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                'La Regola', sulle tracce del Graal...(II parte)

                                                                                     (di Lucia Zemiti)

                                                                        Terza tappa:Edimburgo/cappella di Rosslyn

Con più di un’ora di ritardo, dovuto alla pista ghiacciata di Amsterdam, raggiungo la troupe a Edimburgo. Sembra impossibile ma dopo pochi minuti, esauriti gli affettuosi saluti di sempre, stiamo già parlando di Graal. La tappa che ci aspetta penso sia una delle più invidiate dai cercatori: la cappella di Rosslyn.

Troppo tardi per andarci ora, e troppo presto per andare a letto proseguiamo la discussione davanti ad una pinta di freschissima Tennent’s in un locale bellissimo: un pub ricavato in una vecchia banca. Appoggiati a un’enorme cassaforte c’immergiamo nelle nostre disquisizioni fino a tarda notte.

Prima di raggiungere Rosslyn decidiamo di soffermare la nostra attenzione su Maria Stuarda perché Maria era una Guisa e, secondo i discutibilissimi documenti del Priorato di Sion, i Guisa vanterebbero un’ascendenza merovingia. La nostra parte di Cercatori del Graal non può tralasciare nessuna leggenda! Se, tra parentesi, tutta l’opera di Plantard mirava solamente a rivendicare il trono francese con una discendenza più persuasiva di quella carolingia, il best seller di Baigent, Leigh e Lincoln, resero questo lignaggio  erede addirittura della stirpe della Maddalena e di  Gesù.

I Guisa, secondo queste leggende, diventerebbero quindi a tutti gli effetti una Roseline, la linea di sangue della reale stirpe di David.  Una misteriosa lettera della madre di Maria Stuarda, Maria di Guisa, ci attende alla Libreria Nazionale e racchiude, tra le righe scritte al signore di Rosslyn, un piccolo mistero.

L’alba illumina finalmente il profilo brullo dell’Artur’s seat, l’antico vulcano inattivo che sovrasta Edimburgo. Oggi, con l’aiuto di una mappa, raggiungeremo il palazzo di Linlithgow, prima tappa di un percorso che ci porterà sulle tracce di due grandi famiglie: i Sinclair e gli Stuart.

Situato a circa 30 chilometri ad est di Edimburgo, nel palazzo di Linlithgow (foto a lato) vi nacque Maria Stuarda, la nostra Beatrice nel Tour di questa tappa scozzese. Dell’antico fasto rimane ben poco. Tra le sue mura, le antiche scale, le torri e i camminamenti si insinua prepotente solo l’aria profumata del Lothian e il riverbero delle acque del lago. Maria in queste stanze non vi trascorse che cinque anni; Il matrimonio con il delfino di Francia, combinato dalla potente famiglia della madre, i Guisa, l’allontaneranno per quattordici lunghi anni dalla Scozia. Dalla sua nascita tra queste mura, al ritorno ad Edimburgo nel 1561, dopo la morte del primo marito Francesco II re di Francia, la vita di Maria Stuarda è un vero romanzo d’avventura. Lungi dal terminare con il suo ritorno in terra scozzese, vedova a soli diciannove anni, Maria proseguirà la sua rocambolesca storia fino al tragico epilogo. La giovane regina, soffocata probabilmente dall’aria tetra che aleggiava alla corte scozzese sotto l’influenza calvinista, si era molto affezionata ad un giovane musico  italiano: Davide Riccio di Pancalieri che le faceva rivivere un poco dell’allegria e della spensieratezza conosciuta alla corte di Francia, alimentando ogni genere di pettegolezzo.

Davide non sembra rivestire i panni di un Adone e, anche se è indicato da molte malelingue coeve di Maria come il vero padre del bimbo atteso, una storia d’amore tra i due sembra piuttosto improbabile: Riccio era omosessuale.Ciononostante nel 1566 nel palazzo dell’Holyrood ad Edimburgo, tra le stanze private di Maria, avviene il brutale assassinio del menestrello per ordine del geloso marito di Maria. La regina è incinta di quello che sarà il futuro re di Scozia Giacomo I° e non si esclude che con questo gesto violentissimo si tentasse di farla  abortire.La comprovata mediocrità del marito e l’allegra, vivace intelligenza dell’italiano, potrebbero aver contribuito però a far nascere qualcosa di più tra i due. Tra le mura del castello di Edimburgo, c’è un mistero legato ad un piccolo scheletro ritrovato casualmente negli appartamenti reali durante i restauri dello scorso secolo. Le stoffe pregiate che lo avvolgevano recavano le iniziali J.R. R… forse come Riccio, ma di certo nessuna S degli Stuart!

L’omicidio di Henry Stuart, marito di Maria, meglio conosciuto come Lord Darnley, avvenuta appena un anno dopo la morte di Riccio, fa pensare ad una vendetta romantica della regina che, poco dopo, sposerà addirittura lo stesso assassino del marito. Tra scandali, fughe rocambolesche e guerre di religione Maria sarà costretta ad abdicare in favore del figlio e a chiedere protezione alla regina d’Inghilterra, nonché cugina, Elisabetta I^. Imprigionata a Bolton nell’attesa di chiarire il suo coinvolgimento nell’assassinio del marito, sarà infine decapitata, con l’accusa di congiurare contro la cugina, a Fotheringhay nel 1587 dopo diciotto anni di prigionia e una serie infinita di colpi di scena.

Personaggio forse frivolo (come la corte francese in cui era cresciuta), forse presuntuoso (l’essere regina non la salvò dalle accuse più infamanti), forse troppo fiduciosa (si affidò alla cugina alla quale aveva disconosciuto il diritto al trono), Maria non somiglia per niente al prototipo delle due donne più influenti di quel tempo: la cugina Elisabetta I^ e la suocera Maria de’Medici; donne che seppero mettere in secondo piano i loro sentimenti per la grandezza della corona ma, proprio per questo, la  debolezza di Maria Stuart  mi fa una grande tenerezza. La figura di Maria Stuarda e la sua storia ci accompagnano sulla via del ritorno fino ad Edimburgo dove troveremo, tra le pagine di un vecchio manoscritto custodito nella libreria nazionale della città, un accenno ad un segreto che speriamo si possa associare al Graal.

Ma prima ci concediamo una visita all’imponente castello.

La magnifica fortezza (foto a lato)costruita su un’altura di origine vulcanica, custodisce tra le sue mura, esattamente nella sala dei gioielli della corona, la Pietra di Scone, la Lia Fail: il Graal di pietra(1). Sulle sue tracce fin dalla tappa di Londra, avrò finalmente il privilegio di vederla da vicino.

Regalmente poggiata tra il prezioso scettro e la corona, questo blocco di semplice pietra scura rivela la devozione del popolo scozzese. Ora è lì, a pochi centimetri dal mio naso che appanna il vetro della teca, tra l’evidente costernazione del custode che mi lancia continuamente occhiate torve perché si aspetta, evidentemente, che da un momento all’altro allunghi pure una mano nel tentativo di toccarla. Certo non mi aspetto che possa improvvisamente illuminarsi o emettere qualche suono, ma comincio a pensare che come questo popolo nascose le Insegne del Regno all’arrivo dei soldati di Cromwell nel 1651, potrebbe averlo fatto anche con la sacra pietra nel lontano 1297, all’arrivo del nemico, il Re Inglese Edoardo I. 

La vera Lia Fail forse giace ancora da qualche parte. Nascosta e ormai dimenticata dalla memoria collettiva aspetta solo di essere trovata per proclamare col suo forte grido il giusto Re.

Lascio alle mie spalle le possenti mura della fortezza. Pesanti si chiudono, con un tonfo sordo, le due grosse porte dell’entrata. E’ già pomeriggio inoltrato.

Il freddo tramonto del sole sul 56° parallelo, regala al profilo nero del castello di Edimburgo, seminascosto tra i rami degli alberi ancora spogli sulla collina che lo ospita, un’immagine inquietante.

Chiudo con la mano il collo del piumino, calda difesa all’aria gelida che s’insinua con prepotente forza tra gli abiti. Si scende lungo la Royal Mile la strada principale lunga, appunto un miglio, che porta all’Holyrood, residenza reale, facendo molta attenzione ai tratti ancora ghiacciati.  Mentre mi accorgo, costernata, che qualche ragazza del luogo indossa graziosi sandaletti infradito come se fossimo già in piena estate, io perdo la sensibilità della punta del naso circa a metà percorso.

La nostra tappa è la National Library dove è custodita una raccolta manoscritta di lettere e documenti. Tra queste pagine c’è la trascrizione in bella calligrafia nel volume intitolato ‘Miscellania (sic) Scotica Curiosa’ di un’antica lettera di Maria di Guisa, madre di Maria Stuarda, indirizzata a Lord Sinclair signore di Rosslyn.

 Il luogo in cui entro per visionare il documento è molto più simile al caveau di una banca che alla sala lettura di una biblioteca. Le pagine scorrono tra le mani esperte di due attenti ma cortesissimi responsabili di quest’istituto fino a raggiungere il punto esatto in cui è riportata la lettera, infine questo meraviglioso libro è tutto per me. La traduzione non è facile, e si porta via un po’ di tempo… .

 (...) in Likwis that we sall be leill and true maistres to him, his counsell and Secret shewen to us we sall keip secret. (...)” Ovvero: “Likewise that we shall be loyal and a true Mistress to him, his Council and the Secret shown to us, which we shall keep secret.” . Sostanzialmente Maria Stewart in questo scritto, giura di proteggere e, se il caso, mantenere economicamente Lord Sinclair e i suoi protetti fino alla fine dei suoi giorni, in ringraziamento per averLe rivelato il Segreto.

Che cosa sapeva di tanto importante Lord Sinclair da giustificare il capovolgimento dei ruoli (la regina che giura fedeltà ad un suddito) a cui si assiste nella lettera?

Oltre a tutto, non viene mai nominata la cappella di Rosslyn costruita ‘appena’ cento anni prima o il suo castello e allora diventa davvero difficile capire a cosa si riferisca la principessa francese quando parla di ‘segreto’. L’anno è il 1546, più precisamente il 3 di giugno, la figlia Maria Stuarda di appena quattro anni, promessa sposa a Francesco II di Valois, partirà tra poco per la corte cattolica, frivola e…’velenosa’ di Caterina de’Medici. Sul suolo scozzese rimarrà la madre in qualità di reggente. Cattolica come la sua famiglia, i Guisa; cattolica come i Sinclair di Rosslyn. In un paese in cui la riforma protestante si stava diffondendo rapidamente, il segreto potrebbe riguardare qualcosa di strettamente legato alla loro religione? 

 

L’enigma, dopo secoli, resta purtroppo tale.

Esco dalla libreria quando oramai il buio ha abbracciato la baia del Firth of Forth, accendendola di mille luci specchiate sull’acqua. L’aria, seppur gelida, porta l’inconfondibile profumo del mare. Se non ci aspettasse l’albergo a Rosslyn, diventerebbe davvero difficile lasciare questa incantevole città.  Dalla radio dell’auto con il riscaldamento al massimo, si diffonde inattesa una vecchia canzone dei C.C.R.: “Somedays never come” anno 1976, un salto indietro nel tempo... poi, immancabile, un’antica aria scozzese con la cornamusa: ancora più indietro nel tempo… Nel buio totale della campagna del Lothian, la grossa macchina scura presa a noleggio sembra ora un’infernale macchina del tempo che tra poco mi catapulterà addirittura nella metà del 1400, periodo che vide la nascita della cappella di Rosslyn su ordine del conte William St. Clair

Dopo pochi chilometri raggiungiamo l’albergo, caldo e confortevole. Rosslyn è un piccolo villaggio con una manciata di casette basse, immerse nel verde della campagna circostante. Dalla finestra della mia camera si vedono gli alberi che poco lontano nascondono la misteriosa cappella, vicinissima. Ancora poche ore e finalmente saremo al suo interno. Sono veramente stanca e mi addormento in un sonno profondo che non lascia il ricordo di alcun sogno.

Le parole per descrivere Rosslyn non servono. Tutto è emozione, suono, sensazione. Antro arcano, trippa di pietra che assimila il tuo essere e lo sublima. Innumerevoli riccioli, simboli e figure indecodificabili si sovrappongono l’uno sull’altro, in un’impensabile armonia di forma e bellezza. Un po’ di sacro, un po’ di profano. La regina Margherita con l’”Holyrood”, la reliquia della Santa Croce, fa capolino dietro un templare a cavallo, il cuore di Robert Bruce prende la luce da una vetrata colorata. C’è la deposizione di Cristo dalla croce, la testa dell’apprendista assassinato per aver scolpito una colonna più bella di quella del maestro, gigli, stelle, rose, angeli musicanti e demoni tentatori.

I vecchi miti s’intrecciano sinuosi nei riti del nuovo testamento.

Riprodotto circa 120 volte, (a Chartres che è immensamente più grande ce ne sono “solo” 86) il misterioso Green man, l’uomo verde, fa capolino dappertutto. Identificato con Tammuz, figlio ed amante della dea Ishtar, con Osiride, Dioniso e Attis, è il dio della vegetazione, della rinascita della natura e del ciclo della vita sulla terra. Sembra voler costantemente ricordare il mito della resurrezione:la Pasqua.

Pasqua  in Inglese si dice: Easter, si pronuncia Ister. Easter, Ishtar … troppo simile per essere un caso. La nostra Pasqua di Resurrezione affonda dunque il ricordo in miti antichissimi. Ma la coincidenza più strana è che poco lontano da qui, nei locali del Roslin Insitute, pochi anni fa è nata Dolly la prima pecora clonata. Una ‘Resurrezione’, una nuova vita generata artificialmente nei laboratori. Era questo d’altronde uno dei sogni più grandi inseguiti dagli Alchimisti. Paracelso, celebre medico alchimista svizzero, dichiarava di aver prodotto tra i suoi alambicchi un “Omunculus”, leggendaria forma di vita senz’anima creata appunto attraverso l’Alchimia. Dal Golem a Frankenstein, l’ambizione ultima dell’uomo è, in fondo, quella di sostituirsi a Dio nella creazione. 

La stupefacente bellezza della colonna dell’apprendista (foto a lato) lascia senza fiato. Si crede che il Graal sia custodito all’interno di questa colonna; un rivelatore di metalli, infatti, segnala qualcosa circa a metà altezza. A tutt’oggi nessuno però rilascia il permesso di fare una scansione a raggi X, contribuendo ad alimentarne il mistero. La base della colonna ha radici divorate dai draghi, come nel mito dell’ Yggdrasil di Odino.Dalle radici dell’albero, asse divino con l’Universo, le vibrazioni telluriche passano attraversando la materia e si ricollegano al cielo. Come l’albero della conoscenza divide la terra dal cielo e, come le Sefirot, ci indica il modo per innalzare lo spirito.

Piccola cattedrale, le sue forme rimandano all’armonia delle proporzioni, alla geometria sacra, all’arithmomachia, all’armonia dell’universo: la “musica celestiale”. Non un semplice modo di dire, ma un segreto custodito, forse, tra le stalattiti intarsiate del coro. I 213 cubi che vi sono qui, infatti, sembrerebbero codificare negli schemi geometrici (simili a quelli ottenuti dal fisico e musicista tedesco Ernst Chladni), le note di una nenia antica capace di metterci in comunicazione con il trascendentale. Un po’ quello che si fa con  i Mantra. Forse sono le note suonate da Tammuz con il suo flauto di lapislazzuli, quando risorge dagli inferi e saluta di nuovo la vita: le note della Resurrezione. La leggenda vuole però, che suonando questa musica si indossino le Scarpe giuste,  rischiando in caso contrario addirittura la morte.   

In principio era il Verbo, più probabilmente il Suono, che crea e, ugualmente, distrugge.

Il nostro tempo è scaduto, dobbiamo andare via. Lasciamo questa chiesa con la chiara sensazione di non aver capito un accidente di quello che vi è celato, nonostante le innumerevoli discussioni fatte. Porto solo via un’indescrivibile sensazione di benessere che non sentivo da tempo. Un canto gaelico accompagna improvvisamente  i nostri ultimi passi verso l’uscita. Ci accorgiamo che mentre eravamo all’interno una coltre di neve è scesa ad imbiancare i pinnacoli gotici della chiesa. Sembra di essere nella trama di un vecchio merletto inglese,   una magica  ragnatela, l’incanto è totale…

Davanti al camino dell’albergo ci aspetta una succulenta cena a base di carne di pecora. La faccenda di Dolly, però, mi fa propendere per una calda zuppa di verdure, ma nonostante ciò la notte è inquieta. Non lontano da qui c’è infatti il cimitero templare di Temple  una tappa che purtroppo non riusciremo a toccare nemmeno l’indomani, ultimo giorno ad Edimburgo. La  delusione è grandissima e scivolo infine nel sonno più profondo solo quando riprometto a me stessa di tornare quanto prima in questi splendidi luoghi.

                                                                

                                                                               F    I   N   E    

                                                                             (© testo e foto Lucia Zemiti)

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I parte:organizzazione del reality e tappa di Londra

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