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Si è tenuta nel palazzo comunale di Spirano, venerdì 19 novembre, la terza conferenza del ciclo “Archeologia e Misteri”. Il relatore ha illustrato un argomento purtroppo ancora poco conosciuto, ma degno di maggiori attenzioni: le cosiddette “Piramidi di Montevecchia”, in provincia di Lecco.
Dopo una premessa sul
significato del termine “mistero” (è ciò che ancora non conosciamo, dunque è una
“dichiarazione di ignoranza” ma anche di voglia di conoscere), il relatore ha
introdotto l’argomento dicendo che avrebbe cercato di chiarire DOVE,COME..
QUANDO E CHI ha edificato queste incredibili formazioni piramidali.
Le tre colline hanno
attirato l’attenzione del relatore soprattutto dopo che egli ha potuto
visionarle dall’alto: le fotografie aeree e da satellite infatti, mostrano
chiaramente la disposizione delle tre colline e le loro proporzioni. Si notano due colline
a forma di piramide perfettamente allineate, e una terza più piccola spostata
rispetto all’allineamento delle prime due.
Subito questa
particolare disposizione riporta alla mente le tre celebri piramidi egizie di
Giza, che paiono rispecchiare perfettamente le stelle della “cintura di Orione”
(le tre stelle che si trovano al centro di questa costellazione).
Solo una coincidenza?
Il relatore ha chiesto
il parere di esperti come l’astrofisico Gaspani, dell’osservatorio Brera di
Milano, il quale ha analizzato le foto satellitari e ha misurato vari parametri
delle tre formazioni piramidali.
Oltre alla perfezione
geometrica dei lati, il prof. Gaspani ha misurato l’inclinazione dei lati delle
prime due piramidi (la terza presenta difficoltà nella misurazione perché
avvolta in parte dal bosco): con una buona dose di sorpresa, si è constatato che
l’inclinazione è di 42-43°. Questa precisione ricorda molto da vicino altre
piramidi egizie: quelle di Dashur, più antiche delle tre di Giza. Due di queste
piramidi di Dashur presentano anch’esse inclinazioni che vanno dai 42° ai 43°.
Un’altra coincidenza? Dopo questi primi,
sorprendenti dati, Di Gregorio è passato a uno studio sul campo, rintracciando
parti di un muro in blocchi di granito, sulla sommità della seconda collina
piramidale (chiamata Belvedere Cereda per il panorama che vi si può ammirare).
Questo muro è orientato verso il Nord con una precisione impressionante:
l’errore è infatti dello 0,5%. Considerando che oggi si raggiunge a stento, e
con l’uso delle tecnologie più sofisticate disponibili, un margine d’errore
dello 0,6/0,7%, si può comprendere la straordinarietà di una simile costruzione.
Una delle ipotesi fatte in
proposito, è che si tratti del muro perimetrale di una costruzione d’epoca
celtica (le tre colline sono da sempre state considerate come luoghi di alta
religiosità). Ma chi ha pensato e
realizzato quest’opera? Il relatore, che ha cercato la collaborazione della
Soprintendenza ai beni archeologici, si è visto spesso porte chiuse a sbarrare
questo percorso di conoscenza: in primis gli è stato detto che, siccome
ne’ Celti ne’ Romani costruivano piramidi, queste devono essere anteriori a tali
popolazioni. Bene, ma… prima di loro “non c’era nessuno” (ufficialmente). E se
non c’era nessuno, le piramidi non possono essere artificiali. Per capire il motivo
che ha reso questo territorio meta ambita fin dalla preistoria, bisogna
considerare la geografia italiana all’epoca glaciale: i ghiacciai alpini
giungevano fino oltre Milano, ma data la particolare conformazione e
disposizione di alcuni monti a Nord di Montevecchia, questo territorio era solo
sfiorato dai ghiacci, costituendo una sorta di “isola” nel mare gelato che si
stendeva tutt’attorno. I ritrovamenti di epoca preistorica confermano questi
dati, e danno un’idea precisa di quanto lunga e popolata sia la storia della
Valle del Curone.
Dunque non pare ragionevole
asserire che “prima di Celti e Romani non c’era nessuno”; secondo l’archeologia
“ortodossa”, prima di questi due popoli non esistevano genti in grado di pensare
e realizzare un’opera tanto precisa. Eppure, tre colline chiaramente scolpite in
forma piramidale, con i lati perfettamente allineati e inclinati in modo
preciso, sono lì, visibili da tutti, a dimostrazione che qualcosa, e qualcuno,
doveva esserci. L’ortodossia estrema non
aiuta la Ricerca, ma la passione e l’onestà intellettuale possono arrivare là
dove nessuno avrebbe immaginato. Dunque chi ha scolpito tre
colline in quel modo così preciso? Chi poteva avere conoscenze astronomiche
tanto avanzate e facoltà matematiche tanto raffinate? Stiamo parlando, per
tornare al “quando”, di un’epoca molto vicina a quella delle piramidi egizie.
Pare dunque abbastanza ragionevole pensare che, almeno in questa Valle, ancora
molto c’è da scoprire e da disseppellire dal buio del tempo: ancora molto c’è da
ripensare, su un’epoca e una popolazione di cui oggi non sappiamo nulla. E’ risultato
incredibile al pubblico, intervenuto numeroso e interessato, che nessuno fra i
molti gruppi e associazioni archeologiche lombarde, si sia ancora accostato allo
studio della storia del territorio montevecchino, nonostante siano ormai
moltissimi i reperti di varie epoche portati alla luce da appassionati locali o
semplici passanti (una delle punte di freccia in selce è stata trovata
affiorante sul ciglio di un sentiero!).
Ma Di Gregorio nel
frattempo ha continuato la ricerca: non sul campo, ma dall’alto.
Ha analizzato varie foto aeree, scattate in diversi anni, scoprendo un altro carattere sorprendente che all’inizio era sfuggito.
Un momento della relazione
La seconda collina
mostra, al centro di un lato e un po’ più in alto rispetto alla base, un gruppo
di piante che crescono rigogliose, circondate dai cosiddetti “prati magri”
(formazioni vegetali spontanee che crescono su terreni rocciosi, non
utilizzabili dall’uomo per alcuno scopo). Si tratta di un canneto: quindi siamo
in presenza di una ristretta zona, sul fianco della parete, che gode di
particolarissime condizioni idriche; una zona alimentata da una riserva d’acqua
sottostante, probabilmente un pozzo (il relatore ha trovato tracce di forma
circolare che farebbero pensare a questa struttura). Questo pozzo, prosegue
l’autore nella sua ipotesi di lavoro, è probabilmente collegato a una grotta
sottostante, una cavità la cui presenza è attestata dal ritrovamento, del tutto
insolito nel contesto geologico superficiale, di un pezzo di roccia ricoperto
interamente da cristalli di quarzo. Questa roccia, così particolare per il luogo
in cui si trova, dovrebbe provenire da una cavità profonda (si trovano spesso
delle geodi su cui crescono cristalli di quarzo in simili cavità).
Ora, questa intuizione
(che va debitamente indagata)potrebbe non significare granché, se non riportasse
alla mente un’altra caratteristica delle più celebri piramidi di Giza: la
presenza di una camera sottostante la piramide, posta più in basso rispetto al
piano, collegata all’esterno tramite condotti o pozzi.
Veduta aerea di una delle tre strutture piramidali di Montevecchia La serata è stata davvero molto interessante; e ci ha lasciato con una serie di fatti e ipotesi su cui meditare, oltre che con la speranza che finalmente qualcosa si smuova dall’immobilità e dal torpore, che finora hanno chiuso le porte a una Ricerca condotta con onestà e impegno. Una Ricerca che potenzialmente può rivoluzionare le nostre attuali conoscenze, non solo sulle popolazioni locali della Valle del Curone, ma anche sul contesto generale lombardo e sulle relazioni, ancora oscure, fra varie antiche popolazioni, nonché sui loro spostamenti e sulla diffusione di conoscenze in tempi così remoti. Curiosità:unendo virtualmente centri cultuali vicini a Montevecchia, il dr. Di Gregorio ha notato che si riproduce la costellazione di Orione. Per maggiori informazioni visitare il sito: Alla prossima-e ultima-conferenza dell'interessante ciclo. Torna all'Archivio Reports |