Nel nostro fortunato
tour in Dalmazia siamo incappati anche in un 'vero' castello templare o
meglio, ciò che ne resta. L'imponente fortificazione è infatti ridotta allo
stato di rudere, ma in passato ha rappresentato una sede importante per
l'Ordine Templare, come vedremo in questo articolo, che ci mostra un lato un
po' nascosto' di questa sorprendente regione croata.
Ubicazione
Il castello è
situato nell'abitato di Vrana, a nord dell'omonimo lago, che
è il più grande
della Croazia. Ci troviamo nella microregione Ravni-Kotari (che significa
“distretti pianeggianti”), la quale, insieme alla vicina Bukovica, abbonda
di rilevanti edifici di interesse storico-culturale, tra cui spiccano quelli
legati alla presenza dei Cavalieri Templari e di San Giovanni (oggi di
Malta). Seguendo la strada panoramica litoranea Zara -Spalato si giunge
all’altezza di Pakostane, imboccando poi la direzione nord-est per
raggiungere il lago, che è ben segnalato nella lingua croata come Vransko
jezero, di cui abbiamo detto nella
sezione precedente.
Vicende storiche
Secondo le 'Cronache della Dalmazia"
di Giovanni Cattalinich, pubblicato nel 1834, nel 1076 Zvonimiro Demetrio
venne consacrato re di Croazia dall'arcivescovo Lorenzo, presso Salona
(nella basilica di San Pietro) e donò per l'occasione il convento
benedettino di Vrana alla Santa Sede. L'edificio passò ai Templari (pare che
questi Templari provenissero da una località chiamata Clissa), nel secolo
seguente, evidentemente allontanando i monaci benedettini, ai quali venne
assegnata la chiesa dei SS. Cosma e Damiano situata vicino a Belgrado.
Questo sarà poi motivo di scontri con i Templari.
Ma il periodo era turbolento anche per altri motivi...
Nel
1168 si ha notizia che il papa Alessandro III- con la Bolla spedita
al vescovo di Spalato Gerardo Veronese - concedette all'Ordine Templare il
cenobio di San Giorgio e le terre di Vrana, sottraendoli alla giurisdizione
del vescovo di Scardona, il quale pretendeva gli fosse soggetto.
Da qui i monaci-cavalieri avevano il controllo sia sull'importantissimo
commercio del sale (e di altre merci), sia sul transito di pellegrini e
carovane diretti in Terrasanta. Nonchè vi detenevano il tesoro reale,
attività che denota l'importanza che doveva rivestire la sede dell'Ordine a
Vrana.
Nel 1194 i documenti ci dicono che qualcosa di preoccupante era
successo tra i Templari e i benedettini del cenobio dei SS. Cosma e Damiano,
poichè dovettero intervenire a redimere la lite le più rilevanti cariche
religiose e civili: Pietro VIII, metropolita di Spalato successo a Pietro
VII, Damiano arcivescovo di Zara, Matteo vescovo di Nin, Grubesa conte di
Spalato. Essi decisero a Tign (località presso Vrana) chi avesse ragione (ma
non conosciamo i contorni della lite); da quanto si evince, i Templari
continuarono a rimanere a Vrana ma il contenzioso proseguiva, perchè nel
1199 il papa Innocenzo III confermò la sentenza con una Bolla rilasciata
al Gran Maestro dell'Ordine dei Templari. Tutto finito? Pace fatta? Macchè!
Nel 1229 dovette intervenire l'arcivescovo di Spalato, Guncello,
insieme a Gregorio, conte di Brubir, per decidere ancora in merito alla lite
insorta tra i Templari di Vrana e ad un personaggio, tale Formino figlio di
Pietro Strisio. Pare di capire che questi lavorasse per i benedettini perchè
in questa occasione si presentarono anche il vescovo di Nin (Nona) con due
frati domenicani e due francescani (una sorta di 'giuria') per giudicare la
questione che vedeva ancora i Templari opposti all'abate Benedettino di
Rogevo per alcuni beni spettanti al monastero dei SS. Cosma e Damiano (visto
l'accanimento, possiamo solo immaginare l'entità di questi beni tanto
contesi). I giudicanti in quell'occasione sciolsero la lite pronunciandosi
in favore dei monaci benedettini.
Nel 1245 viene citato il castello di Vrana in occasione della venuta
del re Bela IV, che proprio qui venne ospitato dai Templari e tenne dei
comizi per tentare di sciogliere le differenze e i contrasti tra le città
che allora si rivaleggiavano. Si sa anche che i Templari erano molto attivi
nel territorio dalmata, da nord a sud.
Nel 1280 c'è un fatto interessante poichè le cronache dicono che
Nicolò III ordinò all'arcivescovo di Spalato Giovanni di radunare un
Concilio Provinciale per esaminare le accuse rivolte ai Templari di Vrana.
Della natura di queste accuse non sappiamo purtroppo nulla di più!
Nel 1283 pare che i Templari contribuirono al trasporto del corpo di
S. Simeone dalla Palestina a Zara (di cui è uno dei patroni), sotto
l'arcivescovo Lorenzo Periandro. Nel 1288 si sa che un gruppo di Templari si
stabilì sull'isola di Cipro.
Nel 1311, in seguito alle vicende accadute nel 1307 in Francia in cui
tutti i Templari francesi vennero arrestati e imprigionati per ordine del re
Filippo IV detto 'il Bello', si riunì il XV Concilio Ecumenico o Generale a
Vienne, in Francia, con cui venne abolito l'Ordine Templare, e vennero
condannati i Fraticelli, i Fratelli Apostoli, i Begardi, i Beguini (o
Flagellanti). In quello stesso periodo vennero emanate le Lettere
Apostoliche di soppressione dei Templari agli arcivescovi di Spalato,
Zara e al vescovo di Segna (Senj) nella diocesi dei quali
esistevano le Case dei Templari. Si sa che anche l'isola di
Curzola (al
largo di Ragusa, oggi Dubrovnik) apparteneva a loro, e venne data-alla loro
soprressione- all'Ordine di San Giovanni, che però non ne prese mai
possesso.
Nel 1312 il fortilizio di Vrana passa quindi ai Giovanniti. In
seguito emerse la figura di una potente famiglia, quella dei Frankopan che
secondo alcune ipotesi avrebbe potuto annoverare alcuni templari sfuggiti
alla soppressione ma rimasti cavalieri. Il presidio dei Giovanniti a Vrana
venne in seguito scacciato dai Veneziani.
Curiosità:nel 1453 si sente ancora parlare dei Flagellanti (che erano stati
però condannati nel Concilio del 1312), poichè il vescovo di Curzola, Luca
Leoni, lo conferma in quanto esistente e al suo interno annoverava nobili,
cittadini e popolani.
I simboli superstiti nel castello
Superato l’angusto vialetto d’ingresso in
mezzo alle sterpaglie, si giunge tra le rovine, tra il sole che le arrovella
e il cielo terso che permette a noi di sopportare il caldo secco. Uno
spiazzo pianeggiante sulla destra permette di portarsi dirimpetto ad un muro
alto circa due metri e mezzo nel suo punto più elevato, che costituisce la
parete di condivisione con quella della chiesa, che è posta infatti appena
oltre questa. Su questo avanzo di muro troviamo alcuni simboli, tutti
illustrati a lato.
Ritornando all’ingresso e procedendo verso il
‘cuore’ della fortezza, a destra si noterà un’aula che ha ancora un aspetto
geometrico rettangolare, chiuso sul fondo da una parete leggermente
estroflessa:la chiesa. Sono presenti, oltre questa, altre due pareti
laterali e anche quella dell’ingresso, interrotta da un’apertura che sembra
più una breccia che una vera e propria entrata, il cui piano risulta molto
ribassato rispetto al resto e per accedere bisogna scendere dei gradini
notevolmente alti. Manca totalmente la copertura e il pavimento, che non
dev’essere originale, ospita diverse erbe selvatiche. L’edificio ha
una dimensione abbastanza regolare: i lati lunghi misurano circa cinque
metri e quelli corti circa tre. L’altezza è poco stimabile:la parete
laterale sinistra è crollata in buona parte. Sul fondo di quest’aula è
apprezzabile un arco romanico a tutto sesto poggiante su due pilastri
laterali, che introducono in un ‘sacello’ o abside che doveva alloggiare un
altare per le cerimonie religiose. Sono presenti –in alcuni tratti- dei vani
finestra piuttosto alti. La chiesa aveva una sola navata, e le pareti
laterali erano scandite da pilastrini di divisione. Sul muro, all’ altezza
di circa due metri (dove il muro sia ancora presente, chiaramente), abbiamo
rilevato dei simboli che probabilmente si ripetevano e che rappresentano un
cerchio in cui è inscritta una croce patente rossa. Questo è stato possibile
accertarlo grazie ad uno di questi soggetti, incredibilmente ben conservato
e ancora leggibile, posto a destra dell’abside. In totale ne abbiamo
rilevati cinque, di cui tre poco distinguibili. Un sesto –se c’era- è
totalmente abraso. Sembra che queste simbologie siano state salvate da
interventi di restauro o di recupero durante le varie epoche, talvolta
apponendo materiali forse troppo pesanti che invece di favorire il
mantenimento del manufatto possono aver contribuito a farlo crollare. In
mancanza di adeguati interventi di salvaguardia, però, questi reperti,
insieme ai ruderi ancora rimanenti dell’intero complesso templare, sono
destinati ad andare incontro all’oblio. Ci auguriamo che ciò non debba
avvenire e, per il momento, accontentiamoci di questi ulteriori due passi
nei misteri dalmati.