Sulle
Strade del Medio Oriente al tempo di Giustiniano(I
parte)
di Enrico Pantalone
Durante
questo viaggio immaginario, ma basato su d’una realtà indiscussa, tradotta
sino ai nostri tempi attraverso numerosi storici, incontreremo personaggi della
società che hanno permesso a loro modo di far crescere l’importanza
dell’Impero prima del giro di boa del VI secolo, unico forse tra gli
stati mediterranei ad averla mantenuta colta ed evoluta al tempo stesso.
Viaggeremo da Costantinopoli alla volta del medio oriente verso la
Siria e l’Egitto, crocevia di molte ed importanti strade di comunicazione
verso l’oriente e man mano incontreremo personaggi e strutture che ci
forniranno importanti indizi di come si svolgeva la vita socio-economica del
tempo all’interno di questo vasto territorio imperiale e di come fosse
strutturata l’urbanizzazione.
L’età a cui rivolgeremo inizialmente lo sguardo sarà quella classica dell’Impero
alla sua massima estensione, come detto all’inizio, prima delle conquiste
arabe ma sicuramente anche nei secoli successivi la situazione rimase la stessa
come assetto economico-sociale; il cambiamento pesante avverrà dopo l’anno Mille
con l’affacciarsi della riconquista cristiana che porterà con sé lo spirito
dell’occidente di stampo francofono modificando molti degli usi e dei costumi
del territorio.
Il viandante, il mercante, il soldato, il monaco che intraprendevano con spirito
di sacrificio la strada sapevano indubbiamente dei rischi che correvano ma non
per questo si lasciavano intimorire, l’abnegazione era tale che spesso
rasentava il 'pazzesco', visto con la nostra mente.
A proposito di viaggi, interessante fu quello di due monaci Giovanni Mosca
e Sofronio il Sofista, che nel 587 AD, partirono per un lungo
viaggio attraversando tutto l’Impero, dalla capitale Costantinopoli fino al
deserto Egiziano.
Erano due scrittori e volevano raccogliere tutta la sapienza racchiusa negli
asceti e nelle persone di fede che vivevano da anacoreti ai limiti
dell’impossibile.
Essi sapevano della grande saggezza e cultura che questi “padri del deserto”
racchiudevano nel loro eremitaggio e volevano provare a descriverne le
sensazioni più profonde.
Essi percorsero le strade sabbiose e polverose che partivano dal sud
dell’Anatolia, passando per Aleppo, Damasco, Gerico, Libano,
fino al Monastero di Sant’Antonio nell’attuale Egitto centrale.
Noi cercheremo di ripercorrere le stesse strade ma confini diversi ovviamente da
quelli che avevano i nostri buoni padri.
Diciamo che si rispettava ancora sulla strada il sistema romano, con locande per
cambio cavalli e sostentamento generale ogni certo numero di miglia , non
crediamo si trattasse di un vero e proprio sistema statale ma in gestione
sicuramente, almeno per le terre sottomesse all'Impero.
Possibile che ci fossero anche piccole torri con qualche militare nelle
adiacenze, per garantire la sicurezza, poste in prossimità dei centri maggiori;
potrebbero essere stati anche dei ridotti con una guarnigione risicata ma
sicuramente l’effetto sicurezza era presente.
Purtroppo le cognizioni geografiche e i tempi di percorrenza erano tali che le
marce della gente apparivano dei trasferimenti infernali e spesso alla vista di
una grande città si credeva d'essere arrivati anche se s’era lontani dalla
meta prefissa.
La
prima regione che incontriamo, partendo dalla capitale è ovviamente quella anatolica,
per sua natura e conformazione morfologica considerata collinare-montuosa,
in generale formata da vasti altopiani che variano dai 900 m ad ovest alle
altitudini dei massicci confinanti con l’Armenia che toccano e
superano i 5000 m.
Di qui si può ragionevolmente comprendere che il clima era decisamente un
fattore importante per chiunque si metteva in viaggio lungo le vie che la
percorrevano: le estati calde e soffocanti facevano seguito ad inverni
rigidi e ventosi.
Senza le due vallate formate dal fiume Eufrate, al centro della
regione, difficilmente le strade sarebbero state costruite e difficilmente i
commerci per l’oriente avrebbero preso il ritmo che tutti noi conosciamo,
esse permettono inoltre un passaggio meno impervio verso la Licia e
la Cilicia, quindi verso la Siria e di conseguenza l’accesso
al Mar Mediterraneo.
Appare quindi interessante il colloquio tra un mercante ed un monaco che si
sono incontrati ad Edessa, città storica della cristianità da cui
presero spunto i famosi Acta di San Taddeo che portano
appunto il nome della città e che racchiudono la corrispondenza apocrifa
tra Gesù ed il re Abgar.
“Padre,
anche voi in viaggio verso l’occidente, verso l’Egitto ?”
“Si, figliolo, penso che potremmo tenerci compagnia lungo la strada che
seppur densa di storia e cose meravigliose da vedere, si presente comunque
difficile e piena di pericolo.Ma noi siamo nelle mani di Dio!”
I due si sono incontrati visitando la Vasca dei Pesci (in realtà
molto più ampia che un semplice specchio d’acqua) estremamente famosa nel
passato come lo e’ ancora oggi.
I pesci di questa vasca artificiale, sono considerati sacri dai tempi
antichi e soprattutto dai tempi di Abramo che come sappiamo e’
progenitore sia di degli ebrei, che dei cristiani che dei musulmani.
Normalmente vi si trovavano delle carpe, pesci di fiume, a dire di tutti
piuttosto fameliche visto che erano paragonate agli squali per la loro
voracità e la convulsione che creavano nello sguazzare all’interno del
bacino.
Diciamo che la leggenda vuole che Abramo bambino fu scagliato da Nimrod
il Cacciatore in una fornace ma Dio, intervenendo a suo favore,
trasformò questa fornace in una vasca di carpe, da qui la sacralità per
tutte le religioni comuni al fondatore.
La carpa è ancora ritenuta sacra da queste parti e lo era
anche al tempo del nostro impero, finchè almeno i cristiani non scoprirono
le sue potenzialità alimentari in una società che certo non poteva
permettersi il lusso di lasciar morire di fame la gente.
Del resto Luciano di Samosata ci parla in maniera piuttosto schietta
del fatto che i popoli del tempo adorassero l’acqua e ritenessero i pesci
sacri ed addomesticabili, gli arabi non fecero altro che seguire queste
ataviche leggi.
Nella realtà la vasca fu conosciuta anche per un culto piuttosto pagano che
però resisteva anche al tempo del cristianesimo: l’auto-evirazione dei
sacerdoti.
Infatti proprio nella cittadina i seguaci di Atargatis ancora nel V
secolo usavano andare in acqua per praticare tale scempio.
Edessa ci mostra il vero carattere della regione anatolica, rimasta
sostanzialmente ellenica nelle sue strutture basilari, nonostante le diverse
etnie che si sono susseguite sul suo suolo nei vari secoli.
Lasciata
Emessa, il nostro simpatico duo s’inoltra per la regione della Licia,
nei territori boscosi e dal verde lussureggiante che costeggiano la costa di
fronte all’isola di Cipro e che formano una penisola.
Dopo aver attraversato il versante da nord a sud seguendo antiche strade
romane, ripidi pendii a picco sulla costa come vallate piene di fioriti
sentieri che si sono inerpicati ben oltre il 2500 metri, essi trovano
ristoro in un piccolo villaggio, un borgo rurale nella parte meridionale
della penisola.
“Caro
padre, certo questo villaggio non è il massimo della comodità per noi
abituati a ciò che abbiamo nella capitale, ma indubbiamente l’essenzialità
in questi luoghi è fonte primaria di benessere e di rigogliosità
sociale”
“Caro figliolo, il verde che sta di fronte e che c’accompagnato lungo
una buon tratto del nostro percorso proviene direttamente da Nostro Signore,
la bellezza del Creato sembra essere dimostrata tutta nelle fiorite valli
che abbiamo visto insieme”
“Padre, voi sapete che sono un mercante e quindi, con il permesso di
Nostro Signore, io ho anche una mia attività sociale ed economica che mando
avanti grazie al Suo aiuto e alla mia forza di volontà: perché per
attraversare questi territori ne serve tanta, ma passo sempre volentieri qui
in Licia, dove vendo bene e trovo gente decorosa, umile, ma ricca di
sentimento e pragmatica.
Vedete le case di questo villaggio, piccolo, discreto, ma attivo ?
Esse dimostrano quanta cura la gente metta nella loro manutenzione e
costruzione, molte hanno due piani, il rialzato per permettere al contadino
di non dormire insieme agli animali, cosa importante per il riposo giusto.
Poi, e lo dico da mercante che apprezza il fatto, il contadino trasforma i
beni primari agricoli e boschivi direttamente presso la sua casa,
permettendo così di comprare le derrate e le sue produzioni a minori che in
altri luoghi, il che da luogo ad una catena economica che permette di non
far lievitare i prezzi: io compro spesso merce d’ottima fattura ed a
prezzi contenuti.”
“Benedetto figliolo, sempre a pensare al commercio, goditi un po’ la
Luce del Signore…
Ma hai ragione, qui evidentemente anche la gente ha un approccio diverso di
fronte alla vita, evidentemente la natura così bella illumina anche la vita
quotidiana.
In ognuno di questi borghi, avrai notato, ci sono diverse chiese, almeno due
in media, e nelle vicinanze abbiamo notato sempre dei monasteri che fungono
da importante centro di riunione per tutta la popolazione rurale”
“Padre, io devo fare i conti anche con il tempo che passa e con tutto ciò
che porto con me sia da vendere che da comprare.
A cavallo o a dorso di mulo posso portare circa 500 kg. di merce per ognuno,
ed il passo è di circa 15 leghe al giorno (pari a circa 60 km), direi che
devo far fruttare le mercanzie nei venti giorni che impiego per percorrere
un tratto di 1000 chilometri, più di venti giorni.. moltiplichiamo la
lunghezza del tragitto che dovremo ancora fare verso occidente…..
Io devo vendere assolutamente la metà della merce che ho portato dalla
capitale prima che s’arrivi in Cilicia e nel contempo devo ricomprarne
altra da rivendere alla tappa successiva.”
Torniamo
a noi, perché dobbiamo comunque essere in grado di capire anche in che
stato era la rete viaria dell'epoca.
Le amministrazioni romane erano le uniche che si curavano di prendere
iniziative per migliorare e curare le strade, spesso il tutto in altri
luoghi era lasciato all'invenzione di qualche persona estemporanea come
quando di doveva innalzare un ponte sospeso su qualche passo o recuperare un
sentiero reso inagibile da frane o eventi atmosferici.
Una cosa era la strada “militare” larga e curata che se convergeva in
quella civile dava la possibilità di viaggiare in comodità, una cosa era
la strada solamente “civile” spesso al limite della visibilità, mal
battuta e mal organizzata.
Per questo era importante seguire la logica della strada “militare” fin
dove si poteva, cosa non sempre facile o fattibile.
Comunque le autorità dell'Impero riuscivano in modo approssimativo ma
almeno continuativo a garantire lungo gli itinerari locande adibite a
rifugio notturno e festivo.
Non era molto, ma già qualcosa. Da notare, particolare singolare, come
nelle locande stesse, la domenica (o in giorni di festività) fosse permesso
solamente servire il vino nelle dodici ore che andavano dalle otto del
mattino alle otto di sera.
Le pene sembra fossero abbastanza rilevanti per chi non seguiva le consegne.
In realtà il nostro buon mercante aveva pienamente ragione a parlare di
pragmatismo della popolazione della Licia, resti archeologici famosi come
quelli del villaggio di Alakilise dimostrano proprio che ciò ha egli
ha descritto risponde a verità.
Le abitazioni del borgo rurale, ricavate dalla roccia spesso, constavano di
almeno due piani, d’un cortile e di tutta l’attrezzatura per produrre
vino, quindi anche l’immancabile torchio con un cisterna per immagazzinare
la produzione.
Data l’ottima posizione collinare adiacente ai massicci della penisola, il
vino risultava essere di pregevole fattura e molto richiesto, quindi ogni
famiglia d’agricoltori s’era industriata per produrre direttamente la
bevanda ed anche venderla ovviamente.
Il
nostro viaggio prosegue verso un’altra delle zone “storiche “ per
eccellenza dell’Impero, la Cilicia, che come sappiamo ha dato i
natali anche ad uno dei padri della Chiesa Cristiana, Paolo di Tarso,
città principale di questa regione.
La conformazione del territorio è abbastanza irregolare e soprattutto
divisa in zona montana chiamata Trachea (o Cilicia Aspra) che
fa il verso all’occidente, e in una zona pianeggiante detta Pedias (o
Cilicia Piana) che si volge ad oriente verso l’estensione iranica.
Li ritroviamo a discutere sul secondo tratto di strada; fatto che li ha
visti passare dapprima attraverso la pianura orientale e poi le zone
collinari occidentali prima di giungere sulla costa.
Insieme a loro s’è unito un viandante, uno dei tanti che percorrono
giornalmente questa via di comunicazione.
“Mio
buon Padre, abbiamo con noi un nuovo amico per discutere sull’impressioni
del nostro viaggio ora, una persona che a m io giudizio sa molto di come si
vive da queste parti..”
“Indubbiamente mio buon mercante, credo abbia cose interessanti da
dire..”
“Grazie a voi tutti dell’accoglienza, ci tengo a dire che non sono un
uomo che vive alle spalle d’altri, ho una spada, so difendermi, ho pochi
soldi, lavoro se necessario per mantenermi, ma mai ho compiuto atti
spregevoli o contro la volontà di Dio.
Se è caso difendo chi non può farlo, la mia famiglia originaria della zona
orientale della Cilicia, ricca e famosa un tempo, dopo le ultime guerre ha
avuto dei notevoli dissesti finanziari ed abbiamo dovuto mettere
all’incanto i nostri campi ed averi, così per vivere, sono costretto a
fare continuamente questa rotta da oriente ad occidente per poter sperare di
raggranellare qualcosa, ma non sarei mai capace d’uccidere o di rubare per
danaro, per pochi soldi potrei farvi da guida, conosco zone sconosciute ai
più e credo questo vi serva”
Potremmo dirigersi domattina verso Karakabakli, all’interno,
resterete estasiati dal vedere quali meravigliose costruzioni questa gente
è stata capace di fare, qui un possidente è paragonato ad un re per
ricchezza ed un contadino ad un nobile per le fattezze architettoniche e per
i buoni guadagni: magari potessi fermarmi anch’io in quel luogo.”
“Si, le conosco le cittadine come quella che hai menzionato tu mio buon
viandante, si chiamano komai se non sbaglio e i realtà sono più che
altro dei grossi agglomerati di case, ma sono consapevole che una visita
guidata da te sarà per il mio commercio un buon frutto e quindi eccoti
alcuni soldi, domani ci scorterai verso i lidi promessi.”
“Tra l’altro questo tipo di borgo è presente in maniera capillare sul
territorio, si parla di almeno 700 insediamenti in poco più di 150
chilometri d’estensione”
“Vedo che non perdete tempo a parlare d’economia, di merci e di aspetti
amministrativi, ma non dimenticate che siamo nella culla di Paolo, uno di
Padri di Nostra Madre Chiesa.Dimenticate forse che San Simeone ha
vissuto a Deir Sem’an e che questa è anche terra di pellegrinaggio
?”
“No, mio buon Padre, non lo dimentico e per le monete che m’avete dato
vi porterò sino all’Ospizio che fu la sua dimora”
“Di Chiese comunque Padre ve ne sono moltissime e noi ne abbiamo viste
passando e scendendo dalla Licia, è evidente che la presenza di Cristo
rimane primaria in questi luoghi.”
“Ed è un bene che sia così figliolo” Come raccontava il viandante armato nei territori cilici, sono stati rinvenuti una serie di villaggi rurali detti anche
Komai, in genere in ottimo stato e relativamente studiabili.
Si
tratta ovviamente di piccoli borghi, in genere formati da poche case ed una
chiesa, visto anche la loro lontananza da mare, con strade che li percorrono
appena accennate e spesso irriconoscibili.
Al contrario la chiesa erge sempre ben visibile ed appare quantomeno
strano che vi si trovino spesso più edifici religiosi che civili: molto
probabile che si potesse trattare di possedimenti ecclesiastici con annesse
coltivazioni per una popolazione limitata.
La popolazione non doveva essere perciò numerosa e lo si vede anche
dai cimiteri di proporzioni molto ridotte, mentre per quanto riguarda la
struttura della casa media di quei territori, i ritrovamenti ne
parlano abbastanza chiaramente: normalmente (e vale anche per quelle
popolari) in pietra, tranne che per le travature (in legno) ed il pavimento
(idem).
Tra l'altro il particolare importante è che sono a due o addirittura (in
alcuni casi) a tre piani il che ovviamente escluderebbe a priori per l'epoca
l'utilizzo di materiali friabili.
Importanti anche le grandi finestre (altro particolare che fa
propendere per la pietra) che davano luce all'ambiente: un borgo di questi
è appunto Karakabakli ed è noto per l'agiatezza della gente che ivi
viveva, il che ci fa propendere per l’alto livello di vita raggiunto già
nel corso dell’alto medioevo.
Le stesse chiese risultano indubbiamente più ricche e decorate rispetto a
quelle dei territori più a nord, è chiaro che le decime versate risultano
essere molto più pesanti e quindi danno modo d’abbellire notevolmente la
struttura architettonica: chiaro che la ricchezza materiale incide in
maniera preponderante in questo caso.
Ora, non dimentichiamo che nel corso del VI secolo l’impostazione
agricola dei territori mediterranei e quindi a maggior ragione di quelli che
stiamo analizzando risultava essere composta essenzialmente da una triade di
produzione: grano, olio e vino.
In questo senso dobbiamo vedere le costruzioni delle abitazioni, dei borghi
e lo sfruttamento basilare di ciò che offriva la natura in queste regioni
peraltro estremamente fortunate sotto questo punto di vista.
Ovviamente
man mano che ci s’inoltra attraverso le zone collinari e poi montuose
dell’interno, l’ulivo e la vite sostituiscono gradatamente la cultura
del cereale che resta ovviamente soprattutto incentrata nelle lussureggianti
pianure e nelle vallate a gradini tipiche del territorio.
Il problema principale di queste regioni sembra essere solamente il rifornimento
continuo d’acqua, vista la mancanza di sorgenti in loco che ne
potrebbero limitare il rigoglio.
Ma le autorità si sono ovviamente industriate e, lungi dal farsi prendere
dal panico, hanno adottato diverse opzioni, tutte egualmente importanti e
preziose.
La più classica è ovviamente quella di costruzioni di speciali dighe o
sbarramenti che contengano l’acqua piovana e l’acqua delle piene
periodiche dei fiumi circostanti: metodo interessante che permette il
rilascio limitato e programmato in modo che essa giunga nel momento
desiderato a bagnare gli assetati campi.
Tuttavia questo è un metodo che può essere utile soprattutto nelle zone
semi-desertiche dove il problema è più grave e dove obiettivamente
l’utilizzo deve essere controllato strettamente per evitare perdite
inutili del prezioso liquido.
Sostanzialmente questo metodo può assomigliare più alla formazione d’un
laghetto o d’una bacino lacustre più che ad un corso d’acqua vero e
proprio, da cui canalizzazioni portino il liquido verso le coltivazioni.
Dove la pioggia o l’acqua risultano più abbondanti e dove le sorgenti
sotterranee sono più facilmente reperibili l’utilizzo di tunnel
sotterranei, antesignani delle nostre moderne condotte idriche, sono
praticati maggiormente, anche se il fine è praticamente lo stesso di quello
precedente, la formazione di un chiaro luogo dove poter attingere senza
problemi.
Luogo che può essere anche un ritrovo per viandanti, monaci e mercanti come
i nostri amici che ritroviamo stanchi, ma felici, proprio in un' oasi della Siria
interna a raccontare ancora qualche impressione sul loro viaggio.
(Fine prima parte -Enrico Pantalone.
I riferimenti bibliografici nell'ultima parte dell'elaborato)