La Val
Brembilla si potrebbe considerare una 'diramazione' nord-occidentale
della Val Brembana in quanto, giunti ai Ponti di Sedrina,
uno svincolo a sinistra si apre in due vallate strette tra le montagne, la
val Taleggio (che dà nome al noto formaggio) e la val
Brembilla, il cui paesaggio è caratterizzato -all'imboccatura- da
un paesaggio fantastico. Lasciata la SS, si imbocca la carrozzabile e la
percezione dell'ambiente circostante muta di colpo. Dopo una cava sulla
sinistra, che sta sventrando la montagna, il bellissimo Ponte medievale
(nascosto ma, se ci si ferma, si potrà comodamente percorrerlo) ci
comincia a trasportare in un passato che qui è da definirsi veramente
remoto. Le Grotte dei dintorni, infatti (quella delle Meraviglie, a
Zogno, o le Grotte di Andrea, la buca del Tabac, etc.),
testimoniano di insediamenti umani tra i più antichi in assoluto.
Oltrepassate le prime curve, un paesaggio da 'canyon' appare agli occhi
dello stralunato autista (certo sarebbe opportuno visitare questi luoghi a
piedi):rocce gigantesche dalla forma bizzarra sembrano quasi vigilare su
chi passa, carpendone le intenzioni. La Valle sa custodire bene i suoi
segreti...
A fianco
scorre il fiume, con il suo andamento selvaggio e spumeggiante; non
prendiamo per il centro di Brembilla, ma tagliamo a destra, seguendo le
indicazioni per località 'Castello'. A proposito, occupandoci di
Clanezzo, il mese
scorso, altro borgo incantevole situato tra l'altro a poca distanza da
dove ci troviamo oggi, abbiamo accennato al fatto che Brembilla (417 m
s.l.m., 4.000 ab.circa)- nel 1443- subì una diaspora a causa del
fatto che aveva appoggiato i Visconti contro la Repubblica Veneta la
quale, per punizione, diede tre giorni di tempo alla popolazione (compresi
bambini ed anziani) per lasciare la propria terra, le proprie case, ogni
avere. Immaginiamo cosa devono aver patito quelle genti che, raggiunta
Milano e il territorio dominato dai Visconti, vi si stabilirono (da questo
fatto si spiega la frequenza del cognome Brembilla o Brambilla nel
milanese).
Stimolati
dall'articolo
del prof. Gaspani, che illustrava le analisi archeoastronomiche
condotte su un sito sacro formato da 5 muraglie megalitiche, abbiamo
voluto andare a documentare 'dal vivo' questi misteriosi 'megaliti', e il
primo mistero era come trovarli. Inizialmente cercavamo nel posto
sbagliato. Poi, grazie alle mappe e soprattutto ad una fotografia
pubblicata dagli amici di Valbrembanaweb, si è cominciato a fissare
i 'punti di riferimento', necessari per una terra che non si conosce.
Bisogna imboccare la stretta strada che è indicata sui pannelli come 'Pratonuovo'
e seguirla per circa due chilometri, fino ad arrivare all'oratorio di
San Gaetano, una graziosa costruzione absidata immersa nel verde,
dominante l'antica Strada Taverna(1).
(2)
L'oratorio lo
raggiungiamo da dietro; ci presenta infatti la sua abside rimaneggiata. Ma
su cosa sorge esattamente? Cosa c'era prima, cioè? Non sono mai stati
condotti scavi, che ci risulti.
Parcheggiata
l'auto, si scende per il sentiero boschivo che aggira la chiesetta, e si
prosegue sul sentiero già tracciato, dotato di una sorta di scaletta,
tenendosi sempre sulla sinistra, fino a che il bosco si apre in un'ampia
radura, fronteggiante la montagna sul lato opposto,
chiamata misteriosamente "Corna del Mesdè”(cioè
Rupe del mezzogiorno).
Di spalle, i
terrazzamenti sono ancora poco visibili ma proseguendo di pochi passi, si
inizierà a vedere la scaletta che scende. Si vedrà anche un edificio
civile, Cà Marta, che farà da ulteriore riferimento.Il
toponimo non sappiamo a cosa si riferisca esattamente, ma si 'vocifera'
che abbia qualche cosa a che fare con un antico sacello dedicato al culto
di Marte... L'edificio è in ristrutturazione; l'area della casa infatti è
recintata e anche negli strati rocciosi dietro le cinque muraglie vi sono
cartelli di 'divieto' (ma il sito archeologico è di libero accesso;
soltanto la seconda muraglia ha l'accesso chiuso da un lato, ma è
praticabile da quello opposto).
Nel primo
tratto si incontra una scala moderna, messa in sicurezza, ma la
restante è scavata nella roccia e sappiamo che ne esiste un'altra,
dall'altra parte delle terrazze. Le scale sono molto interessanti e
sicuramente arcaiche.
Ci troviamo
quindi dinnanzi ad un complesso terrazzato, costituito da 5 muraglie (ma
la presenza di altri muri a secco potrebbe aver fatto parte del
complesso?), equidistanti tra loro e parallele. I dati relativi alle loro
misure sono indicati nella figura di A. Gaspani:
Non
intendiamo ripetere quanto già il prof. Gaspani ha illustrato nel suo
esaustivo articolo, ma aggiungere nostri contributi (egli eseguì
l'analisi del sito diversi anni fa).
Ciò che rende
queste muraglie particolari e differenti dai muretti a secco che i
contadini costruiscono per contenimento, è la tecnica: alla base grossi
blocchi, incastrati tra loro così saldamente senza aver bisogno di
materiale collante; in alcuni casi, sorprende la somiglianza con le più
celebri 'mura megalitiche' di altre località. Tuttavia qui siamo in
presenza di dimensioni più contenute ma ugualmente enigmatiche.
Chi ha
costruito questo complesso e perchè?
Quando è
stato realizzato?
Com'era in
origine?
Il prof.
Gaspani ha avanzato l'ipotesi che si potesse trattare di un sito sacro,
per la presenza di una fonte (che non abbiamo trovato) e delle
due rampe di scale posizionate ad entrambi i lati delle mura stesse,
oltre che per allineamenti astronomici non certo casuali.
La terza
muraglia presenta un 'vano' centralmente, una sorta di
apertura, molto più grande di una semplice nicchia, e accuratamente
realizzata. Oggi è diventata - per i buontemponi che si trovano a passare-
anche cestino per rifiuti (!), ma in origine doveva rivestire una funzione
importante. La quarta muraglia presenta la stessa apertura, anche
se di dimensioni più modeste, non centralmente bensì spostata verso
destra, quasi al termine del muro. Perchè? Le altre muraglie non mostrano
aperture; c'è da osservare, però, che alcuni tratti delle muraglie sono
invasi dalla vegetazione e, al di sotto, potrebbe celarsi qualche
'sorpresa', ma l'osservazione attenta non ha comunque permesso di
individuare vani o cavità, dietro le piante infiltranti le pietre.
Interessante
è un blocco 'forato' posto nella parte laterale della prima muraglia (a
sinistra guardando il complesso di fronte)...
Stando in loco sembra proprio
di trovarsi in un sito arcaico, fatto da una civiltà di cui si ignora
tutto; un respiro a pieni polmoni, scrutando intorno, fa capire il senso
della bellezza, del mistero e del divino, che forse l'Uomo antico
ricercava nel contatto con la Natura.
C'è da segnalare la
presenza di altri muri a secco, soprattutto terrazzati. Una porzione di
essi, fiancheggiata da una scala (non saprei dire quanto arcaica o se
realizzata in epoca moderna) è situata oltre la Via Pratonuovo, al di
sopra dell'oratorio di San Gaetano:
Altri muri a
secco si vedono tranquillamente anche ridiscendendo tutta via Pratonuovo,
mentre è stata individuata un'altra porzione di
mura di
contenimento anche prima di Ca' Marta (3), che presenta la
'finestra' di cui sono dotate la terza e quarta muraglia
Il sito formato dalle cinque
muraglie terrazzate e dalle due scale, secondo gli studi di A. Gaspani, è
allineato con il
Dunum di Clanezzo, la qual
cosa non escluderebbe - a nostro parere- la presenza di una medesima
cultura abitante le valli limitrofe.
Ipotesi che nel corso del tempo
sono state avanzate per tentare di spiegare il mistero sono sintetizzabili
nel modo che segue:- semplici terrazzamenti (ma perchè lavorarle così
bene?) - fortificazioni di epoca imprecisata, in cui i fori nel paramento
murario avrebbero alloggiato travi per tetti, permettendo il riparo (non
convincente) oppure 'spalle' per filari delle vigne; -
luogo di culto (forse pre-romano), quindi sacro (secondo fonti
imprecisate, nei 'vani' potevano essere collocati dei teschi). Non abbiamo
rilevato tracce regolari ed equidistanti di buche nelle pietre che
dovevano servire al sostegno di eventuali pali in legno.
Terrazzamento per coltivazione, fortificazione o...?
Manufatti
realizzati con pietre sovrapposte, senza uso di cementanti, appunto 'a
secco', sono frequenti da trovare in scavi archeologici dell'Età del Ferro
(primo millennio a.C.), per sistemare alture abitate (Castellieri). Ma i
terrazzamenti vennero utilizzati, con continuità nei secoli (ancora oggi),
anche per scopi agricoli, per coltivare luoghi altrimenti inutilizzabili.
Spesso poi furono abbandonati e oggi versano in stato di abbandono. Le
nostre muraglie appaiono veramente colossali per essere dei muretti di
semplice contenimento; le 'finestre', inoltre, potevano fungere da
semplice 'scarico' o da deflusso idrico? Stando sopra ad uno dei
terrazzamenti delimitati da queste imponenti opere murarie brembillesi, si
può notarne il profilo: forse qui veramente si coltivava? E cosa? Dove
sono i segni delle canalizzazioni per il drenaggio delle acque? E le buche
di palo? Restiamo in attesa che nuovi studi possano dare delle risposte.
Messa al
confronto con altre strutture 'simili', esempio quelle della Val
d'Ossola, in provincia di Verbania (località Varchignoli) si
scopre che- se da un lato le analogie esistono (muri a secco, scale ed
'apertura' tipo finestra, nonchè alcuni allineamenti astronomicamente
significativi), dall'altro quelle ossolane hanno un ingresso e vani
interni ipogei. Leggiamo: "Sono realizzati con tecnica di muratura a
secco e hanno misure diverse. Le scale atte a mettere in comunicazione i
diversi terrazzamenti sono realizzate con grandi lastre infisse nei muri,
oppure posate su sostegni murari addossati ai muri di sostegno dei
terrazzamenti, distribuite con frequenza oggi difficilmente spiegabile.
Le camere sotterranee quasi tutte inserite nei terrazzamenti, sono gli
elementi più caratteristici di questo insediamento agricolo. Possono
essere classificate in base alla loro funzione culturale (a esedra e/o a
nicchia) o sepolcrale (ad iconografia semicircolare, subcircolare o
quadrangolare). (4)
Nel sito
brembillese mancano scavi archeologici, e sarebbe sorprendente se si
scoprissero camere sotterranee!
Ma il prof.
Gaspani ci informa che in Val d'Ossola, la struttura che più
assomiglierebbe (anzi, sarebbe identica) a quella brembillese è il
cosiddetto Muro
del Diavolo, ad Arvenolo (Crodo, prov. Verbano Cusio
Ossola), utilizzato forse per scopi rituali e sul quale non mancano le
leggende.
Che queste
cinque muraglie fossero parte di una fortificazione non
sembrerebbe. La definizione dei 'Castellieri protostorici' infatti
ci porta lontano dal nostro soggetto: "Erano dei borghi fortificati,
generalmente situati su montagne e colline o, più raramente, in pianura
(Friuli sud-orientale), e costituiti da una o più cinte murarie
concentriche, dalla forma rotonda, ellittica (Istria e Venezia Giulia), o
quadrangolare (Friuli), all'interno delle quali si sviluppava l'abitato.
Va rilevato che lo spessore delle mura poteva raggiungere anche i quattro
o i cinque metri, mentre per quanto riguarda l'altezza questa era
generalmente compresa fra i cinque e i sette metri. Erano dunque delle
cinte piuttosto massicce il cui perimetro poteva misurare anche due o tre
chilometri. La tecnica costruttiva era a sacco: venivano edificati due
muri paralleli costituiti da grandi blocchi di pietra e riempiti, nello
spazio interno, da piccole pietre, terra ed altri materiali residuali. Le
case di abitazione, generalmente di modeste dimensioni e dalla forma
circolare (spesso a trullo) avevano una base di pietra calcarea o arenaria
e per il resto erano costruite con materiali deperibili, soprattutto
legno" (da Wikypedia).
Ma come si
costruisce un muro a secco?
Si deve
anzitutto tener conto della situazione geo-ambientale e possedere
la tecnica corretta. Diverso è infatti erigere un muro a secco di
una casa, che deve reggere a dei pesi verticali e realizzarne uno di
sostegno (che sia di una strada o di una fascia collinare) che-oltre al
suo peso - deve sottostare anche a delle spinte da monte.
Interessante
la seguente descrizione: "La tecnica di costruzione dei terrazzamenti
consiste nel sostenere, con muri in pietra a secco (senza legante) ripiani
gradonati. Ripiani distribuiti lungo un pendio acclive ottenendone una
serie di superfici pianeggianti (fasce). Si tratta di innalzare, a valle,
un muro in pietra a secco che contiene a monte della terra smossa dal
pendio o integrata con altra prelevata altrove. L’ampiezza delle fasce
dipende dalla acclività del luogo e dallo spessore della coltre. La
muratura a secco presenta diverse tipologie e tessiture a seconda del
substrato litico locale, ove sono raccolte o “cavate” le pietre. La
fondazione è realizzata utilizzando blocchi di maggiori dimensioni e
minori per l’elevazione. Gli interstizi sono tamponati con scaglie o
pietre più piccole. Dietro al muro una massa di materiale minuto per
favorire il drenaggio. Un sistema terrazzato è di solito completato da
altre strutture, funzionali alla sua utilizzazione:scale, ripari ricavati
nella muratura, vasche, sentieri, canali, piccoli edifici"(5).
Il sito di Cà
Marta, alla luce di queste ed altre valutazioni che sicuramente non
mancheranno, potrebbe essere interpretato come sito sacro, non avendo
caratteristiche peculiari di un semplice terrazzamento nè fortificazione.
La prova fatidica potrebbe venire solo scavando, forse...Non resta che
lasciar proseguire la Ricerca.
Il prof. A.
Gaspani sta lavorando ad un altro sito, situato alla stessa altezza di
quello analizzato in questo articolo, ma dalla parte opposta della Valle.
Attendiamo i risultati, con la speranza che anche l'Archeologia, cui
l'Astronomia può dare un consistente contributo, cominci a rivalutare i
siti abbandonati delle valli bergamasche.