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TEMATICHE: Due passi nell'Italia nascosta Simbologia e Cultura Orientale UTILITY: Ricerca veloce titoli per argomento SERVIZI:
| (a cura di Marisa Uberti- foto e materiale vedi Avvertenze/Disclaimer) "Il più bello...grande e magnifico pavimento che mai fusse stato fatto" (Vasari,circa il pavimento del Duomo di Siena) CASTISSIMVM VIR GINIS TEMPLVM CASTE MEMENTO INGREDI E' scritto sul pavimento del Duomo,appena si entra,su una lastra che precede immediatamente la tarsia di Ermete Trismegisto. Perchè si pensò di arricchire il pavimento della cattedrale di tali meraviglie,non è dato sapere.Ciò che di sicuro sappiamo è che esse sono lì,presenti e vivissime,a testimoniare un'epoca in cui il gusto del bello e l'amore per il simbolo, o meglio dell'emblema, era un tutt'uno con l'anima di un edificio di culto religioso,di chi la progettava,la commissionava,la eseguiva materialmente. Per coloro che non sono ancora andati a visitare il duomo di Siena,devono sapere di prestare attenzione non solo all'esterno (se come noi vedranno la facciata coperta da impalcature, meglio non guardare!), dove c'è il famoso palindormo del SATOR,ma in particolare all'interno.Nella fattispecie, al pavimento.Esso fu ricoperto fin dal 1300 di tarsie,in poche parole pietre marmoree di colori particolari e sapientemente accostate,sulle quali vennero incise delle figure e dei temi sia pagani che cristiani (Testamentari).A causa dei camminamenti della gente e altre usure che nei secoli le hanno deteriorate, hanno dovuto essere restaurate pur mantenendo la primitiva originalità argomentativa e iconografica. Una lettura precisa va subito detto che manca;infatti alcuni temi appaiono francamente slegati dagli altri,e gli studiosi si sono avvicendati nel proporre le loro personali analisi critiche. Analisi che andrebbero sicuramente condotte anche sotto un profilo ermetico (alchemico) poichè ci è parso di ravvisare molti simbolismi che si riaccostano alla Scienza di Hermes (non a caso c'è proprio lui ad aprire il percorso...!). Il percorso di visita delle tarsie: (*)Vista della navata centrale:si notino le cinque tarsie centrali (dall'ingresso -in fondo nella foto-proseguendo): Ermete Trismegisto( 1488,Giovanni di Stefano); la Lupa Senese con i simboli delle città Alleate(autore originale ignoto,rifatta da Leopoldo Maccari nel 1864-65); l'Aquila Imperiale(originale del XIV secolo,autore ignoto, rifatta dopo il 1865); Allegoria del Colle della Sapienza (1505,Bernardino di Betto,detto il Pintoricchio); la Ruota della Fortuna. Che questo pavimento segua un intento 'esoterico' (non 'accessibile'a tutti) appare evidente nella prima delle tarsie che si incontrano partendo dall'ingresso,varcato il portale principale (n.d.r.:oggi le visite si effettuano dal portale di sinistra,non da quello centrale). In un grande quadrato incorniciato da un motivo labirintico,campeggia, su fondo nero,la figura di un Sapiente,con un cappello a punta bordato di giallo,come il colletto della veste,bianca,annodata in vita e un lungo cordone pure giallo scende dai suoi fianchi;poggia su un pavimento di colore rosso.La tarsia viene ascritta al 1488,opera di Giovanni di Stefano.In questo periodo venivano studiate,tradotte e divulgate dagli Umanisti le opere greche e latine che le Corti raccoglievano nelle loro Biblioteche.Questo è importante per capire forse il contesto culturale,storico e religioso in cui il pavimento prese avvio come progetto globale. Costui è nientemeno che ERMETE TRISMEGISTO(tre volte grande), il dio Thot Egizio,il Mercurio greco,Hermes per i Romani,autore della Tavola Smeraldina che racchiude i 'segreti'della Natura, tanto per intenderci, è il padre di tutta la Conoscenza umana.A lui si fa risalire un trattato chiamato "Corpus Hermeticum", in realtà collocabile tra il II e il III sec.d.C.(un tempo ritenuto molto più antico), composto da 14 trattati che vennero diffusi in Europa grazie alla loro traduzione ad opera di Marsilio Ficino negli anni 1463-64. C'è un cartiglio che ci dice esattamente la sua identità: HERMIS MERCURIUS TRIMEGISTUS CONTEMPORANEUS MOYSI' (Ermete Mercurio Trismegisto,contemporaneo di Mosè).Una enigmatica epigrafe!
La sua espressione appare benevola,mentre consegna con la mano destra un libro aperto ad un personaggio barbuto,con un turbante in testa e con la veste bordata di rosso(simboleggia la sapienza Orientale?),dietro il quale,quasi semplice assistente della scena,c'è un terzo personaggio,interamente rivestito da capo a piedi di una tunica bianca (simboleggia l'Occidente?). Sul libro aperto si legge: Suscipite o licteras et leges Egiptii. Il riferimento alla terra dei Faraoni,con la sua Antica Sapienza è qui palesata. Ermete sembra volerla affidare alle genti dell'Oriente e dell'Occidente tenendosi sempre saldi all'origine divina(la prima indagine che l'uomo deve compiere) ricordata nella tavola, su cui poggia la mano sinistra di Ermete, sorretta da due sfingi alate le cui code si annodano(formando un 8). Sulla tavola è scritto:"Deus omnium creator secum Deum fecit visibilem et hunc fuit primum et solum quo oblectatus est et valde amavit proprium Filuim qui appellatur Santum Verbum". La frase si attribuisce al Poimandres (Pastori degli uomini). Parlando di antichità delle tarsie,pare che la più antica sia quella che rappresenta la Lupa senese circondata dai simboli delle città alleate (1373), poi rifatta nel XIX secolo.E' stato mantenuto il lavoro a mosaico che la contraddistingue. La Lupa che allatta i gemelli Seno e Aschio è racchiusa in un cerchio,su fondo rosso:simboleggia l'eredità di Roma raccolta da Siena,che ne acquisisce anche lo stemma. Attorno -in tondo-su fondo nero, vi sono le città alleate che costituivano a quel tempo la Tuscia (vi appartenevano pure città che oggi non sono più toscane, come Perugia,Viterbo e Orvieto).Ogni città è rappresentata da un animale:Arezzo(il cavallo);Firenze (il leone);Lucca (la pantera);Orvieto (l'oca);Perugia (la cicogna);Pisa (la lepre);Roma (l'elefante);Viterbo(l'unicorno).Tutta questa iconografia è racchiusa,a sua volta,in un grande quadrato,ai quattro angoli interni del quale vi sono quattro città,simboleggiate da altrettanti animali:Grosseto(il grifone); Volterra (l'aquila);Pistoia (il drago);Massa Marittima (il leone con i gigli).Alcune le abbiamo messe in dettaglio: (Pistoia,il drago) (Grosseto,il grifone) Questa iconografia ci ha destato molto interesse,sia per i colori impiegati(nero,bianco,giallo e rosso,che ricordano quelli della Grande Opera Alchemica) che per i soggetti-simbolo (tutte metafore impiegate in Alchimia per appellare i 'protagonisti'della Materia Filosofale).
La tarsia de l'Aquila Imperiale:è un'enorme 'ruota' bianca su fondo nero(e inscritta in un riquadro a sfondo rosso), ripartita da colonnine che sorreggono archetti a ogiva(che ricorda il rosone di una cattedrale),al cui centro c'è un Aquila imperiale,che riafferma la continuità con Roma e simboleggia il massimo potere civile medievale. particolare della cornice della Ruota. La tarsia seguente è l'Allegoria del Colle della Sapienza.La scena è ripartita su fondi di colore diverso,dal bianco (il sentiero) al grigio(mare tempestoso), dal nero(terra?) al rosso(il colle della Sapienza).Sarebbe degna di dedicarle tempo per uno studio particolareggiato,per i tanti spunti interpretativi che offre la sua iconografia,che dobbiamo limitarci a descrivere invece sommariamente.La scena è dominata da un colle,in alto,a cui cercano di accedere vari 'pellegrini',o savi, variamente abbigliati e in pose differenti, sia maschi che femmine (uno con turbante giallo e nero dorme, e stringe nel braccio un libro chiuso;un altro ha un cappello a punta profilato di giallo come il suo abito,chiuso da una spilla gialla,e si gira verso la Fortuna,con in mano uno strano oggetto;uno reca il bastone che ricorda un TAU); questo è il primo della fila,è inginocchiato,tra poco raggiungerà la cima(ha un basco rosso in testa)e si troverà al cospetto della Sapienza,impersonata da una figura femminile seduta in trono, al centro della vetta, su cui crescono fiori ed erbette.Ella è sovrastata da una targa su cui è scritto " Huc properate viri:salebrosum scandite montem Pulchra laboris erunt premia palma quies". Quale compenso sarà dato al saggio che raggiungerà la vetta! La palma della serenità,che infatti lei dona al personaggio alla sua destra,che è Socrate, mentre a quello alla sua sinistra, Cratete, consegna un libro chiuso.Mentre Socrate(che tiene in grembo anch'egli un libro chiuso) è intento nell'atto di prendere con referenza la palma, Cratete è intento a riversare verso il basso (sopra la vela che ricopre il capo della Fortuna) un canestro pieno di oggetti apparentemente preziosi,catene d'oro,bracciali,spille,anelli (splendidamente intarsiati che sembrano veri!). I 'savi' (coloro che ricercano la Verità), che percorrono il sentiero, dovrebbero essere aiutati dalla Fortuna,simboleggiata dalla donna nuda a destra,che tiene con la mano sinistra una vela gonfiata dal vento e con la destra la cornucopia dell'abbondanza.Il piede sinistro è tenuto su una imbarcazione malridotta(con la quale ha condotto qui i savi?), mentre il destro appoggia su una sfera (che è già sulla terraferma). Sul sentiero,vi sono una miriade di sassi, radici, animaletti, serpentelli, una tartaruga... Il messaggio allegorico è racchiuso nel cartiglio a corredo,come abbiamo visto:la strada per giungere alla virtù è faticosa ma chi persevera (non resiste al richiamo) sarà premiato.Altra allegoria 'ermetica'... La prima delle tarsie di cui si ha notizia (13 marzo 1406) è quella della Ruota o rosa,nello spiazzo contro la sacrestia (prof.Milanesi in Documenti dell'Arte Senese, vol. I, pag.177); è quella la prima informazione che ci parla dei "lavori a figure" nel pavimento del Duomo Senese;e capiamo che la 'ruota contro la sacrestia', non possa essere che il tondo di marmo dove è figurata e scolpita la Fortezza.Ma già nel 1372 -secondo lo storico Tizio,senese - vi sarebbe stata una Ruota della Fortuna,che deve dunque intendersi come la più antica. La Ruota della Fortuna:su fondo rosso,è inscritta in un rombo,è divisa in otto spicchi da altrettante colonnine bianche con capitello,convergenti in un disco centrale marmoreo giallo.Un re assiso in trono,che non si scompone, in veste bianca,con la sfera nella mano sinistra (tiene potere sul mondo) e lo scettro nella destra (regalità e potere) sembra presiedere allo scorrere del tempo(eternamente), mentre aggrappati alla ruota in movimento,vi sono tre personaggi con gli abiti svolazzanti.Negli esagoni mistilinei fuori dall'azione della ruota, si trovano quattro Filosofi Antichi: Epitteto, Aristotele, Euripide, Seneca. Ciascuno tiene in mano dei cartigli che alludono alla fortuna.Questo motivo della Ruota della Fortuna, nel Medioevo, era a volte presente come rosone delle Cattedrali (vedasi a Verona,in San Zeno, ad esempio) La cosa curiosa e interessante,per noi che li seguiamo particolarmente,è che gli artefici furono Maestri Comacini,nella persona di Marchese d'Adamo da Como e compagni, maestri di pietra da Como.La tarsia fu completamente rifatta nel 1839 per la consunzione che recava. Per tempo infatti le preziose tarsie furono lasciate scoperte, mentre oggi molte sono ricoperte da pannelli di masonite (pertanto non visibili al pubblico),e quelle scoperte sono recintate da cordoni invalicabili.Questo si è reso necessario per tutelarne l'integrità. A rotazione,ne vengono scoperte alcune e ricoperte altre. Ai lati delle cinque tarsie della navata centrale,vi sono (per ciascun lato)altrettante Sibille,in numero totale di dieci.Esse sono: Sibilla Eritrea (1482,Antonio Fedrighi); Sibilla Delfica (1482,autore incerto); Sibilla Cumea (1482,Giovanni di Stefano); Sibilla Cumana (1482,Giovanni di Stefano); Sibilla Persica (1483,Benvenuto di Giovanni); Sibilla Libica (1483,Guidoccio Cozzarelli); Sibilla Ellespontica (1483,Neroccio di Giovanni);Sibilla Frigia (1483,Benvenuto di Giovanni); Sibilla Samia (1483,Matteo di Giovanni); Sibilla Albunea o Tiburtina (1483,Benvenuto di Giovanni). Sono quasi tutte lavorate in marmo bianco su fondo nero,inquadrate da una cornice a scacchiera,posate su un piano color rosso mattone;è possibile identificarle per via del fatto che ciascuna ha un cartiglio annesso e simboli inerenti le loro profezie,relative al Cristo e episodi della sua Vita. Sibilla Cumana, raffigurata avanti con gli anni; nella mano destra ha una fronda, nella sinistra alcuni libri chiusi con sigilli (simbolo delle sue profezie?); a terra, alla sua destra, vi sono dei libri,alcuni dei quali hanno i sigilli aperti,sono i pagani Libri Sibillini... Il cartiglio ai suoi piedi ricorda che la Cumana fu cantata dal poeta Virgilio nella sua IV ecloga e si rifà alla venuta di Gesù, secondo la tradizione cristiana medievale.Il cartiglio retto da due angioletti recita appunto questa ecloga virgiliana:" Ultima Cumaei venit iam carmini aetas Magno ab integro saeclorum caelo dimittitur alto". Sibilla Libica.Il colore scuro della sua pelle indica la sua provenienza dall'Africa.Ha in testa una coroncina di fiori,tiene nella mano sinistra un cartiglio e mostra nella destra un libro aperto su cui è scritto: "Colaphos accipiens tacebit.Dabit in verbera innocens dorsi"; il senso(relativo alla flagellazione di Cristo) va raccordato a quanto riportato sulla tavola sorretta da due serpenti annodati attorno ad un vaso con fiore e foglie:" In manus iniquas veniet.Dabunt Deo alapas manibus incestis.Miserabilis et ignominiosus miserabilibus spem praebebit"
Sibilla Ellespontica è ugualmente interessante,segue quella Libica anche nel percorso di visita.Il particolare più curioso è rappresentato dalle figure del cane e del leone che si danno la zampa,interpretate come la redenzione di giudei e pagani attraverso la morte di Cristo.Qualche altro autore vi ha ravvisato un patto di suggello per la raggiunta pace tra Siena e Firenze,ma non se ne ha riferimento nel brano sovrastante i due animali,che si rifà invece ai momenti finali della passione di Gesù Cristo):"In cibum fel in sitim acetum dederunt;hanc in hospitalitatis mostrabunt mensam.Templi vero scindetur volum et medio die nox erit tenebrosa tribus horis".
La Sibilla Frigia si presenta come una giovane donna,che tiene alzato all'altezza del viso un libro con i sigilli aperti su cui è scritto:"Solus Deus sum,et non est alius" .C'è un Dio solo e nessun altro,questo è il messaggio della Sibilla. L'unità divina.Accanto a lei,c'è una tavola iscritta,al di sotto della quale si vedono tre personaggi (un uomo,una donna,un fanciullo),che vengono interpretati come tre figure di anime in attesa del Giudizio.Sulla tavola è riportata la seguente frase:"Tuba de caelo vocem luctuosam emisit et tartareum Chaos ostendet dehiscens terra. Venient ad tribunal Dei reges omnes.Deus ipse indicans pios simul et impios. Tunc demun impios insignem et tenEbras mittet qui autem pietatem tenent iterum vivent".
Si prosegue il percorso di visita delle magnifiche tarsie pavimentali con La Cacciata di Erode (1485,Benvenuto di Giovanni);la Strage degli Innocenti(1482,Matteo di Giovanni)(particolare); Storia di Giuditta (1473,Francesco di Giorgio Martini);Davide Salmista (forse 1423,Domenico di Niccolò 'dei cori') (particolare della cornice in cui è inscritta la tarsia:i colori ricorrenti sono sempre il nero,il bianco e il rosso); Storia di Sansone (forse 1426, Stefano di Giovanni detto "il Sassetta"). Poi abbiamo un esagono enorme,che sta proprio al di sotto della cupola (come in cielo così in terra!), composto a sua volta da sette tarsie esagonali e sei romboidali.Nelle esagonali abbiamo: Il Sacrificio di Elia (1519-24, opera di Domenico Beccafumi); il Sacrificio dei Sacerdoti di Baal (1519-24, dell'autore precedente);Uccisione dei profeti di Baal (stessi anni e stesso artefice); Il Patto fra Elia e Acab (1524, sempre del Beccafumi); Acab mortalmente ferito in battaglia (1878,Alessandro Franchi); Elia predice la morte di Acab (1878,stesso artista);Elia rapito in cielo col carro di fuoco (1878,identico autore). Il pannello presente nel Museo dell'Opera che illustra la disposizione delle tarsie del "pavimento del Duomo di Siena,disegnato da Giovanni Paciarelli senese e con fotografie del Cav. Paolo Lombardi per cura dell' Illustrissimo sig. Rettore Cav. Ferdinando Rubini l'anno 1884". Si prosegue poi con altre tarsie nei bracci destro e sinistro della crociera,nel presbiterio e nel coro,che non possiamo menzionare integralmente,anche perchè sono tarsie in parte coperte dai tasselli di masonite,in parte poco accessibili al pubblico(è separato il presbiterio dalla zona dei fedeli).Si rimanda per una lettura esaustiva al bel saggio di Bruno Santi "Il pavimento del Duomo di Siena" edito da Scala - Firenze(da cui è tratta anche la foto contrassegnata con (*).
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