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La Misteriosa Cometa di Merlino di Adriano Gaspani I.N.A.F - Istituto Nazionale di Astrofisica Osservatorio Astronomico di Brera - Milano adriano.gaspani@brera.inaf.it
La descrizione della cometa del 451 d.C. che secondo Goffredo di Monmouth, il leggendario mago osservò e interpretò, solleva molti interrogativi a causa della sua accuratissima descrizione, in perfetto accordo con la realtà, praticamente impossibile da ottenere con i documenti e le osservazioni di quell’epoca.
Nella Historia Regum Britannie redatta ad Oxford dal vescovo gallese Gaufridus Monmemutensis (Goffredo di Monmouth, 1100-1155) tra il 1134 ed il 1135, troviamo la citazione relativa ad una cometa visibile nel cielo nel periodo in cui, a Winchester, re Aurelius Ambrosius venne avvelenato a tradimento dal finto monaco sassone Eopa. Egli, nella Historia VIII, 14, scrive: “…Mentre a Winchester si verificavano questi eventi, in cielo apparve una stella eccezionalmente grande e luminosa. Da essa si dipartiva un unico raggio e all’estremità del raggio si trovava una palla di fuoco a forma di drago dalla cui bocca scaturivano altri due raggi uno dei quali sembrava estendersi fin oltre la Gallia, mentre l’altro era rivolto verso il mare d’Irlanda e terminava con sette raggi più piccoli”. La descrizione è molto interessante e perfettamente aderente alla realtà astronomica: l’unico raggio è probabilmente la cosiddetta la anticoda, mentre la palla di fuoco a forma di drago è la testa dell’astro con la chioma ed infine il raggio che sembrava estendersi fin oltre la Gallia altro non era che la coda della cometa. Questo solleva un interessante problema relativo alle fonti consultate da Gaufridus in relazione alla descrizione della cometa. La precisione del racconto implica due possibilità: la prima prevede che Gaufridus abbia avuto accesso ad un documento riportante una descrizione di prima mano, molto accurata, redatta da uno che effettivamente vide la cometa nel cielo; la seconda possibilità prevede che Gaufridus abbia descritto una cometa transitata nel cielo quando lui era vivo e che lui stesso aveva visto e che descrisse adattandola alla cometa del tempo di re Uther. La discriminazione tra queste due ipotesi è possibile nel caso sia possibile identificare con certezza quale sia la cometa descritta nella Historia e sia possibile ricostruirne la traiettoria apparente percorsa nel cielo. Torniamo ora al testo: la successiva sezione, la VIII,15 riporta altre interessanti notizie relative all’interpretazione dell’astro datane da Merlino, il leggendario mago: “Alla comparsa della stella, tutti coloro che la videro ne furono atterriti e stupiti. Lo stesso fratello del re, Uther, che era in Cambria all’inseguimento dell’esercito nemico, ne ebbe una tale paura che convocò i propri sapienti e volle farsi spiegare cosa preannunciasse. Tra gli altri fece chiamare anche Merlino, che si era aggregato all’esercito per offrire i propri consigli su come condurre la campagna. Accompagnato alla presenza di Uther e ricevuto di spiegare il significato della stella, Merlino scoppiò improvvisamente a piangere ed esclamò: «La nostra perdita è inseparabile […] Aurelio Ambrosio, l’illustre re dei Britanni non è più […]. Uther, nobilissimo duca, […] la stella simboleggia la tua stessa persona […]. Il raggio di luce che si allunga nella terra dei Galli significa che tuo figlio sarà un giorno un uomo potentissimo […]. Il secondo raggio sta invece per tua figlia i cui figli e nipoti governeranno uno dopo l’altro il regno di Britannia».” Prima di occuparci della cometa dobbiamo però prendere in esame la questione della consistenza storica del racconto. Esiste qui una rilevante incongruenza cronologica tra le varie fonti che citano Aurelio Ambrosio[1]. Utilizzando la cronologia stabilita da L. Thorpe nel 1966 è possibile collocare cronologicamente l’evento della morte di Aurelius Ambrosius tra il 450 ed il 455 d.C. nel periodo in cui Rugisto, re dei Sassoni e Orsa sbarcarono in Britannia. Le fonti a cui Gaufridus attinse sono il poema gallese Gododdin risalente al VII sec. d.C., la Historia Brittonum di Nennius redatta intorno al IX sec. d.C., gli Annales Cambriae del X sec. d.C. ed il De Excidio et Conquestu Britanniae del monaco Gilda, redatto tra il 500 ed il 570 d.C. Secondo la narrazione di Gaufridus, come abbiamo visto, negli anni che comprendono il periodo di tempo durante il quale la spettacolare cometa si vide in cielo, Merlino il mago era vivo [2].
Un’immagine romantica di Merlino il mago
La questione importante dal punto di vista storico ed archeoastronomico riguarda la possibilità o meno di identificare la cometa citata, ed in caso positivo ricostruirne la traiettoria percorsa in cielo tra le costellazioni, ricreando le condizioni di visibilità nella Britannia meridionale durante il V secolo d.C. Per fare questo è necessario operare su svariati fronti. In primo luogo è necessario stabilire un’accurata cronologia degli eventi storici descritti, non senza una certa dose di fantasia, da Gaufridus. In secondo luogo è necessario ottenere altre testimonianze cioè altre osservazioni dell’astro possibilmente di tipo diretto cioè resoconti redatti da coloro che effettivamente osservarono l’astro nel cielo e magari ne stabilirono le posizioni durante il suo periodo si visibilità. In terzo luogo, e qui la situazione si complica, è necessario stabilire se si trattò di una cometa periodica, cioè di una cometa che circola intorno al Sole muovendosi lungo un’orbita chiusa, nel Sistema Solare, la quale, ogni un certo numero di anni, ritorna a transitare in prossimità del Sole ritornando ad essere visibile in cielo per un certo tempo intorno al perielio [3]. Nel caso la cometa non fosse stata di tipo periodico, allora la sua identificazione e la sua traiettoria in cielo devono essere stabiliti esclusivamente sulla base dei resoconti osservativi storicamente attestati, tra cui spiccano gli accurati testi annalistici cinesi e coreani i quali sono estremamente utili anche per identificare una cometa di tipo periodico transitata in cielo durante l’alto medioevo europeo. Nel caso della cometa citata da Gaufridus, gli annali del testo cinese Nan Shih, redatto intorno all’anno 670 d.C., riportano che essa fu avvistata per la prima volta nel cielo il 10 Giugno dell’anno 451 nel settore di cielo denominato Mao, che corrisponde al piccolo asterismo delle Plejadi nella costellazione del Toro. Esaminando la data delle osservazioni e la posizione nel cielo, appare molto chiaramente che la cometa fu vista all’alba. I capitoli astronomici del testo cinese Sung Shu (redatto nel 489 d.C.) e nel Wei Shu, redatto nel 572 d.C. si apprende che la cometa apparve nel cielo durante il mese lunare che si stese tra il 15 Giugno ed il 14 Luglio dell’anno 451 d.C.
La cometa descritta da Goffredo di Monmouth era la Halley nel suo passaggio del 451 d.C. Ecco la sua posizione nel cielo il all’alba del 10 Giugno di quell’anno prima del sorgere del Sole
Entrambi i testi concordano con l’affermare che l’astro fu visto per la prima volta nella regione celeste di Chuan-She corrispondente all’area di cielo occupata dalla costellazione di Perseo e che si spostò in Tai-Wei vale a dire l’area di cielo comprendente le costellazioni della Chioma di Berenice, del Leone e della Vergine, poi passò vicino alla stella α Herculis (Ti-Tso) poi raggiunse la stella δ Leonis (Shang Hsiang) quindi sfiorò parte della costellazione della Vergine e alla fine venne persa di vista quando si trovava tra le costellazioni del Cratere e del Corvo. Anche il testo cinese Nan Shih riporta traccia di questa cometa; in particolare che essa fu visibile il 13 Luglio del 451 nei pressi di Ti-Tso corrispondente ad un segmento della costellazione di Ercole. Le fonti cinesi non sono le uniche a citare la cometa in oggetto, ma disponiamo anche di una fonte di redazione occidentale dovuta ad Hydatius che nel suo Continuatio Chronicorum Hieronymianorum, redatto nel 468 d.C. ci racconta che nel 26-esimo anno del regno di Valentiniano III, Attila ed i suoi Unni invasero la Gallia settentrionale e furono sconfitti dai Romani nei pressi dell’attuale Chalons-sur-Marne nel nord della Francia. Egli afferma che la cometa divenne visibile nel settore orientale del cielo all’alba del 18 Giugno dell’anno 451 e successivamente divenne visibile al tramonto nel cielo occidentale tra il 16 Luglio ed il 1 Agosto di quell’anno.
La cometa di Halley
Sulla base della traiettoria descritta nel cielo e la corrispondente posizione della Terra rispetto al Sole nelle date indicate dai testi è possibile avere un’idea dell’orbita descritta dalla cometa intorno al Sole e di conseguenza per confronto degli elementi orbitali, identificare con ottima approssimazione se si trattò di una cometa che transitò una sola volta nel Sistema Solare oppure se essa corrisponde ad una cometa periodica di orbita nota. Di fatto questa seconda ipotesi si è verificata veritiera, infatti l’astro altro non era che la cometa di Halley nel suo decimo passaggio documentato avvenuto dell’anno 451 d.C. [4] Gli elementi orbitali della Cometa di Halley sono noti ed il calcolo delle loro variazioni nel tempo a causa dell’attrazione gravitazionale dei pianeti del Sistema Solare è stato eseguito, per cui sappiamo esattamente calcolarli per l’orbita percorsa durante il V sec. d.C. e quindi calcolare con precisione le effemeridi e quindi la sua traiettoria nel cielo. A quanto pare la cometa fu scoperta il 10 Giugno dell’anno 451, quando la sua distanza dalla Terra era pari a 1,09 UA[5] e la sua distanza dal Sole era pari a 0,70 UA; l’angolo di elongazione era pari a 39°. La cometa rimase visibile fino al 16 Agosto 451 d.C. quando dopo aver circumnavigato il Sole la sua distanza dalla Terra era diventata pari a 1,98 UA e la distanza dal Sole era diventata 1,16 UA, con un’elongazione pari a 26°. Il passaggio più vicino alla Terra si ebbe il 30 Giugno del 451 d.C. ad una distanza minima pari a 0,49 UA, corrispondente a circa 70 milioni di Km. A questo punto, calcolando le effemeridi è possibile ricostruire la traiettoria percorsa nel cielo durante tutto il periodo in cui l’astro fu visibile. La traiettoria della cometa fu relativamente alta nel cielo e quindi la sua osservazione fu molto agevole su tutta l’Europa. La scoperta avvenne quando la cometa era posta nella costellazione del Toro, poi il 14 Giugno si spostò in Perseo, quindi il 18 del mese si vide nella costellazione dell’Auriga, passò nella Lince il 27 Giugno successivo; poi, il 1 Luglio si spostò nella costellazione del Leone Minore, poi nel Leone Maggiore il successivo 2 Luglio e poi entrò nella Vergine il 13 Luglio dove rimase fino al suo affievolimento. Facciamo ora alcune considerazioni in relazione all’orbita descritta dalla Halley durante il V sec. d.C. In primo luogo quella fu l’orbita con il periodo più lungo in assoluto tra quelli mostrati dall’astro; infatti esso raggiunse i 79,29 anni (attualmente il periodo orbitale è di soli 76 anni).
Traiettoria della cometa di Halley descritta nel cielo nell’estate dell’anno 451 d.C.
Anche l’inclinazione della sua orbita rispetto al piano dell’orbita terrestre era un po’ più grande di quella attuale. Il prossimo passaggio della Cometa di Halley è previsto per la fine di Luglio dell’anno 2061 e curiosamente la sua traiettoria nel cielo sarà molto simile a quella percorsa nel 451 d.C., infatti l’astro attraverserà le stesse costellazioni di allora: si dovrebbe quindi ripetere, dopo oltre 1500 anni pressoché lo stesso spettacolo che secondo la tradizione apparve agli occhi dei Britanni di re Uther. Rimane ora un’ultima questione da affrontare ed è quella già accennata precedentemente della straordinaria aderenza tra la descrizione di Gaufridus e l’aspetto della cometa nel cielo. Il calcolo astronomico ha mostrato che l’orientazione della coda e dell’anticodas indicate nella Historia Regum Britanniae corrispondono pressoché esattamente a quanto i calcoli ci mostrano. Gaufridus visse però quasi sette secoli dopo e quindi, ovviamente, non ebeb alcuna possibilità di osservare direttamente l’astro durante il suo passaggio del 451 d.C. Durante la sua vita si verificò il passaggio del 1145 durante il quale la cometa fu visibile dal 26 Aprile al 9 Luglio di quell’anno e descrisse nel cielo una traiettoria diversa da quella del 451 d.C. La Historia Regum Britanniae fu però scritta ad Oxford tra il 1134 ed il 1135, quindi un decennio prima del transito della Halley nel XII secolo. Esiste anche la possibilità che Gaufridus abbia utilizzato come modello descrittivo l’aspetto di una cometa molto spettacolare qualsiasi che fu visibile nel cielo durante il XII secolo, alcuni anni prima della redazione della sua opera. La ricerca di questa cometa nelle fonti orientali ed occidentali ha dato esito positivo infatti nel giorno 4 Ottobre dell’anno 1132 fu scoperta una cometa, la C/1132 T1 che fu molto luminosa e spettacolare e rimase visibile nel cielo fino al 27 Ottobre di quell’anno. Questa velocissima cometa non è periodica quindi transitò attraverso la sfera celeste una sola volta attraversando le costellazioni dell’Orsa Maggiore subito dopo la sua scoperta; il 5 Ottobre passò nella costellazione della Giraffa, il giorno successivo brillò in Perseo, poi il 7 Ottobre fu visibile nelle costellazioni del Triangolo, poi nell’Ariete e poi nei Pesci; il giorno successivo, 8 Ottobre, fu visibile nella Balena, poi discese nell’emisfero meridionale della sfera celeste attraversando la costellazione dello Scultore, il 10 Ottobre, fino ad arrivare nella costellazione della Fenice, dove il 30 Ottobre si affievolì scomparendo alla vista. Oltre alle numerose fonti orientali: cinesi, giapponesi e corane, disponiamo anche di alcune fonti di redazione europea che descrivono questa cometa. In particolare il testo britannico Chronicon ex Chronica (1118, 1140) ed il testo germanico degli Annales Sancti Blasii (1147). Potremmo allora ipotizzare che la descrizione della “cometa di Merlino” data da Gaufridus possa essersi basata sull’esperienza personale maturata osservando quella del 1132? Questo è possibile, ma l’aspetto e la traiettoria della C/1132 T1 furono molto diversi da quelli tipici della Halley del 451, quindi questa ipotesi non appare in grado di spiegare l’accuratezza descrittiva di Gaufridus nella sua Historia. Non rimane allora che ipotizzare l’esistenza nel XII secolo di un documento redatto nel V o VI sec. d.C. in cui la Halley, nel passaggio del 451 fu molto ben descritta e che tale documento, probabilmente andato perduto nei secoli, fosse stato accessibile a Gaufridus nel XII secolo. Anche questa ipotesi presenta però un lato debole il quale riguarda il modo con cui le comete venivano descritte nell’annalistica altomedioevale europea, cioè in modo didascalico, con qualche particolare teso a mettere in evidenza soprattutto il significato infausto del fenomeno celeste più che l’oggettività astronomica e non di rado anche con le date sbagliate in modo da farle coincidere con qualche avvenimento catastrofico: qualcosa di molto lontano dalle accurate registrazioni degli astronomi dell’estremo Oriente. Il mistero della cometa di Merlino quindi rimane ancora pressoché insoluto. NOTE: [1] Ambrosio Aureliano (457? – 533?), che nell'Historia Regum Britanniae è erroneamente riportato come Aurelio Ambrosio fu un capo semi-leggendario romano-britannico, che vinse importanti battaglie contro i sassoni nel V secolo, secondo quanto riportato da Gildas e svariate leggende conservate nell'Historia Brittonum. In realtà il periodo cronologico corrispondente alla sua vita è ben lontano dall’essere ben definito. Stando ai Chronica Maiora, Ambrosio avrebbe preso il potere nel 479. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che fosse il leader dei romano-britannici nella battaglia del Mount Badon e che potrebbe quindi essere la base della leggendaria figura di re Artù. Ambrosio Aureliano è una delle poche persone che Gildas identifica per nome nel suo sermone De Excidio Britanniae. Dopo il distruttivo assalto dei Sassoni, i sopravvissuti si riunirono sotto la leadership di Ambrosio, che viene così descritto: « Era un uomo modesto, l'unico della razza romana che era casualmente sopravvissuto nel frastuono della tempesta (i suoi genitori, che avevano sempre indossato la porpora, erano morti con questa) che si è scatenata ai nostri giorni e che ci ha condotti assai lontano dalla virtù degli avi... a questi uomini, con il consenso di Dio, arrise la vittoria » Secondo Gildas, Ambrosio organizzò i superstiti in un esercito e ottenne la prima vittoria militare contro gli invasori sassoni. Tuttavia, questo successo non fu decisivo: "A volte i Sassoni e a volte i cittadini (cioè gli abitanti romano-britanni) furono vittoriosi". Un punto di questa breve descrizione ha attratto l'attenzione degli studiosi, sollevando una domanda. Il fatto che Gildas dica che i parenti di Ambrosio "portarono la porpora" indicherebbe che egli era collegato con uno degli imperatori romani, forse con la casata di Teodosio o con un usurpatore come Costantino III? La mancanza di informazioni per questo periodo, però, non permette di dare una risposta sicura a questo quesito. L'Historia Brittonum di Nennius contiene numerose notizie su Ambrosio. La più significativa è la storia di Ambrosio, Vortigern e i due draghi che si trovavano sotto la fortezza di Dinas Emrys (capitoli 40-42). In questo racconto si dice che, interrogato da Vortigern su chi fosse e da quale famiglia provenisse, egli abbia detto di chiamarsi Ambrosio e che era figlio di "uno dei consoli del popolo romano". Questa storia fu in seguito ripresa con maggiori dettagli da Goffredo di Monmouth nella sua semi-leggendaria Historia Regum Britanniae, in cui egli fonde il personaggio di Ambrosio con la tradizione gallese sul veggente Merlino, conosciuto per aver vaticinato le future vittorie dei nativi celtici della Britannia sui Sassoni ed i Normanni. Nell'Historia Brittonum ci sono però anche altre notizie. Al capitolo 31 viene detto che Vortigern regnò nella paura di Ambrosio. Nel capitolo 66 si parla di una battaglia combattuta tra Ambrosio e Vitolino a Guoloph (località spesso identificata con Wallop, che dista circa 15 chilometri da Amesbury, vicino Salisbury). Nel capitolo 48, invece, viene detto che a Pascent, figlio di Vortigern, fu permesso di regnare sul Buellt e sul Gwrtheyrion. Non è chiaro come queste tradizioni siano correlate tra di loro o se vengano da una stessa fonte. È comunque possibile che si riferiscano a un altro Ambrosio. L'Historia Brittonum, infatti, data la battaglia di Guoloph al 439, cioè quaranta/cinquant'anni prima delle battaglie che, secondo Gildas, furono combattute da Ambrosio Aureliano. Nel conflitto che secondo l'Historia Brittonum sarebbe esistito tra Ambrosio e Vortigern alcuni studiosi hanno visto un nucleo di veridicità storica: l'esistenza, cioè, di due partiti opposti, uno guidato da Ambrosio e l'altro da Vortigern. J. N. L. Myres ha proposto l'ipotesi che Vortigern appoggiasse l'eresia di Pelagio, diffusa in Britannia, mentre Ambrosio il credo cattolico. Questa teoria fu accettata e sviluppata dagli storici successivi, che sulla sua base hanno fatto un'accurata descrizione degli eventi verificatisi in Britannia nei secoli V e VI. Tuttavia, un'interpretazione alternativa e più semplice del conflitto tra queste due figure è che l'Historia Brittonum conserverebbe le tradizioni ostili ai presunti discendenti di Vortigern, che a quel tempo erano una casata regnante nel Powys. Quest’interpretazione è sostenuta dal carattere negativo di tutte le storie su Vortigern. Ambrosio Aureliano appare poi nella tarda Historia Regum Britanniae di Geoffredo di Monmouth, che anzitutto corrompe il suo nome Aurelio Ambrosio e lo presenta come un figlio di re Costantino. Quando il primogenito di Constantino II, Costante, fu ucciso da Vortigern, gli altri due figli, Ambrosio e Uther Pendragon, ancora molto giovani, andarono in esilio in Bretagna. In seguito, quando il potere di Vortigern vacillò, i due fratelli tornarono in patria con una grande armata, distrussero Vortigern e divennero amici di Merlino. È però probabile che Goffredo confonda tradizioni gallesi riguardanti due diversi Ambrosii. Nel Galles, Ambrosio appare col nome di Emrys Wledig. Nel Merlino di Robert de Boron è semplicemente chiamato Pendragon e suo fratello più giovane, invece, Uhter, un nome che quest’ultimo cambierà in Utherpendragon alla morte di Pendragon. Ciò è probabilmente una confusione che ha fornito la tradizione orale dal Romanzo di Bruto di Robert Wace. Solitamente Wace si riferisce soltanto a li roi (il re), senza però nominarlo, e qualcuno ha preso un'iniziale menzione dell'epiteto di Uther, Pendragon, come il nome di suo fratello. Secondo S. Appelbaum, Amesbury nel Wiltshire, potrebbe forse conservare nel suo nome quello di Ambrosio e potrebbe quindi essere stata il suo centro di potere. Se si unisce questa etimologia alla fantasiosa e folcloristica notizia data da Goffredo di Monmouth secondo cui Ambrosio Aureliano fece costruire Stonehenge nel territorio della parrocchia di Amesbury (e dove si ritiene che sia stato sepolto Ambosio) e alla presenza in quel luogo di una fortezza d’altura risalente all’età del Ferro, è forte la tentazione di connettere la figura di Ambrosio con Amesbury. Di fatto quindi, leggendo l’Historia Regum Britanniae, esattamente non sappiamo di quale Ambrosio si tratti. [2] I racconti sulle misteriose origini di Mago Merlino hanno diverse interpretazioni. Cominciamo a leggerne qualche breve apparizione nella "Historia Brittonum" di Nennius. Merlino è indicato come il figlio di una vestale druidica e del discendente di uno dei magistrati romani, identificato come Ambrosius Aurelianus, condottiero dei Britanni. L'Ambrosius di Nennio trova un'uguaglianza a sua volta con l'Ambrosius Aurelianus di cui parla lo storico Gilda (nel 500 d.C. circa) nel De excidio et conquestu Britanniae. Nennio lo descrive inoltre come un re potente, Dubricius e non più come il condottiero dei Britanni. E' stato Goffredo di Monmounth, un prelato vissuto dal 1100 al 1154 circa, a tramandarci l'esistenza di Merlino. Grazie ad libro in lingua gallese, messogli a disposizione dall'Arcidiacono di Oxford, ne ricavò la storia decidendo poi di tradurlo in latino. Qualche anno più tardi, Goffredo si interessò, inoltre, di interpretare il "Prophetiae Merlini" ("Le profezie di Merlino") che terminò nel 1134 integrandolo nella sua "Historia Regnum Britannie" ("La storia dei re di Britannia"). Secondo il libro, Merlino, durante il V secolo, era un bambino frutto dell'unione di una monaca, nobile di nascita, sedotta nel sonno dal diavolo, e appena bambino era in grado di profetizzare sul futuro della Britannia. I testi originali, dai quali Goffredo disse di aver ricavato la storia di Merlino, sono andati perduti e non si può determinarne l'attendibilità. Anni dopo, nel 1150, Goffredo pubblicò finalmente "Vita Merlini" ("La vita di Merlino"). Lasciatosi influenzare dal poema di Aneirin, "Gododdin", Merlino appare come il bardo Myrddin, dotato di autorevole potere politico. [3] Una cometa periodica è una cometa con un periodo orbitale inferiore a 200 anni (queste comete sono chiamate anche comete periodiche di corto periodo), o una cometa osservata per almeno due volte al suo passaggio al perielio (ad esempio la 153P/Ikeya-Zhang che ha periodo di 366 anni). A volte il termine cometa periodica viene usato per indicare qualsiasi cometa dotata di periodicità, anche se più grande di 200 anni. Quando si scopre una nuova cometa, essa riceve una designazione provvisoria composta dall'anno della scoperta seguito da una lettera maiuscola che identifica la quindicina del mese della scoperta e da un numero progressivo riferito alle scoperte di quella particolare quindicina del mese. Le comete periodiche, in aggiunta, ricevono il prefisso P/, le non periodiche ricevono il prefisso C/. Le comete periodiche dopo il secondo passaggio al perielio ricevono in sostituzione della sigla iniziale un numero progressivo seguito dai nomi degli scopritori fino a un massimo di tre. Ecco perché molte comete periodiche cambiano denominazione nel tempo, come la P/1990 V1 (Shoemaker-Levy 1), scoperta nel 1990 e rinominata 192P/Shoemaker-Levy nel 2007 a seguito dell'osservazione del suo secondo passaggio al perielio. Oltre che una persona fisica lo scopritore può anche essere un programma di ricerca o un satellite artificiale che ha effettuato la scoperta: a volte nomi di scopritori si trovano accanto a nomi di programmi o satelliti come nel caso della cometa 11P/Tempel-Swift-LINEAR. In alcuni rari casi, come per la 2P/Encke e la 27P/Crommelin, la cometa porta il nome di colui che ne ha calcolato l'orbita Calcolare l'orbita di una cometa periodica è piuttosto complicato a causa di tutte le possibili perturbazioni planetarie a cui possono essere soggette. Prima dell'avvento dei computer alcune persone dedicavano l'intera carriera a questo compito. Nonostante questo di molte comete periodiche si sono perse le tracce perché la loro traiettoria è influenzata anche da effetti non gravitazionali come il rilascio di gas e altri materiali che formano la chioma e la coda della cometa. A volte le comete periodiche condividono lo stesso nome, è il caso delle 9 comete Shoemaker-Levy o le 33 comete NEAT. L'Unione Astronomica Internazionale le distingue o per il prefisso numerico o per la designazione completa. Ad esempio P/1990 V1 e P/1991 V1 sono entrambe "comete Shoemaker-Levy". In letteratura è usato un sistema informale di numerazione (valido solo per le comete periodiche). Nell'esempio precedente di P/1990 V1 e P/1991 V1 vengono chiamate rispettivamente cometa Shoemaker-Levy 1 e Cometa Shoemaker-Levy 6. [4] La Cometa di Halley, il cui nome ufficiale è 1P/Halley, così chiamata in onore di Edmond Halley, che per primo ne predisse il ritorno al perielio, è la più famosa e brillante delle comete periodiche provenienti dalla fascia di Kuiper, le quali passano per le regioni interne del sistema solare ad intervalli di decine di anni, piuttosto che periodi millenari delle comete provenienti dalla Nube di Oort. La cometa di Halley è il protipo di comete caratterizzate da periodi orbitali compresi tra i 20 ed i 200 anni ed orbite che possono presentare inclinazioni elevate rispetto al piano dell'eclittica. Edmond Halley si accorse che le caratteristiche della cometa del 1682 erano quasi le stesse della cometa apparsa nel 1531 (osservata da Pietro Apiano) e nel 1607 (osservata da Giovanni Keplero a Praga); Halley concluse che tutte e tre le comete erano lo stesso oggetto che ritornava ogni 76 anni. Dopo una stima approssimativa delle perturbazioni che la cometa doveva sostenere a causa dell'attrazione dei pianeti, predisse il suo ritorno per il 1757. Halley aveva ragione, sebbene la cometa non fu vista fino a dicembre del 1758, e non passò al suo perielio fino a marzo 1759; l'attrazione di Giove e Saturno causò un ritardo di 618 giorni, come calcolò il matematico francese Alexis Clairault prima del ritorno della cometa. Halley, però, non visse abbastanza per vederne il ritorno. Morì nel 1742. [5] (UA= Unità Astronomica; 1 UA = 149,6 milioni di Km) (Autore:Adriano Gaspani) Sezioni correlate in questo sito:
www.duepassinelmistero.com Avvertenze/Disclaimer Gennaio 2011 |