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San Marino segreta IIIl percorso magico delle Tre Torri

                                               (Marisa Uberti)

                                                                    

L'omphalos

Ci sono luoghi che l'uomo ha saputo fondere con la natura circostante esaltandola, e questo è quanto accade al percorso delle Tre Torri, sul crinale del monte Titano. Qui è racchiusa tutta la bellezza dell'incanto: panorami spettacolari, strapiombi vertiginosi, pietra squadrata e roccia unite in un connubbio indissolubile, magico. San Marino è come una sorta di torre di Babele che dal basso si sviluppa attorno al proprio Monte, quello sperone che ha il nome di un gigante pur non essendolo, ma che ne mantiene vivissima la forza e mette in soggezione il visitatore più sensibile. Simbolicamente, il Titano sorge al centro della città e della Repubblica intera, è dunque a pieno titolo il suo 'omphalos', l'ombelico da cui tutto ha avuto origine e a cui tutto converge, primo fra tutto lo sguardo di chiunque arrivi:esso si punta là in alto, stupito e rapito dalla sagoma di quelle torri svettanti. In una giornata di alternata nebbia, si può ricavare una collezione di sensazioni tanto mutevoli quanto sconvolgenti dentro se stessi. Arrivare alla prima torre è già iniziare ad immergersi nel passato, in un'atmosfera condita di tanti sentimenti che solo l'immaginazione e i rimembri di echi lontani permettono di provare e da qui in poi i sensi umani sono messi a dura prova:l'estasi!  Mentre si percorre il camminamento di ronda si scorge all'improvviso la seconda torre, che traspare tra la nebbia, perfetto soggetto per una cornice impareggiabile, abbarbicata sul dirupo più alto del Titano, alla sua massima elevazione (739 m), quasi irreale, fiabesca, eppure reale! In quei momenti percepiamo la limitatezza umana: cosa daremmo per avere un paio d'ali, superare le mura merlate, sorvolare sullo splendido percorso incantato che indoviniamo sotto di noi e posarci lievi sulla torre che sta dirimpetto, che pare un miraggio. Non ci stancheremmo di guardare. Quando poi la si raggiunge, a piedi attraverso il bellissimo sentiero creato apposta per farsi rimpiangere, e le si è davanti, non si prova più lo stesso puro desiderio di toccarla che si prova quando la si osserva dalle alture della prima torre. Se poi si farà il percorso al contrario e dalla terza torre si ritornerà indietro, la seconda torre provocherà ancora emozioni, è quel luogo magico che riesce, da solo, a farlo, senza che ci si sforzi o ci si imponga di trarne piacere. E godiamocelo questo piacere, lui non si sottrae! Ci vengono in mente pensieri sublimi, di pace e di amore, di gioia e di bellezza, di un mondo bello e buono. Provare queste sensazioni è un toccasana per la nostra vita.

Lentamente poi si deve 'riemergere' tant'è che anche la nebbia si va dissolvendo, liberando il paesaggio e mettendo a nudo i luoghi e la loro storia. Che è fatta di notizie, di parole, di fatti accaduti, di pietre lavorate con fatica, di restauri a lungo succedutisi, di dettagli sulle pietre, quelli che ci piacciono tanto.

                                     

La storia

La prima torre, detta anche Rocca o Guaita, è la più vecchia in ordine di tempo degli edifici di epoca medievale (attorno all'anno Mille).  Ma sappiamo che un ben più antico nucleo esisteva già sulla cima più alta, dov'è collocata la seconda torre (detta Cesta), almeno fin dal periodo romano.  Si ritiene che qui fosse il rifugio dei primi abitatori del Titano. Non siamo a molta distanza dal punto in cui morì, secondo la tradizione, San Marino (come abbiamo visto nella sezione precedente).

Il complesso fortilizio sorge a strapiombo sulla rupe e non ha fondamenta, poggiandosi come per incanto sulla nuda roccia; l'impatto visivo è di notevole suggestione. Il nome Guaita si usa ancora nel dialetto locale a significare 'fare la guardia'; infatti il forte era stato eretto a scopo difensivo ed è costituito da due cinte di mura, una più esterna con merlature e torri angolari di rinforzo e quella più interna,che è anche la più antica e al suo interno ha

  • gli edifici militari (per le guarnigioni) che furono adibiti a carceri in epoca successiva, dove abbiamo trovato interessanti graffiti e disegni lasciati dai prigionieri;
  • la Torre campanaria
  • la Torre della Penna, dalla inusuale pianta pentagonale (antica torre di guardia)
  • un pozzo con cisterna
  • La cappella di S.Barbara

Si entra nel complesso da un bell'ingresso ad arco, che un tempo era dotato di ponte levatoio; immediatamente a sinistra si nota una piccola ma graziosa chiesa, dedicata a Santa Barbara e chiamata anche cappella di Rocca. Le sue forme neoromaniche non devono ingannare:essa non è antica ma risale al 1960, eppure vi si possono scorgere alcuni elementi sicuramente medievali, perchè sono stati prelevati da un edificio di culto del XII secolo che si trovava nel Castello di Domagnano. Così, sopra la lunetta, si vedrà un bassorilievo di difficile decifrazione tanto è consunto; sul bordo destro è ben visibile una piccola croce. Sulla facciata laterale destra, in alto, vi sono altri particolari antichi.

Nel cortile sono esposte alcune artiglierie (cannoni) che il re Vittorio Emanuele III donò nel 1907; vennero usate fino ad epoche recenti per tirare colpi a salve nei giorni di solenni festività civili e religiose (oggi gli spari sono sostituiti dai rintocchi del Campanone).

                          

Il percorso può partire da dove si preferisce; noi, dopo la chiesa, abbiamo optato per il giro di ronda sopraelevato, lungo le mura esterne, da cui si gode uno spettacolare panorama; si incontrano le torrette di vedetta, in cui si può sentirsi parte della storia qui vissuta, giungendo all'apice del camminamento, conformato a carena di nave, che culmina a punta protendendosi verso la seconda Torre.

Da qui è ben apprezzabile anche la Torre della Penna, che ha l'aspetto attuale dal XV secolo, e sulla quale si può salire tramite delle anguste scale interne. Per farlo bisogna entrare nel secondo giro di mura, quello interno, a cui si accede agevolmente tramite un portale sulla cui chiave di volta è un'iscrizione quasi ormai illeggibile, che è una data: 1487 o 1481(compatibile con i lavori di restauro dell'epoca). Superato il portale, a destra si può accedere al percorso panoramico e salire sull'antica torre di guardia, che regalerà sensazioni vertiginose: oltre alle poderosa mura del fortilizio della seconda Torre (a nord) se c'è sereno lo sguardo volerà fino alle cime del Conero, mentre una distesa vellutata pianeggiante lo condurrà al mare; a sud è invece apprezzabile l'Appennino e il monte Carpegna, che rappresentava nel medioevo un punto nodale di sorveglianza e di difesa. Compreso nel territorio dei duchi di Montefeltro, che erano alleati ai sammarinesi, era dunque strategicamente importante. Ritornando sui propri passi, ci si dirige verso gli antichi locali per le guarnigioni, che ospitarono le carceri dal 1600 al 1970, per le detenzioni non superiori a sei mesi (per le altre era previsto il trasferimento nelle carceri italiane).

Nella Repubblica di San Marino non si scherzava in materia penale: dai documenti si apprende che dal 1352 vigeva la legge del taglione e torture anche efferate erano la norma anche verso le donne. Era in vigore la pena di morte dal XIV secolo e fu abolita solo il 16 marzo 1848 per acclamazione e segnando anche un'emancipazione rispetto ad altri stati occidentali. I detenuti più pericolosi erano imprigionati 'nel fondo della torre della Rocca' (che possiamo solo immaginare cosa fosse...!), gli altri erano leggermente trattati meglio. Però tutti dovevano pagarsi le spese di mantenimento in carcere; esistevano dei tariffari, che erano più salati per i prigionieri non sammarinesi e per i colpevoli di grossi reati. In una delle celle sono stati portati alla luce, sotto lo spesso strato di imbiancatura, numerosi graffiti lasciati dai prigionieri, si pensa ottocenteschi; vengono considerati come prodotti anche notevoli, frutto di 'visionarietà' o al massimo come 'alto grado di abilità espressiva'. Ne proponiamo alcuni (non ci sono sembrati opera di visionari ma sarebbero da approfondire).

                             

Sulla Torre campanaria o Campanone non si può salire; la sua datazione più probabile è attribuita alla metà del 1500 ed è un simbolo per i cittadini, poichè nei momenti di pericolo suonava a martello, radunandoli.

Su uno dei conci vicini al campanile è stato trovato un blocco che reca scolpito un pugnale; un altro ancora riporta incisa la firma di un "Maestro Jacomo da..." (non si legge) e si trova alla base del Torrione. Vengono considerati segni o simboli lasciati dalle maestranze Comacine che nel 1200 eseguirono il primo restauro (siamo contenti di averli trovati anche qui, dove hanno costruito molti edifici anche nel centro storico). Un' iscrizione del 1622 è documentata invece sulla cinta esterna corrispondente alla cannoniera.

              

Il Passo delle Streghe

Prima di raggiungere la seconda Torre, ci si imbatte in un ponte in pietra, merlato, sospeso sulla cresta della rupe. Si dice che qui vi siano curiosi fenomeni, più probabilmente creati dalla suggestione ed evocati dal nome stesso del passaggio (per il meccanisimo della 'magia simpatica').

                                  

I sedili di pietra

Lungo il percorso da sogno che si snoda lungo il crinale del monte Titano, si fanno curiosi incontri.  Anzitutto è bene ricordare che qui vige un microclima particolarmente idoneo allo sviluppo di specie vegetali sia di tipo mediterraneo che medio-alto appenninico; inoltre accanto al bosco troviamo -nella parte rocciosa- piccoli lembi di prateria arida nei quali proliferano specie interessanti per i botanici come la rara (per questa zona geografica) efedra nebrodense. Innumerevoli sono le specie del mondo animale e ornitologiche, e vi nidificano vari rapaci. I chirotteri invece, a detta degli esperti, frequentano un'angusta cavità naturale che appartiene ad un complesso sistema ipogeo cui è riservato l'accesso solo agli speleologi; tale caverna è chiamata Genga del Tesoro (nome tutt'altro che scoraggiante!). E' stato documentata anche un raro anfibio urodelo, il geotritone, che vive negli anfratti rocciosi e che presenterebbe qui aggiuntive abitudini arboricole notturne. Passare da queste parti di notte, potrebbe essere un'esperienza... indimenticabile, in ogni senso!




I nostri 'incontri' più abbordabili si sono verificati però con le pietre. Vi sono curiosi sedili -scolpiti chissà quando e da chi- ricavati dalla roccia naturale, lungo il sentiero che collega le tre Torri, in particolare tra la seconda e la terza.  Certo potrebbero aver servito ai visitatori per riposarsi, tuttavia esistono più pratiche e moderne panchine (anche con tavolini) per questo. Alcuni di questi sedili di pietra sono stati accuratamente squadrati; in un paio di occasioni presentano un incomprensibile foro a livello della spalliera e la seduta è pervasa da scalfitture. Secondo il nostro modesto parere, potrebbero essere anche molto antichi. Se fossero moderni, complimenti a chi ha reso questo 'verismo' di antichità; ricordano quei troni per i culti della Natura o della fertilità che hanno radici nel cosiddetto 'paganesimo'. Non trovate? Questo ambiente rupestre si concilierebbe con cerimonie all'aperto che indicherebbero come questo monte, come infatti fu, viene da sempre considerato 'sacro'.

                                                 

A rinforzare ulteriormente un sentimento di 'sacralità' di queste rocce, abbiamo trovato un paio di segni incisi nella parte più alta del Titano, nei pressi della seconda Torre, proprio dietro di essa, quasi sull'orlo del precipizio (che per fotografare abbiamo fatto qualche buffo numero!): si tratta di una croce ben scolpita, che emerge da un monte (classica iconografia cristiana), due croci più piccole soltanto incise e un 'filetto' (che noi chiamiamo Triplice Cinta e sul quale abbiamo appena pubblicato un libro!) visibilmente 'raschiato' sulla pietra in tempi recenti (probabilmente opera di qualche 'buontempone' anche se chiaramente non serve a scopo ludico trattandosi di masso obliquo). Se qualcuno avesse ulteriori informazioni in merito ai sedili di pietra sopra descritti e a queste incisioni, ci farebbe piacere se ce le trasmettesse.

                                                                         

Nei dintorni della terza torre abbiamo notato dei grossi massi rocciosi che sono totalmente avulsi dalle costruzioni medievali, e che sono sovrapposti come a formare dei perimetri murari. Lo studioso Zani ipotizza che possano risalire alla cultura Villanoviana... Sul Titano, insomma, ci sarebbero ancora dei misteri da risolvere!

La seconda e la terza torre

La Cesta detta anche Fratta (che significa terreno cinto da siepe) o seconda torre, la più scenografica, è toponimo latino e abbiamo già accennato che almeno dal tempo dei romani si trovava qui una torre di avvistamento. Non appare dunque tanto sconcertante che su questa massima altura del monte Titano vi potesse sorgere, ancora prima dei romani, un manufatto (tempio, santuario?) protostorico. Il luogo lo evoca! Il termine "Cesta" secondo alcuni potrebbe derivare da "Cista" ovvero la cassa usata dai Romani per custodirvi arredi sacri  (per un tempio?). Comunque di questo non ne abbiamo trovato traccia nelle guide consultate, nessuno lo dice. Nel 1253 si trova la torre menzionata con il nome Cesta; essa  sorge sullo sperone più alto, a 755 m s.l.m. ed è il punto intermedio di questo meraviglioso percorso panoramico, storico, naturalistico, simbolico che stiamo facendo, a metà strada tra la prima e la terza torre. La struttura venne fortificata con un alto muro esterno nel 1320 e collegata al complesso delle fortificazioni della seconda cinta difensiva della città, ed espletò il suo ruolo fino alla fine del 1500, epoca in cui venne aperto l'ingresso attuale (1596). Anche qui troviamo una torre pentagonale (mastio), munita di caditoie e balestriere. C'era anche una cisterna e una chiesetta con cappellano residente. Dal 1600 perse la sua importanza e cadde in disuso, per venire recuperata e restituita al suo originario aspetto tra il 1924-'25. Oggi è visitabile ed ospita il Museo delle Armi antiche. Temiamo di stancare il lettore profondendoci ancora nelle sensazioni sublimi evocate da questi luoghi magici, perciò lasciamo il posto alle immagini... Si pensi che dall'alto delle sue mura l'occhio si perde, indeciso su dove dirigersi, incapace di catturare sì tanta bellezza e immensità; nelle giornate di massima limpidezza, si narra possa essere visibile perfino il Velebit, in Dalmazia, che in linea d'aria supera i 250 chilometri di distanza!

                                                                                            

                         

Percorrendo la Salita al Montale si raggiunge la terza Torre, detta anche Montale (Palatium Montalis). Essa, inizialmente staccata, venne collegata alle altre due rocche con una muraglia di cui restano delle tracce; funse da torre di avvistamento e conobbe la propria importanza durante le lotte contro i Malatesta, che occupavano il vicino castello di Fiorentino. I viandanti di passaggio erano segnalati da una campana ed erano tenuti al pagamento di un pedaggio. La porta di accesso si trova a qualche metro da terra e vi si accedeva attraverso essenziali pedarole in ferro agganciate al muro; da questa ci si calava nell' oscuro 'fondo della torre' in cui venivano gettati i prigionieri a otto metri di profondità.  Non è visitabile, ma l'atmosfera di cui è circondata ripaga di aver compiuto l'intero percorso boschivo per raggiungerla. Nell'area ha sede un Parco Naturale protetto. A questo punto, il cammino termina, non si può proseguire oltre, a meno di scendere attraverso altri sentieri rupestri, uno dei quali conduce al Palazzo dei Congressi. Volentieri rieseguiamo a ritroso l'itinerario, godendoci l'incantevole paesaggio in cui siamo immersi, concedendoci il lusso di ammirare ogni cosa da angolazioni diverse e cogliendo i particolari che il percorso può offrire.

                                                                   

E ora andiamo in uno dei luoghi più segreti di San Marino a... meditare. Seguiteci!

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                                                                                       novembre '08