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                      Un Reality intelligente: 'La Regola', sulle tracce del Graal...

                                                           (raccontato dalla partecipante Lucia Zemiti)

                                                                           (I parte)

Nel maggio del 2005 una nota emittente televisiva satellitare dava il via al Reality più controcorrente che abbia mai visto luce: un Reality intelligente. Al grido di: “Moderni crociati cercansi” partirono i provini per trovare 12 novelli cavalieri che per passione, fede e conoscenza, volevano mettersi sulle tracce del leggendario Santo Graal. Nonostante sforassi di parecchio il target proposto per l’età dei partecipanti (20/30 anni), mi ci buttai con passione e, dopo vari provini, finalmente ad ottobre ebbe inizio la magnifica avventura de: La Regola ed io ero, a tutti gli effetti, Cavaliere. Ordinati, aiutati, redarguiti in studio dal prof. Franco Cardini, i dodici cavalieri divisi in tre squadre sarebbero partiti per viaggi attraverso Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Gran Bretagna, Scozia, Israele e Giordania alla ricerca del mito millenario.

Le tappe e le date rimanevano segrete fino a pochissimi giorni prima della partenza e, senza nessun copione, contando solo sul proprio bagaglio culturale, si arrivava nel luogo assegnato cercando tracce, leggende, suggestioni suggerite dal mito.

A me ne affidarono tre: Rennes le Chateau*, Londra e Rosslyn. (*La prima tappa non verrà qui descritta avendo già un'ampia sezione dedicata a questo luogo dei Pirenei francesi, n.d.r.).

Si cominciava a filmare fin dalla partenza registrando emozioni, timori e soprattutto confronti con il compagno affidatoci a sorpresa in quella specifica tappa, perché la prerogativa di ciascun viaggio era quella di partire in due, come i cavalieri Templari. Per circa sei mesi, a turno, abbiamo viaggiato toccando più di una ventina di mete in totale, dimenticando sempre più spesso di essere dentro un Reality con le sue ferree regole televisive e sentendoci sempre più veri Cavalieri sull’infinito sentiero della Cerca…

Sulle tracce del Graal: Londra.

Due giorni fa la telefonata: prossima destinazione Londra.  E’ chiaro che questa tappa è stata  suggerita dal romanzo di Dan Brown che, proprio qui, dipana la parte centrale del suo fortunatissimo romanzo, ma è indubbia la presenza di alcuni indizi collegati all’argomento. Avremo solo pochi giorni a nostra disposizione, dovremo per forza scegliere solo alcune di queste tracce e ne scegliamo tre:

un affresco di Cocteau, che sembra rinforzare la teoria della discendenza di Gesù e della Maddalena

la cattedrale di Westminster, che scelta come location per ripercorrere le pagine del romanzo, mi ha involontariamente dato l’opportunità di spiegare meglio le particolarità che potrebbe avere il mio personalissimo Graal di pietra.

Temple Church una delle più antiche chiese templari scampata al tempo

La prima tappa è alla chiesa Notre Dame de France in Leicester Square (metrò Piccadilly. fermata Leicester Square). L'edificio ra un tempo un teatro, questo spiega forse la sua forma inusuale, e fu trasformato in chiesa nel 1855. Negli anni ’60  viene affrescata da Jean Cocteau, poeta, drammaturgo, scrittore, regista e pittore, indicato  come uno degli ultimi Nautonnier del Priorato di Sion e raffigura un’insolita crocifissione. Perché insolita? Innanzi tutto non si vede il volto della persona crocifissa, la scena rappresenta tutto quello che si svolge ai piedi della croce come se fosse il dettaglio di una foto più grande, come se in quel punto preciso la storia meritasse più attenzione. Quello che dovrebbe essere Giovanni, l’apostolo prediletto, con i capelli lunghi e un accenno di barba, somiglia in modo impressionante all’iconografia che così vuole il volto di Cristo. Nel suo profilo, l’occhio ha la forma di un pesce, lo stesso disegno usato per l’occhio della Maddalena raffigurata sulla sinistra, una sorta di fil-rouge che unisce i due personaggi principali. Si riaffaccia quindi con facilità, tra i nostri discorsi, la teoria del gemello, o del sosia, o sostituto di Gesù, sulla croce. …” e dopo che me ne sarò andato, andato e non morto, ad aprire le Porte dei Cieli, un Altro verrà che mi è Uguale e che completerà la Mia Opera”. (Giovanni: 14,16)   

Un altro elemento insolito è lo scudo dei soldati, dovrebbe raffigurare l’aquila imperiale romana con le ali spiegate e invece mostra… un falco.  Siamo concordi nel riconoscervi il simbolo del dio egizio Horus, ma non sul riferimento alla possibile affiliazione massonica di Cocteau che potrebbe trasparire da tale simbolo. Forse è un riferimento al periodo della vita di Gesù trascorso in Egitto. Qui, secondo i cristiani Copti, sarebbe stato istruito da saggi egiziani e per alcuni spiegherebbe la capacità oratoria di Gesù nel tempio di Gerusalemme a soli 12 anni. Un Gesù iniziato ai misteri di Iside e Osiride accenderebbe interminabili discussioni che allontanano da questo luogo, torniamo quindi a concentrarci sull’affresco. Vicino allo scudo, l’autoritratto di Cocteau volta le spalle a tutta la scena rappresentata e guarda il visitatore con un’espressione enigmatica. Credo sia un chiaro riferimento a meditare su ciò che si vede.

Mi sbizzarrisco a trovare altre analogie. I soldati si stanno giocando le vesti del Signore e la somma raffigurata in totale su tutte le facce dei dadi fa 58. Questa cifra mi ricorda due cose: un episodio legato al processo dei templari (1) e una rappresentazione del “Dilettevole giuoco dell’oca” che tengo incorniciato nella mia cucina. Il gioco dell’oca oltre ad essere, secondo alcuni, un cammino iniziatico ricco di simbologie numeriche, è secondo altri una mappa stilata dai Templari per raggiungere un determinato luogo. Le caselle fauste (13), sarebbero i luoghi sicuri, quelle infauste i luoghi pericolosi (2).

Ricordo al mio accompagnatore quanto un gioco infantile possa racchiudere antichi simboli dimenticati come la triplice cinta che troviamo sul retro della scacchiera o il gioco della Campana (3).

Notiamo che davanti all’altare di questa cappella è stato recentemente posto  un mosaico di Boris Anrep che rappresenta la natività. Sparito il pannello posto da Cocteau che raffigurava, invece, una grande M così allargata da sembrare, al centro, un enorme V. Chiediamo spiegazioni ad un inserviente che non sembra volerci chiarire del tutto che fine ha fatto il vecchio pannello. Racconta che forse è custodito nei depositi della chiesa, forse è in soffitta, ma che non si sa con esattezza dove sia. La cosa ci sembra molto strana trattandosi comunque di un’opera d’arte che andava conservata nella sua interezza. Tutto l’insieme ora perde significato. Quella V infatti, pareva un calice/grembo posto a raccogliere al suo interno il sangue che cola, passando da una rosa dipinta alla fine del braccio, dalla croce. Un Graal.

Che Cocteau facesse riferimento alla famosa Roseline, la “linea della rosa” che indica i discendenti della Maddalena? Il sangue Davidico raccolto nel ventre della Maddalena?


Un’ultima curiosità: il sole che è sullo sfondo allude a un’eclisse. Sembra il classico Sol Niger che indica l’inizio del processo alchemico: la Nigredo che allude alla morte della materia. Non mi sembra manchino nemmeno i riferimenti alla fase successiva in cui i due elementi opposti, il Re e la Regina – legati dal fil rouge che contraddistingue i loro occhi – daranno inizio a quel processo di unione dei contrari che contrassegneranno le fasi successive dell’Opera. Sappiamo tutti che la crocifissione si accompagna sempre alle parole dei vangeli che descrivono l’improvviso oscurarsi della luce del sole in pieno pomeriggio, come un’eclissi. Ma é altrettanto vero che leggendo quest’affresco con altre chiavi di lettura, sembra volerci suggerire che la luce della verità, conosciuta da Cocteau, è offuscata, adombrata e non completamente rivelata.  Prima di uscire ci soffermiamo sul grande arazzo centrale dietro l’altare che raffigura una donna in abito candido. L’arazzo, uno splendido Aubusson di Robert de Chaunac, artista discepolo di Cocteau, dovrebbe rappresentare Maria, la Madonna, come la nuova Eva rinata e riscattata dal peccato originale ma che a noi sembra, inconfondibilmente, una sposa: la sposa di Gesù.

Dopo una sosta, da buoni italiani, per un caffè allo Starbucks coffee, seguiamo un po’ la traccia del “Codice da Vinci”, e proseguiamo per Westminster Abbey (foto a lato). Qui troveremo la tomba di Newton  (che per una curiosa coincidenza abitò proprio in Leichester Square) su cui i due protagonisti Langdon e Sophie, scopriranno alcuni importanti indizi. Il mio interesse, invece, sarà d’ora in avanti tutto rivolto alla Coronation Chair  il trono custodito fra le sue gigantesche mura. Questo seggiolone di legno su cui sono stati incoronati tutti i Re scozzesi da Kenneth I di Scozia a Carlo II, dal 1301 in poi, fu dotato di un ripiano sotto il sedile, in cui venne adagiata ciò che secondo me si avvicina di più all’idea di Graal: una pietra, una pietra oracolare (4). In particolare, quella custodita qui era  la sacra pietra degli scozzesi portata via dalla città di Scone da Edoardo I durante la ribellione del 1297. Si racconta che identificava un regnante legittimo emettendo un forte grido. Venne restituita agli scozzesi solo nel 1996 ed ora è custodita nella Sala delle Insegne ad Edimburgo (ne riparleremo alla pagina seguente quando lo visiteremo).

Perché secondo me è un Graal? Perché la tradizione la designa come pietra oracolare e la pietra  è la materia che più ci ha avvicinato nella storia al contatto con il Divino.

Esempi? Giacobbe nel racconto esposto nella Genesi, dorme nel deserto poggiando la testa su una pietra e sogna di una lunga scala che sale fino al cielo da cui salgono e scendono gli angeli. Al suo risveglio, Giacobbe esclamerà la famosa frase “Terribilis est locus iste. Hic domus dei est et porta coeli” “Venerabile (temibile) è questo luogo.   che sembra descrivere l’improvvisa apertura di una porta celeste, una specie di Stargate, con un altro mondo. Giacobbe unse questa pietra e la conficcò in piedi nel terreno come un obelisco, asse del mondo, o un Yggdrasil, albero del destino della mitologia scandinava. Posto tra il cielo e la terra anche l’Yggdrasil è un tramite con il quale Odino “passa” da questo mondo ad un altro, e da dove questo eroe porta agli uomini la conoscenza e la saggezza attraverso le Rune.

Si narra che la pietra di Scone, conosciuta anche come “Pietra del Destino”, sarebbe la stessa pietra usata da Giacobbe conservata un tempo nel Tempio di Gerusalemme e usata per le incoronazioni dei Re di Giudea. Traslata in seguito ad un matrimonio come dote in Irlanda, venne posta al centro della sacra collina di Tara e usata per le incoronazioni dei re. Benedetta addirittura da San Patrizio, venne trasferita a Scone in Scozia nell' 850 d.C., e lì rimase fino al 1297.

Le telecamere sono spente ormai da tempo, eppure questa discussione continua inesauribile sulla metropolitana e in albergo fino al cuore della notte.

 Il giorno dopo, tra uno scroscio di pioggia improvviso e un insperato sprazzo di sole, raggiungiamo comodamente con la metropolitana, la Temple Church, fermata Temple sulla linea Circle o District, poco lontano da Westminster. L’edificio si trova nella zona all’interno dell’Inner Temple, l’area degli uffici legali. Noi ci infiliamo senza esitazione nel cortile silenzioso del Tempio.

Antistante l’ingresso si può ammirare la colonna che porta alla sua sommità l’inconfondibile sigillo templare: una statua equestre con due cavalieri sullo stesso destriero e il loro vessillo: il Beauceant (foto a lato). Apriamo piano la porta che ci introduce nel tempio e veniamo investiti dal profumo dei ceri accesi e da quello forte della resina dei rami di pino che compongono bellissime composizioni floreali natalizie all’interno. Siamo nel periodo dell’avvento. La chiesa è del 1185 ed è uno dei pochi edifici scampati al grande incendio di Londra nel 1666. Voluta da Hugo de Payns - primo Gran Maestro Templare- per servire il quartier generale dei cavalieri Templari a Londra, è stata eretta in forma circolare su ispirazione del Santo Sepolcro di Gerusalemme. A sinistra si scorgono immediatamente le famosissime statue coricate sul pavimento che raffigurano nove Cavalieri Templari. Nove, come i primi cavalieri che fondarono l’Ordine più un misterioso sepolcro in pietra.

Alcune statue raffigurano cavalieri con le gambe incrociate; per taluni significa un riferimento alla partecipazione ad almeno una crociata (è questa la spiegazione degli storici), ma la nostra fantasia ci porta a ricordare Odino appeso a testa in giù all’albero di Yggdrasil per avere la conoscenza delle Rune e alla carta dell’impiccato dei Tarocchi. Ci viene la tentazione di attribuire l’incrocio della gamba alla “conoscenza”.
I racconti di von Eschenbach li legheranno per sempre alla custodia del Graal.
Mentre non è forse un caso che la letteratura su questo magico recipiente abbia, tra la terza e la quinta crociata, il suo massimo sviluppo.
I racconti di Robert de Boron e il dogma dell’Eucarestia del 1215, fisseranno per sempre l’immagine del Graal a quella del Santo Calice distogliendo l’attenzione dal concetto forse più profondo del Graal: quello dell’illuminazione, della sapienza, della conoscenza; mito arcaico che spazia dal Serpente al calderone di Cerridwen, dalla mela di Eva ai Pomi d’oro delle Esperidi. Un tema affascinante quando si parla di Templari, perché a loro sono associati segreti legati alla conoscenza di una matematica perduta e ritrovata sotto il Tempio di Gerusalemme, applicata in seguito alla costruzione delle Cattedrali europee, sorte in quel periodo con l’arte innovativa dell’arco acuto. Il tripudio della formula Divina del Numero, Peso e Misura.
Camminando tra le colonne, il nostro discorso spazia dai pirati e al loro vessillo che riporta l’emblema riprodotto su numerose tombe di cavalieri Templari al loro presunto arrivo sulle coste americane, fino ad arrivare alla Massoneria, alle sue trasformazioni e ai suoi agganci con il mondo di oggi.

                                                         

Usciamo chiudendo piano il portone della chiesa, come a non voler risvegliare i nove cavalieri dormienti….
Attraversiamo il St. James’s Park a piedi, lentamente, cogliendo gli ultimi caldi colori della natura. Abbiamo passato molte ore all’interno di vecchi edifici e ora la fresca aria di questo parco nel cuore di Londra, ci sembra incredibilmente profumata. Con una lunga passeggiata potremmo raggiungere attraverso il parco di Kensington l’edificio dell’Opus dei, nessuno dei due però, se la sente di omaggiare Brown fino a questo punto...
La notte ci trova ancora intenti a parlare di misteri davanti ad una fresca pinta di birra, in un fumoso Pub del centro. La calda e rugginosa voce di Johnny Cash sottolinea i nostri pochi momenti di silenzio…” One love, One blood, …” Amore, sangue…Holy blood, Holy Grail… sto perdendo i contatti con la realtà, tutto diventa Graal.
Direi che è ora di andare a riposare.
Quando ci alziamo dal tavolino un po’ storditi dalla mole di simboli e indizi ritrovati sulle rive del Tamigi e forse anche dalla birra doppio malto, ci rendiamo conto di aver passato la sera sotto un inquietante quanto misteriosa raffigurazione del piatto contenente la testa del Battista. I veri cercatori, anche a caso, scelgono i luoghi predestinati
.

                                                                    

                                                                            (continua- ©testo e foto Lucia Zemiti)

 

Note:

1)- Durante un’udienza del processo, l'11 maggio 1308, Guillame Pidoye dichiarò agli inquisitori, che tra i beni del Tempio era stata rinvenuta una grande testa d'argento dorato (probabilmente un reliquiario che conteneva anche il teschio). La testa portava una dicitura: “Caput LVIII c" (testa 58 seguito dal segno astrologico della Vergine). Per molti conteneva il vero cranio della Maddalena, per molti altri questo era il “Bafometto”, misterioso idolo che si racconta i Templari venerassero. Va da sé che il mito e le leggende, nonché la venerazione per la “testa mozzata” e l’associazione a quella del Giovanni Battista, il suo culto e le opere di Leonardo su questo tema, trovano spazio nella nostra già affollata discussione templare…..

2)-Secondo una credenza molto popolare il teschio con le tibie incrociate  sarebbe un emblema templare. Sia con riferimento al sacro sito del Golgota o Calvario, visto che entrambe le parole significano teschio, sia ad Hiram Abiff, il leggendario capo architetto del Tempio di Salomone. Poiché la leggenda vuole che di lui vennero ritrovati sotto un albero di acacia solo il teschio e le tibie, si spiegherebbe con questa venerazione per il Gran Maestro costruttore l’allegoria presente sulla maggior parte delle tombe Templari in seguito adottata anche dalla Massoneria. Nel gustoso libro di David Hatcher ChildressLa flotta perduta dei Templari’, è spiegato con dovizia di particolari come questo simbolo evolva nella storia templare fino a divenire la famosissima Jolly Roger, la bandiera dei pirati. Comunque sia, lo si usa ancora oggi per simboleggiare il pericolo, la morte e, guarda caso, sul gioco dell’oca la casella della morte e il suo simbolo la troviamo al n° 58.

3)-Quest’ultimo è un antico gioco iniziatico (si veda per esempio : Mircea Eliade, Occultism Witchcraft and Cultural Fashions) che dopo aver istruito il corpo con passaggi sempre più difficoltosi attraverso il lancio di una Pietra su uno schema che ricorda un labirinto o anche le Sefirot,  permette infine di percorrere il cammino ad occhi chiusi conoscendo oramai alla perfezione “Se stessi e la Misura”.  E’ chiamato a volte Inferno e Paradiso, sempre a simboleggiare l’emanazione delle Sefirot ma anche l’albero cosmico che unisce il Cielo e la Terra.

4)-Pietre oracolari sono le Tavole della Legge portate da Mosè al suo popolo dal monte Sinai. Le pietre, “scritte” direttamente da Dio e non da Mosè, portano la sua voce agli uomini. Inoltre, i sommi sacerdoti ebrei utilizzavano il Pettorale del Giudizio ricoperto da dodici pietre (che simbolizzano le tribù d’Israele), per ottenere con pratiche divinatorie attraverso i misteriosi Urim e Thummim, la guida di Dio. Sembra insomma, che la pietra sia l’elemento più vicino a queste comunicazioni e a chi obietta che le pietre sono inermi, ricordo con una punta di malizia di controllare il silicio del suo PC.

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