Tra
il X e il V secolo a.C. si sviluppò la
cultura di Golasecca
la quale,
diffusa
in Piemonte e nella Lombardia centro-occidentale è rappresentata
nel
Comasco, dal sito insediativo di Pianvalle, dalla necropoli della "Cà
Morta",
oltre che da numerosi altri siti archeologici posti sulle alture che
circondano
la città di Como.
Ai
Golasecchiani si deve anche la fondazione dell'Oppidum
Komum sulle
colline
sopra l'attuale città, che fu fondata da Giulio Cesare, in
particolare
va ricordato l'insediamento di Pianvalle, posto sul Monte Croce.
Notizie
storiche relativamente alle tribù che popolarono la Val d'Intelvi
ne
esistono molto poche; un passo di Catone, riferito da Plinio il Giovane,
afferma
che Como e Bergamo furono fondate dalla tribù degli "Orobi";
notizie
che per altro si rilevano anche in Strabone (De
Geografia).
Il
termine "Orobi" o anche "Orumbovii",
di cui non si hanno altre tracce,
all'infuori
delle citazioni di Catone e Strabone, appare una evidente
"grecizzazione"
di un qualche nome di origine celtica, in greco
significherebbe
"abitatori dei monti" e con esso Catone voleva probabilmente
indicare
una o più tribù celtiche che vivevano sul territorio accidentato
e
montano tipico delle zone alpine.
Al
contrario dei Reti che furono un popolo bellicoso ed indomabile diffuso
sulle
Alpi della Lombardia centro-orientale, in Valtellina e in Valcamonica,
ed
ai quali i Galli vi si sovrapposero senza fondervisi completamente ed i
Romani
faticarono alquanto a "romanizzarli",
i Comenses ed i loro
confederati
lariani di matrice golasecchiana erano sostanzialmente pacifici.
Le
popolazioni celtiche dell'Italia nord-occidentale vivevano in piccole
regioni
delimitate da barriere naturali quali fiumi, valli, crinali montani,
facenti
capo ognuna, ad un castelliere cioè un luogo elevato e recintato,
il
quale oltre a rivestire funzioni difensive, era un luogo in cui,
talvolta,
vi si svolgevano anche culti e riunioni politiche.
In
caso di pericolo, il castelliere poteva divenire un rifugio provvisorio
per
parte della popolazione e del bestiame.
Planimetria del Caslè da una pubblicazione di inizio ‘900
Nel
196 a.C., all'epoca dell'arrivo delle legioni romane di Claudio Marcello,
dall'Oppidum
Komum sembra dipendessero ben 28 castellieri, la cui reale
ubicazione
risulta però attualmente assai ardua da definire soprattutto nella
Val
d'Intelvi, piuttosto che sul Monte Caslè, dove sorse un castelliere di
probabile
origine golasecchiana, che probabilmente fu ampiamente utilizzato,
forse
per difesa, anche in epoca successiva.
Un
altro possibile castelliere dovrebbe essere probabilmente ubicato nei
pressi
della località di Castiglione d'Intelvi, dove sorsero le successive
fortezze
di epoca storica, ma per ora mancano completamente le evidenze
archeologiche.
Il
castelliere di Monte Caslè consisteva in un recinto di forma allincirca
ovale
con una lunghezza di circa 130 metri e una larghezza media di circa 80
metri,
posto ad una quota di 1045 metri s.l.m.
Il
perimetro lungo oltre 400 metri, è delimitato da muri a secco, formati
da
blocchi di pietra calcarea le cui dimensioni risultano essere mediamente
di
30x40x20 centimetri ciascuno, alti tre metri e spessi due e mezzo alla
base.
Oggi
le mura sono purtroppo completamente crollate eccezion fatta per
qualche
segmento di muraglia peraltro molto deteriorato posto lungo il
perimetro.
Durante
gli scavi archeologici effettuati in passato, oltre alle fondamenta
dei
muri di fortificazione, fu rinvenuta traccia di alcuni fondi di capanne
con
stoviglie e resti di vasi lavorati a mano, senza l'uso del tornio; la
maggior
parte di essi risulta collocabile cronologicamente alla seconda età
del
Ferro corrispondente grosso modo al IV-III secolo a.C., quindi in
periodo
gallico o più generalmente celtico lateniano.
Durante
la notte o in caso di pericolo, gli abitanti del monte Caslè si
rifugiavano
entro il recinto del castelliere insieme al bestiame; un
ingresso
si apriva in direzione di un laghetto (ultimamente assai ridotto)
che
avrebbe potuto servire da abbeveratoio per il bestiame.
Georeferenziazione
del sito del Caslè
Poco lontano vi era anche un masso coppellato (ormai rimosso e di cui si
è
persa
ogni traccia) per cui questo luogo, peraltro assai strategico,
potrebbe essere stato
frequentato anche precedentemente al periodo tipico
della cultura di
Golasecca.
Scavi
al Caslè nel 2004
Non è improbabile che altri castellieri sorgessero in Valle d'Intelvi,
come
farebbero pensare alcuni toponimi quale Castiglione oppure "Carlasc";
e
anche la struttura di taluni luoghi, come la rupe dei S. Sisinnio fanno
pensare
a possibili strutture fortificate di tal genere.
I
Galli che occuparono la regione comasca appartenevano alla tribù degli
Insubri,
e lasciarono numerose tracce tanto che nella Valle d'Intelvi, in
passato
furono rinvenute alcune tombe galliche tra le quali vanno annoverate
in
particolare quella di Erbonne e quella di Schignano, nella quale era
contenuta
una spada piegata secondo l'uso rituale celtico, insieme a tre
vasi
in cotto, uno dei quali conteneva le ceneri del defunto, un evidente
connubbio
tra le usanze funerarie galliche e le precedenti golasecchiane.
La
spada, lunga 90 cm, era caratterizzata da una punta aguzza ed un fodero
bivalve
in ferro; nella tomba era stato posto anche un braccialetto in
bronzo,
oltre a due dischi metallici formati da un filo avvolto a spirale.
Questi
reperti, come altri riguardanti la valle d'Intelvi, sono attualmente
conservati
presso il Museo Civico di Como.
Come
accade nella stragrande maggioranza dei castellieri alpini e
appenninici
liguri, la struttura globale del sito e le strutture interne al
luogo
fortificato risultano astronomicamente orientate.
Nel
caso del castelliere di monte Caslè è proprio il profilo globale del
sito
ad essere astronomicamente orientato, tanto che l'asse maggiore della
struttura
ovale risulta essere allineato verso sud-ovest con rilevante
accuratezza,
parallelamente alla direzione del tramonto del Sole al
solstizio
d'inverno, all'orizzonte naturale locale elevato di circa 9 gradi
rispetto
a quello astronomico.
Questa
orientazione non è la sola rilevabile nel sito in quanto l'asse del
castelliere
è orientato nella direzione nord-est, verso il punto
dell'orizzonte
in cui era visibile la levata eliaca della stella Arcturus
(mv=0.24),
la più luminosa nella costellazione di Boote, che nel 500 a.C.,
periodo
che si ritiene essere quello di frequentazione del Caslè, avveniva
nei
primi giorni del mese di Agosto, in concomitanza della festa celtica di
Lughnasad.
La
levata eliaca di Arcturus poteva essere un buon indicatore dell'epoca di
celebrazione
della festa celtica di mezza estate.
È
interessante notare che, come messo in evidenza nel 1997 da Gaspani e
Cernuti
la data di celebrazione della festa celtica di Lughnasad era
determinata
dalla visibilità della levata eliaca della stella Sirio,
ma
questo
fenomeno astronomico molto favorevole alle latitudini centro europee
(latitudine:
47-49 gradi) forniva una data meno accurata alle latitudini
nord-italiche
(latitudine: 45-46 gradi) dove la levata eliaca di Regolo
nella
costellazione del Leone o di Arcturus
poteva consentire un riferimento
temporale
più accurato rispetto a quello fornito dalla levata eliaca di
Sirio,
durante la seconda metà del I millennio a.C.; nel caso del Caslè
potremmo
averne un esempio.
La
stella Arcturus era ben nota in
ambito golasecchiano (Gaspani, 1999), ma
anche
in quello gallico, greco e romano come indicatore stagionale utile
alla
pianificazione agricola, come ci testimoniano le citazione contenute
nelle
"Opere e i Giorni" di Esiodo, nei "Fasti di Ovidio" e nelle
"Georgiche"
di Virgilio.
Lungo
l'asse del castelliere di monte Caslè potevano essere osservate
anche
le levate ordinarie delle stelle Capella
(mv=0.21) nella costellazione
dell'Auriga,
Vega (mv=0.14) nella Lyra, di Gemma
(mv=2.31) nella Corona
Boreale
e Deneb (mv=1.33) nella
costellazione del Cigno, le quali, durante
l'Eta
del Ferro, costituirono al pari di Arcturus
alcuni riferimenti
calendariali
stagionali importanti ai fini della pianificazione agricola.
Sezione del terrapieno del castelliere del Caslè
Il castelliere di monte Caslè risulta quindi essere un luogo fortificato
la
cui
progettazione fu eseguita tenendo conto, oltre che dell'orografia del
luogo,
anche di alcune direzioni astronomiche importanti durante il periodo
di
frequentazione del sito.
Notizie
storiche relativamente alle tribù che popolarono la Val d'Intelvi
ne
esistono molto poche; un passo di Catone, riferito da Plinio il Giovane,
afferma
che Como e Bergamo furono fondate dalla tribù degli "Orobi";
notizie
che per altro si rilevano anche in Strabone (De Geografia).
Le
popolazioni celtiche dell'Italia nord-occidentale vivevano in piccole
regioni
delimitate da barriere naturali quali fiumi, valli, crinali montani,
facenti
capo ognuna, ad un castelliere, cioè un luogo elevato e recintato,
il
quale oltre a rivestire funzioni difensive, era un luogo in cui,
talvolta,
vi si svolgevano anche culti e riunioni politiche.
Uno
dei "pagus" degli Orobi era rappresentato dalla tribù degli Elvii
che
pare
fossero stanziati nella zona di Lanzo d'Intelvi dove attualmente
esitono
le tracce di un grande sito fortificato: il castelliere di Monte
Caslè.
Scavi al castelliere di monte Caslè
Il
castelliere di Monte Caslè consisteva in un recinto di forma allincirca
ovale
con una lunghezza di circa 130 metri e una larghezza media di circa 80
metri,
posto ad una quota di 1045 metri s.l.m.
Il
perimetro lungo oltre 400 metri, era delimitato da muri a secco, formati
da
blocchi di pietra calcarea le cui dimensioni sono state stimate essere
mediamente
di 30x40x20 centimetri ciascuno, alti tre metri e spessi due e
mezzo
alla base.
Oggi
le mura sono purtroppo completamente crollate eccezion fatta per
qualche
segmento di muraglia peraltro molto deteriorato posto lungo il
perimetro,
e demolite per fini di riutilizzo del materiale litico.
Durante
gli scavi archeologici effettuati in passato, oltre alle fondamenta
dei
muri di fortificazione, fu rinvenuta traccia di alcuni fondi di capanne
con
stoviglie e resti di vasi lavorati a mano, senza l'uso del tornio; la
maggior
parte di essi risulta collocabile cronologicamente alla seconda età
del
Ferro corrispondente grosso modo al IV-III secolo a.C., quindi in
periodo
gallico o più generalmente celtico lateniano.
Il
castelliere di monte Caslè risulta astronomicamente orientato, tanto che
l'asse
maggiore della struttura ovale risulta essere allineato verso
sud-ovest
con rilevante accuratezza, parallelamente alla direzione del
tramonto
del Sole al solstizio d'inverno, all'orizzonte naturale locale
elevato
di circa 9 gradi rispetto a quello astronomico.
Questa
orientazione non è la sola rilevabile nel sito in quanto l'asse del
castelliere
è orientato nella direzione nord-est, verso il punto
dell'orizzonte
locale in cui era visibile la levata della stella, di prima
grandezza
Arcturus, la più luminosa nella
costellazione di Boote, che nel
periodo
di massimo sviluppo della cultura degli Elvii, era visibile dai
primi
giorni del mese di Agosto, data della sua levata eliaca, in poi.
La
stella Arcturus era ben nota in
ambito golasecchiano (Gaspani, 1999), ma
anche
in quello gallico, greco e romano e la sua levata eliaca era un
indicatore
stagionale utile alla pianificazione agricola, come ci
testimoniano
le citazione contenute nelle "Opere e i Giorni" di Esiodo, nei
"Fasti
di Ovidio" e nelle "Georgiche" di Virgilio.
Lungo
l'asse del castelliere di monte Caslè potevano essere osservate anche
le
levate ordinarie delle stelle Capella
(mv=0.21) nella costellazione
dell'Auriga,
Vega (mv=0.14) nella Lyra, di Gemma (mv=2.31) nella Corona
Boreale
e Deneb (mv=1.33) nella costellazione del Cigno, le quali, durante
l'Eta
del Ferro, costituirono al pari di Arcturus alcuni riferimenti
calendariali
stagionali importanti ai fini della pianificazione agricola.
Il
castelliere di monte Caslè risulta quindi essere un luogo fortificato la
cui
progettazione fu eseguita tenendo conto, oltre che dell'orografia del
luogo,
anche di alcune direzioni astronomiche importanti durante il periodo
di
frequentazione del sito.
Il
castelliere però era molto importante e molto rappresentativo
all'interno
delle tradizioni culturali celtiche stanziate nel territorio del
medio
e alto Lario, tanto che Plinio riportò alcune interessanti notizie in
uno
dei suoi scritti, di cui rimane solamente una traccia in una
trascrizione
molto posteriore rilevabile su un frammentario manoscritto
custodito
a Oxford. L'iscrizione, tradotta, ci parla di un grande nemeton ubicato in
quell'area,
denominato "Il triangolo
religioso della Gallia Cisalpina" formato,
secondo
Plinio, "connettendo un oppidum con tre massi incisi" in modo da
delimitare un territorio sacro.
Ubicazione dei massi incisi nell’area del Caslè
Altri
casi di strutture simili sono note nelle regioni di Vaucluse e della
Marna,
in territorio Gallico, nonchè in Bretagna.
Il
Caslè, per le sue dimensioni e per la sua struttura, è l'unico sito
dell'area
del medio e alto Lario che si presta ad essere definito "oppidum"
e
l'indagine che da molti anni è condotta sul territorio, ha mostrato la
presenza
di numerosi massi e rocce incise, soprattutto con coppelle, ma
anche
con altri petroglifi comunque non figurativi.
Molti
massi sono scomparsi, distrutti dagli scalpellini al fine di ricavarne
pietre
da costruzione, ma 8 importanti elementi, le cui coppelle risalgono,
probabilmente
all'età del Ferro, rimangono nella zona ed è stato possibile
studiarli.
Nella
primavera e nell'estate 2004, sono state eseguiti alcuni sopralluoghi
nella
zona e, sia il Caslè che svariati massi incisi sono stati
georeferenziati
mediante tecniche satellitari GPS in modo che la loro
posizione
fosse determinata con un errore di qualche decina di centimetri
rispetto
alle direzioni astronomiche fondamentali.
È
poi stata eseguita l'analisi delle distribuzione spaziale dei massi e
mediante
tecniche di "pattern
recognition" basate su reti neuronali
astificiali,
addestrate con le caratterisiche medie degli altri nemeton
di
questo tipo attualmente noti, con il vincolo che il Caslè dovesse
obbligatoriamente
essere incluso, è stato possibile determinare la
configurazione
più probabile del possibile "triangolo
sacro" degli Elvii,
secondo
l'interpretazione dello scritto di Plinio.
Il
"triangolo sacro" più
probabile, secondo i criteri adottati, è in
realtà
un trapezio i cui vertici sono il Caslè con il suo masso
coppellato,
il masso di Pian d'Orano, in località alla Bolletta, e quello
di
Val Cavrera, posto in località "Onisc"; all'interno dell'area
sacra è
posto
il masso di Scaria, in località Pian delle Noci, mentre rimane
all'esterno
la serie di tre lastre di pietra con coppelle poste in frazione
Scaria
presso la cappelletta di San Giuseppe, ma che risulta comunque essere
importante
nel contesto della geometria sacra associata al nemeton
degli
Elvii.
Il
passo successivo è stato quello di verificare l'eventuale esistenza di
linee
astronomicamente significative, come è abbastanza logico aspettarsi
considerato
che esse sono comuni nei luoghi sacri dei Celti, in cui sono
stati
rilevati molti elementi di Geometria Sacra (Gaspani, Cernuti, 1997;
Gaspani,
1999).
Considerando
i massi e le rocce coppellate che delimitano l'area sacra o
che
ne fanno indirettamente parte, è stato possibile rilevare l'esistenza
di
numerose linee astronomicamente significative.
Consideriamo
il masso di Pian d'Orano, un osservatore posto presso di esso
poteva
osservare il tramonto della Luna alla sua massima declinazione
positiva
pari a (e+i), dove "e"
è l'angolo di inclinazione dell'asse di
rotazione
della Terra rispetto alla normale al piano dell'orbita della Terra
e
"i" è l'inclinazione
dell'orbita lunare rispetto a quella terrestre,
dietro
il profilo del Monte Caslè; il fenomeno si ripete ogni 18.61 anni
solari
tropici.
Sempre
dallo stesso luogo poteva essere visto il Sole sorgere all'alba del
29
Giugno, giorno del solstizio d'estate in direzione del masso del Caslè,
mentre
invece all'inizio dello stesso mese poteva essere osservata la levata
eliaca
della stella Aldebaran in direzione delle lastre di pietra poste
presso
la cappelletta di S.Giuseppe a Scaria, definendo in modo univoco la
data
di celebrazione della festa di Beltane, o l'equivalente, per le
popolazioni
locali.
I
massi coppellati di cui e’ stata misurata accuratamente la posizione
geografica ed altimetrica per determinare i possibili candidati al
“sacro triangolo”
Sempre
nella stessa direzione era visibile la levata eliaca della stella
Altair,
durante la prima decade di Dicembre.
Il
sorgere del Sole al solstizio d'inverno era invece visibile, il 26
Dicembre,
in direzione del Piano delle Noci dove esistono alcune pietre
su
cui sono incise numerose coppelle.
Per
ultimo, sempre dalla stessa postazione, in direzione del masso di Val
Cavrera
era visibile il sorgere della Luna al lunistizio estremo inferiore,
cioè
quando l'astro raggiunge la minima declinazione possibile, pari a
(-e-i).
Va
rilevato che quando quando ogni 18.61 anni, la Luna sorgeva dietro il
Caslè,
7 giorni dopo, quindi alla fase successiva, sorgeva nella direzione
della
cappelletta di S.Giuseppe a Scaria, e dopo altri 7 giorni, quindi dopo
un'altra
fase, era vista sorgere in direzione del masso di Val Cavrera.
Le
due direzioni corrispondono ai due lati che delimitano il triangolo
sacro.
Dal
Pian d'Orano erano quindi osservabile sia le levate del Sole ai due
solstizi,
alternativamente ogni sei mesi, sia le levate lunari ai lunistizi
estremi
ogni 18.61 anni solari tropici; appare del tutto ovvio considerare
il
Pian d'Orano come un luogo privilegiato per l'osservazione astronomica
dei
principali fenomeni solari e lunari, con fini utili al calendario e alla
pianificazione
dell'attività agricola.
Anche
dal Caslè potevano essere osservati alcuni fenomeni astronomici
importanti,
primo tra tutti, la levata solare equinoziale in direzione del
masso
coppellato posto nelle vicinanze e nella direzione opposta era quindi
osservabile
il tramonto del Sole agli equinozi, che avvenivano il 27 Marzo
e
il 29 Settembre del calendario giuliano.
Il “Sacro Triangolo”
Un
altro allineamento importante prevedeva la possibilità di osservare la
levata
della Luna nuovamente al lunistizio estremo inferiore (-e-i)
in
direzione
delle lastre poste presso la Cappelletta di S.Giuseppe a Scaria e
il
corrispondente tramonto della Luna, nello stesso giorno, in direzione del
Pian
d'Orano, ogni 18.61 anni mentre nella stessa direzione era visibile il
tramonto
del nostro satellite naturale nel giorno di lunistizio intermedio
inferiore,
quando la declinazione lunare era pari a (-e+i).
Posizioniamoci
ora presso la Cappelletta di San Giuseppe a Scaria, da quel
luogo
era possibile osservare il tramonto della Luna al lunistizio estremo
superiore
dietro il Caslè e il tramonto del Sole al solstizio d'inverno in
direzione
del Piano delle Noci.
Dalla
cappelletta di San Giuseppe a Scaria erano definite alcune linee di tipo
stellare,
infatti il tramonto della stella Arcturus
era visibile dietro il
Caslè,
la Stella Bellatrix tramontava verso il Pian d'Orano e la stella
Antares,
altro astro importante per i Celti, tramontava dietro il Piano
delle
Noci.
Le
rimanenti linee astronomicamente significative coinvolgono il tramonto
della
stella Capella, altra stella importante per il Celti, verso il Piano
d'Orano,
se osservata dalla località "Onisc"
in Val Cavrera ed il tramonto
del
Sole al solstizio d'estate, se ad osservare ci si poneva al Piano delle
Noci.
La
probabilità che tutte queste linee astronomicamente significative siano
dovute
al caso, può essere calcolata e il risultato è 1 probabilità su 50
miliardi,
quindi nulla è casuale, ma tutto ciò sembra essere la
conseguenza
di un disegno deliberatamente messo in atto.
Rimane
però un problema e cioè che le rocce e i massi sono nella loro
posizione
naturale e quindi come potrebbero aver dato origine in modo non
casuale
alle linee astronomicamente significative rilevate?
La
risposta è molto semplice e basta recarsi a piedi in quell'area per
rendersi
pienamente conto che i massi e le rocce sono numerosissime e
praticamente
onnipresenti, ma quelle incise sono solamente quelle che
determinano
linee astronomicamente significative.
Allineamenti astronomicamente significativi nel “Sacro
Triangolo”
L'incisione
delle rocce e dei massi deve essere avvenuta durante l'età del
Ferro
e sono stati incisi solamente quei monoliti che erano posizionati nei
luoghi
giusti, entro ovviamente un ragionevole, ma alquanto ridotto, margine
d'errore
di cui è stato tenuto conto durante lo studio e l'analisi
archeoastronomica
del "sacro triangolo".
In
secondo luogo il Caslè è posto in maniera tale da determinare la
materializzazione
della configurazione sacra e se fosse stato edificato su
una
montagna differente, molte delle linee astronomiche rilevate non
sarebbero
più tali.
Dall'analisi
archeoastronomica si rileva che i "target" astronomici sono
tutti
determinati in maniera completa, nel senso che esistono linee che, per
uno
stesso astro, ne marcano sia il punto di levata che il punto di
tramonto
e questo è possibile solamente se il Caslè è ubicato nella
posizione
che effettivamente occupa; se non fosse in quella posizione, non
sarebbe
stato possibile raggiungere la configurazione sacra, con le linee
astronomiche
giuste, le quali tra l'altro si accordano perfettamente sia per
la
tipologia degli allineamenti sia per gli astri che sono coinvolti, con le
abitudini
tipiche della cultura celtica, soprattutto transalpina (Gaspani,
Cernuti
1997), ma anche golasecchiana (Gaspani, 1999).
Quello
che rimane ora da chiedersi è chi furono i Druidi degli Elvii o più
in
generale degli Orobi, che furono in grado di raggiungere un tale grado di
accuratezza
nell'ideare un così perfezionato esempio di geometria sacra.
Probabilmente
la situazione era ancora più complessa, ma purtroppo molti
massi
sono andati distrutti nei secoli per riutilizzare la pietra e con loro
è
scomparsa molta informazione che purtroppo ora non è più recuperabile.
(Autore. Adriano Gaspani. Questo articolo è parte di uno studio ben più
articolato che il professore ha sviluppato in apposite pubblicazioni. Si
rimanda alla sua
bibliografia. Molti argomenti correlati sono stati pubblicati in questo sito, nella
sezione Archeoastronomia). |