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Federico II e i Seguaci d’Amore
Il percorso Iniziatico di Castel del Monte
(testo
e foto a cura di Andrea Romanazzi)
Da
sempre il misterioso maniero di Castel del Monte, corona delle Murge pugliesi,
cela alla vista del curioso viandante il suo mistero. Moltissime sono le teorie
che cercano, in un modo o nell’altro, di spiegare cosa esso sia davvero. Per
alcuni un semplice castello come tanti altri edificati da Federico II,
per altri maniero per la caccia, mentre altri ancora lo collegano al Graal
o ne fanno un tempio sufico.
Nonostante
nome ed apparenza, unica certezza è che Castel del Monte contraddice ogni
elementare regola sulla edificazione di castelli: non è presente un fossato, né
un ponte levatoio, mancano sotterranei in cui rinchiudere i prigionieri
e lo spazio per le guarnigioni del sovrano, inoltre le ampie finestre del
piano superiore costituiscono facile bersaglio per chiunque volesse attaccare.
Altro stranissimo elemento sono le scale a chiocciola che ruotano nel senso
opposto a quello normale,permettendo così ad eventuali invasori di poter
procedere brandendo una spada ed impedendo a coloro che si trovano nel
castello di potersi difendere altrettanto bene. Cosa è dunque Castel del
Monte? Ecco così una intrigante ipotesi: il maniero altro non sarebbe che
un mistico percorso, una intima evoluzione che permette al novizio di
giungere al cospetto di Colei a cui il castello è stato dedicato ed edificato,
la Donna d’Amore.
Tutto
il maniero sembra così un continuo rimando all’iniziazione d’Amore, la Soria,
di cui troviam traccia in una poesia amorosa scritta da Federico ad una
misteriosa donna, la sua Rosa,
mai identificata con nessuna delle sue amanti e mogli.
Oi
lasso! non pensai
si forte mi parisse
lo dipartire da donna mia;
da poi ch'io m'allontanai,
ben paria ch'io morisse,
membrando di sua dolze compagnia;
e già mai tanta pena non durai,
se non quando alla nave dimorai.
Ed or mi credo morir certamente,
sed a le non ritorno prestamente...
Canzonetta gioiosa va a la fior di Soria,
a quella c'à in prigione lo mio core:
dì a la più amorosa,
ca per sua cortesia
si rimembri de lo suo servitore,
quelli che per suo amore va penando;
e priegalami per la sua bontate
ch'ella mi deggia tener lealtate
Il
castello così voluto, potrebbe esser già metafora del centrum
primordiale, quella Soria, o meglio Siria e più in generale
quell’area compresa tra le coste orientali bagnate dal Mediterraneo e il
mistico fiume dell’Eufrate, culla della religione Monoteista che tanto
divideva, e purtroppo divide, gli animi e i culti.
Allo sguardo dell’ignaro viandante
il castello appare con tutta la sua imponente simmetria, il piccolo uomo si
sente frastornato tra le mura di questo eterno gigante.
Ecco
così l’idea di una rievocazione del mistico percorso per giungere al seno
dell’Alma Mater di Soria.
Muti,
fieri, ecco che due leoni paion a guardia dell’ingresso di quella porta del
castello, in breccia corallina egiziana, quasi custodi della potenza imperiale e
dottrinale, simbolo di forza che riporta a quel trono di Salomone che unisce
tutte le religioni monoteiste. Uno guarda al sorgere del sole nel giorno del
solstizio d’Estate, l’altro in quello d’Inverno, qui non c’è confusione
di lingue.
Inizia
il percorso iniziatico. Una volta entrati nel maniero, al visitatore si apre il
bellissimo cortile ottagonale. La tradizione vuole che al centro del cortile ci
fosse una vasca ottagonale monolitica con un sedile
ove era posto l’iniziato, forse un battesimo del fuoco, un rituale di
purificazione che ci riporta al Baphomet l’idolo blasfemo templare, in realtà
simbolo di qualcosa di più grande. Esso etimologicamente proverrebbe così
da bafe’, immersione, e metis, saggezza e quindi significherebbe
“battesimo di saggezza”, l’abluzione rituale che l’iniziato deve
compiere prima del mistico viaggio. Nel Vademecum
dei Fedeli d’Amore di
Sohravardî, si dice “…Amore
non apre a chiunque la via che conduce a lui…”.
Il
piano terra è dominato dal buio, è il luogo dell'iniziazione. ”…bisogna
che Amore faccia il giro della dimora e scenda fino alla cella del cuore…”. Basta
così varcare la prima soglia per trovare
la prima ed più importante indicazione: sulla volta è scolpita una faccia con
le orecchie d'asino, è re Mida, che sta a significare “una
verità che non può essere svelata”.
Questo
messaggio si rifà al mito del re e
delle sue orecchie. La storia è piuttosto complessa, il dio Pan fu
sfidato da Apollo ad una gara di musica e il re, passando casualmente nella
zona, si fece “arbitro” del confronto giudicando Pan fosse più bravo del
dio solare. Per questo affronto fu punito dal dio col dono di un bel paio
d'orecchie d'asino. Mida, per tener celata quella sua ridicola mostruosità,
copriva le orecchie con una tiara
che non si toglieva mai dal capo per nascondere a tutti la sua disgrazia, non però al suo
barbiere naturalmente, al quale impose
di serbare la verità. Il poveraccio per un po’ di tempo, soffocò dentro di
se la voglia irresistibile di propagare il segreto; ma quando non ne poté più,
ritiratosi in un luogo appartato, e scavata una fossa vi avvicinò la bocca e,
guardandosi d'attorno per assicurarsi che potesse sentirlo, confidò alla Terra
il suo segreto: "Mida re non ha orecchie d'uomo, ma d'asino"; dopo di
che, sentendosi alleggerito d'un gran peso riempì di nuovo la fossa e se ne andò.
Sulla terra smossa, il destino burlone fece, però, nascere un canneto: e quando
i primi venti soffiarono s'incaricarono di ripetere anche a chi non avesse
voluto sentirle, le parole che il barbiere credeva di aver ben sotterrate.
E’ dopo questa fase meditativa che
si raggiunge il Cuore gentile, requisito
essenziale per accedere alle stanze superiori attraverso la già citata scala a
chiocciola con il loro senso
antiorario indicano
come da ora tutte le conoscenze saranno rovesciate.
Così
è al termine del percorso turrito che troviamo tre enigmatici volti. Vediamo
ancora re Mida, la verità che non può esser rivelata, ma che sembra quasi
sussurrarla, “…Tengo il segreto della tua bellezza nel più segreto del
mio cuore. / Il mio cuore resta in silenzio se mi si domanda il segreto del tuo
Nome…”
Appare
poi l’Alma Mater la donna che appare al suo fianco mentre guardano entrambi
una mensola rimasta vuota ma sempre illuminata da una presa d’aria. Cosa
rappresentano queste enigmatiche figure?
E’
in questo momento Dante,
per diversi studiosi iniziato ai Fedeli
d’Amore, a venirci in aiuto e
a spiegarci l’arcano.
“…Dopo
che furono passati abbastanza giorni perché fossero compiuti nove anni esatti
dall’apparizione, qui descritta, di questa molto gentile, avvenne, l’ultimo
di questi giorni, che questa ammirevole dama mi apparve vestita tutta di bianco
in mezzo a due dame più anziane; e, passando per la strada, lei volse gli occhi
dal lato ove me ne stavo tutto timoroso; e con quella ineffabile cortesia che
oggi viene ricompensata nel secolo senza fine, lei m’indirizzò un saluto di
così grande effetto che io credetti di vedere gli estremi limiti della
beatitudine…”
E’
qui nascosto l’arcano dei volti e il tempo d’iniziazione.
Così
si svela all’adepto la profonda luce del
secondo piano, in netto contrasto con il buio dell’Ignoranza, si svela
l’Iside Eterna, come dice il seguace d’Amore Francesco da Barberino “…Ella
è colei, ch'à compagno il figliuolo, del Sommo Iddio, e sua Madre con esso:
ell'è colei, che con molte siede in cielo, ell'è colei, che in terra ha
pochi seco…”
Si
giunge così alla famosa camera del re, preceduta da una cella con raffigurati
sulla volta dei serpenti e la
sirena, la conoscenza intima, la Melusina che nasconde dietro il suo
aspetto l’antico ricordo di vetusti culti, la
donna che aiuta l'uomo nella ricerca della conoscenza senza dunque distinzioni
tra sessi imperfetti ma con
l’idea che solo nell’unione ci si eleva al divino. E’ la sala più
importante. Affacciandosi dalla finestra lo
sguardo è colpito da uno "spazio vuoto", poco più sopra si può
notare un drappello di uomini a cavallo, un pezzo archeologico che Federico ha lì
posizionato. Molti studiosi vedevano nel bassorilievo una scena di
caccia, la Caccia di Meleandro al cinghiale, per altri l’episodio di
Alessandro Magno e Timoclea.
Dopo che l’esercito macedone
saccheggiò Tebe, una donna di nome Timoclea fu violentata da un cavaliere. Per
vendicarsi gli disse di aver nascosto un tesoro in un pozzo e quando questi
guardò giù lo fece precipitare con una spinta. Condotta davanti ad Alessandro
Magno la donna fu giudicata assolta per il gesto inusuale, per una donna, di
fierezza e coraggio.
Si
esce così dalla torre "astronomica" e qui le ultime figure, 6 nudi
telamoni, proprio come la verità che non conosce vestiti,
con una rosa in mezzo, ecco così giunti alla Rosa di Soria, ecco
finalmente apparire agli occhi l’Armonia Mundi.
Non
si sa se Federico abbia mai messo piede nel castello e se abbia davvero percorso
il mistico viaggio iniziatico in esso nascosto, certezza è che, ad oggi,
milioni di persone si recano nelle stanze del maniero, alla ricerca degli intimi
segreti del castello che, silente, sembra quasi sussurrare versi di un Amore
universale.
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