Venire all'Elba e non visitare
le miniere, sarebbe un sacrilegio. Anche se ne abbiamo ampiamente parlato
nella sezione dedicata all'incontro con Gino Brambilla
e il segreto della metallurgia etrusca, a Portoferraio, è il
momento- per il nostro breve ma intenso tour- di capire la situazione
attuale. Perchè in passato sappiamo quale importanza massima ebbe l'isola
per le sue risorse minerarie, ma oggi?
Per
conoscere le cose ci spostiamo nella parte est, affacciata sul Canale
di Piombino, chiudendo -per così dire- il cerchio, nel senso che abbiamo
visitato l'Elba settentrionale, la occidentale, siamo transitati per quella
meridionale ed ora approdiamo in quella orientale, dove le rocce hanno oltre
500 milioni di anni! La nostra meta è Rio Marina, dove ha sede il
Museo dei Minerali e dell'Arte Mineraria. Situato negli spazi espositivi
del Palazzo Burò, nel centro storico, conserva una raccolta considerata tra
le più importanti dell'Elba, con esemplari di grande fascino. Alcuni sono
così ben modellati dalla natura, da sembrare modellati dall'uomo in forme
geometriche perfettamente levigate. Invece
tutto lavoro plurimillenario della Natura stessa... All'interno del Museo è stata
ricostruita anche una miniera, utilizzando materiale originale rinvenuto nei
vecchi cantieri. I locali sono:l'officina del fabbro ferraio, il riparo del
minatore ed un piccolo tratto di galleria a dimensioni reali. Si può in tal
modo immaginare quanto fosse duro il lavoro di un minatore, pericoloso e
pesante. Un bel viaggetto in trenino ci porta sulla terra rossa di miniera,
attraverso i cantieri minerari più importanti per conoscere la storia delle
miniere di ferro dal vivo, e la valenza geo-mineralogica di questo versante
dell'isola. Nel 1981 tutte le miniere elbane sono state definitivamente
chiuse, dopo millenni di attività (con tutti i pro e i contro del caso...).
Il sopralluogo
all'anfiteatro naturale del Monte Giove, che è stato scavato a
gradoni, suscita molti sentimenti intimi profondissimi: il paesaggio quasi
lunare, con le rocce rosse e a tratti nere per la presenza di ematite, evoca
pensieri remoti, di quando in questa zona operavano gli Etruschi, e poi
tutti gli altri popoli, uomini con le loro storie personali, e all'ingegno
umano, alla natura, capace di offrire dei frutti così preziosi come i
minerali, che -lungi dall'essere cose morte- nascono e crescono nella loro
vena, trasformandosi continuamente. E pensiamo anche ai minatori più vicini
nel tempo, che venivano pagati con farina o prodotti naturali. Lo sguardo
spazia all'intorno, a 360 gradi: solo miniera e montagna, ed un piccolo
laghetto.
Riprendiamo il
bus-navetta ed eccoci a superare il Fosso Reale, che divide Rio
Marina da Rio nell'Elba, la cui descrizione è alquanto ardua da fare
in poche righe, poichè vanta una storia lunghissima e gloriosa, di cui si
sta lentamente perdendo la memoria. Tuttavia, per la storia comune, si parla
di 'terra di Rio', senza operare troppe distinzioni. Il più importante
documento della cittadina sono gli Statuta Rivi, databile al
1546 con aggiunte fino al 1745, che raccoglie gli ordinamenti riesi in varie
materie e disciplinava la vita in quei tempi. Lungo il percorso,
si possono incontrare di tanto in tanto dei pannelli che ricordano con
pertinenza tali regolamenti. La terra di Rio è ricca, oltre che di
minerali, di acque e proprio a Rio nell'Elba si trova la sorgente più ricca
e generosa, che generò il nome (Rio). Questa sorgente di acqua perenne fu il
centro attorno al quale si sviluppò l'antichissimo insediamento, centro
principale della terra delle miniere. Ancora oggi l'acqua sorgiva sgorga
dalle Cinque Bocche, una fontana del centro storico. Due chilometri
nord-est sorgeva anche un altro borgo, Grassera, che oggi è
scomparso, ai piedi del
Monte Giogo e a margine della cava di ferro La
sua pieve, dedicata a San Quirico, si fuse con la Parrocchiale di Rio, che tutt'oggi è intitolata ai SS. Giacomo e Quirico e che si presenta
come una fortezza. La piazza dove sorge la chiesa è il centro nevralgico di
Rio, commerciale, sociale, amministrativo. Lungo la vicina via Zambelli
(l'antica via Maestra o di Chiesa o anche di Piazza), si nota la
pavimentazione a grandi lastre quadrangolari e si incontra il Teatro
Garibaldi (detto popolarmente 'Il Teatrino', edificio di origine
settecentesca). Molto interessanti l'antico Lavatoio coperto, il Museo
Archeologico e la visita al Santuario di Santa Caterina, attorno
al quale vi è un mistero che tratteremo tra poco.
Saliamo sopra Rio e ci
fermiamo in uno dei posti più incantevoli che abbiamo visitato sull'isola:
il percorso pedemontano è il preludio ideale al contatto con l'eremo di S.
Caterina, nei cui pressi si trova pure l'Orto dei Semplici Elbano.
Una zona carica di insediamenti etruschi, romani e medievali; zona di
passaggio di pellegrini in transito per la Terrasanta e per questo, forse,
anche percorsa dai Templari. Da un lato la visione stupenda del mare,
dall'altro il Monte Serra. L'istituzione dell'Orto botanico si deve
allo scrittore e fotografo berlinese Hans George Berger che dal 1977
soggiorna nel giardino dell'eremo (dove coltiva le sue rose e ospita artisti
da tutto il mondo) e che dal 1990 si è attivato per promuovere eventi
culturali per far conoscere il luogo, mantenerne le caratteristiche naturali
e la spiritualità. E' coadiuvato, nel progetto, dall'Amministrazione
Comunale e sostenuto scientificamente dal Dipartimento di Scienze Botaniche
dell'Università di Pisa, della Scuola Superiore di Studi Universitari e di
Perfezionamento Sant'Anna e dalla Facoltà di Agraria di Pisa. Nell'Orto dei
Semplici vengono preservate anzitutto le diversità biologiche vegetali
dell'isola d'Elba e dell'Arcipelago Toscano, ricco di ben 1368 specie di
piante vascolari spontanee e naturalizzate, tra le quali 30 endemiche e subendemiche; si recupera e valorizza quella vegetazione che rischia
l'estinzione, si salvaguarda il patrimonio culturale legato all'uso di molte
piante, sia per uso medicinale che alimentare. L'Orto occupa un'area di
circa un ettaro ed è aperto al pubblico dal 1997. La vicinanza con l'eremo
di S. Caterina vuole forse esprimere il legame che c'è stato da sempre tra
l'attività conventuale dei monaci- farmacisti e la natura. Hans George
Berger ha trovato, qui, il suo ritiro spirituale ed artistico. L'Orto è
costituito da diversi 'orti conclusi', ciascuno dedicato ad un tema,
collegati da un percorso armonico (e forse iniziatico!).
Il mistero della stele
egizia
L'Eremo di Santa Caterina
d'Alessandria risale almeno al medioevo, ma è probabile che vi sorgesse
già un edificio precedente. Si presenta attualmente nelle forme conferitegli
nel 1634, e versa in condizioni non brillanti. Ha un campanile sul lato
destro, guardando la facciata, che appare austera. La sua origine, secondo
una narrazione locale, si fa risalire all'apparizione di santa Caterina ad
un ragazzo del posto; l'evento viene ricordato annualmente, dopo la Pasqua.
Appare sconsacrato, non si officia più, è sede occasionale di mostre ed
accoglie una fondazione culturale. Siamo venuti a conoscenza che negli anni
'70 dello scorso secolo, si trovava una stele, sulla facciata della chiesa,
oggi dispersa, ma di cui rimangono delle foto scattate dal sig. Gianfranco
Fazzini per conto della professoressa Maria W.Boutakoff, una
ricercatrice del Museo del Louvre. Lei ne fece una descrizione: "Nettamente
in forma di capigliatura nello stile 'nemeo', da un sarcofago egiziano,
questa stele ha la faccia solare, la cui capigliatura forma come dei raggi
solari, evocando anche la criniera del leone, animale simbolico che in
Astrologia significa non solo l'omonima costellazione ma il Sole stesso. Sul
petto vi sono simboli, attributi pagani che sono stati tolti in epoca
cristiana, ma le loro tracce resistono ancora molto visibili, per cui la
fessura, dalla quale sgorgava l'acqua, era stata ingrandita e deformata per
essere adattata a ricevere le offerte (oboli), mentre restano- ai due lati
della bocca- due piccoli simboli pagani, simboli "Chenou", del Potere
Universale, antichi segni egizi che sussistono nella Simbologia
Paleocristiana. Tutto questo, proprio come la coppa del naso a triangolo e
gli occhi a forma di chiocciola, alla maniera arcaica, confermano nel loro
insieme le origini antiche e pagane, sebbene un paganesimo tardo-antico, di
questa stele incontestabilmente isiaca ed egizianeggiante. Quanto
all'iscrizione cristiana posteriore, essa è pisana ed è stata aggiunta molto
tardivamente. E' possibile che questa stele pagana sia stata anticamente una
stele -sorgente -solare -oracolare. Occorre non confonderla con la Bocca
della Verità romana, perchè qui la bocca parla, non morde, essa non ha il
più piccolo orifizio. Dentro la chiostra dei denti si vede la lingua che
parla annunciando l'oracolo o semplicemente risponde alle domande del
consultante". Tutto ciò è stupefacente! E la ricercatrice mostra di
avere quasi una certezza fondata. Per suffragare la sua tesi, ha ricercato
altri possibili indizi che possano soddisfare l'ipotesi 'egizia' all'Elba.
Un autore antico, Rutilio, faceva riferimento ad un culto Osiriaco, sulla
costa di Piombino, per la verità, in occasione del termine della seminagione
(fine ottobre-inizio novembre). Secondo la Boutakoff, poi, vi sarebbe una 'triplice collina solare'
-antichissimo
centro di culti solari- non molto distante da Rio, dietro Portoazzurro, nella località chiamata
Monserrato (dove tra l'altro c'è un Santuario(1) costruito dagli Spagnoli
su immagine di quello catalano in cui si venera la Madonna Nera più
importante di Spagna), e che è appunto meta di pellegrinaggio all'Elba. Ma
come è finita una stele egizia (se lo era), sulla chiesa di S. Caterina
d'Alessandria? Chi l'aveva portata qui? Da dove proveniva? C'era forse un
santuario egizio, ancora da scoprire, da qualche
parte sull'isola? Perchè la stele venne recuperata e portata qui? E perchè è
sparita? Qualcuno ne ha notizia o ebbe modo di vederla, visto che fino al
1970 pare fosse ancora sulla facciata dell'eremo? Noi siamo qui ad
accogliere ogni informazione su questo mistero.