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TEMATICHE: Due passi nell'Italia nascosta Simbologia e Cultura Orientale UTILITY: Ricerca veloce titoli per argomento SERVIZI:
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di
Villa Palombara a Roma di Alberto Canfarini
Il
mio primo studio sulla Porta ermetica fu pubblicato su "Hiram" nel
gennaio 1986. Oggi ritorno su questo argomento ritenendo di poter fornire ai
fratelli delle considerazioni più complete, maturate in anni di studio, pur
essendo consapevole che la simbologia e gli enigmi della porta racchiudono tutto
l'iter alchemico e che nessuno potrà fornire una versione finale ed esaustiva. La
porta. ermetica, o magica come la chiamava il popolo di Roma, era incastonata
nel muro di cinta d'un orto sito nella piccola via di S. Vito che si immetteva
nella più nota via di S. Croce in Gerusalemme. Nel
1873, in seguito alla demolizione del muro dove era situata la porta, la
commissione archeologica comunale la fece scomporre e conservare nei magazzini
municipali. Più tardi fu sistemata nel giardino di piazza Vittorio dove ancora
oggi si può ammirare; furono posti ai lati due statue denominate
"Bes", ritrovate nei lavori di scavo del Quirinale nel 1888. La
porta ermetica, monumento unico al mondo nel suo genere, fu l'ingresso del
laboratorio alchemico del marchese Massimiliano di Palombara, senatore di Roma. Il
marchese, uomo dedito alle scienze esoteriche, la fece costruire nel 1655; egli
intrattenne rapporti di studio anche con la regina Cristina di Svezia che,
abbandonato il trono, si stabilì a Roma attorniandosi di uomini colti e aperti
a ogni esperienza; ella stessa, donna originale, vivace, esperta in esercizi
fisici e dotta, conduceva una vita ritenuta spregiudicata per l'epoca. Nonostante
tutto fu accolta nella Roma papale con la massima deferenza. Prima
di iniziare l'esame della porta, sarà il caso di dare un accenno a due
personaggi originali che frequentarono villa Palombara; il primo è conosciuto
come il Pellegrino perché se ne ignora il nome. Egli ottenne ospitalità nel
laboratorio del marchese per una notte, con la promessa di trasmutare in oro il
liquido che il marchese faceva bollire nel crogiuolo. La
mattina dopo l'ospite si era dileguato, ma aveva lasciato sul pavimento il
contenuto del crogiuolo che aveva prodotto una striscia d'oro purissimo, inoltre
aveva lasciato sul tavolo una carta su cui aveva tracciato degli enigmi. Si
narra che tali iscrizioni furono fatte incidere dal marchese su tavole di marmo
che vennero poste nel laboratorio e scolpite sui due stipiti e sul frontone
centrale della famosa porta ermetica. L'altro
personaggio fu il filosofo ermetico Borri. Egli nacque il 6 maggio 1627 a
Milano; al pari di Cagliostro, fu ritenuto dai suoi contemporanei un grande o un
millantatore, un terapeuta o un ciarlatano. Studiò
dai gesuiti ma non terminò gli studi perché fu allontanato per
insubordinazione. Più tardi fu ammesso in Vaticano dove studiò medicina,
chimica e alchimia; è in questo periodo che inizia la frequentazione con il
marchese di Palombara. Dopo
la morte di Innocenzo X, salendo al soglio pontificio Alessandro VII, nemico dei
novatori, fu costretto ad abbandonare Roma e si rifugiò a Milano dove si mise a
diffondere le sue dottrine giudicate sovvertitrici dalla Chiesa; ricercato
dall'Inquisizione, si rifugiò in Svizzera. I suoi seguaci furono costretti ad
abiurare e il Borri fu condannato in contumacia e in sua vece fu bruciata la sua
effigie, dipinta a grandezza naturale. II
Borri passò in Alsazia a Strasburgo e infine si stabili ad Amsterdam, dove
raggiunse il massimo della sua fortuna per la fama che si guadagnò come medico
e taumaturgo. Iniziò
a condurre una vita lussuosa che contraddiceva quanto aveva insegnato ai suoi
discepoli. Anche
in questa nazione provocò gelosie che lo misero nella condizione di fuggire per
evitare la prigione. Arrivato a Copenaghen presso la corte di Federico III
ottenne aiuti economici e onori; fu nominato prima consigliere e poi ministro
ma, alla morte del re, fu costretto ad abbandonare la Danimarca con l'intento di
rifugiarsi in Turchia. Durante
il viaggio fu arrestato in Moravia e consegnato all'imperatore d'Austria
Leopoldo I, il quale a sua volta lo consegnò a Roma dove regnava Clemente X,
che lo fece rinchiudere a Castel S. Angelo in attesa della pena capitale. La
pena di morte fu commutata in carcere a vita, dopo aver compiuto l'atto
dell'abiura. La
cerimonia solenne si svolse nella chiesa della Minerva alla presenza del clero,
della nobiltà romana e del popolo affluito in massa; il cerimoniale fu
terribile e crudele, non una voce si levò in sua difesa, comprese le persone
che erano state guarite dal Borri che gridavano "al fuoco, al fuoco!". Rimase
in carcere fino al 1678; in seguito, grazie all'intervento dell'ambasciatore di
Francia, che era stato da lui guarito, ottenne un carcere meno duro e la
possibilità di lavorare in un laboratorio alchemico installato a Castel S.
Angelo; ottenne anche il permesso di uscire dalla prigione. In
questa condizione di libertà quasi assoluta ebbe la possibilità di
ricominciare a frequentare la nobiltà romana, compresi il marchese di Palombara
e Cristina di Svezia. Certa- mente
non fu di poca importanza il suo apporto negli esperimenti alchemici e riti che
si praticavano nelle magiche notti nel laboratorio del marchese con la complicità
di Cristina. Dopo
la morte della regina di Svezia, sua protettrice, e con la salita al soglio
pontificio di Innocenzo XII, il Borri fu di nuovo rinchiuso a Castel S. Angelo
dove morì per febbri miasmatiche nel 1695. Questi personaggi coltivarono l'arte dell'Alchimia così spesso bistrattata dalla scienza ortodossa, al più considerata come primo aspetto della chimica nascente, ma che riveste, per coloro che si interessano della verità, dignità di scienza. Il
Frontone a
causa della propria divina natura, solo coloro che ne hanno conquistato le
"chiavi" ne conoscono il mistero. Noi
Massoni ne dobbiamo comprendere il perché: non sta forse scritto nei nostri
Landmarks che la Massoneria possiede segreti che non possono essere rivelati? E
di quali segreti si parla se non di quelli che, per la loro intrinseca natura,
non sono suscettibili di essere enunciati, proprio perché presuppongono la
capacità dell'adepto di possederne le chiavi? La
Massoneria promette le chiavi a chi ne è degno e lo stesso avviene in tutte le
scienze iniziatiche, perché parrebbe che questo "Segretum Magnum" sia
la medesima conoscenza nascosta che anima ogni fratellanza che si rivolge al
vero, al sacro significato della nostra esistenza. Nessun
filosofo ha mai parlato chiaro in proposito e ogni scritto è stato una
ri-velazione del mistero. Per
quanto sia ardua l'impresa di parlare di questa sublime scienza, concentrata nei
simboli e nelle scritte della Porta Ermetica, forse seconda per valore solo alla
"Tavola di Smeraldo" attribuita a Ermete Trismegisto, nel tentare
un'analisi, sia pure sintetica, di questo monumento, sarà il caso di iniziare
dai due guardiani della soglia o "Bes" che, come è stato ricordato,
non furono posti da chi concepì la porta, ma solo più tardi. Una
cosa è certa, la persona che unì i due "Bes" alla porta era dotata
di conoscenze esoteriche; infatti essi rappresentano i guardiani che impediscono
l'ingresso nel giardino magico: sono le nostre incompiutezze, le nostre paure
che, come afferma Raphael, impediscono “di volgere veramente le spalle al
proprio passato, al subconscio individuale e collettivo”. [Cfr. Raphael,
Orfismo e Tradizione iniziatica, cap. "L'ascesi orfica". Edizioni
Asram Vidyâ, Roma] Passiamo
alla porta e iniziamo dal medaglione circolare che poggia sullo stipite della
stessa. Dentro
il primo cerchio estremo troviamo l'epigrafe: Tria
sunt mirabilia deus et homo mater et virgo trinus et unus. [Tre
sono le cose meravigliose: Dio e uomo, madre e vergine, trino e uno] Qui,
riconducendosi alla legge del ternario vengono rappresentati i tre elementi
essenziali dell'opera alchemici: il Padre, la Madre e il Figlio. Per
citare la Tavola di Smeraldo: “II sole è suo padre, la luna è sua madre, il
vento la porta nel suo ventre, qui è il Telesma...”. Alcuni
vi hanno ravvisato lo spirito, l'anima e il corpo. Per proseguire la
comparazione, la religione cristiana e quella vedica affermano analoghe trinità. Alcuni
alchimisti si rifanno a una triade ermetica: lo zolfo, il mercurio e il sale che
corrisponderebbero allo spirito, all’anima e al corpo. II
tre volte grande Ermete parla del sole, della luna e dell’oro, che nella
cosmogonia egizia sono Osiride, Iside e Horus. Qui vediamo alcuni dei molti nomi
che le maggiori religioni e scuole esoteriche danno alla Trinità. Se
consideriamo che l'Alchimia è un'arte operativa, che indica le azioni da
intraprendere per mutare gli elementi, ci rendiamo conto delle difficoltà
dell'Opera, quando per molti non solo le operazioni di calcinazione,
sublimazione, coagulazione sembrano oscure, ma perfino gli elementi su cui
operare sembrano incerti o meglio si prestano a una infinita varietà di
interpretazioni. Per
chi non è qualificato, o non ha una guida, è sconsigliato intraprendere un
simile viaggio proprio perché le molte comparazioni e analogie possono
fuorviare i ricercatori e fornire a essi rotte incerte, se non completamente
errate. Ed
è per questo che nelle "Nozze Chimiche" di Christian Rosenkreutz si
parla di un magnete, una bussola necessaria a non perdere la Via. Nella
Divina Commedia, Dante è guidato da Virgilio; in Alchimia, i molti filosofi
prospettano una guida, un intervento extra-umano (un angelo con la tromba, una
divinità ammantata di stelle). Viene pertanto raccomandato all'adepto di
rivolgersi al supremo Artefice prima di mettersi al lavoro nel laboratorio
alchemico. I
soli consigli che si possono dare sono: -
ricordare che l'Athanor, il crogiuolo su cui operare, è l'uomo ossia noi
stessi; -
tener presente che la Via è quella Solare, la Via del Fuoco o Metafisica
insegnata in occidente da Ermete, Orfeo, Aglaofamo, Pitagora, Filolao e Platone. Continuando,
dentro la cornice del medaglione vi sono due triangoli equilateri sovrapposti
che formano una stella a sei punte, il notissimo sigillo di Salomone, sublime
rappresentazione dell'unione dei contrari. Nel
linguaggio alchemico, il triangolo con il vertice verso il basso rappresenta
l'acqua, il principio femminile, l'argento, la luna; il triangolo con il vertice
verso l'alto rappresenta il fuoco, il principio maschile, il sole, secondo
alcuni alchimisti simboleggiato dal gallo. Si
può fare un gran lavoro di analisi e comparazioni ma, senza le
"chiavi", ogni interpretazione è vana. Basilio
Valentino afferma che “l'opera è facile da fare, tu non hai bisogno di altre
istruzioni per saper governare il tuo fuoco e costruire il tuo fornello”. Il
Cosmopolita ci dice pure che quando i filosofi affermano che l'opera è facile,
essi avrebbero dovuto aggiungere che è tale per coloro che la conoscono, quindi
è tutto facile salvo sapere il senso dei simboli, solo allora si può passare
alle operazioni, al rettificare se stessi. Ma
che significato dare allora ai due triangoli incrociati? Sempre Ermete risponde:
“Sale dalla terra e discende dal cielo e riceve la forza delle cose superiori
e delle cose inferiori”. In altre tradizioni viene detto: discesa all'inferno
e salita al cielo, in Dante troviamo la discesa all'inferno e la salita
all’Empireo, e in Orfeo la discesa all'Ade e la salita alla terra. Platone
chiamava la parte solare anima demiurgica e quella lunare anima
negativa-ricettiva. È
chiaro che l'unione dei contrari è simbolo, sulla via iniziatica, del
superamento del duale; realizzazione sublime che porta l'uomo a un perfetto
equilibrio interiore e ad impadronirsi della sua natura divina; infatti
Salomone, che ha dato il nome a questo sigillo, veniva chiamato “Sapiente”. Continuando,
vediamo che sovrapposto all'esagramma vi è un altro simbolo composto da un
circolo sormontato da una croce: è il globo del mondo, emblema dell'imperio sia
sul piano della materia sia su quello dello spirito, per chi ha saputo portare a
termine l'Opera. All'interno
del circolo troviamo la scritta: Centrum
in trigono centri [Il
centro sta nel triangolo centrale] Il
fondamento di tutto sta nella trinità. Come
non riferirsi al noto “punto” della Massoneria? Dobbiamo tornare al centro
dell'essere umano, ritrovare il Sé, l'essenza fuori del tempo-spazio che
corrisponde alla polarità cosmica, allora avremo raggiunto l'equilibrio dei
contrari che ci schiuderà gli stati superiori della coscienza con il risveglio
del Sé. Nel
centro del globo del mondo vi è l'ultimo dei simboli racchiusi nel medaglione,
un piccolo circolo con un punto al centro. È tradizione universale che il punto
sia il principio generatore e la circonferenza la cosa generata, con altre
parole Dio e la sua creazione; viene anche definito “simbolo aureo”. l’Architrave Passiamo
ora all’architrave della porta. Su di essa vi sono due epigrafi, la prima in
caratteri ebraici: \yhla
hwr.(Ruach Elohim) [Spirito
Santo, Respiro di Dio, Soffio Vitale] Ruach
significa ciò che si muove e ruota, il soffio, il respiro. 11 veggente di Patmo,
che era iniziato alla Gnosi, nell'Apocalisse dice: “Lo Spirito spira dove
vuole”. Si
potrebbe rapportare, in alchimia, al mercurio, duplice nella sostanza, figlio
del sole e della luna, che gli ermetici chiamano androgino o rebis. Questo
Mercurio dei filosofi, primo mestruo dell'oro e dell’argento dei filosofi,
opera il dissolvimento dei metalli con la sua forza attiva e penetrante. Ma
vediamo ancora che a poco serve sapere questo se non si conosce il sole e la
luna, se non si sa come unirli per formare il mestruo mercuriale. Dante,
cultore dell'Alchimia, seguace dei Fedeli d'Amore, fa dire al custode della
sacra porta del purgatorio che occorrono due chiavi per aprirla, una d'oro e
l'altra d'argento. Aggiunge
ancora che quella d'oro è più preziosa, ma quella d'argento è proprio quella
che determina l'apertura della porta perché vuole tanto acume e ingegno. La
seconda epigrafe, iscrizione latina, recita: Horti
magici ingressum hesperius custodit draco et sine alcide colchicas
delicias non gustasset Jason [Il
drago delle Esperidi (o meglio della notte) custodisce l’ingresso del
giardino magico e senza Alcide, Giasone non avrebbe gustato le delizie della
Colchide”] II
dragone delle Esperidi, come viene tradotto da alcuni “hesperius draco”, in
realtà si rifà a un mito differente da quello di Giasone e degli Argonauti. Si
riferisce a quello dei pomi d'oro delle Esperidi, raccolti da Ercole dopo
l'uccisione del Drago. Ma
chi è Giasone? Sappiamo da altre fonti iniziatiche, non ultima la Massoneria,
che l'adepto, l'uomo che sta ricevendo l'iniziazione, è rappresentato da
Giasone; è sufficiente ricordare l'uomo da un sandalo solo. Sappiamo
anche che Ercole è figlio di un Dio e che appena nato, ancora nella culla,
uccise due serpenti che lo minacciavano; in Alchimia si parla del "bambino
filosofico" e sappiamo anche che, confortati dal parere esperto del Pernety,
dei e dee degli antichi miti rappresentano metalli, operazioni e stati
dell'essere. Almeno una cosa appare abbastanza chiara: l'iniziando non godrà
dell'oro, della sapienza se non sarà aiutato dalla volontà inesorabile
rappresentata da Ercole che gli farà vincere il dragone, ossia la barriera
della terra con le sue passioni; solo allora egli potrà entrare nel giardino,
nel mondo invisibile, nell'occulto e ritrovare la sua vera natura immortale. Sullo
stipite sinistro, in alto [Quando
nella tua casa i neri corvi partoriranno le bianche colombe allora sarai chiamato sapiente.] L'autore
fa riferimento alla successione dei colori nell'Opera, il nero seguito dal
bianco e infine dal rosso. Che
il nero sia il cadavere putrefatto del dragone, credo che nessuno possa
dubitarne. Resta,
al solito, da scoprire cosa sia il dragone e poi perché debba morire. L'impresa
è ardua e riservata a pochi. Cristian Rosenkreutz, nelle sue "Nozze
Chimiche", lo chiama Re nero, che deve essere decapitato, poi cotto con gli
altri metalli in amalgama all'interno dell'uovo filosofico, per far nascere
l'uccello miracoloso. Ciò
ricorda la Fenice che risorse dalle sue ceneri, il Cristo risorto, ma, per
restare ai corvi e alle colombe, ricorda anche quei misteriosi messaggeri di Noè
inviati a cercare la terra dopo il diluvio. Prima
venne spedito un corvo che non tornò, poi una colomba che rientrò all'arca con
un ramoscello d'ulivo nel becco, quando appare il segno che le acque si stavano
ritirando e che l'Ararat, montagna sacra dell'approdo, mostrava di nuovo la sua
terra, a significare l'inizio del regime secco dell'Opera. L'opera al nero, ci
ricorda Raphael nel suo Orfismo e Tradizione iniziatica, è: “La discesa agli
inferi risponde all'opera nigredo dell'Alchimia; anche Gesù discende agli
inferi come vi devono discendere tutti coloro che desiderano la
Realizzazione”. Solo
allora il Fuoco solare può splendere nella nostra coscienza purificata,
rettificata e riappacificata. Raphael
ci ricorda ancora che «questa discesa rappresenta, inoltre, l'opera al nero
dell'Ermetismo, la soluzione della solidificazione del passato, lo scioglimento
dai vincoli di ciò che non si è o, come direbbe il Vedânta Advaita, la
soluzione di tutte le sovrapposizioni velanti”. L'ente, nel tempo-spazio, ha
proiettato nella sua spazialità psichica direzioni energetiche (idee, emozioni,
desideri, aspettative, comportamenti, ecc.) che poi si sono solidificate,
cristallizzate. La coscienza, identificandosi con tale materiale, si costringe
nel divenire, non trovandosi mai al suo giusto posto e al suo giusto tempo. In
altri termini, non vive mai il suo stato presente. Oggi
si può intendere il termine inferi con il concetto di subcoscienza. Questa è
la nostra cantina ove sono depositate qualità o, meglio, nuclei solidificati di
qualità che trattengono e costringono la parte di Anima incarnata. Questi
nuclei sono formati dalla sostanza-materia o polarità negativa-ricettiva di cui
l'Anima demiurgica rappresenta l'altra polarità. Tale sostanza ha quindi
carattere femminile; così Orfeo (Anima demiurgica) deve scendere nella cantina,
prendere Euridice (il riflesso dell'Anima imprigionata dalla sostanza
solidificata), scioglierla dallo stato di costrizione e riportarla alla luce del
sole; vale a dire, ricomporla nel conscio in modo che la dualità venga a
scomparire... Comunque,
risolvere il subconscio individuale non basta perché vi è il subconscio
collettivo; la discesa agli inferi deve essere integrale, deve abbracciare
l'intero mondo infero; ciò implica che occorre sganciare l'Anima anche da tutto
ciò che l'umanità - in quanto processo individuato - ha cristallizzato. È per
questo che all'iniziando viene suggerito di rimanere sordo alle stimolazioni che
provengono dalle istanze sociali. Cosa non facile perché idealismi e
sentimentalismi di varia natura impediscono di restare fermi nell'equanimità
d'animo». La
Massoneria, nel suo gergo estremamente sintetico dice: “Scavare oscure e
profonde prigioni al vizio” Passando
allo stipite destro, in
alto, c'è il simbolo di Giove, stagno, color grigio. Esso
non rappresenta un vero e proprio regime, ma un graduale passaggio, da più
filosofi sottolineato, dal nero al bianco e più sotto vi è l'epigrafe: Diameter
spherae thav circuli crux orbis non orbis prosunt [Il
diametro della sfera, il tau del circolo,la croce dell’orbita non giovano ai
ciechi] Torniamo
al discorso del Cosmopolita: la comprensione dei simboli alchemici è riservata
a coloro che hanno sviluppato in sé la capacità di vedere, perciò non giova a
chi non sa vedere; in alcuni testi d'Alchimia la sfera tagliata dal diametro, la
sfera del tau, della croce greca, simboleggia tutta la gamma della vitalità
cosmica. Le due semisfere indicano due stati dell'essenza: il volatile o
spirituale e il fisso o materiale. Nella
porta ermetica di Kremmerz si afferma trattarsi della rosa e della sfera che
graficamente vengono rappresentate da una sola circonferenza, la quale ha una
croce nel suo mezzo. Il
vero sapere sgorga dalla croce che sta sotto la sfera. La croce sotto la sfera
è il simbolo di Venere, o chiave del Nilo, simbolo dell'Amore. Con
la croce conseguirò la rosa, con questa la Vita eterna. Ricordiamoci che anche
Gesù ammonì di non dare le perle ai porci. In Massoneria devono essere
accettati uomini che hanno qualificazioni, nel gergo massonico diciamo
"uomini liberi e di buoni costumi". Questa è una costante comune a
tutte le vie iniziatiche, aprire le porte solo alle persone qualificate e
concedere la graduazione della luce, della conoscenza, man mano che la coscienza
dell'adepto si espande. Stipite
Sinistro Centro Scendendo
sullo stipite sinistro, nel mezzo, osserviamo il simbolo di Marte. In
Alchimia ci si riferisce al ferro, al colore bruno. Quindi, più sotto,
l'epigrafe recita: Qui
scit comburere aqua et lavare igne facit de terra coelum et de coelo terram
pretiosam [Chi
sa bruciare con l’acqua e lavare con il fuoco, fa della terra un cielo e del
cielo una terra preziosa] In
alcuni testi si parla di due operazioni, il corpo (sale) passa a uno stato
sottile vicino a quello aeriforme e lo Spirito (zolfo), unendosi al primo,
cambia in sostanza sublimata, ossia in terra preziosa. Si intuisce chiaramente
che si tratta di un'opera di sottilizzazione, vale a dire di epurazione e di
elevazione. Sottolineiamo ancora come il fuoco, Ermete insegna, è l'elemento
essenziale dell'Opera: I.N.R.I. [Igne Natura Renovatur Integra - II Fuoco
rinnova l'intera natura]. Fulcanelli
dice che il Fuoco è la Scintilla vitale comunicata dal Creatore alla materia
inerte, è lo Spirito chiuso nelle cose, il raggio igneo. La ruota, come dice
Fulcanelli, è il geroglifico alchemico del tempo necessario alla cottura della
materia filosofale e così anche della cottura stessa; il fuoco, mantenuto
costante e uguale dall'artista notte e giorno nel corso di questa operazione, è
chiamato per questa ragione fuoco della ruota (rotazione, cambio di coscienza
dall'io al "Sé" e fissazione di questa realtà). «Il
Fuoco - secondo Dioniso - appare in tutte le cose e illumina tutto pur restando
occulto e invisibile, atto per sua virtù alla propria azione, mobile, capace di
comunicarsi a quanto gli
è vicino; esso è attivo, poderoso, presente invisibilmente in ogni cosa; esso
è impalpabile e indiminuibile quantunque si comunichi prodigalmente». Il
Pontano nella sua lettera dice che «egli ha errato più di duecento volte
(venti anni) sebbene avesse lavorato su la vera materia, perché egli ignorava
il Fuoco dei Filosofi... Fuoco acquoso o Acqua Ignea o Acqua Ardente... E
chi separa qualche cosa dal soggetto, ritenendo che ciò sia necessario, quegli
per certo non sa nulla di filosofia, perché ciò che è superfluo, impuro,
sudicio e di rifiuto, insomma tutta la sostanza del soggetto, si perfeziona in
corpo spirituale sempre mediante il nostro fuoco. E
questo i veri sapienti non l'ignorano mai. Perciò ben pochi pervengono all'arte
ritenendo che si debba rimuovere qualche cosa di superfluo e d'impuro. Ora
bisogna dire le proprietà del nostro fuoco e se ciò convenga alla materia. Quel
fuoco non brucia la materia, niente separa dalla materia, ne divide le parti
pure dalle impure, come dicono molti filosofi, ma converte in purità tutto il
soggetto; ma sublima come Geber fa le sue sublimazioni, similmente Arnaldo di
Villanova, e di sublimazione rende perfetto in breve tempo... Il nostro fuoco è
minerale ed eterno, non evapora, se è eccitato oltre misura partecipa allo
Zolfo, non proviene dalla materia, distrugge, dissolve, congela e calcina tutte
le cose... L'errore dunque di tutta codesta arte è il non trovare il fuoco che
converta tutta la materia in vera pietra filosofale... La
pratica invero è questa: si prenda la materia e il più accuratamente possibile
si triti con tritura filosofica e si metta al fuoco, e la proporzione del fuoco
si conduca in modo tale che ecciti semplicemente la materia, la tocchi tuttavia
e in breve tempo quel fuoco, senz'altra apposizione di mani, celermente compirà
tutta l'opera, perché putrefarà, corromperà, genererà e perfezionerà e farà
apparire i tre colori principali, nero, bianco e rosso... II
Fuoco non si trasmuterà insieme con la materia, perché non è materia, come ho
detto più sopra». Alcuni
testi asseriscono che in questo stadio si fanno volatilizzare lo zolfo, il
mercurio e il sale che sono racchiusi nell'uovo filosofico, le penne, ossia il
vapore che s'innalza dal fondo dell'uovo, faranno convertire tutti i metalli in
argento. Questo enigma allude al risultato del quarto fermento della luna o
semente argentifera. In questa fase ormai si sarà ben compresa la tripartizione
dell'uomo in Zolfo, Mercurio e Sale, in altri termini Spirito, Anima e Corpo, e
si deve compiere la separazione del Mercurio dal Sale, operazione essenziale
altrimenti non si potrà procedere verso le Nozze Chimiche. Raphael
dice: «Raggiungi la dimora di Coloro che sono e non più divengono, la
Cittadella degli Svegliati, il luogo senza confini. Solo la potenza del Fuoco può
trascendere il fantasma dispersivo del fuoco» Stipite
Destro Centro Sullo
stipite destro, nel mezzo, compare il simbolo di Venere. Gli alchimisti
associano a esso il rame, il colore verde. Più sotto l'iscrizione: Si
feceris volare terrant super caput tuum eius
pennis aquas torrentium convertes in petram [Se
avrai fatto volare la terra al di sopra della tua testa Con
le sue penne tramuterai in pietra le acque dei torrenti] Tutta
l'operazione tende al ritiro delle acque del diluvio che lasceranno spazio alla
terra preziosa, alla pietra alchemica su cui si fa una operazione misteriosa che
viene accennata più volte, simbolicamente, anche nella porta ermetica. Stipite
Sinistro Basso Azot
et ignis dealbando latonam veniet sine veste Diana. [Tramite
la purificazione di Latona da parte dell’Azoto e del Fuoco, appare Diana senza
veste] La
parte più pesante si separa, e questa è la veste o scoria; l'altra, volatile o
fluidica, ossia la parte nuda, priva d'involucro, è il puro fermento
argentifero, è Diana, il quarto fermento, ossia la luna. È
questa un'altra descrizione dell'Opera, in cui la purificazione della materia
filosofale produce la comparsa dell'argento. È
la purificazione del Purgatorio dantesco che prelude alla venuta di Beatrice
(colei che dà beatitudine), è la purificazione prescritta da tutte le
fratellanze misteriche. E
affinché non desti meraviglia il misterioso realizzarsi della pietra al bianco
(la mistica Iside svelata) a seguito della catarsi della materia prima, diremo,
come Beatrice nel Paradiso, che “sarebbe strano che, nettati dagli errori che
ci tengono a terra, restassimo ad essa vincolati, senza poter accedere
all'Empireo”. Volo
superbo descritto da Platone con i suoi cavalli, uno bianco e l'altro nero, uno
volto al cielo, l'altro alla terra. Ma attenzione qui non si fa metafisica
cosmica, ma microcosmica. Dei, cieli, terra e astri sono in dimensione
microcosmica per suggerire elementi e operazioni dell'Arte. Purificata
l'anima dalla miscela, essa abbandona la parte più pesante, la veste, ossia la
scoria, mentre la parte volatile, ossia nuda, che è il puro fermento Argento
simboleggiato da Diana, annuncia il governo del Sole. In
questa fase si acquisisce la prima chiave descritta da Dante, quella d'Argento. Questa
purificazione è la pratica iniziatica meno gradita alla mente dell'uomo; si
preferisce leggere una montagna di libri, magari scriverli, bluffare con se
stessi e non compiere l'opera di decantazione della propria coscienza. La
purificazione è la condizione sine qua non per procedere verso la realizzazione
finale della grande Opera. Rifacendosi al mito d'Orfeo ed Euridice, Raphael ci
ricorda che «si hanno così tre condizioni [coscienziali] in cui l'iniziando può
trovarsi. L'ultima
si presenta quando si intraprende la rettificazione senza qualificazioni
adeguate: la subcoscienza comprende ciò e crea false immagini, alibi e altro
per stornare l'ignaro aspirante. È
la condizione di alcuni i quali credono di aver effettuato la rettificazione o
la soluzione del proprio passato cristallizzato, mentre in realtà vivono di
illusioni e di ombre; si credono, ma non sono. In
altri termini, hanno riportato dal mondo infero solo la proiezione mentale del
vero se stessi. La
penultima condizione è estremamente penosa perché l'iniziando può avere certe
qualificazioni può avere giusta direzione e buona volontà intelligente, ma in
lui v'è ancora qualche guardiano della soglia che gli impedisce di volgere
veramente le spalle al suo passato, al subconscio individuale e collettivo. Se
si entra nella caverna per riprendere il proprio oro, occorre avere tutta la
determinazione, capacità e ardire di non voltarsi: basta un ripensamento, una
debolezza, un alibi, una qualificazione con cui si è vissuti per tanto tempo,
un filo karmico non interrotto, che l'opus fallisce. Questa condizione viene
sperimentata da discepoli che, per quanto ben intenzionati e con buone qualità
iniziatiche, non hanno tuttavia portato a fondo il processo della
purificazione... La
prima condizione, invece, è di colui che sa riportare la vittoria sulle proprie
ombre cristallizzate. L'Euridice incatenata dal tempo-spazio la si deve liberare
e portare nell'atemporalità del senza spazio... Il
mito della morte-rinascita è dunque un'esperienza ben precisa la quale deve
coinvolgere, più che il semplice emotivo, lo strato coscienziale più profondo;
in altri termini, deve coinvolgere l'ente stesso nella sua essenzialità. Solo
in tal modo diventa catartico... Ora,
bisogna tener presente un fatto: se il neofita non è pronto perché manca di
fuoco, di eros, di aspirazione alla morte-rinascita, l'evento rappresentato non
può dare gli effetti dovuti. Se non ci sono l'adeguato combustibile, la
coscienza anelante d'identità col Dio e il giusto rapporto con l'atto rituale,
questo può diventare una semplice rappresentazione teatrale o folcloristica.
Nel momento culminante del rito i mistes qualificati subiscono la rottura di
livello dell'io e non solo vedono, ma riconoscono ciò che realmente sono; vale
a dire, si riconoscono e si scoprono Dioniso. In
termini Vedanta si può dire che si entra in samadhi. Il rito è forza magica
che, se ben compreso e seguito, opera precisi effetti». Sullo
stipite destro, in basso, vi
è il simbolo del Sole, Oro, colore porporino e più sotto l'epigrafe: Filius
noster mortuus vivit rex ab igne redit et coniugio gaudet occulto [Nostro
figlio, morto, vive, torna re dal fuoco e gode del matrimonio occulto ] L'Argento,
figlio delle fatiche degli alchimisti, vive dopo essere morto ed aver
abbandonato le scorie, ma non è più Argento, finalmente è diventato Oro
alchemico. Torna
dalla sublimazione, è diventato Zolfo rosso o Sole determinato dal sacro
accoppiamento: Sole e Luna o Re e Regina con il loro amplesso hanno generato
l'immortale Figlio, cosi si compie la grande Opera. Come
non ricordare, ancora, la Fenice misteriosa che risorge dalle sue ceneri, Dante
che attraversa le fiamme come ultima purificazione, le prove del fuoco di molte
fratellanze iniziatiche e, perché no, il Cristo risorto e sceso all'inferno per
risalire alla destra del Padre. Inoltre, per comprendere chi sia questo Re,
siamo aiutati dall'iscrizione Filius Noster. In Alchimia egli è il figlio del
Sole e della Luna, è il Telesma di Ermete, forte di ogni forza, che sale dalla
terra e discende dal cielo. E la terra è sua nutrice e suo ricettacolo. Continua
Ermete: “separerai la terra dal fuoco, il sottile dallo spesso, lentamente con
gran cura”. Le
analogie non mancano e tutte ci conducono a una affermazione, forse
sorprendente: che tutte le epigrafi della porta alchemica fin qui considerate
descrivono, in modi diversi, la stessa operazione, quella espressa da Ermete
nella Tavola di Smeraldo. È
il solve et coagula degli alchimisti, lo sciogliere e legare dei cristiani che,
guarda caso, è attribuito come facoltà a Pietro apostolo, cui Cristo disse:
“Tu es petra” (tu sei pietra), è
la morte e resurrezione del Cristo, è la morte del Re Nero di Rosenkreutz e la
sua trasmutazione in splendido volatile. Quanto al coniugio della frase, esso va
interpretato come unione o matrimonio permanente, indissolubile. La
Pietra, nettata dal fuoco, ha stabilità infinita. La sua duplice natura (del
rebis) è diventata una cosa diversa, ma unica, non è più suscettibile di
separazione ulteriore (per la meraviglia della Cosa unica, dice Ermete). È
lo yoga degli induisti, il cui senso è unificazione con l'Assoluto, unione che,
una volta raggiunta, non può ricreare lo status precedente. È la scritta del
medaglione trinus et unus che fonde permanentemente Padre, madre e figlio,
ovvero il Sole, la Luna e Oro. Se
con l'opera al bianco il Re era rinato alla vita (l'anima al di sopra delle
acque come candida colomba), con l'opera al rosso è ridisceso in essa
trasferendole la luce, ma soprattutto riacquistando totalmente la sua vera
natura, quella divina, immortale. Questa condizione veniva chiamata
nell'antichità corpo perfetto. San
Paolo enunciava il medesimo concetto chiamandola armatura di luce, il Buddismo
tantrico con l'espressione corpo di diamante folgore. Come
possiamo vedere, l'umanità che è riuscita a porsi nella visione della Verità
sul piano metafisico con linguaggio diverso esprime una unica Tradizione, una
Verità identica, che è l'essenza noumenica. Raphael
scrive: «Sotto questa prospettiva, si può essere d'accordo con Sofocle quando
afferma, su ispirazione orfica: Non esser nati! Ecco ciò che trascende ogni
pensiero. Ma se qualcuno appare nel mondo dell'esistenza, c'è un'altra cosa che
ha senso: tornare al più presto da dove si era venuti”. E
Pindaro non è da meno: Esseri effimeri! Che cos'è ciascuno di noi? L'uomo è
il sogno di un'ombra!. Se
per un accidente siamo precipitati nel non-essere, è nostro dovere e destino
ridare le ali all'Anima in modo che possa volare, senza indugio, verso la sua
patria naturale. Ancora
Raphael in Iniziazione alla Filosofia di Platone scrive: La fuga dal corpo e dal
mondo è sì fuga, ma non verso l'annichilimento e l'evasione, bensì è fuga
verso la vera patria dell'Essere, è fuga dal mondo delle ombre, è fuga dal
sensoriale passionale irrazionale...». Chi
avrà saputo salire questa via in salita, non facile, otterrà l'ultima chiave,
quella d'Oro di Dante. Soglia Sulla
soglia della porta appare il motto: [Il
motto può essere letto da sinistra a destra ("Se siedi non procedi")
e da destra a sinistra ("Se non siedi procedi"). Questa breve frase è
una vera istruzione operativa, premessa a tutta l'opera alchemica]. È
l'equivalente di un passo del celebre "Se" del fratello Rudyard
Kipling 33 laddove recita: Se tu sai forzare il tuo cuore e i tuoi muscoli e
nervi a servire, servire, servire al di là delle forze e così tener duro pur
quando in te tutto è finito eccetto il volere che dice: resisti! e proseguendo:
se tu sai riempire il minuto implacabile con sessanta secondi di strada
percorsa, tua allora sarà la terra, con ciò che la terra contiene, ma, ciò
che più vale, tu sarai Uomo figlio mio!. [È
opera occulta del vero saggio aprire la terra, affinché germogli la salvezza
per il popolo]. L'espressione
è talmente chiara che appare perfino superfluo insistervi, salvo per confermare
che la terra è la stessa della Tavola di Smeraldo, quella che è nutrice e
ricettacolo del Telesma, la stessa del V.I.T.R.I.O.L. [Visita interiora terrae
rectificandoque invenies occultam lapidem. Visita le parti più profonde della
terra e rettificando troverai la pietra occulta] Per
alcuni la pratica dell'iniziazione e anche filantropia spirituale, illuminare
gli uomini che posseggono le giuste qualificazioni; chi ha sufficiente
Conoscenza, derivante da una strada realmente percorsa e non da cultura
libresca, dona ai suoi adepti quella luce graduale che con piccoli passi fa
riaccendere, fa risvegliare quel Fuoco sacro che è nascosto nel cuore di ogni
uomo.
(cliccare per visualizzare l'immagine nelle dimensioni originali)
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