|
TEMATICHE: Due passi nell'Italia nascosta Simbologia e Cultura Orientale UTILITY: Ricerca veloce titoli per argomento SERVIZI:
|
Si è svolta sabato, 4 dicembre 2004, presso l'auditorium di Via Varese la conferenza organizzata dall' Associazione Celtegh Medhelan, che ha visto come relatori Elena Paredi, Gianluca Preti (per l'Associazione Celtegh Medhelan -Innamoraa dè Milan) e il dr. Giancarlo Minella dell'Ass.ne Culturale TERRA INSUBRE. Occasionalmente, era presente l'astrofisico prof.Adriano Gaspani,che ha potuto integrare con un suo contributo, in merito all'archeoastronomia del primo nucleo celtico di Milano. I tre relatori:da sin.E.Paredi; G.Minella; G.Preti Elena Paredi ha presentato una relazione intitolata "Simbologia Celtica Milanese",in cui ha ben chiarito come spesso la storia giunga ai posteri in maniera distorta,occultando quelle che sono -in realtà- le vere radici di un luogo, ad esempio. Ma dall'attenta analisi degli scritti di storici come Tito Livio (padovano), che venne incaricato dall'imperatore Augusto di redigere una 'Storia di Roma dalla fondazione" tra il 27 e il 25 a.C., ci accorgiamo come Milano, che egli chiama Mediolanum (già tradotto dal Celtico Medhelan) fosse già un centro abitato, al momento dell'arrivo dei Romani, da un popolo di Insubri. L'epoca in cui Milano sarebbe stata fondata viene collocata dallo scrittore patavino al tempo del re etrusco Tarquinio Prisco (616-579 a.C.). L'importanza del nome Medhelan deve far riflettere,in quanto medhe significava in lingua celtica centro(poi medio, in mezzo) e lan o lanon=santuario, rimasto nei toponimi gaelici attuali come llan, "chiesa", llawn "perfezione". Il sanscrito madhya-lan significa "la terra sacra del mezzo".Pertanto, quando il re Belloveso -a capo di un gruppo Celtico che proveniva dalle zone oltre le Alpi- trovò questo luogo, in cui si trovava una collina situata a 149 m s.l.m., pensò di fondarvi un centro religioso, un centro sacro che si univa alle proto-città di Como e Golasecca (appunto un 'santuario di mezzo'). Quello che l'Associazione Celtegh Medhelan si propone, è di ritrovare simboli che possano aiutare a rintracciare,nella Milano attuale e in ciò che resta degli antichi edifici, la sua origine Celtica.Ovviamente, poco rimane, poichè si sono succedute distruzioni dopo la conquista romana e nei secoli seguenti,fino ai recenti danni del secondo conflitto mondiale,ma loro intendono proseguire nell'impresa perchè sono convinti che "una città possa nascondere sotto le sue fondamenta dei segreti che sono ancora in attesa di essere svelati". . Forse un collegamento con le antichissime origini di Milano risiede proprio nei costruttori delle chiese e del Duomo, identificati come i Maestri Comacini, depositari di un Sapere che deriva da tempi lontani,che recano nella loro arte elementi 'profani' (o pagani) che hanno sapientemente saputo adattare a quelli della committenza con cui si si sono trovati a trattare nei secoli (ricordo che la scrivente sta da tempo raccogliendo materiale per accertare come i Comacini possano essere originati dai Collegia Romani, o forse da strutture gerarchiche edilizie antecedenti e che,secondo il Merzario, essi siano da considerarsi il vero ponte di collegamento tra le tradizioni antecedenti il Cristianesimo fino al XIX secolo). Dove oggi sorge il Duomo caro ai milanesi, un tempo sorgeva un tempio romano dedicato alla dea MINERVA, poi venne edificata una chiesa più piccola, Santa Tecla, sostituita in seguito da una successiva chiesa, Santa Maria Maggiore,chiamata 'ecclesia hiemalis' (chiesa invernale poichè vi si officiavano i riti soprattutto d'inverno), dedicata a Maria Nascente che risorge al Solsitizio d'Inverno (che coincide con l'allungamento delle ore diurne,quindi della Luce).Vicino alla piazza c'era un laghetto(le vie 'Pantano' e 'Laghetto' ne ricordano la presenza!) e,come ha confermato il prof.Gaspani, un tempo questa zona (e per estensione gran parte della Lombardia) aveva molta più acqua di quanta ne vediamo oggi (ricordiamo ad esempio il Lago Gerundo, tra Adda,Serio e Oglio), e la presenza dell'acqua era fondamentale per i Celti, oltre che come mezzo di trasporto e commercio,come elemento purificatorio e magico,legato al femminile, alla dea Madre (identificata via via con appellativi diversi,ma significanti il medesimo concetto). Prima dei Romani, qui sorgeva un santuario costruito dai milanesi insubri, che era dedicato alla dea Belisama. Pertanto, ci accorgiamo come la sacralità di questo luogo abbia continuato a perdurare nel tempo, sotto varie epoche e culti religiosi (si veda oggi l'importanza che riveste l'attuale Duomo,simbolo di Milano,con la sacra immagine della 'Madonnina' sulla vetta ). Anche altre costruzioni racchiuderebbero un culto matriarcale ben radicato nell'antico popolo milanese (fonte battesimale di S.Giovanni,Santo Stefano,S.Giovanni in Conca).All'interno del duomo si potrà notare,alzando lo sguardo, sul soffitto a destra, dei magnifici esempi di Triskell,uno dei più antichi simboli solari celtici,che si esprime nel triplice vortice, traducendo i tre piani dell'essere:umano,divino,e quello della Natura.Un simbolo di unione. Sul secondo portale d'ingresso al Duomo-partendo da sinistra- nella facciata principale, Elena Paredi ci ha detto essere presente un simbolismo molto importante: la Quercia, sacra ai Druidi (i sacerdoti dei Celti), che incarnava il dio Dagda,divinità che i Romani identificavano con Giove.La Quercia era associata,secondo la Tradizione Celtica, all'inizio della stagione primaverile, in quanto simbolo di rinascita e di vigore. La 'rievocazione'di un 'bosco sacro' -secondo Elena- ci sarebbe stata offerta dalla presenza delle enormi colonne presenti nelle navate del Duomo,assimilabile ad una 'foresta di querce'... La divinità della Quercia era potente simbolo di unione tra l'Uomo,la Natura e le Forze Cosmiche. Verso Piazza Mercanti,a Milano, ci si imbatte in un altro edificio che reca inciso un curioso simbolo animale: la scrofa semilanuta,identificata con la femmina di un cinghiale bianco(in latino la parola suis =scrofa),animale sacro per i Celti, che fu il primo vero simbolo della città di Milano,che traeva origine da una leggenda,che ci è pervenuta ancora per mezzo di Tito Livio,il quale raccolse probabilmente le notizie da un narratore Insubre.Anche il classico 'Biscione', effigiato sullo stemma dei Visconti, ricorda il Serpente caro ai Celti, che ne avevano riprodotto le fattezze sinuose nel dio Cernunnos, dio dalle corna di cervo ma che si muove a spirale per rappresentare il ciclo vitale, la trasformazione di tutto ciò che vive. Cernunnos in molte raffigurazioni tiene in mano un serpente,che ricorda molto il 'biscione' visconteo. In
corso di Porta Vigentina si trova -all'interno della chiesa - al centro della
pavimentazione, la Pietra Forata, con tredici linee incise. E' conosciuta come
la pietra del Tredisin de Mars poichè una leggenda racconta che il 13
marzo del 52 d.c. San Barnaba avrebbe predicato il Vangelo di Cristo erigendo
una croce su una pietra forata (che è appunto quella conservata nella chiesa,
un tempo si trovava in S.Dionigi a Porta Venezia).Si tratta di una pietra
rotonda, con un buco in mezzo e una raggiera di tredici linee, oggetto di grande
venerazione nei secoli. Il fatto che sia da sempre stata abbinata a S. Barnaba,
colloca il culto in tempi remoti. Sullo schermo, l'immagine della Pietra Forata con i suoi tredici raggi. Nel Castello Sforzesco di Milano, ci sono dei massi interrati che apparentemente non hanno alcun valore archeologico, e sono stati inglobati nel camminamento.Li possiamo vedere entrando dal portone principale, dalla parte della fontana, e passano inosservati, crescendovi anche l'erba attorno. Su questi massi sono incise delle coppelle, cioè fossette scavate nella pietra, che ricordano quelle presenti anche nelle incisioni della ValCamonica.Presso le antiche popolazioni celtiche, le coppelle avevano un valore particolare poichè rappresentavano una forma rituale per consacrare il luogo ad una particolare divinità, anche se si potrebbe ipotizzare la loro correlazione con una particolare costellazione e fissarla in terra.Uteriori studi potrebbero aiutare a risolvere l'enigma. Gian Luca Preti ha illustrato il simbolo del TRISKELL,termine che proviene dal celtico "AN TRISKIN",che significa letteralmente "tre raggi di luce". È composto dal centro del cerchio e da tre braccia a spirale. Un esempio stilizzato di Triskell; in questo sito si è parlato di tale simbolo in questa sezione. È un simbolo celtico che ritroviamo in molte cattedrali, come quella di Milano e di Como ma anche in quella francese di Chartres e sicuramente, aguzzando i sensi, lo si potrebbe ritrovare anche in altri luoghi. È quello che l'Associazione Celtegh Medhelan si augura, auspicando anche la collaborazione e la segnalazione da parte di persone interessate a queste tematiche. Sarebbe interessante il fatto di dimostrare una continuità storica, o quanto meno trovare testimonianze di una coscienza delle radici celtiche che sia pervenuta fino ai giorni nostri. Il discorso relativo ai costruttori medievali comacini si fa ancora più interessante. Gianluca ha fatto una comprensibile sintesi del simbolo ritrovato finora, da Manerbio sul Mella (BS)-dove è stata ritrovata una Fàlera del I sec.a.C., in cui è stilizzato un Triskell, al Duomo di Milano (come già detto in precedenza),in cui si ritrova lo stesso simbolo anche addentrandosi fino all'altare e andando verso la sacrestia,trovandolo alla sua sinistra. Di fianco alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, sempre a Milano, si notano- sulla facciata di una casa- due rosoni a lato del portone molto interessanti. Sulla facciata del Duomo di Como vi è un rosone molto simile a quello del Duomo di Milano che raffigura sempre un Triskell... A Lasnigo(CO)c'è una piccola chiesetta situata sulla sommità di una collinetta, che presenta all'interno numerosi affreschi, tra cui si nota chiaramente un Triskell; a Canzo (CO),si trova un antico tumulo di origine celtica, che il gruppo dell'associazione ha trovato dopo svariate ricerche. In un piccolo caseggiato in cui ha sede la Comunità Montana del Triangolo Lariano, hanno notato come, sul piccolo monumento antistante l'edificio, vi sia il Triskell ma l'antico tumulo è stato rintracciato all'interno della scuola media, davanti alla Comunità Montana. Il discorso di Gianluca ha voluto sensibilizzare il pubblico in merito allo spirito di osservazione che ognuno di noi può avere, osservando i segni e i simboli presenti nel territorio in cui ci troviamo ad abitare,che potrebbero permettere di capire se sia possibile trovare prove consistenti di una continuità tradizionale, storica, culturale e spirituale, che abbia potuto prendere le mosse da tempi remoti,antecedenti l'avvento dei Romani. Ha preso quindi la parola l'archeologo Giancarlo Minella, che fa parte dell' Associazione TERRA INSUBRE, che si prefigge come scopo la rivalutazione, la riscoperta della storia e delle tradizioni e la valorizzazione di tutto quello che riguarda da vicino il nostro ambiente di vita (appunto l'Insubria). Minella ha imperniato la propria esposizione partendo da un titolo "Origini degli INSUBRI tra mito e realtà". L'Europa nell'Età del Ferro era abitata da popolazioni celtiche, le cui "gocce" si erano estese fin verso l'Anatolia (i Galati erano di stirpe Celtica). Questa popolazione celtica non costituiva una unità politica, ma aveva la stessa ideologia, gli stessi miti,che siamo abituati a considerare elementi fantasiosi, mentre in realtà, per l'uomo antico,erano il mezzo con cui si davano spiegazioni ai fenomeni. L'INSUBRIA
è una regione storica compresa tra le Alpi Lepontine, fino al corso del fiume
Sesia, dell'Adda, del Po'; quindi un territorio A Golasecca (località del Varesotto dove fu rinvenuta un'importante necropoli) ci furono i primi ritrovamenti nel 1920. Per gli archeologi, una raccolta di reperti fornisce una cronologia e permette di identificare una cultura. Questo ha fatto sì che si sia potuto stilare un quadro abbastanza preciso della cultura che si era insediata nel territorio golasecchiano. La documentazione archeologica prende il via dal tredicesimo secolo a.C. e presenta caratteri sostanzialmente uniformi fino agli inizi dell'Età del Ferro, quando tra area orientale ed occidentale si presentano segni di differenziazione. Nel 900 a.C. abbiamo una prima cultura(Golasecca 1), testimoniata da materiale proveniente soprattutto dalle necropoli, gli utensili utilizzati, prima di pietra, diventano in ferro. Tra il 600 e il 450 a.C. abbiamo un cambiamento nell'arte artigianale che si identifica con il periodo di Golasecca 2; attorno al 450 a.C. si ha il periodo denominato Golasecca3. Recentemente, a Castelletto Ticino, è stata ritrovata una tomba in cui sono stati rinvenuti i bicchieri che recavano sul fondo residui fissi di birra, il che ha permesso di comprendere come questa bevanda, insieme al vino, fosse già conosciuta nella zona prima dell'avvento dei romani. Le strutture tombali che sono state rinvenute hanno varie forme. Gli archeologi si domandano come mai questa cultura si sviluppò così repentinamente. È probabile che in loco avessero già trovato un substrato culturale attivo. È stato ritrovato per esempio un bacile con una raffigurazione di sfingi di provenienza etrusca, il che dimostra che gli Etruschi erano attestati in questi territori, cosa che veniva esclusa dagli archeologi, nonostante ne desse ragione Tito Livio, asserendo che Belloveso e i suoi si fossero scontrati con gli Etruschi (era ritenuta impensabile una presenza etrusca in Val Padana nel VII-VI sec. a.C. Il fatto che Belloveso si fosse scontrato con dei Tusci per entrare in Val Padana faceva deporre per un ingresso dei Galli in un'epoca più recente di quella stabilita da Livio).Nuovi scavi e ricerche sembrano confermare che nel VI secolo a.C. gli Etruschi avevano grossi interessi commerciali nell'area del Ticino, con una via di collegamento con la Gallia. Il dottor Minella ha mostrato varie cartine che mostrano la diffusione artistica di certi manufatti simili, ritrovati sia a Golasecca che sparsi per l'Europa; ciò depone per la medesima manifattura. Una affermazione da sfatare e che non è vero che i Celti spazzarono via la cultura golasecchiana, poichè quest'ultima era Celta! Un accenno è stato fatto all'alfabeto golasecchiano. La stele funeraria ritrovata a Vergiate, ricorda le rune germaniche (posteriori alla cultura di Golasecca).Questa pratica scrittoria resistette ma pian piano venne sostituita dal latino. L'iscrizione più antica è nella necropoli di Sesto Calende(VA), è sinistrorsa e rappresenta il nome del proprietario, declinato in forma oggettivale.L'apporto di reperti recanti iscrizioni è scarso. Sembra che i Celti e fossero un popolo che scrivesse molto poco; si pensa che vigesse il divieto religioso di utilizzare la scrittura per tutto ciò che non avesse attinenza con il sacro. Per questo riscuotono molta importanza gli oggetti, i simboli incisi in essi per capire l'universo Celti. Le lingue celtiche sono differenti in tutta Europa: dal Leponzio,al Celtiberico,al Celtico delle Isole Britanniche, che sopravvive, il Celtico continentale, che si è estinto. Un punto fondamentale da tenere ben presente, ha detto Minella, è che molte testimonianze celtiche si trovano proprio qui nei nostri territori, probabilmente più che in Irlanda! Tito Livio ci dice che i Romani trovarono già dei Celti (circa nel 600 a.C.), ma questi non erano i primi Celti che abitarono la regione dell'Insubria. Belloveso stesso, a capo dei Celti che fondarono Milano, trovò già gli Insubri. La Celtizzazione è avvenuta prima di quanto cronologicamente si ritiene (IV -V sec-a.C.). Il dr.Minella ha invitato i presenti a visitare la Mostra allestita presso il Civico Museo Archeologico -Villa Mirabello a VARESE, dal 28 novembre 2004 fino al 25 aprile 2005,intitolata "CELTI:dal cuore dell'Europa all'Insubria",che è articolata(secondo criteri cronologici e tematici) in due parti: una dedicata a reperti provenienti dalla Repubblica Ceca,l'altra a quelli del territorio Varesino. Un'opportunità per conoscere meglio - i Celti della Boemia e della Moravia -i Celti dell'Insubria e trovare due aspetti regionali essenziali per la comprensione del passato celtico dell'Europa. La mostra è curata dal prof. Venceslas Kruta dell'Ecole Pratique des Hautes Etudes alla Sorbona di Parigi e dal Museo Nazionale di Praga,in collaborazione con l'Associazione Culturale Terra Insubre e del Comune di Varese. La conferenza ha poi visto la "partecipazione straordinaria" dell'astronomo professor Adriano Gaspani, il quale si interessa da tempo della Milano Celtica, capitale del popolo degli Insubri.
Egli
ha detto che il primo nucleo della città fu costruito su una collina ristretta
che Belloveso trovò e che occupava l'attuale piazza Duomo, Brera,piazza Scala
etc.Tutto sommato un'area abbastanza ristretta. Qui il condottiero costruì un
luogo sacro, un NEMETON, termine latino nemus
(gr. nemos) che indica una foresta in
cui sono compresi dei pascoli, un boschetto e un bosco sacro. La radice nem,
per
i Celti, indicava soprattutto il "cielo", per cui il nemeton
celtico viene ad essere il cielo stellato, un luogo celeste, paradisiaco. Un
luogo sacro,a dirla breve. La sua forma è ellittica, ed è probabile che che
riproponga ritualmente la volta siderale coi suoi fenomeni. L'intervento
di A.Gaspani ha voluto mostrare l'attendibilità della tesi secondo la quale Medhelanon (Nemeton di Mediolanum e i suoi due assi) Inoltre, il prof.Gaspani e team hanno rilevato le correlazioni astronomiche degli assi viari (che hanno ipoteticamente avuto l'originaria impronta celtica) con le corrispettive festività religiose dei Celti. L'esperto non ha ovviamente potuto dilungarsi in merito,non essendo una conferenza preparata (il suo è stato un intervento del tutto 'occasionale',trovandosi tra il pubblico in sala), ma ha comunque fatto emergere stimoli interessanti e di approfondimento. Tra i fenomeni astronomici che trovano riscontro nella direzione degli attuali assi viari interessati dall'antico nucleo, nel 500 a.C.,si menzionano: Per l'asse viario da via Boito in direz.via S.Raffaele: -Levata eliaca di Antares (Trinvx Samoni),nella costellazione dello Scorpione, il 18 novembre;punto che coincideva in età romana con il -Sorgere del sole al Solstizio (25 dicembre) -Tramonto del sole a Beltane (6 giugno),la festa dei fuochi,che coincideva in età romana con il -Tramonto del sole al solstizio estivo (27 giugno) Per l'altro asse,via Manzoni-via S.Margherita -Levata eliaca di Capella, nell'Auriga (28 marzo),identificato dal prof.Gaspani con la festa celtica di Imbolc; -Levata eliaca di Deneb (25 novembre) Probabilmente, ha asserito Gaspani, esistono altri centri sacri nell'Europa Celtica che portano il nome di Mediolanum e che potrebbero essere stati eretti proprio per 'fissare' -come in uno specchio- la mappa celeste in terra. Interessante trovarli! La Ricerca archeoastronomica continua.
Ho trovato questa conferenza particolarmente interessante, in quanto propositiva, stimolante e ancora una volta pone una riflessione,di fronte alla grande capacità dimostrata dagli Antichi in varie branche del Sapere. E' un caso che proprio nella seconda metà del XIII sec.a.C. il paesaggio europeo cambi profondamente per una serie di mutamenti climatici conseguenti a fenomeni naturali (catastrofi?) e che appunto da quel momento i Celti 'escano'dall'anonimato? Non si può parlare dei Celti come una Civiltà (come intendiamo quella Egizia o Greca) ma come una Cultura. Abbiamo visto come alcuni simboli da loro impiegati, siano presenti in culture geograficamente distanti (il Triskell è assimilabile allo Swastika orientale o al nodo di Salomone; la spirale è ubiquitaria, come il labirinto,gli intrecci e gli annodamenti)e siano stati ripresi nelle epoche successive.Il famoso 'calderone di Dagda' ci proietta in una dimensione alchemica,in cui avviene la trasformazione dell'Uomo,elevandolo in senso spirituale, dimensione ricercata da tutti i popoli dell'Antichità e base di una Tradizione che li accomuna. Se per qualcuna delle domande che sorgono, è attualmente in atto la volontà da parte di studiosi come quelli ascoltati oggi di fornire una risposta, per altri versi lasciano aperta la porta per ulteriori,intriganti quesiti: i Celti,a loro volta, da dove arrivano? Le loro origini, per il momento, restano avvolte dal mistero. (Marisa Uberti)
|