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ALLA
RICERCA DELL’ELIXIR DELLA LONGEVITA’: Durante
uno dei miei ultimi viaggi mi sono imbattuto in quelle che Fulcanelli
avrebbe definito due “dimore filosofali”. Esse sono piuttosto lontane tra
loro, trovandosi una in Lucania, e precisamente nella Abbazia
di San Michele a Montescaglioso, e l’altra all’interno del Duomo di
Spoleto. Sembrerebbe molto strano come, due luoghi così fortemente
“magici” ed “esoterici” si trovino presenti in siti dediti al culto
cristiano; in realtà il tema dell’Alchimia,
a differenza della Magia, non è
stato estraneo all’attenzione da parte dei Papi e dei Cardinali della Curia
Romana alla ricerca dell’”Elixir” : l’Immortalità. Una
testimonianza dell'interesse per questa nuova scienza tra gli alti ambienti
clericali la troviamo in diversi documenti di Ruggero Bacone inviati al
papa Clemente IV ove, appunto, si parlava dell’arte di “khem” e
dell’elixir di longevità, ma essa non è estranea a numerosi trattati di
studiosi e alchimisti che si avvicinarono a questa disciplina, sempre
all’interno delle mura Vaticane. Pensiamo a Arnaldo da Villanova,
medico di Bonifacio VIII, o
comunque ai francescani che si avvicinarono al pensiero baconiano dando luogo
agli esiti da un lato farmacologici, dall'altro visionari e allegorici della
ricerca alchemica. La
ricerca dell’elixir di lunga vita non era per nulla osteggiata dal pensiero
cristiano, anzi, ad esempio la condanna portata da Giovanni XXII agli
alchimisti nel decretale 'Spondent quas
non exhibent' non riguardava la ricerca dell'elixir, ma solo il problema
della falsificazione dell'oro. Ecco perchè
Giovanni da Rupescissa poté scrivere il suo De
consideratione quintae essentiae nel carcere papale di Avignone, senza che
questo aggravasse la sua posizione. Ecco
che però le tracce si fanno consistenti, diventan muri ed affreschi di due
curiosi quanto enigmatici luoghi.
Il
monastero era fortemente legato alle attività di Montecassino come si può
facilmente notare dallo stemma rappresentante i “tre colli” presente in una
delle sale al piano terra. Appena
si entra nella stanza possiamo notare figure di grandi pensatori, tra cui il Pitagora nell’atto dell’insegnamento di nozioni
matematiche e filosofiche che ben si sposano con questa camera “filosofale”. Tutto
è decorato da figure di elfi danzanti o che suonano strani strumenti, serpenti,
animali e inusuali uccelli. Spesso è presente la figura di Re Mida con
le sue orecchie d’asino,
stante ad indicare nella simbologia ermetica
“una verità che non può essere
svelata”. Diversi sarebbero gli affreschi e le pitture sui quali
soffermarci, noi ne esamineremo solo alcuni. Proprio
sulla porta d’ingresso troviamo la “vergine
che allatta”, la “virgo et mater”,
trasposizione cristiana di Iside ed il figlio Horo, insomma una classica vergine
nera, facilmente distinguibile dalla posizione del Santo Bambino. Immediatamente
vicino ecco l’affresco del “toro”,
l’animale totemico della dea e, dal punto di vista dell’Opera alchemica,
sacro al Sole e rappresentazione dello Zolfo,
il principio maschile, contrapposto al Mercurio,
l’elemento femminile che si ritrova quasi di fronte nell’affresco
rappresentante appunto San Michele, per molti trasposizione cristiana di Hermes
o Mercurio! Altro
simbolo fondamentale dell’Opera è il “corvo
nero”, esso rappresenterebbe la cottura e il color nero sarebbe il primo
segno della decomposizione, conseguenza della perfetta miscela delle materie e
quindi fortemente anelata dall’ alchimista. Tale
uccello (e quindi la decomposizione) deve apparire più volte nella
realizzazione dell’Opera, per alcuni anche 4, infatti è attraverso questa
decomposizione della materia che si separerebbe il puro dall’impuro, il segno
di una buona putrefazione avvenuta sarebbe proprio, come dice Batsdorff Ma
i messaggi alchemici non terminano qui. Così, continuando a vagare per le
pitture, l’attenzione si sofferma su una strana raffigurazione. E’ “la
zampa del leone” che regge il vaso alchemico, espressione del segno
dell’oro, il fuoco segreto. Del
resto il primo agente che serve a preparare il mistico solvente viene chiamato
“leone verde” : esso è lo stato embrionale che però possiede in sè
l’energia reale, è l’imperfezione da cui poi, deriverà il nostro elixir. E’ la Cabala che ci indica così la via, è nella lettera il segreto dell’Opera, così ecco che appare una “S”, o meglio una Triplice “S”, lo Zolfo filosofale. Ma
essa non è presente nella sua “unità” ella è Trina nell’Affresco,
l’indicazione è che si deve ripetere per ben tre volte la calcinazione del
corpo per realizzare le tre opere filosofiche come secondo le teorie di Geber. La
prima operazione ci dà appunto lo zolfo filosofale, la seconda l’elixir,
mentre la terza la Pietra filosofale, medicina che incorpora in sè tutte le
qualità e virtù. Moltissime
altre sarebbero le cose da dire , ma lasciamo a chi più esperto di noi il
compito di identificare e rintracciare i vari “passi” dell’Opera.
Ma
ecco che all’occhio del curioso un’altra camera si presenta agli occhi e
silenziosa ad essi parla. Si
ha subito l’impressione di entrare in una “stanza filosofale”, molte delle
decorazioni sono simili a quelle ritrovate a Montescaglioso, così ritroviamo
elfi che danzano e suonano, lanterne e strane creature. In alto si può notare
il “satiro che insegna”, elemento fortemente pagano e che non avremmo
pensato di ritrovare in un ambiente cristiano. Anche
qui, poi, sarebbe presente l’Arcangelo Michele con la bilancia e la spada,
classici attributi di Thot , il dio egizio da cui proverrebbero gli insegnamenti
alchemici, l’arte della terra di Khem. Vicino all’affresco dell’Arcangelo
si può scorgere l’”ariete bianco”, importante simbolo alchemico Al
centro è rappresentato il Cristo e sul lato sinistro San Paolo con la SPADA e
su quello destro San Pietro con la CHIAVE. Sembrerebbe la classica iconografia
ma ecco che all’osservatore attento l’affresco sembra suggerire altro. Ecco
così che appare come la spada e la chiave fossero messe in notevole risalto,
messe in primo piano rispetto ai santi. E’
l’analoga rappresentazione che
troviamo nel “ Le Livre Des figures
Hieroglyphiques” di Nicolas Flamel.
Ebbene, in entrambi i disegni, sia a Spoleto che appunto nell’opera
dell’alchimista, una strana prerogativa è la posizione dei santi, in entrambi
San Paolo si trova a Destra, ove di solito si trova san Pietro oltre
all’oggetto posto in evidenza. Strani
simboli e Strane dimore che meriterebbero una visita più accurata, sicuramente
testimonianza di una profonda simbologia alchemica regnava, in quei tempi,
proprio all’interno degli ambienti cristiani
della curia papale ove, Papi e Cardinali, cercavan più le ricchezze
terrene che le Glorie del Paradisiaco Regno dei Cieli.
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