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S. COLOMBANO A VAPRIO D’ADDA (MI):chiesa Templare? (di Marisa Uberti) Ricercando le fonti documentali sulla chiesa di San Colombano a Vaprio d’ Adda (MI) abbiamo scoperto che ne esistono ben poche (per la precisione una sola, disponibile nella locale biblioteca comunale). Un appassionato studioso, Armando Bacchiet(1), ha prodotto l’unico testo, che risale ormai ad oltre dieci anni fa (1997), da cui si traggono alcune principali notizie in merito alla nascita di questa chiesa, all’arte in essa presente, alle sue disavventure, fino ai lavori di restauro eseguiti negli anni ’60 del secolo scorso, sui quali sono gravati pesanti sospetti. Ma andiamo con ordine e cominciamo a capire dove si trova questa chiesa. Il paese di Vaprio d’Adda si trova al confine della provincia di Bergamo con Milano: infatti un ponte sul fiume Adda le divide. Al di qua c’è Canonica, che è ancora bergamasca e al di là del ponte c’è Vaprio, già milanese. Attualmente la chiesa è inserita nel tessuto urbano vapriese, accanto all’ospedale locale e fuori dai principali tracciati ma un tempo –quando in loco vi erano soltanto boschi e case sparse- si trovava in vicinanza dell’importantissimo tracciato romano che da Mediolanum (Milano) passando per Pons Aureoli (l’attuale Pontirolo, BG) proseguiva per Verona riunendosi alla via Postumia e arrivando fino ad Aquileia; percorso sfruttato per tutto il medioevo e anche oltre. La vicinanza a due nodi longobardi importantissimi come quello di Trezzo (MI) e Fara d’Adda (BG) le ha conferito con ogni probabilità dei privilegi, come quello di essere eseguita da maestranze edili altamente qualificate come i Magistri Comacini, e in epoca più tarda, con il fiorire dello stile romanico, forse arrivarono anche maestranze francesi. Un giglio di Francia presente sia in facciata che su un pilastro all’interno a destra dell’altare fa propendere infatti il Bacchiet per il marchio lasciato dai tagliapietre provenienti dalla Francia meridionale, i quali adottavano un simbolo distintivo da trasmettersi di padre in figlio. Sarà proprio così? E perché arrivarono fin qui lapicidi francesi? Verosimile giglio di Francia all'esterno (a sinistra del portale d'ingresso) Giglio di Francia all'interno della chiesa (primo pilastro a destra dell'abside centrale) La dedicazione a San Colombano dovrebbe risalire ai primi secoli del cristianesimo quando questo monaco, calato dall’Irlanda in Italia, avrebbe sostato in zona prima di dirigersi a Bobbio, nella non lontana provincia di Piacenza , per fondare il suo primo monastero e il più celebre, del quale abbiamo parlato in un articolo apposito in questo sito. Il primitivo complesso del S.Colombano di Vaprio era un monastero con annessa chiesa, e fino al 1300 si hanno notizie di monaci residenti senza la specifica dell'ordine al quale appartenessero; nel XVI secolo- con le visite pastorali ordinate da S. Carlo Borromeo – si apprende che il complesso versava in grave degrado. Con il cardinalato di Giuseppe Pozzobonelli (1743-1783) si ebbe una vivace ripresa, presto decaduta e nel 1916 l’edificio venne requisito dalle autorità militari. In seguito si avviò vero l’abbandono. Su ‘Arte Lombarda’ del 1960, venne data comunicazione dell’inizio dei lavori di restauro della chiesa (mentre il monastero venne progressivamente inglobato in edifici civili), ribadendone la ricchezza delle sculture romaniche presenti su capitelli all’esterno e all’interno, ponendola in raffronto, per certi specifici soggetti, con la chiesa di S. Maria e S. Sigismondo di Rivolta d’Adda (CR), in cui tra l'altro vi sono elementi che rimandano all'arte irlandese, come un paio di croci celtiche con i tipici intrecci e annodamenti ad essa affini. Altri raffronti sono possibili con elementi presenti nella basilica di S. Michele a Pavia, che presenta tra l’altro una analoga finestra dalla forma ‘a biscotto’ (ovale), certamente insolita, presente anche nel duomo di Crema (sul quale tra l’altro c’è anche una scacchiera a 64 caselle bianche e nere, incastonata in facciata). Sono tutti edifici medievali che hanno in comune, per quanto riguarda gli artefici, la presenza dei Maestri Comacini. In quell’articolo apparso su 'Arte Lombarda' si spiegava il progetto del restauro, che comprendeva anche il rifacimento del pavimento, del tetto e del soffitto, la pulitura delle colonne e dei capitelli, ma anche demolizioni di mura, rifacimenti parietali e rimozione delle sbiancature che si trovavano sugli intonaci. Qualche anno dopo, però, nel 1968, un articolo apparso sul quotidiano nazionale ‘Il Giorno’, denunciava con un titolo allarmante qualcosa di inammissibile: “Altro che restauri! Un vero scempio. (Tra l’altro sarebbero scomparse alcune sculture originali dello storico edificio)”. Leggendolo, si rabbrividisce e, se tutto fosse vero, sarebbe un raccapriccio. I lavori si erano anzitutto dovuti fermare per le veementi proteste della popolazione che, constatato il ‘malandazzo’ delle cose, si erano rivolti al Ministro della Pubblica Istruzione e la notizia era arrivata anche alla redazione di “Italia nostra” lamentando che quello, più che un cantiere, si era trasformato in un ‘bivacco dei guastatori’! Regnava una grande confusione, mancavano all’appello sculture e frammenti litici recuperati durante i lavori; alcuni affreschi sarebbero stati strappati senza tanti complimenti dalle pareti, le tele giacevano in terra fra sacchi di cemento e polvere, insomma i finanziamenti ricevuti sarebbero stati mal spesi. Ma quel che è peggio invece che recuperare si era rovinato parecchio. Non sappiamo se queste lamentele fossero dovute ad incompetenza di chi le giudicava o se effettivamente qualcosa di poco chiaro fosse successo. Ad ogni modo oggi dobbiamo basarci su quel che troviamo in loco e notiamo che vi sono diverse ‘stonature’ o per lo meno anomalie: la diversità palese del materiale usato per rifare alcune porzioni delle mura esterne, ad esempio; le monofore delle pareti laterali sono certamente curiose, perché sono state lasciate strutturalmente aderenti al progetto romanico ma non ve n’è una uguale all’altra, presentando forme che potremmo definire comunque ‘simboliche: a sud vi è quella ovoidale di cui si è già accennato e sulla stessa parete l’altra finestra ha sei lati; sul lato nord, una ha quattro lati e una cinque. Come mai queste scelte? Un piccolo rosone è sulla facciata ma non è originario, anche se l’edificio romanico doveva averne uno, che poi venne chiuso, per essere riaperto in epoche recenti. Fu in seguito ai restauri che venne tolto lo strato di intonaco che ricopriva la volta dell'abside centrale, permettendo di rimettere in luce quello che sotto si celava: la grande croce patente rossa contornata da una moltitudine di stelle ottopuntate, che tra poco vedremo. La chiesa ha una facciata a capanna ed è a navata unica; ha un ingresso centrale e due laterali, uno posto a nord e l’altro a sud; nella parte orientale ha tre absidi, come prescrivono gli edifici di culto cristiano, in cui il fedele entra da occidente, dove tramonta il sole, punto cardinale associato ai profani e alle tenebre e varcando la sacra soglia si incammina verso il sorgere del sole, verso la luce simboleggiata dal Cristo. Un campanilino a vela in mattoni è collocato marginalmente sul lato di settentrione. Il portale principale, strombato, è impreziosito da sculture a motivi tipici del bestiario medievale (tra cui una bellissima sirena femminile), ma con alcuni soggetti ancora indecifrati. Lungo lo stipite laterale destro si nota un motivo a intreccio, di probabile matrice longobarda, con un marcato punto centrale. Il Bacchiet lo identifica come un ‘groviglio labirintico’ in cui tre linee si intrecciano rimandando alla Trinità che –dice- nei tempi antichi veniva sempre rappresentata con motivi geometrici. A questo punto possiamo pensare che il punto centrale voglia rimarcare ulteriormente il concetto di ‘centro’, cui tutto origina e converge (un po’ quello che potrebbe essere attribuito al foro centrale delle Triplici Cinte o dei Centri Sacri).
Ad un angelo (forse san Michele, il santo patrono del popolo longobardo), sullo stipite sinistro del portale d’accesso, manca la testa e sembra proteggere un altro angelo, di dimensioni molto più ridotte. Una curiosa rappresentazione di quattro figure umane è scolpita nella lunetta del portalino della facciata sud: la più grande, esageratamente grande rispetto alle altre tre, è forse San Colombano, ritratto in posa benedicente con il pastorale in una mano, mentre sulla sinistra un personaggio tiene per la coda un grosso pesce (simbolo antico dei cristiani) ed altri maneggiano dei blocchi di pietra. Forse la scena allude alla costruzione dell’edificio? Ciò che sembra certo è che questo gruppo scultoreo – pur mostrandosi integro - non ha la raffinatezza stilistica dei capitelli dell’interno, appare più rozzo, più semplice e ‘primitivo’, così come le altre sculture degli stipiti sulla facciata principale. Potrebbero risalire all’impianto longobardo della chiesa? Due teste leonine protrudono dai lati di questa lunetta, e ricordano molto, invece, quelle presenti sui pilastri centrali all’interno.
Un curioso personaggio a cavalcioni di un animale è scolpito proprio sull’angolo, tra lo spigolo della facciata sud-est, una collocazione in cui ci era mai capitato di trovare precedentemente delle raffigurazioni simili; un’ altra scultura (che si ‘intuisce’ da lontano ma non è visibile adeguatamente perché una recinzione dell’area lo impedisce) è presente nell’esatto punto sulla parete opposta, a nord-est. Le absidi sono state rifatte ma conservano alcune parti originali, come un curioso personaggio dalle grandi mani che occhieggia tra gli archetti pensili di quella centrale. Superiormente, sopra le sporgenze absidali, si trova una finestrella conformata a croce, verosimilmente avente funzione di illuminare i sottotetti. La lunetta del portalino settentrionale non si può vedere perché la cancellata di accesso in quella zona è chiusa ma abbiamo potuto vedere di cosa si tratta grazie ad un’immagine riprodotta dal Bacchiet sul suo testo. Anzitutto la cornice della lunetta non è liscia come lo è invece quella del portalino sud, ma impreziosita da un fregio a motivo di intreccio e nodi, forse riconducibile ad uno stile longobardo. Il motivo scultoreo della lunetta ritrae un personaggio munito di clava in una mano mentre nell’altra trattiene un volatile; altri animali, in basso, sembrano fuggire in direzioni opposte tra loro, uno a destra e l’altro a sinistra. Le finestre dell’abside centrale parrebbero originali e sono molto interessanti poiché, caso più unico che raro, oltre alle tre monofore ‘classiche’ dell’arte romanica, vi sono altre tre aperture circolari inferiormente, al cui interno sono ricavati quattro oculi ripartiti da una croce ‘floreale’, i cui motivi centrali sono identici sia all’interno che all’esterno. Si tratta di dettagli veramente curiosi e che per cogliere necessita un occhio particolarmente attento ai dettagli minuti come questi. Dall’interno si potranno distinguere meglio: si tratta di un piccolo volto umano e una croce ‘patente’, mentre la terza finestra circolare non presenta motivo centrale o almeno non si vede più. Nella foto sotto, il piccolo volto umano della finestra circolare all'interno (abside centrale). A parte tutto ciò, l’elemento che ci ha destato maggiore curiosità è la decorazione dell’abside centrale, chiaramente insolita. Non troviamo infatti i consueti motivi cristiani dei Vangeli ma una enorme croce patente rossa, purtroppo assai mutila, ma inequivocabilmente riconoscibile. Al termine del braccio orizzontale, a sinistra per chi guarda, si notano tre punti che si deduce fossero presenti a ciascun braccio, come nelle tipiche croci patenti di Ordini medievali come quello Templare. Agli angoli della croce, si trovano quattro cerchi rossi (ben visibili due, uno parzialmente e l’altro è scomparso), ricalcando in tal modo l’esatto motivo delle finestre circolari sotto le monofore. Dentro i cerchi, bordati di rosso e arancio come tutto l’apparato policromo dell’abside, non si riescono a distinguere i dettagli presenti. Su tutta la volta dell’abside sono presenti stelle a otto punte, con un punto centrale ben evidenziato (simile figurazione è spesso stata documentata nell’iconografia di chiese appartenute ai Templari), e al termine di ogni ‘punta’ di stella vi sono tre segmenti ravvicinati che secondo il nostro parere sono sovrapponibili a quelli riscontrati in un’ iconografia del castello templare di Vrana in Dalmazia, dove si trovano, in quel contesto, sui bracci di una croce che ripartisce un fiore a quattro petali. Che senso hanno i tre ‘trattini’ messi in quel modo, sotto ogni punta di stella? E il foro centrale, posto dentro ciascuna delle stelle presenti sulla volta? Purtroppo il grave grado di deterioramento dell’affresco non consente una lettura adeguata dello stesso. Un altro interessante simbolismo lo si trova sul capitello del pilastro a destra del presbiterio, tra questo e la prima cappella delimitata dall’abside di destra: un personaggio barbuto dai lunghi capelli è bicaudato, è una sirena maschio. Accanto a lui una belva in atto di attaccare un altro animale e, sotto, quasi al centro del pilastro, si trova uno dei due gigli di Francia che abbiamo citato prima. Altri affreschi, ma probabilmente più tardi di quello del catino absidale, corrono sotto quest’ultimo, e tra essi distinguiamo San Colombano, in un saio bianco e una colomba bianca sulla spalla destra, e a sinistra il monogramma IHS distintivo di San Bernardino da Siena (XVI sec.). Ancora più tardi potrebbero essere gli affreschi delle volte delle due absidi laterali, dai colori vivaci, mentre l’impianto architettonico è romanico originario. La chiesa sembra presentare una specularità opposta tra parte destra e sinistra e tale considerazione è supportata dal fatto che le sculture dei capitelli di sinistra sembrano essere uguali ma opposte: troviamo infatti sul capitello del pilastro centrale sinistro una figura umana sottomessa a due figure mostruose e animalesche che tengono le zampe sulla sua testa, mentre sul capitello centrale destro la scena si inverte:è la figura umana a calcare le mani sulle teste di due fiere. Il personaggio è tra l’altro agghindato come un legionario romano. I pochi ma significativi simbolismi che si possono ancora trovare in questa chiesa, osservando bene, lasceranno stupito l’accorto visitatore, perché sono un campionario di mirabile arte medievale. A dispetto della sua semplicità, è a pieno titolo uno degli edifici medievali più interessanti che ci sia capitato di incontrare durante le nostre ricerche, ma resta da capire a chi fosse appartenuta nel periodo in cui qualcuno dipinse l’abside con una vistosa croce patente rossa. Esistono altre chiese che presentano il medesimo soggetto in Italia e, se si, a quale committenza religiosa appartengono? Tramite un'analisi comparativa supportata da fonti documentali certe, si potrebbe eventualmente apportare un significativo apporto allo studio ancora lacunoso di questa antica chiesa a Vaprio d'Adda. Nota (1): Bacchiet, Armando "Dalla notte dei tempi un monumento: il S. Colombano di Vaprio", s.n.1997 Suppl. al numero di dicembre 1997 de L'eco dell'Adda.
Sezioni correlate in questo sito (oltre quelle già citate nel testo):
www.duepassinelmistero.com Avvertenze/Disclaimer febbraio 2009 |