Con quella di questa sera si è conclusa la
bella 'stagione' 2007-2008 relativa alle conferenze tematiche inerenti il
pianeta rosso tenute dal dr.Guaita, il quale ha guadagnato sempre viva e
alta l'attenzione, serata dopo serata. In questa ha proposto gli ultimissimi
risultati che sono stati ricavati in base a quanto inviato a terra dalla
sonda americana Phoenix, atterrata su Marte il 25 maggio scorso; dopodichè
se ne riparlerà a settembre, quando le attività del Planetario
riprenderanno. A quel tempo la navicella avrà ormai quasi esaurito la sua
missione e si potranno delineare degli scenari probabilmente più precisi di
quanto si possa fare oggi. Comunque il fascino verso il misterioso pianeta
rosso è immutabile e ripercorrendone le vicende esplorative, cominciate nel
1965, si intuisce come la ricerca da allora abbia progredito e chiarito
taluni enigmi, sfatato delle 'leggende metropolitane', talvolta incappando
anche in clamorosi quanto imprevisti errori di valutazione, che hanno
condizionato le concezioni scientifiche per anni.
E' assai curioso
sottolineare, dice lo studioso, come su un nutrito numero di missioni tentate e avviate, soltanto
cinque navicelle si siano 'salvate' e solo due atterrate con retrorazzi; nel
2000 una sonda inviata verso il Polo Sud di Marte è sparita letteralmente
nel nulla!
L'attuale missione è
incentrata sul Polo Nord del pianeta (foto sotto):qui si ritiene che vi sia una calotta
polare di ghiaccio che dalle immagini mostra tutta la sua bellezza. Immagini
più dettagliate mostrano come il
terreno sembri percorso da coni vulcanici giovani che indicano un'attività
vulcanica (relativamente) recente; ci fanno capire che c'è stata una storia
attorno alla calotta e che si sono depositati dei sali, i solfati (che
possono essere di calcio o di ferro) ad una certa distanza dal polo stesso.
Dovevano essere evidentemente sciolti nell'acqua, che un tempo era liquida,
per trovarsi in quella posizione. Sotto lo strato visibile, non si sa però
cosa vi possa essere.
Il terreno che circonda il
polo nord, ha proseguito il dr.Guaita, è costituito da ghiaccio mescolato al terreno (permafrost).
Foto satellitari mostrano la situazione in inverno, con un aspetto delle
zolle 'poligonale', mentre a fine inverno il ghiaccio sembra uscire dai
'poligoni e lascia sul terreno dei solchi inequivocabili (foto sotto). Si è
appurato inoltre che la superficie di atterraggio è cosparsa di massi
erratici, della misura -cadauno - pari al duomo di Milano! La sonda ha
dovuto essere fatta scendere dove ve ne fossero di meno, cosa non semplice.
La scelta è caduta sulla Green Valley; la velocità di discesa è stata
20.000 Km/h sempre sperando che lo schermo antitermico (c'è un riscaldamento
enorme in quella situazione) funzionasse a dovere. A 914 m di altezza si
sono attivati i retrorazzi per rallentare la discesa fino a 8 Km/ h. E'
stato il momento più delicato. Dalle primissime foto inviate dal computer di
bordo si è visto che nelle fessure (poligoni) di cui dicevamo poc'anzi,
c'era ghiaccio che si è sciolto perchè è inizio estate, ma ha lasciato dei
caratteristici solchi. C'era anche il pericolo che si impiantasse del
ghiaccio sotto gli ugelli di Phoenix (sul pianeta il ghiaccio sublima
evaporando perchè l'atmosfera è più bassa rispetto alla terra).
Il clima di Marte cambia,
così come sulla Terra. Si è
dovuto calcolare quale fosse il momento ideale per la missione in questione;
in questo periodo sul pianeta rosso vi è una temperatura che Phoenix è in
grado di sopportare, tra - 26° C e - 82°C. Ma quando sopraggiungerà
l'inverno marziano, smetterà di funzionare. Ogni due anni, inoltre, Marte si
viene a trovare in posizione più prossima alla terra e bisognava
sfruttare questa circostanza.
Ma perchè si è tornati
ancora sul suolo marziano? Cosa si cerca? Cosa dovrà fare Phoenix?
Va detto che le missioni Viking
1 e 2 degli anni '70 (del XX secolo) cercarono già tracce di vita su Marte e
lo fecero sottoponendo il terreno a vari esperimenti biologici che da un
lato diedero risultati importanti ma dall'altro equivoci. In sostanza
l'esperimento si basava sulla 'rivelazione' -dopo una complessa reazione
chimica- di carbonio, elemento base della vita organica.
Senza entrare in troppi
dettagli di tipo 'tecnico', che però in conferenza il relatore ha spiegato
ineccepibilmente, basti dire che in seguito a quelle analisi venne
decretata l'assoluta assenza di forme microscopiche di vita organica
marziana e questa concezione perdurò fino al 2006 quando lo studioso
Rafael Navarro - Gonzales ripetè lo stesso esperimento che era stato
condotto sul suolo marziano in una porzione di deserto di Atakama (sulla
terra) usando il gascromatografo e, incredibilmente, risultò la totale
assenza di vita microscopica anche lì! Cosa che era chiaramente impossibile.
Perciò si cominciò a ipotizzare che gli esperimenti del Viking 1 e 2
potessero avere avuto dei limiti e che se vi fossero state tracce di vita
organica, probabilmente lo strumento non le aveva rilevate. Un dubbio che la
NASA doveva assolutamente chiarire.
Uno dei problemi cui si imputò
il possibile errore poteva essere dovuto alla temperatura di riscaldamento
del campione marziano sottoposto ad analisi, che era stata portata a 700° C,
secondo gli scienziati troppo bassa per quel tipo specifico di indagine
biologica. Per tale ragione Phoenix è stata attrezzata con fornaci in grado
di arrivare a 1000° C.
Phoenix è strutturata con
parti di sofisticatissima tecnologia, che nessun'altra sonda -prima- aveva
potuto avere; dopo aver superato tutti i problemi di
un corretto atterraggio, in una zona il più possibile adeguata agli
esperimenti, ha allestito tutte le sue parti per essere pronta a funzionare.
Nella foto seguente, si può vedere una schematizzazione di come è fatta.
Dove è riportata la sigla TEGA (Thermal end Evolved Gas Analyzer) si trova
la fornace; la sigla MECA indica invece la posizione del
laboratorio chimico tradizionale che è a contatto con i reagenti.
Inizialmente il braccio robotico (a sinistra) che ha il compito di
prelevare (come una ruspetta!) il terreno marziano, non si muoveva e questo
ha causato un ritardo nell'invio dei dati Ma poi si è sbloccato e tutto ha
potuto 'partire'.
Il braccio raccoglie il terreno
in una quantità sufficiente ad essere analizzato, nè troppo nè troppo poco
(almeno 20-30 mg di materiale analizzabile deve essere presente); un
microscopio elettronico situato nel MEGA ha il compito di verificare la
presenza di polvere. Il campione deve poi entrare nella fornace, che è
dotata di una griglietta superiore o filtro ( si intenda come un 'setaccio'
che tutti conosciamo), con il compito di far entrare materiale non superiore
ad 1 mm poichè se entrano particelle più grosse, possono otturare il
condotto. Cosa che s'è verificata il 13 giugno, suscitando preoccupazione.
Si è risolto provvedendo a scuotere la reticella e metterla in oscillazione (così come faremmo noi con
un setaccio, ad esempio) e, dopo vari tentativi e scossoni, si è
decisa a far entrare un po' di materiale. A questo punto sono stati messi in
azione tutti gli accorgimenti necessari per mantenere il campione idoneo
all'analisi, che si basa sulla produzione di anidride carbonica da parte di
eventuali composti organici viventi. La temperatura è stata gradualmente
innalzata: il primo 'step' è stato a 35 °C poichè se vi fosse stato del
ghiaccio nel terreno, si sarebbe sciolto; il secondo 'step' a 175 °C,
l'acqua diventa vapore (su Marte variano le condizioni perchè l'atmosfera
non è quella della Terra).
La foto seguente mostra il
solco lasciato dal braccio meccanico che ha raccolto un campione di
materiale da analizzare: la data è del 5 giugno '08 e si vede del biancore
sotto la superficie sabbiosa: sale marino, dice la didascalia!
In realtà va analizzato. Sarà
ghiaccio? Se lo fosse, con il passare dei giorni, la sua forma dovrebbe
cambiare. E invece non cambia. Comunque, una volta che una sufficiente
quantità di materiale estratto è riuscito a pervenire al laboratorio 'di
bordo', si è proceduto alla sua analisi ed uno dei primissimi risultati
pervenuti è eclatante: non è stata rilevata presenza di acqua! Come
mai in una zona in cui si riteneva ve ne fosse, lo strumento non l'ha
trovata? O non c'è mai stata o si è persa prima di essere analizzata
(ipotesi più probabile), suggerisce il relatore della serata. E' un altro
dei misteri che con il proseguo della missione si spera di svelare,
raccogliendo altre porzioni di terreno e possibilmente quello strato che -a
vista - si presenta di colore biancastro. La NASA attende di portare la
temperatura a 1000°C prima di pronunciarsi, ma attualmente* il computer di
bordo si è guastato e si è deciso di lasciarlo fermo per qualche giornata
(*al momento in cui si è svolta la conferenza, ossia il 19 giugno '08).
Phoenix dovrà dire comunque,
presto o tardi, se tra gli strati si nasconda davvero la traccia della vita
marziana.