica. Da qui è infatti possibile effettuare interessanti
escursioni naturalistiche e apprezzare le bellezze storico- culturali di
tutta l'alta Val Brembana.