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Report
conferenza del 24 Febbraio 2006 a cura di Elena
Serughetti Planetario
di Lecco Relatore:
Adriano Gaspani (archeoastronomo presso l’Osservatorio di Brera, Milano) Nel suo libro “La
cultura di Golasecca. Cielo luna e stelle dei primi Celti d’Italia”,
Gaspani ha ampliato questo discorso includendo molti altri esempi di siti
studiati, oltre a quelli mostrati durante la serata. I siti meglio
conosciuti sono quelli in provincia di Varese, Como e Pavia, quasi nulla si
conosce di quelli Lecchesi (molto probabilmente sono seppelliti sotto diversi
metri di terra, nascosti dagli strati delle civiltà successive), e di quelli Bergamaschi (l’attuale Città Alta è stata costruita sopra il sito originale
golasecchiano, e non si possono quindi effettuare rilevamenti archeoastronomici).
La cultura di
Golasecca ha una particolarità: nel rito funebre utilizzava soltanto la cremazione;
troviamo quindi tombe contenenti solo un’urna (fatta con ceramica tipicamente
golasecchiana) con le ceneri, e qualche suppellettile per la vita nell’Aldilà
del defunto. I siti golasecchiani
risalgono almeno al Bronzo finale, XI secolo a.C., con i primi elementi riconducibili a cultura di tipo
celtico (un sito in provincia di Pavia è stato datato al XIII sec. a.C.) e ci
forniscono, oltre a elementi archeoastronomici come vedremo in seguito, alcuni
indizi utili per capire per esempio il rango sociale del defunto: per esempio,
oltre alla cenere del defunto, possiamo trovare residui dei vestiti e fibule,
inoltre anche dall’analisi del legno si può conoscere il rango del defunto
(dal tipo di legno usato e dal tipo di combustione che ha avuto, capiamo se il
legno è più o meno rinomato). - gli Orobi
fra Bergamo e Como (hanno fondato Como e ancor oggi si possono ammirare alcuni
siti sul monte che sovrasta il capoluogo); - gli Insubri
stanziati più in basso rispetto agli Orobi, in piena pianura; - i Vertamacori
lungo il corso del Ticino; - i Levi
più a sud, verso il Po; - i Leponzi
invece vicini alle genti d’Oltralpe. Erano popolazioni
dedite per lo più all’agricoltura e all’artigianato (soprattutto dei
metalli); una nota particolare merita il fatto che queste genti scrivessero, al
contrario degli altri popoli celtici. Si tratta
semplicemente di nomi incisi su vasi,
spade e altri oggetti, ma il punto interessante è che il loro studio ci ha
permesso di scoprire che l’alfabeto
golasecchiano deriva in modo diretto da quello etrusco. Questa scrittura è
diffusa dall’VIII secolo a.C. e la ritroviamo poi, ben 1000 anni dopo (nell’VIII
secolo d.C.) nelle rune scandinave,
che derivano chiaramente dai Leponzi. Un altro aspetto molto
importante che possiamo capire è che le barriere geografiche, come le Alpi, non
significavano molto per queste genti, abituate a viaggiare moltissimo per
l’Europa ed esperti di tutti i valichi alpini (per esempio troviamo fibule di
Golasecca in Belgio); solo per i Romani le barriere geografiche sono divenute
importanti. Che cosa sappiamo
delle conoscenze astronomiche dei golasecchiani? Per rispondere a
questa domanda dobbiamo, in sostanza, porci
domande e andare a misurare in loco. Uno dei primi aspetti
che sorprendono è la mancanza di un qualunque reperto riconducibile a un
dispositivo calendariale. Ma di certo dovevano avere un calendario, evidentemente però di altro tipo. Gaspani ha citato una
lista di siti golasecchiani studiati fin dall’800 (molti anche da lui stesso
negli ultimi decenni), dividendoli in due categorie: . siti ancora visibili
e quindi studiabili a livello archeoastronomico (anche se alcuni nel frattempo
sono andati distrutti a causa dell’espansione edilizia); . siti non più
visibili, su cui possiamo fare misurazioni solo in base ai rilievi planimetrici
eseguiti all’epoca degli scavi. Si tratta di un
circolo di pietre chiamato cromlec anche se tale dicitura è usata più per
descrivere circoli di megaliti (qui le pietre sono più piccole). Le somiglianze
con siti come il più celebre Stonehenge ci fanno capire come queste genti
avessero in comune la volontà di riprodurre l’orizzonte celeste circolare sul
terreno. E’ dunque una struttura tipicamente celtica. Il circolo di pietre
contiene al centro un cerchio più piccolo contenente una tomba (con l’urna di
ceramica); altre tre tombe sono disposte, apparentemente a caso, qua e là
all’interno del cromlec. In realtà ogni singola pietra e ogni tomba è
collocata con ben precise ragioni, che l’archeoastronomia ha portato in luce. Il cromlec con le
tombe è unito a un corridoio di pietre, con altre pietre disposte su file. Un primo allineamento
portato in luce dagli studi archeoastronomici è quello meridiano, cioè l’asse
della costruzione è orientato secondo il nord/sud celeste. I rilievi eseguiti
nell’800 ci danno un errore, per questo allineamento, di 1,5 gradi (ma teniamo
presente che all’epoca si usava solo la bussola, e vari altri problemi
potevano dare un errore un po’ più grande di quello rilevabile oggi con
teodolite e altri strumenti). Già però un errore di soli 1,5 gradi è molto
buono. Ma si sono scoperte
(ponendosi “le giuste domande” come sempre avviene nella Ricerca) altre
orientazioni strabilianti. - L’allineamento
meridiano (nord/sud celeste) già menzionato, utilizzava l’antico Polo Nord
celeste, vicino a Kokab (beta dell’Orsa minore) nel 1000 a.C., e
l’antico Polo Sud celeste, la Croce del Sud. - Un altro
allineamento punta da un lato verso la levata eliaca di Vega (delta cigni) e dall’altro verso il tramonto di theta scorpi
(coda dello Scorpione). - Un terzo
allineamento punta verso il tramonto di Vega e la levata di theta scorpi. - Un quarto punta
verso la levata di Betelgeuse e il
tramonto di Bellatrix, due stelle del
“celebre” Orione, costellazione osservata e tenuta in gran conto da
moltissime antiche culture. A un primo sguardo
archeoastronomico dunque, è palese che queste genti guardassero il cielo! C’erano quindi
persone molto sapienti deputate allo studio del cielo, ma non è dato sapere con
precisione chi fossero. Infatti, a differenza di altre popolazioni celtiche
d’Oltralpe di cui si conosce la figura del Druido, in questo caso non abbiamo
testimonianze riferite a druidi golasecchiani. Abbiamo però un sito
(a Como, come vedremo in seguito) in cui è chiaro che l’uomo di religione è
anche l’uomo deputato alla fusione dei metalli (prima bronzo e poi ferro). 2)
Provincia di Varese: Complesso del Monsorino (presso Golasecca). Comprendeva tre siti,
di cui però quello centrale è stato travolto da una frana quindi è
inutilizzabile a fini archeoastronomici. Anche qui si sono
evidenziati molti allineamenti, con le stelle, il Sole e la Luna. Vedremo come
anche negli altri siti golasecchiani ricompaiano sempre le stelle stelle di
riferimento, a indicare che queste godevano di un “posto d’onore” nella
cultura dei primi Celti d’Italia (e d’Europa). Un allineamento punta
verso il Centauro, costellazione oggi
invisibile dal nostro emisfero, ma allora compresa nell’orizzonte boreale a
causa dei moti di precessione degli equinozi. Ritornano poi:
tramonto della coda dello Scorpione, tramonto di Orione, levata di Cassiopea,
levata delle Pleiadi e altre stelle che ritroviamo in altri siti. Qui però è da
sottolineare come nel VII secolo a.C.
queste genti erano in grado di costruire triangoli
pitagorici, cioè conoscessero il famoso teorema di Pitagora: i triangoli
emersi sono dati dal congiungimento dei centri delle tombe; dalla loro analisi
si è potuto risalire all’unità base usata dai golasecchiani, che corrisponde
ai nostri 85 cm. L’altro sito del
Monsorino ha “meno geometria”, ma è più ricco come astronomia. La geometria del luogo
è legata ai moti del Sole rispetto a
solstizi ed equinozi, ma c’è di più: i centri di tue tombe sono allineati
secondo orientamenti lunari. Ogni 18,61 anni solari
avvengono il lunistizio superiore e,
dopo 15 giorni, il lunistizio inferiore,
cioè la Luna si troverà nella sua posizione più estremamente a nord, e poi in
quella più a sud (il prossimo lunistizio superiore cadrà quest’anno, il 6
giugno, seguito da quello inferiore). Questo particolare
orientamento lunare è riscontrabile anche in altri luoghi, per esempio la
Valcamonica. Troviamo infine i
soliti allineamenti stellari tipici di Golasecca: Scorpione, Cigno, Orione
eccetera. Quel che più importa
è sottolineare come alla base di queste costruzioni ci sia uno studio
astronomico davvero formidabile. Alcune stelle erano
evidentemente predilette dai golasecchiani. Antares, Aldebaran,
Sirio, Capella davano le feste celtiche dei Galli, e possiamo notare come siano
in comune ai Celti lombardi e a quelli d’Oltralpe. In particolare, sempre
in questo sito del Monsorino, c’è un allineamento che punta sulla levata
eliaca di ben quattro stelle: Sirio, Antares, Rigel, Mira. Questo ci dice che
veniva utilizzato per sapere che giorno fosse durante l’anno, fatto questo
assolutamente non scontato per quei tempi. Conoscere non solo il periodo
generico, ma il giorno preciso era fondamentale per esempio per l’agricoltura
e per le grandi feste comunitarie. 3)
Provincia di Varese: Brughiera della Garzonera (presso Vergiate). Anche qui troviamo
allineamenti simili, che si riscontrano anche in altri siti vicino a Sesto
Calende, tutti datati attorno al VII-VI secolo a.C. 4)
Provincia di Varese: sito di Belcora. Sono stati trovati
all’inizio due tumuli, di cui uno più grande, sempre con gli allineamenti
tipici golasecchiani. Un elemento interessante è emerso quando, durante i
lavori per l’aeroporto di Malpensa, è stato trovato un terzo tumulo, distante
dai primi due. I due di Belcore sono allineati fra loro e puntano su Vega, ma se
ci poniamo sul tumulo presso Case Nuove notiamo come questo sia allineato in
modo che le punte dei primi due, sovrapponendosi in parte, formino un vero e
proprio mirino per l’osservazione
astronomica. 5)
Como: sito di Pianvalle (rilievo
che sovrasta l’attuale città). Sito del V secolo a.C.
costituito da due sezioni distinte: un insediamento posto sul pendio, e un luogo
sacro posto sulla cima. L’insediamento
era formato da capanne e viuzze contorte, nel modo tipico delle culture
celtiche, così diverso da quello romano, riconoscibile per le sue estreme
“squadrature” (a Como si riconosce subito la porzione edificata dai Romani). Il
luogo sacro è formato da una grande roccia con incisioni e coppelle, buche
per l’infissione di pali, più alcuni forni di fusione. Nelle buche,
levigatissime e profonde 1,5 metri, stavano dei pali che non servivano per
sostenere un tetto (data la loro disposizione), ma per marcare alcuni
allineamenti solari (tramonto e levata ai solstizi), lunari (lunistizi) e
stellari. Il luogo sacro
comprende anche una casa (del
“druido”, cioè dell’uomo preposto alla religione), con un focolare posto
al centro, secondo la disposizione tipica di questa cultura. Le incisioni
sulla roccia comprendono vaschette, buchi e ruote solari, con una serie di coppelle di 7 e di 5: questa è proprio la distribuzione dei mesi
del calendario lunare. Dunque l’uomo di
religione golasecchiano poteva, grazie a queste coppelle, e presumibilmente a
sassolini che servivano per riempirle, sapere che giorno fosse nel calendario
lunare. Questo sito con i suoi
forni ci mostra anche come la classe
sacerdotale golasecchiana fosse preposta anche alla fusione dei metalli (prima
bronzo, di cui sono state trovate tracce nei forni, poi ferro). 6)
Como: Fonte della Mojenca (vicino
al sito precedente). Oltre agli ormai
soliti allineamenti, c’è da sottolineare il fenomeno che si ripeterà a
giugno di quest’anno, la “retrogradazione dei nodi” (che ha un ciclo di
18,61 anni): la Luna sorgerà esattamente nella valletta della fonte. 7)
Provincia di Pavia: Gambolò. Un intero sistema di
tombe mostra molti allineamenti, sempre secondo gli elementi celesti descritti
in precedenza, ma questo sito è molto antico: risale al XIII
secolo a.C. La cultura di
Golasecca conosceva molto bene il cielo e sceglieva in modo molto preciso, non
solo il luogo dove costruire i siti funerari, gli insediamenti e i luoghi sacri,
ma anche il modo in cui orientare ogni singolo elemento delle loro costruzioni. Per quanto riguarda il
Sole, si è notato come si preferisse
il tramonto e il solstizio invernale. Per la Luna
è evidente l’importanza data al suo ciclo di 18,61 anni, inoltre anche per
essa si preferisce il tramonto piuttosto che la levata. Per le stelle
possiamo notare come le levate eliache di alcune particolari stelle
determinassero il calendario golasecchiano; ecco dunque perché non hanno
lasciato reperti: per loro, in un certo senso, bastava guardare il cielo. Durante i 700 anni
della cultura di Golasecca, gli allineamenti sono sempre gli stessi. Dall’analisi
globale, eseguita anche tramite funzioni matematiche di densità e probabilità),
si è notata la grande somiglianza tra i siti golasecchiani e quelli celtici
d’Oltralpe: è dunque un’astronomia
celtica a tutti gli effetti, ma certo risente molto anche dell’influsso
etrusco (ricordiamo come agli scambi commerciali e culturali si
aggiungessero i frequenti matrimoni tra i due popoli). Dunque, se i celti
d’Oltralpe devono molto ai golasecchiani, primi Celti d’Europa, questi
ultimi a loro volta devono molto agli Etruschi. (Elena Serughetti)
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