Bolzano, Museo Archeologico (chiusa il 25 ottobre ’09)
(a cura di duepassinelmistero)
Poco prima che questa straordinaria esposizione
finisse, abbiamo avuto l’opportunità di visitarla. Il Museo Archeologico
dell'Alto Adige, situato nel centro storico di Bolzano, custodisce tra
l’altro quella che è considerata la mummia più antica fino ad oggi
conosciuta: il famoso Uomo dei ghiacci, noto come
Őtzi,
risalente a circa 5.300 anni fa. A lui e al suo corredo è riservato un
intero piano del palazzo museale mentre tutti gli altri reperti archeologici
che trovano normalmente posto presso la struttura, sono stati trasferiti nei
magazzini per tutto il periodo della mostra sulle mummie, per poi riprendere
regolarmente dimora nelle loro abituali vetrine.
Il percorso di
visita della mostra 'Mummie, sogno di vita eterna’, realizzata in
cooperazione con i Musei Reiss-Engelhorn/Mannheim (con il sostegno economico
della Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano),è stato
impostato su un duplice binario: quello che noi chiamiamo teorico e
visivo. Cioè l’utente legge, apprende e lo traduce immediatamente in
esperienza pratica, vedendo direttamente il reperto. La mostra è stata
composta da oltre
60 mummie e numerosi reperti per un totale di 150 oggetti esposti su una
superficie di 1.200 m2, accompagnati da 12 installazioni
multimediali con i più recenti risultati scientifici e collocati nel loro
contesto culturale grazie a pannelli ed immagini. Ogni
visitatore ha potuto così acquisire informazioni utili sui tipi di mummie
esistenti e sulla loro formazione.
La
particolarità di questa mostra è infatti quella di presentare non solo le
‘classiche’ mummie artificialmente conservate dai sapienti sacerdoti egizi,
ma quelle che si sono conservate in maniera prettamente naturale in diversi
ambienti del mondo. Alcune di esse sono veramente impressionanti..
I preziosi reperti sono arrivati in prestito da 27 diversi musei e
collezioni europee.
L’origine del termine ‘mummia’ è misteriosa:
iniziò a circolare quando vennero scoperti i primi corpi imbalsamati
dell’antico Egitto e la si collegava alla parola araba ‘mummiya’, cioè
bitume, sostanza nera e viscosa somigliante al catrame, con la quale si
riteneva venissero ricoperti i cadaveri egiziani, che avevano in effetti un
aspetto nerastro. Quei corpi divennero appunto ‘mummie’ e così le chiamiamo
ancora oggi. Studi scientifici più recenti hanno proposto che l’origine
possa essere un’altra: dalle analisi dei corpi imbalsamati in Egitto sono
emersi composti resinosi vegetali, grassi animali e cera d’api. Dal momento
che il termine egizio ‘cera’ è tradotto con ‘mum’, si può supporre che forse
sia questa la vera origine della denominazione ‘mummia’.
Si parla spesso
di antico Egitto poiché chiaramente rappresenta la ‘patria ‘della
mummificazione per antonomasia, ma in tutto il mondo sono stati ritrovati
corpi mummificati. Sia artificialmente che naturalmente. Sono
due processi diversi che avvengono per motivazioni diverse. La ricerca
moderna considera
mummie tutti i cadaveri umani e animali nei quali, a differenza degli
scheletri, si sono conservate anche parti molli. Infatti una mummia è ciò
che deriva da un corpo morto, nel quale i processi fisiologici di
decomposizione si sono arrestati.
La
mummificazione naturale
può avvenire in sei principali circostanze:
In
caverne, in opportune condizioni ( temperatura costante e all’umidità
dell’aria invariata, oscurità e circolazione di aria da pozzi o fessure),
si ha una mummificazione naturale per essiccazione dei cadaveri. E’ il
caso di esemplari rinvenuti in caverne di zone desertiche ma anche in
Siberia.
In zone
secche, calde o fredde, tipo i deserti, si possono ottenere mummificazioni
naturali per essiccazione, processo ben noto che si basa sulla sottrazione
di liquidi da un corpo, che diviene- in tal modo- resistente all’attacco
dei batteri. Ma questo fenomeno naturale non garantisce un’integrità
perfetta della mummia, poiché l’umidità racchiusa all’interno del corpo
può favorire il processo di decomposizione e gli organi si possono ridurre
in polvere.
Nel
ghiaccio e secondo due modalità, una in presenza di umidità elevata e
ipossigenazione, che possono trasformare il grasso corporeo in una
sostanza saponosa, l’adipocera, che arresta la decomposizione. L’altra
avviene in ambiente gelato e secco, che può sottrarre al corpo l’acqua
cristallizzata e portare all’essiccamento delle parti molli congelate:è
questo il caso di Őtzi,
che è una mummia cosiddetta “umida” in questo caso si parla di mummie
umide, ad esempio Ötzi. Nelle zone perennemente congelate il ghiaccio
essicca il terreno in cui si trova il cadavere e impedisce la
decomposizione.
Nel sale. Sia in ambiente acquatico con alte
concentrazioni saline sia nei luoghi desertici e ipogei, dove il sale
cristallizzato ‘ruba’ acqua al corpo e lo disidrata fino a farlo seccare,
inibendo la proliferazione batterica e portando, a lungo andare, alla mummificazione.
Nelle
paludi povere di ossigeno ma ricche di acqua e di torba (decomposizione di
vegetali). In questi ambienti i cadaveri si conservano grazie alla
mancanza di ossigeno, al grado di acidità e alla presenza di un elemento
antibatterico nel muschio di torba e – elemento fondamentale – a una
particolare molecola. Si tratta del polisaccaride, liberato durante il
deperimento delle piante. I polisaccaridi decompongono le ossa del cui
calcio i batteri avrebbero bisogno per la propria sopravvivenza e
innescano un processo di concia che fa sì che pelle, unghie e organi
rimangano intatti.
In altri
ambienti creati dall’uomo in cui vi siano le condizioni ideali perché il
processo di mummificazione avvenga, esempio cantine, solai, pozzi, etc. La
condizione è che vi sia un microclima secco, con circolazione di aria
continua e una temperatura costante.
Nella foto
sotto, un esempio di mummia della palude:
Uomo
dalla palude
di Exloërmond
Età del ferro, IV-II secolo a.C.
Exloërmond, Olanda
Drents Museum, Assen (NL)
Abbiamo
avuto l’opportunità di vedere anche una delle mummie più ‘belle’- se è
permesso usare questo termine- il famosissimo Uomo di Tollund, morto
quasi certamente impiccato (ha ancora il cappio intorno al collo), il cui
volto si è ‘pietrificato’ in un’espressione tranquilla, sembra che dorma e
debba svegliarsi da un momento all’altro. Quel volto, quelle rughe perfette,
quei lineamenti, quell’espressione, sono sufficienti a renderlo alla nostra
memoria indimenticabile La sua conservazione fu possibile perché, dopo
l’esecuzione cruenta, venne gettato in una palude di torba nello Jutland
(Danimarca) all’incirca 2.400 anni fa! Di lui rimane – di originale-solo la
testa e un piede, il restante è stato aggiunto. Questo perché- ed ecco un
altro aspetto fondamentale della questione ‘mummie’- quando venne scoperto
(nel 1950), non si avevano a disposizione tecniche adatte a conservarlo
integralmente, una volta estratto dal suo letto funerario nella torbiera.
Una mummia, infatti, va debitamente trattata e rispettata, ricreando per
essa quell’ambiente che ne ha permesso la conservazione fino al momento
della scoperta, altrimenti andrebbe rapidamente incontro a deperimento fino
alla sua scomparsa. E’ il principale motivo per cui Otzi ‘vive’ in una sala
costantemente monitorata.
La mummificazione artificiale
è invece quella indotta volutamente al corpo, come avvenne per
l’antico Egitto, tramite tecniche più o meno costose (e da questo
derivava una mummificazione perfetta o trascurata) e per motivi
religiosi. Nel periodo anteriore alle dinastie faraoniche, però, si
hanno esempi (o tentativi?) di conservazione dei corpi attraverso
l’essiccazione, deponendoli in tombe scavate nella sabbia. In Asia si
è potuto riconoscere sia il fenomeno della mummificazione naturale, in
ambienti estremamente secchi, sia quello artificiale, in aree umide
applicando tecniche consapevoli che sfruttarono le condizioni ambientali.
Ciò per conservare il corpo integro dopo la morte, credendo in un’altra
dimensione oltretomba. Nell’America del Sud si è scoperto un
fenomeno di essiccazione naturale lungo la costa dell’Oceano Pacifico, che
coinvolse migliaia di cadaveri risalenti all’epoca pre-colombiana. I popoli
Andini, sulle montagne, avevano invece capito di sfruttare le condizioni
ambientali favorevoli per conservare i corpi dei loro defunti, evenienza
fondamentale poiché la morte era inquadrata come una trasformazione delle
parti molli in materia immortale nella quale il defunto sopravviveva.
Particolare
interesse hanno suscitato in noi alcune commoventi rappresentazioni umane,
che sono state ‘fissate’, grazie alla mummificazione naturale, per sempre.
E’ il caso di questa mamma che tiene accanto a sé i suoi due piccoli
figli, uno sul grembo ed un altro accanto. La donna è in posizione
rannicchiata sul fianco destro e suscita pensieri commossi: perché morirono
tutti e tre? Povertà, fame, avversità o scelta inevitabile, quasi un
suicidio? In questo caso il ‘sogno di vita eterna’ potrebbe anche essere
inversamente interpretato: sfuggire alla vita e pensare che tutto sia
finito, soprattutto la sofferenza. Ma il destino ha voluto che questi tre
esseri umani ci raggiungessero, ci dicessero che ‘sono stati’, e forse per
indurci in riflessioni e ammonimenti, di cui oggi la società consumistica
sembra sempre più allontanarci?
Donna con due
bambini
Periodo precolombiano, 1000 – 1400 d.C.
America meridionale
Musei Reiss-Engelhorn, Mannheim (D)
In
Europa anticamente non si usava la mummificazione artificiale e, se ne
troviamo tracce, lo si deve a particolari circostanze, come nel caso dell’Uomo dei ghiacci.
Nel
Medioevo si imbalsamavano personaggi importanti e potenti come i papi, i re
o gli imperatori. Un po’ come avvenne in Egitto, dove inizialmente si potevano
permettere il ‘lusso’ di una mummificazione solo i faraoni (gli unici ad
accedere alla vita dell’aldilà). Con il passare del tempo, la pratica venne
estesa ai nobili e ai dignitari di corte, per poi raggiungere tutti gli
strati della società, chiaramente a coloro che se la potevano permettere.
Anche nell’Europa medievale si diffuse la mania di farsi imbalsamare
tra i notabili, sulla scia dei loro governanti.
A volte succede che,
traslando un corpo sepolto in una chiesa (ma anche in un cimitero), questo
risulti incorrotto e un tempo si parlava di 'prodigio' (oggi abbiamo capito
la motivazione scientifica alla base del fenomeno). Abbiamo
numerose conservazioni prodigiose di corpi anche in Italia, come abbiamo
già discusso
in altra nostra sezione di questo sito,
soprattutto di santi o
beati. In alcune cripte di chiese sono stati trovati dei cimiteri di corpi
perfettamente conservati, grazie alle particolari condizioni microclimatiche
ambientali. In Ungheria, presso la chiesa domenicana di Vác,
sono recentemente stati ritrovati i corpi di una famiglia di tre persone che
qui erano state tumulate (padre, madre e figlia); sono giunti fino a noi e
sono stati presentati in mostra. Di seguito, la foto del padre:
Michael Orlovits
1765 – 1806
Chiesa domenicana di Vác, Ungheria
Magyar Természettudományi Múzeum, Budapest (H)
A partire
dalla fine del 1700, con la scoperta sistematica delle mummie egizie e dei
testi orientali di medicina, si travasò nel vecchio continente un desiderio
di saperne di più sulla conservazione corporea, di studiarla e di capirne le cause e –più tardi-
le finalità di conservazione (cioè il motivo per cui gli Egiziani, ad
esempio, mummificavano i loro defunti). Parti delle mummie egizie o la polvere di
mummia era considerata perfino terapeutica (scatenando poi un vero e proprio
'commercio' anche su basi lucrose e innescando imbrogli, come il nostro
collaboratore Gianluca Toro ci ha spiegato in un
articolo a parte
"La Mummia nella farmacopea e nelle credenze magiche del passato").
Caduta un po’ in disuso, la tecnica della conservazione dei corpi venne
recuperata nel XX secolo, allorquando si decise di mummificare personaggi
politici di rilievo, come Lenin, o Evita Peron. Ma anche il nostrano
Giuseppe Mazzini subì un tentativo di mummificazione,
venendo pietrificato da parte del geniale
medico Paolo Gorini
(1813- 1881). Gorini si proponeva di salvaguardare
il corpo umano dal disfacimento e dalla corruzione della morte secondo un
procedimento segreto da lui stesso messo a punto. Nel caso di Mazzini,
tuttavia, questa
operazione non riuscì perfettamente per cause non imputabili alla sua
professionalità. Altri ricercatori hanno dedicato risorse e studi a questa
branca scientifica della conservazione dei corpi (vedasi, a titolo di
esempio, il caso del principe
Raimondo di Sangro, o l'opera di Gerolamo Segato, di Francesco Spirito
ed Efisio Marini). Dato il grande interesse che questo argomento
suscita, ci riserviamo di fare un approfondimento in futuro.
L’ultima
frontiera del ‘sogno di vita eterna’ sembra quello della plastinazione,
tecnica ideata da
Gunther von Hagens.
L'uomo, da che esiste, ha sempre provato un senso di mistero, misto a
timore e ribellione, nei confronti della morte, volendola spesso sfidare e
affidandosi ad utopici sistemi e promesse di vita eterna. Il metodo moderno che potrebbe assicurare al corpo una
conservazione post-mortem, in alternativa all’inumazione o alla cremazione,
che invece lo disperdono inesorabilmente, esiste già. La tecnologia è già
stata ideata, almeno sulla carta. Una piccola sezione della mostra di
Bolzano ha dedicato uno spazio a questa nuova frontiera scientifica. “La plastinazione prevede che i
liquidi corporei vengano sostituiti con molecole di silicone, il corpo può
essere portato in una qualsiasi posizione e poi si irrigidisce. In
alternativa è possibile congelare solo il cervello, nella speranza di
potere, un giorno, ricreare un nuovo corpo attraverso la replicazione del
DNA della materia cerebrale”. Parole che disorientano molte persone, per tutta la serie di implicazioni etiche che ne
deriverebbe. Tale tecnica, vista dal punto di vista scientifico, secondo gli
esperti avrebbe i
suoi vantaggi: sarebbe infatti "di notevole importanza per la ricerca e
l’insegnamento e, non da ultimo, tiene vivo il sogno di tornare in vita in
futuro".
A ciascuno le proprie
riflessioni…
(Autore:duepassinelmistero)
Ringraziamenti:
Alla sig.ra Melitta Franceschini,
che ci ha gentilmente fornito materiale utile e le immagini di alcune mummie
esposte alla mostra (nella quale non si è potuto fotografare), rendendo
possibile la stesura di questo articolo.