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TEMATICHE: Due passi nell'Italia nascosta Simbologia e Cultura Orientale UTILITY: Ricerca veloce titoli per argomento SERVIZI:
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La Pieve romanica di San Lorenzo in Montiglio (AT) Analisi radioestesica, rabdomantica e simbolica - II parte - (di Rudi Toffetti) (cliccare per ingrandire) Planimetria con didascalia dei capitelli I capitelli Il Capitello (A) mostra due Angeli Cherubini tra motivi di foglie di acanto. Purtroppo il tempo ha cancellato la loro fisionomia. Per decifrare questo tipo di rappresentazione bisogna far riferimento all'antica tradizione biblica. Dei Cherubini erano infatti posti di "guardia ad oriente di Eden" (Genesi 3,24). Gli studiosi hanno accertato che esistono molte analogie tra questi guardiani e le divinità assiro-babilonesi ed egizie. Motivi con grifoni (corpo di leone, ali e becco d'aquila), intenti a vigilare sull'albero della vita, sono frequenti sui sigilli siriaci e mitannici del II millennio a.C. La posizione di questo capitello vicino all'entrata avvalora quindi la funzione di controllo e di guardia di questi esseri alati per chi entra nel tempio.
Capitello A
In questo capitello (B) tra aquile e fiori di acanto sono ben visibili due croci Templari, sono la prova tangibile che l'antico ordine in questo luogo ha lasciato il proprio "segno". Sopra di esse una figura oramai poco leggibile raffigurerebbe una Manticora, animale mitologico, di origine persiana, divoratrice di uomini, (in greco martichoras: antropofago). Capitello B
Ai lati vi sono delle aquile, di pregevole fattura, intervallate da "inquietanti" teste di piccoli mostri di cui una, dai denti aguzzi, raffigurata nell'atto di mordere.
Particolare capitello B
Particolare capitello (B) - Vista laterale Nel capitello (C) sulla colonna centrale nella navata destra sono raffigurate delle sirene a doppia coda (bifide) che fanno da cornice ad un doppio Fiore dell'Apocalisse (*) che comprende al suo interno anche il simbolo dell'Infinito, il tutto è sormontato da un agnello crucifero (Agnus Dei). Le sirene, come da tradizione, ci segnalano il passaggio di acqua sotterranea. Inoltre questa colonna, delimitando anche la sponda della sincronica acquisisce enorme importanza sia a livello simbolico che energetico. Un ulteriore simbolismo legato all'ordine templare lo troviamo dall’intersezione del "fiore" che produce una croce patente e a lato con delle rose scolpite (Rosa Mystica).
Capitello C (*) Fiore dell'Apocalisse: Questo tipo di figura radionica è presente in molte opere alchemiche e mistiche medievali. Una costruzione simile è presente anche tra i glifi di Giordano Bruno. Essa rappresenta l'Apocalisse nel suo significato di Rivelazione del Divino nell'Uomo. Il fiore (che scaturisce dall'interazione di quattro porzioni di cerchi) ha quattro petali, cioè i quattro elementi (Fuoco, Acqua, Terra, Aria) perfettamente armonizzati, che in tal modo "rifioriscono" per generare l'Armonia. Inoltre ogni petalo ha anche valenza dei quattro esseri dell'Apocalisse (Uomo, Aquila, Toro e Leone). Ne offre conferma Gioacchino da Fiore nel "Liber Figurarum". Nelle ruote di Ezechiele paragonabile al simbolo preso in esame, il saggio pone i quattro cerchi, i quattro evangelisti o i quattro elementi, sui due anelli che rappresentano la perfezione nel dominio dei due mondi, cielo e terra, acque superiori e acque inferiori. Una geometria armonica di perfezione della Creazione e dell'Uomo Divino.
Liber Figurarum
Capitello C La Rosa Mystica: un simbolo Templare. "Dat rosa mel apibus" motto che compare nel frontespizio dell'opera "Summus Bonum" dell'alchimista rosacrociano R. Fludd. La Rosa è uno dei più remoti e universali simboli iniziatici. Icona che rappresenta la completezza, il raggiungimento totale del fine, la perfezione. Per la tradizione arabo-orientale la rosa è il simbolo di un percorso metafisico realizzativo pratico, che mira alla trasformazione profonda della coscienza. Per i Sufi del XII sec. questo sentiero mistico era chiamato "Sebil-el-Uard"ovvero la "Via della Rosa". Era inoltre in uso presso gli antichi Cristiani celebrare la Pentecoste, detta anche, "Pasqua delle Rose" scambiandosi il fiore, a simboleggiare la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli. Essa è il simbolo dell’anima che dopo il percorso di discesa, e dopo aver abbandonato la zavorra accumulata nel mondo, si avvia alla risalita. La Rosa è il simbolo dell’amore, dell’Amata l’anima, e dell’Amante, l’Essere Supremo; desiderosi della mistica unione. L'amore infatti, è unione, annullamento del dualismo, della separazione e ritorno all'androginia primordiale, quindi un modo di pervenire al centro. L 'Ordine dei Templari entrato in contatto con l'esoterismo arabo fece suo ed utilizzò anche questo simbologia. Questo linguaggio simbolico ha perenne validità, proviene dalla Tradizione Sacra, metastorica e metafisica, alla quale hanno attinto tutti i popoli: così per la letteratura cortese e cavalleresca, dell’Islam dei Sufi, del Medio Evo cristiano e dei Tantra indù. La Rosa Mystica trova un suo corrispettivo orientale nel Loto dai Mille Petali. Il Loto dai Mille Petali: nella tradizione Induista è conosciuto con il nome di Sahasrara chakra o della corona. Si trova sulla sommità del capo, è il chakra che presiede il contatto con la Conoscenza Divina, determina l'apertura e la dilatazione della coscienza con lo sviluppo dell'intelletto ed uno stato di contatto e comunione con la forza creatrice dell'universo, il Potere Divino onnipervadente. "Della rosa fronzuta diventerò pellegrino ch’io l’aggio così perduta. Perduta non voglio che sia Ne di questo secolo gita, ma l’uomo, che l’ha in balia di tutte gioie l’ha partita." (Federico II Imperatore) Capitello (D) Capitello (D) - Vista laterale
Capitello (D) – Vista laterale
Particolare capitello (D)
La natura della successione alternata delle forme impiegata nel campo della decorazione per i fregi è tale da mantenere nel corpo energetico della colonna un buon equilibrio dinamico degli influssi, la foglia con le punte rivolte verso l'alto è di natura positiva Yang (cosmo), quella rovesciata negativa Yin (terra). La forma dilatante e radiante succede alla forma assorbente in un gioco di intrecci che ricorda i cicli del Sole e della Terra, del giorno e della notte. Capitello (E) I capitelli decorati con foglie di acanto fanno parte dello stile corinzio appartenente all'ordine ionico. Secondo Vitruvio ( De architectura, libro IV) il capitello corinzio fu inventato dall’architetto Callimaco che si ispirò ad un cesto sormontato da una lastra, lasciato come offerta votiva su un sepolcro e ricoperto da una pianta d’acanto. Acanto è una parola derivata dal latino acanthus a sua volta derivata dal greco antico ἀκή ἄνθος (fiore spinoso). Capitello (E) E' considerato un simbolo di verginità in quanto pianta spontanea che cresce in terra non coltivata. Nell'antichità raffigurazioni delle sue foglie adornavano le vesti delle personalità più importanti. Per gli antichi romani l'acanto trovava impiego come elemento decorativo dei ninfei, edifici caratterizzati dalla costante presenza dell'acqua e per questo consacrati alle Ninfe, considerate dai romani le divinità di fontane, sorgenti e fiumi. Motivi ispirati a questa essenza si riscontrano anche nell’architettura cristiana, la pianta è simbolo di resurrezione ed è spesso riprodotta per adornare i monumenti sepolcrali e le colonne delle chiese. La sezione della foglia evidenzia come il numero sette sia presente ed indichi un significato intrinseco, legato alle antiche rappresentazioni dell'albero della vita, alla sezione aurea, ai centri energetici (chakras), nonché ai pianeti conosciuti nell'antichità. Riproducendo le forme della natura, l'uomo se ne concilia le forze e la sua geometria frattale, atta a captare le energie sottili per poi convogliarle nelle colonne del tempio, ne spiega così l'abbondante utilizzo in tutta la storia dell'uomo, a cominciare dalle culture egizie e greche.
Particolare fascia ad intreccio - Capitello (E)
Geometria della foglia di acanto
Monofora interna (X) lato Sud
Il capitello (H) ha nella sua parte centrale la rappresentazione di due figure umane avvolte da tralci di vite ed alcuni grappoli d'uva, quest'ultimi si trovano sia sotto un piede che vicino al capo. Nonostante l'erosione della pietra si può ben definire, data la diversa morfologia e la collocazione, la natura di queste figure, infatti l'uomo e a destra con forme più longilinee, la donna a sinistra con un bacino più ampio. Questa prima valutazione induce a considerare l'aspetto duale del simbolo che essi rappresentano, cioè le opposte ma complementari polarità: terra-cosmo, sole-luna, yin-yang ecc. L'avvolgimento dei tralci non può essere casuale, essi infatti cingono il plesso solare (Manipura) passando anche sotto ai genitali (radice), collegandoli; questa unione avviene nella parte alta centrale, all'altezza del capo, formando una punta e due spire (cirri), una destrorsa ed una sinistrorsa (simbolismo legato alla polarità). Essi pigiano con i piedi l'uva, ma anche questa è una raffigurazione simbolica; per poterla argomentare bisogna far riferimento a ciò che rappresenta la pianta della vite, l'uva, ma in particolare il vino nella cosmogonia cristiana (*). Capitello (H) *Vigna, vite, uva, vino: 'Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna' ( Genesi 9,20)L'espressione "vigna" nei versetti della bibbia appare 72 volte, pari alle entità che governano l'universo secondo la Chiave di Salomone, "uva" 40 volte, "vino" 205 volte e "vite" 52 volte. Rigogliosa vite era Israele, che dava frutto abbondante; ma più abbondante era il suo frutto, più moltiplicava gli altari; più ricca era la terra, più belle faceva le sue stele. Osea 10,1 Il popolo di Israele è la vite che ha piantato Dio Padre, il vignaiolo celeste cura e vigila sulla sua vigna, fintanto che essa segue i suoi precetti sarà rigogliosa e abbondante di frutti, ma quando le genti andranno contro natura allora si esporranno all'ira e al giudizio dell'onnipotente: Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, uscì dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: «Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature». Apocalisse 14,18 L'angelo gettò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e gettò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. Apocalisse 14,19 Dalla bocca gli esce una spada affilata per colpire con essa le genti. Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell'ira furiosa del Dio onnipotente. Apocalisse 19,15 Nel Nuovo Vangelo la figura di Gesù diventa anch'essa metafora. Egli si paragona infatti ad una vite i cui tralci sono gli uomini: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Giovanni 15,1 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Giovanni 15,5 Il Cristo come emanazione divina ricorda a tutti che l'umanità vivrà nel benessere e nella gioia spirituale attraverso di lui: Dimorate in me, ed io dimorerò in voi; siccome il tralcio non può portar frutto da sè stesso, se non dimora nella vite, così neanche voi, se non dimorate in me. Giovanni 15:4 Ecco quindi che pigiando l'uva, ossia Gesù, morto per redimere i peccati dell'umanità, ciò che si ottiene è il succo della conoscenza (il suo sangue ) che suggella l'unione con il Divino. Infatti non a caso nella religione cristiana il vino è una parte integrante e fondamentale nel rito dell'Eucarestia.si può vedere in queste immagini che seguono, delle aquile tengono nel becco dei grappoli di uva. Questo rapace in tutte le tradizioni esoteriche incarna la potenza cosmica, l'azione e l'intelligenza. Il suo elemento è l' aria. Viene associato al serpente, che contribuisce al suo significato, formando una coppia di opposti complementari, dove l’aquila simboleggia la luce, il cielo, le forze supreme, mentre il serpente è l’oscurità, la terra, le forze telluriche. L’aquila nutrendosi di serpenti incarna idealmente il trionfo del bene sul male. Per gli antichi egizi rappresenta il concetto dell’immortalità. Nella cristianità è associata a San Giovanni Evangelista, che nel Tetramorfo lo rappresenta, nel suo prologo (l' Apocalisse) egli compie un volo spirituale e si eleva nelle regioni più alte e sublimi della conoscenza, e vede con vista acuta simile a quello di un'aquila. Il suo vangelo parla della divinità del logos ed egli è come il rapace che si innalza in volo verso il sole, l' unico animale che può guardare direttamente la sua luce. Secondo la tradizione della Chiesa l'aquila incarna inoltre l'effusione dello Spirito Santo dall'alto e l'ascensione di Cristo. Tenendo conto di questi elementi ecco che il grappolo d'uva (che pigiato e fermentato darà la conoscenza) è serrato nel becco dell'aquila ( messaggera di luce divina), che lo porge all'uomo, o meglio: a chi sa ben vendemmiare, dando quindi la possibilità concreta di dialogare con l'Ineffabile ed offrirsi a Lui, ricevendo ispirazioni e benedizioni. Sotto il profilo pratico gli Iniziati hanno voluto segnalare il punto della chiesa in cui è possibile nutrirsi di questa "sacra bevanda". Capitello H -Vista laterale
Capitello (L) Capitello (L) – Vista laterale
Capitello (L) – Vista laterale
I capitelli qui descritti sono molto importanti per la loro morfologia e tutti meritano comunque un'attenta analisi simbolica, energetica e radioestesica.
Monofora interna (Y) lato nord: All'interno della chiesa sull'architrave della seconda monofora del lato nord due serpenti intrecciati urofagi (Uroboros) si mordono la propria coda, la cui estremità è costituita da tre grappoli d'uva. Da notare come il motivo iconografico e simbolico di questa pianta "sacra" qui ritorni. Uroboros L'Uroboro (dal Greco ουροβóροςdove 'ourá' sta per 'coda') detto anche: Ouroboros, Ourorboros, Oroborus, Uroboros o Uroborus è un simbolo molto antico che rappresenta un serpente che si morde la coda, ricreandosi continuamente e formando così un cerchio. È un simbolo associato all'alchimia, allo gnosticismo e all'ermetismo. Rappresenta la natura ciclica delle cose, la teoria dell'eterno ritorno, e tutto quello che è rappresentabile attraverso un ciclo che ricomincia dall'inizio dopo aver raggiunto la propria fine. In alcune rappresentazioni il serpente è rappresentato mezzo bianco e mezzo nero, richiamando il simbolo dello Yin e Yang, che illustra la natura dualistica di tutte le cose e soprattutto che gli opposti non sono in conflitto tra loro. In Hieroglyphica di Orapollo , riferendosi all'equivalente geroglifico egiziano si trova questa mirabile descrizione: Quando vogliono scrivere il Mondo, pingono un Serpente che divora la sua coda, figurato di varie squamme, per le quali figurano le Stelle del Mondo. Certamente questo animale è molto grave per la grandezza, si come la terra, è anchora sdruccioloso, perilche è simile all’acqua: e muta ogn’ anno insieme con la vecchiezza la pelle. Per la qual cosa il tempo faccendo ogn’ anno mutamento nel mondo, diviene giovane. Ma perché adopra il suo corpo per il cibo, questo significa tutte le cose, le quali per divina providenza son generate nel Mondo, dovere ritornare in quel medesimo. Pare che il simbolo si ispiri alla forma della Via Lattea, dal momento che in alcuni antichi testi era considerata un enorme serpente di luce che risiedeva nel cielo e circondava tutta la Terra.
Particolare Uroboros In questo antichissimo luogo di preghiera e devozione, infinite generazioni di uomini e donne hanno tributato alla Divinità il ringraziamento per il dono più grande: la Vita, ponendoci in ascolto si può percepire un soffio Divino accompagnato dalle loro voci. E' possibile visitare la splendida pieve di Montiglio, grazie alla disponibilità di alcuni volontari ben lieti di far conoscere ai forestieri questo incantevole angolo del loro paese. Invito tutti a fare un'escursione tra le colline del Monferrato e le sue antiche chiese romaniche, un'ottima occasione di studio e una vera iniezione di serenità per lo spirito.
Chiese romaniche in provincia di Asti (cliccare sull'immagine per ingrandirla) Articolo pubblicato parzialmente sul bollettino dell' A.I.R. (Associazione Italiana Radiestesisti) n° 2 del 2010. Ringrazio il Dott. Francesco Ciravegna per il materiale messomi a disposizione e la disponibilità offertami. Un grazie sentito anche al mio Maestro Aristide a cui dedico questa citazione antica: 'Ti do le chiavi per aprire le porte del Tempio; in Esso troverai il Fuoco rigeneratore che ti ingrandisce quanto il creato, la spada fiammeggiante per combattere le tenebre che ti costringono, la Verità suprema splendente e costante'. Raphael
BIBLIOGRAFIA e FONTI:
Webgrafia:
(Autore:Rudi Toffetti)
Sezioni correlate in questo sito:
www.duepassinelmistero.com Avvertenze/Disclaimer Maggio 2011 |