Il Monte
Amiata, il più alto rilievo della Maremma Toscana respira da sempre di
luoghi magici: la Grotta di Merlino, il Sasso della Strega, la sedia del
Diavolo ed il Monte Labro con la sua Chioccia dalle Uova d’Oro.
Evoca e
racconta ancora di leggende di Paladini, eretici catari e dolciniani
rifugiati in questi luoghi per sfuggire all’Inquisizione. Solo leggende o
qualcosa di più? Cosa si cela ancora sotto questo vulcano ormai spento, ma
così ancora acceso di ricordi?
C’è un filo
invisibile che ancora non è stato reciso dagli anni.Una vicenda che corre
dalla Maremma , oltralpe, fino alla Francia.Parla di un uomo e dei suoi
sogni, della sua vita e di quella di persone senza scrupoli.Parla di come
certi ideali puri possono venir manipolati per interessi di danaro e potere.Potremmo
sostituire i personaggi con altri dei nostri tempi e la storia cambierebbe
poco
Nel periodo tra il 1840 ed il 1850, il territorio amiatino
era frequentato da un personaggio molto singolare chiamato Baldassarre
Audibert.Era nato a Vercelli ma la gente lo riteneva di origini
francesi, un ex ufficiale dell’esercito napoleonico che nel tempo avrebbe
maturato idee ultracattoliche e filomonarchiche. In effetti ancora oggi il
cognome Audibert è presente in gran numero nel territorio della Languedoc.
Quest’uomo predicava di casolare in casolare erigendo croci con i
basamenti in pietra, ai crocevia delle strade che collegavano i paesi
dell’Amiata.
L’Audibert, durante la sua permanenza sulla Amiata, fu
ospitato dalla famiglia del Dottor Ambrogio Ginanneschi legata ai
Lorena. Una coincidenza da tenere in mente per gli accadimenti che ne
seguiranno.
Innalzò oltre quaranta croci tra Arcidosso , Castel del
Piano, Roccalbegna e Scansano, elargendo spesso alla popolazione amiatina,
ammonimenti e previsioni apocalittiche in stile neo-gioachinita.
La croce più singolare è quella denominata “di Federico”
che reca scolpito il viso di Cristo e che si trova presso la Chiesetta di
Santa Lucia alla periferia di Casteldelpiano. Essa somiglia molto
alle croci catare del territorio dell’Aude, in particolare ad una
croce custodita nel Museo Cataro di Montsegur. La croce più
interessante, dall’osservazione della quale è partita la mia ricerca legata
alle “coincidenze” tra la vicenda dell’Abate Sauniere e
David
Lazzaretti, è quella posta all’ingresso del paese di Arcidosso. Essa è
inserita su una grande base cubica di pietra e su una delle facce è inciso
il motto riferito alla visione di Costantino “Con questo segno
vincerai”. Sotto la frase si intravede la data 1846, anno in
cui l’Audibert la depose in quel luogo. Su un altro lato è scolpita la
frase “Restaurata nella Missione 1878”, anno in cui Davide Lazzaretti
fu colpito a morte, proprio nei pressi della croce stessa.
Dalla biografia del Lazzaretti
scopro che lo stesso, poco più
che un ragazzo, una mattina di Aprile, nell’anno 1848, si trova a
lavorare con suo padre e suo fratello, nella Macchia dei Peschi
vicino a Cana, un paesino dalle pendici del Monte Amiata. Egli
ritrovatosi solo in mezzo al bosco, incontra un frate che conduce per mano
un piccolo mulo bianco e che gli predice un futuro segnato da una importante
missione da compiere. L’incontro risulterà carico di significato mistico al
punto che David crederà di aver incontrato lo spirito di San Pietro. Credo
che Davide Lazzaretti abbia incontrato “l’omo bono” Audibert
come lo chiamava la gente amiatina e ne sia rimasto affascinato oltre che
dalle parole del suo stile di vita libero ed avventuroso, così diverso dall’
ambiente in cui il Lazzaretti ragazzo viveva. L’ appellativo “omobono”, fa
correre la mente al termine francese “bonhommes” attraverso il quale si
distinguevano gli eretici.
Le croci dell’Audibert presenti sul Monte Amiata recano
incise le parole “mission” seguite spesso dalla sigla B A P
(Baldassarre Audibert Pose), segue sempre la data di deposizione , spesso
rimaneggiata in occasioni di restauri successivi. In alcune croci possiamo
trovare la frase “Christus Vincit” e nel loro insieme
delimitano un territorio che comprende al suo interno, il Monte Labro.
Questo rilievo montuoso, posto a sud-ovest del Monte Amiata, secondo il
progetto del Lazzaretti, doveva diventare il Labaro, l’insegna
trionfale della nuova comunità. Qui sarebbe sorta la Nuova Sion, la
Piamiatangelica, la Nuova Gerusalemme, la Città del Sole. Come non pensare
alla Società Angelica citata da Mariano Bizzarri in un suo
saggio su Rennes le Chateau o la Lega del Labaro Antimassonico
costituita da Leo Taxil?
Il Monte Labro, o Labaro come intese chiamarlo il Lazzaretti
racchiude tuttora una fenditura al suo apice che funge da corridoio (dromos)
e che conduce in alcuni ambienti scavati nella roccia. L’accesso alla camera
che si apre sul fondo del dromos, presenta un architrave in stile miceneo e
segna l’accesso ad una sepoltura ipogea anteriore al VII sec.
a.C. A memoria di un seguace giurisdavidico, furono trovate “ossa di un
gigante guerriero e spade varie come di battaglia”.
La grotta per la Comunità giurisdavidica fungeva da richiamo
archetipico per tutto ciò che dentro l’uomo rimane ancora da svelare. Essa,
come la più celebre intitolata a San Michele e situata sul Gargano, stilla
da sempre, un’acqua ritenuta dalle genti, miracolosa e proprio San
Michele è il protettore ed ispiratore del David Lazzaretti fin dai tempi
dei suoi ritiri nei monti della Sabina. Sopra di essa, Davide Lazzaretti vi
costruisce in corrispondenza, nel Luglio del 1859, la Turris
Davidica, edificata con pietre a secco e simbolo della Nuova
Alleanza. La parola stessa “turris davidica” è per il Lazzaretti,
allegoria della Madonna, la “Nostra Signora di Sionne”. Essa si
mimetizza con il resto del monte e racchiude in sé il simbolismo del
numero 3 : tre piani e tre celle.
Il progetto nella sua completezza, doveva contenere 72 Forti
di presidio militare e 72 porte (Numero precessionale), 7 piramidi, 12
monumenti di ospitalità, 3 manifatture nazionali. Sul culmine del Labro
sarebbe stata custodita l’Arca della Nuova Alleanza circondata da 12 serie
di mura e 72 porte esterne ed interne.
Quasi 500 anni separano l’utopia lazzarettiana dal misticismo
di Gioacchino da Fiore, ma le basi sono le stesse:l’attesa per
l’Avvento dell’Era dello Spirito Santo ed un progetto, una strada per
rendersi pronti nello spirito e nel corpo fatta di rituali, simboli ,
preghiere e digiuni da vivere in comunione con se stessi e con la
collettività. . Il suo progetto pur ingenuo, era maturato dalla disperazione
dei deboli e degli oppressi e nel tempo aveva partorito ideali e progetti di
unità e cooperativismo che si affiancavano ad una severa religiosità..
Si può osservare come il Lazzaretti maturi, sul finire della
sua vita, una spiccata indipendenza di vedute rispetto anche alle altre
correnti millenariste dell’epoca. A regole rigidamente cattoliche,
inizialmente condivise dalla Chiesa, si affiancano contenuti rivoluzionari
legati alla costituzione di una vera e propria “comune” formata da persone
di basso ceto sociale .I dieci anni di attività del Lazzaretti, sono segnati
da un’opprimente sorveglianza del Governo Italiano, i cui organi di
repressione agiranno per ben diciannove volte tra denunce, processi e
detenzioni.
Tuttavia il Lazzaretti non sarà mai colpito da ammonizione
benché i presupposti siano in grado di rendere questa pratica legittima. La
risposta del perché di questo strano atteggiamento del Governo, la possiamo
trovare negli intensi rapporti che il Lazzaretti riesce ad instaurare con
gli ambienti legittimisti francesi ed italiani e con importanti figure del
mondo cattolico. E’ stimato e protetto dal priore Saisson della
Certosa di Grenoble e difeso con successo dall’avvocato Pasquale
Stanislao Mancini ministro della Pubblica Istruzione nel Governo
Rattazzi (1862) e titolare del Dicastero della Giustizia nel successivo
Governo Depretis (1876). E’ costantemente protetto dall’amico Salvi di
Scansano, avvocato Lorenese molto influente in Toscana .
Durante una delle tante ospitalità che l’avvocato Salvi
concede a Davide Lazzaretti, quest’ultimo conosce una monaca : suor Maria
Gregoria. Ella convincerà David a seguirla perché convinta di aver
trovato in lui il Gran Monarca tanto atteso e per fargli conoscere un caro
amico di lei: il sig. Leon Du Vachat abitante a Belley e
Giudice del Tribunale di Marsiglia. L’incontro viene organizzato a
Torino nella casa di Don Bosco. Il Du Vachat era un filomonarchico che
sosteneva economicamente e giuridicamente, per quanto possibile, l’ascesa al
trono dei Borbone. Il Lazzaretti, durante il suo ritiro a Grenoble,
aveva instaurato un’amicizia con il sacerdote Boullan della Diocesi
di Montauban. Quest’ultimo era una figura oscura e controversa. Pur
avendo frequentato ambienti mistici ed esoterici si riteneva che avesse
predilezione per la magia nera e che amasse organizzare messe nere a sfondo
sessuale.
Davide Lazzaretti conosce Boullan quando quest’ ultimo prende
la guida della Chiesa del Carmelo fondata da Pierre Eugene Michel
Vintras, un predicatore visionario che riteneva di essere la
reincarnazione del Profeta Elia e che avrebbe dovuto preparare il mondo per
la venuta della Nuova Era.
Alle attività di Boullan si interessarono anche gli ambienti
Rosacrociani parigini che, preoccupati della divulgazione dei segreti
cabalistici, fecero infiltrare nell’organizzazione del sacerdote satanista
Oswald Wirth, il quale informò Stanislas De Guaita delle
aberrazioni di Boullan. I due decisero di denunciare il prete ad un
tribunale rosacrociano.
Il Tribunale ordinò a Boullan di interrompere immediatamente
le sue attività ma, per tutta risposta, un seguace del sacerdote , accusò
Guaita e Gerarde Encausse, di voler uccidere il suo maestro con la
magia nera. La questione si protrasse fino al 1893, anno in cui
Boullan mori’ per cause del tutto naturali.
Vintras e Boullan, erano dei monarchici legittimisti, ovvero
appoggiavano la candidatura come pretendente al trono di Francia, di un
presunto figlio di Luigi XVI (Naundorff) per far si che si potesse
contrastare l’ascesa degli Orleans.
Il Du Vachat , assieme ad altre figure di spicco della
Francia dell’epoca, sosteneva l’ascesa al trono di Enrico d’Artois Conte
di Chambord. Quest’ultimo era il marito di
Maria Teresa di Asburgo d’Este imparentata con la casata dei Lorena,
la stessa persone che alla morte del marito, finanziò l’Abate Sauniere
di
Rennes le Chateau
per favorire la causa monarchica. Il Du Vachat, era intenzionato ad usare la
comunità davidiana per restaurare il potere temporale dei Papi , riportare
la monarchia Borbonica in Francia, annettere il territorio allo Stato
Pontificio.