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La vita su Marte dopo la missione Phoenix    

conferenza tenuta da Cesare Guaita al Planetario di Milano il 19/06/2008 (riassunto a cura  di            duepassinelmistero
C'è vita su Marte?

Con quella di questa sera si è conclusa la bella 'stagione' 2007-2008 relativa alle conferenze tematiche inerenti il pianeta rosso tenute dal dr.Guaita, il quale ha guadagnato sempre viva e alta l'attenzione, serata dopo serata. In questa ha proposto gli ultimissimi risultati che sono stati ricavati in base a quanto inviato a terra dalla sonda americana Phoenix, atterrata su Marte il 25 maggio scorso; dopodichè se ne riparlerà a settembre, quando le attività del Planetario riprenderanno. A quel tempo la navicella avrà ormai quasi esaurito la sua missione e si potranno delineare degli scenari probabilmente più precisi di quanto si possa fare oggi. Comunque il fascino verso il misterioso pianeta rosso è immutabile e ripercorrendone le vicende esplorative, cominciate nel 1965, si intuisce come la ricerca da allora abbia progredito e chiarito taluni enigmi, sfatato delle 'leggende metropolitane', talvolta incappando anche in clamorosi quanto imprevisti errori di valutazione, che hanno condizionato le concezioni scientifiche per anni.

E' assai curioso sottolineare, dice lo studioso, come su un nutrito numero di missioni tentate e avviate, soltanto cinque navicelle si siano 'salvate' e solo due atterrate con retrorazzi; nel 2000 una sonda inviata verso il Polo Sud di Marte è sparita letteralmente nel nulla!

L'attuale missione è incentrata sul Polo Nord del pianeta (foto sotto):qui si ritiene che vi sia una calotta polare di ghiaccio che dalle immagini mostra tutta la sua bellezza. Immagini più dettagliate mostrano come il terreno sembri percorso da coni vulcanici giovani che indicano un'attività vulcanica (relativamente) recente; ci fanno capire che c'è stata una storia attorno alla calotta e che si sono depositati dei sali, i solfati (che possono essere di calcio o di ferro) ad una certa distanza dal polo stesso. Dovevano essere evidentemente sciolti nell'acqua, che un tempo era liquida, per trovarsi in quella posizione. Sotto lo strato visibile, non si sa però cosa vi possa essere.

                 

Il terreno che circonda il polo nord, ha proseguito il dr.Guaita, è costituito da ghiaccio mescolato al terreno (permafrost). Foto satellitari mostrano la situazione in inverno, con un aspetto delle zolle 'poligonale', mentre a fine inverno il ghiaccio sembra uscire dai 'poligoni e lascia sul terreno dei solchi inequivocabili (foto sotto). Si è appurato inoltre che la superficie di atterraggio è cosparsa di massi erratici, della misura -cadauno - pari al duomo di Milano! La sonda ha dovuto essere fatta scendere dove ve ne fossero di meno, cosa non semplice. La scelta è caduta sulla Green Valley; la velocità di discesa è stata 20.000 Km/h sempre sperando che lo schermo antitermico (c'è un riscaldamento enorme in quella situazione) funzionasse a dovere. A 914 m di altezza si sono attivati i retrorazzi per rallentare la discesa fino a 8 Km/ h. E' stato il momento più delicato. Dalle primissime foto inviate dal computer di bordo si è visto che nelle fessure (poligoni) di cui dicevamo poc'anzi, c'era ghiaccio che si è sciolto perchè è inizio estate, ma ha lasciato dei caratteristici solchi. C'era anche il pericolo che si impiantasse del ghiaccio sotto gli ugelli di Phoenix (sul pianeta il ghiaccio sublima evaporando perchè l'atmosfera è più bassa rispetto alla terra).

Il clima di Marte cambia, così come sulla Terra. Si è dovuto calcolare quale fosse il momento ideale per la missione in questione; in questo periodo sul pianeta rosso vi è una temperatura che Phoenix è in grado di sopportare, tra - 26° C e - 82°C. Ma quando sopraggiungerà l'inverno marziano, smetterà di funzionare. Ogni due anni, inoltre, Marte si viene a trovare in posizione più prossima alla terra e bisognava sfruttare questa circostanza.

Ma perchè si è tornati ancora sul suolo marziano? Cosa si cerca? Cosa dovrà fare Phoenix?

Va detto che le missioni Viking 1 e 2 degli anni '70 (del XX secolo) cercarono già tracce di vita su Marte e lo fecero sottoponendo il terreno a vari esperimenti biologici che da un lato diedero risultati importanti ma dall'altro equivoci. In sostanza l'esperimento si basava sulla 'rivelazione' -dopo una complessa reazione chimica- di carbonio, elemento base della vita organica.

                      

Senza entrare in troppi dettagli di tipo 'tecnico', che però in conferenza il relatore ha spiegato ineccepibilmente, basti dire che in seguito a quelle analisi venne decretata l'assoluta assenza di forme microscopiche di vita organica marziana e questa concezione perdurò fino al 2006 quando lo studioso Rafael Navarro - Gonzales ripetè lo stesso esperimento che era stato condotto sul suolo marziano in una porzione di deserto di Atakama (sulla terra) usando il gascromatografo e, incredibilmente, risultò la totale assenza di vita microscopica anche lì! Cosa che era chiaramente impossibile. Perciò si cominciò a ipotizzare che gli esperimenti del Viking 1 e 2 potessero avere avuto dei limiti e che se vi fossero state tracce di vita organica, probabilmente lo strumento non le aveva rilevate. Un dubbio che la NASA doveva assolutamente chiarire.

Uno dei problemi cui si imputò il possibile errore poteva essere dovuto alla temperatura di riscaldamento del campione marziano sottoposto ad analisi, che era stata portata a 700° C, secondo gli scienziati troppo bassa per quel tipo specifico di indagine biologica. Per tale ragione Phoenix è stata attrezzata con fornaci in grado di arrivare a 1000° C.

Phoenix è strutturata con parti di sofisticatissima tecnologia, che nessun'altra sonda -prima- aveva potuto avere; dopo aver superato tutti i problemi di un corretto atterraggio, in una zona il più possibile adeguata agli esperimenti, ha allestito tutte le sue parti per essere pronta a funzionare. Nella foto seguente, si può vedere una schematizzazione di come è fatta. Dove è riportata la sigla TEGA (Thermal end Evolved Gas Analyzer) si trova la fornace; la sigla MECA indica invece la posizione del laboratorio chimico tradizionale che è a contatto con i reagenti. Inizialmente il braccio robotico (a sinistra) che ha il compito di prelevare (come una ruspetta!) il terreno marziano, non si muoveva e questo ha causato un ritardo nell'invio dei dati Ma poi si è sbloccato e tutto ha potuto 'partire'.

                  

Il braccio raccoglie il terreno in una quantità sufficiente ad essere analizzato, nè troppo nè troppo poco (almeno 20-30 mg di materiale analizzabile deve essere presente); un microscopio elettronico situato nel MEGA ha il compito di verificare la presenza di polvere. Il campione deve poi entrare nella fornace, che è dotata di una griglietta superiore o filtro ( si intenda come un 'setaccio' che tutti conosciamo), con il compito di far entrare materiale non superiore ad 1 mm poichè se entrano particelle più grosse, possono otturare il condotto. Cosa che s'è verificata il 13 giugno, suscitando preoccupazione. Si è risolto provvedendo a scuotere la reticella e metterla in oscillazione (così come faremmo noi con un setaccio, ad esempio) e, dopo vari tentativi e scossoni, si è decisa a far entrare un po' di materiale. A questo punto sono stati messi in azione tutti gli accorgimenti necessari per mantenere il campione idoneo all'analisi, che si basa sulla produzione di anidride carbonica da parte di eventuali composti organici viventi. La temperatura è stata gradualmente innalzata: il primo 'step' è stato a 35 °C poichè se vi fosse stato del ghiaccio nel terreno, si sarebbe sciolto; il secondo 'step' a 175 °C, l'acqua diventa vapore (su Marte variano le condizioni perchè l'atmosfera non è quella della Terra).

La foto seguente mostra il solco lasciato dal braccio meccanico che ha raccolto un campione di materiale da analizzare: la data è del 5 giugno '08 e si vede del biancore sotto la superficie sabbiosa: sale marino, dice la didascalia!

In realtà va analizzato. Sarà ghiaccio? Se lo fosse, con il passare dei giorni, la sua forma dovrebbe cambiare. E invece non cambia. Comunque, una volta che una sufficiente quantità di materiale estratto è riuscito a pervenire al laboratorio 'di bordo', si è proceduto alla sua analisi ed uno dei primissimi risultati pervenuti è eclatante: non è stata rilevata presenza di acqua! Come mai in una zona in cui si riteneva ve ne fosse, lo strumento non l'ha trovata? O non c'è mai stata o si è persa prima di essere analizzata (ipotesi più probabile), suggerisce il relatore della serata. E' un altro dei misteri che con il proseguo della missione si spera di svelare, raccogliendo altre porzioni di terreno e possibilmente quello strato che -a vista - si presenta di colore biancastro. La NASA attende di portare la temperatura a 1000°C prima di pronunciarsi, ma attualmente* il computer di bordo si è guastato e si è deciso di lasciarlo fermo per qualche giornata (*al momento in cui si è svolta la conferenza, ossia il 19 giugno '08).

Phoenix dovrà dire comunque, presto o tardi, se tra gli strati si nasconda davvero la traccia della vita marziana.

                                           

Per ulteriori informazioni si consiglia di visitare il sito ufficiale del Planetario di Milano: http://www.comune.milano.it/planetario/index.html e, in particolare, si può ascoltare e/o scaricare la presente conferenza in formato audio andando al link: http://milkyway.comune.milano.it/doc/08/06/guaita19062008.mp3

 

Sezioni correlate in questo sito

Conferenza del dr.Guaita del 09/10/2008

 

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                                                                    luglio 2008