La Tomba di Ildebranda:un
viaggio fra gli Etruschi
a cura di Filippo Goti
La
Tomba di Ildebranda, il nome dato dagli scopritori, non ha nessuna relazione con
il sito archeologico; si trova fra le colline di Sovana, al termine della via
Cava del Cavone. Il luogo è un'enorme realizzazione dell'ingegno umano, che
grazie al lavoro di abili artigiani, ha dato forma ai propri sogni nella viva
roccia, a perenne memoria della cultura e del popolo che lo ha espresso.
Questo complesso monumentale, è stato scoperto in epoca relativamente recente,
nel 1924, e i vari studi compiuti, le incisioni, le iscrizioni le tecniche di
lavorazione della pietra, portano ad una sua collocazione risalente al III°-II°
secolo a.C.; quindi in epoca definita ellenistica. Osservando i fregi salvati
dall'usura del tempo, e dall'incuria dell'uomo privo di memoria e dignità, e la
realizzazione ad anfiteatro è ben difficile non credere a tale ipotesi. Per
l'importanza archeologica che riveste, e per la memoria simbolica e culturale
che permane nel luogo, è considerato il più importante monumento etrusco.
Una
spianata accoglie il viaggiatore, che si trova innanzi ad una realizzazione a
gradoni, la cui sommità è occupata dal tempio, posto lungo una direttrice
solstiziale. Il carattere Solare del sito archeologico, è altresì comprovato
dai resti di dodici colonne, che reggevano gli architravi del Tempio, e oggi
testimoniate da un'unica superstite. Tre scalinate si snodano alla vista di
colui che è posto in posizione frontale al corpo del sito. La prima, in
corrispondenza della porta del Tempio scende nelle viscere della terra,
ricordando, per uno strano moto dell'animo, la discesa negli Inferi, le altre
due sormontano l'ultimo gradone, portando nello spazio dove i sacerdoti
svolgevano i pubblici riti. Tutta la struttura induce a ritenere che in
occasione delle cerimonie, una grande folla si radunasse a tributare onore agli
Dei, deputati a preservare la ciclicità del Tempo, e che libagioni
accompagnassero i riti. Quanto sormonta le colonne, le incisioni sottostanti
l'architrave, il pronaos, si manifesta come con soffitto a cassettoni,
formato da forme rettangolari racchiuse l'una nell'altra, come a rappresentare
un perenne glifo della dimensione umana (microcosmo), della natura (mesocosmo),
e della dimensione ontologica (macrocosmo).
Dei fregi, che si
presume, dovessero adornare le arcate del tempio, dalla furia degli elementi
oggi si salva solamente un frammento (immagine a lato)
collocato lungo lo
sviluppo sinistro della sommità dell'edifico. E' possibile notare una
varietà di figure mitologiche ( Sirena a due code, Ippogrifi, Dragoni ), le
quali - seppur nell'apparente diversità - presentano un tratto comune: la poliedrica
composizione, e quindi si possono annoverare nella categoria delle chimere. Tale
parto della feconda capacità immaginifica dei nostri Antichi Padri, è tesa a
rappresentare un essere ( sia umano che animale ), che in sè raccoglie le qualità
di creature presenti in natura.
Ragionevolmente
possiamo supporre che siamo alla presenza di realtà poste al confine fra il
mondo del sensibile, e quello del sovra-sensibile ( guardiane della soglia che
separano il conscio dall'inconscio ), e quindi mediatrici fra gli uomini e il
mondo delle divinità, in altri termini creature psicopompe ( dal
greco psychopompós, composto da psychee pompós, 'che
conduce' ), che conducono
l'uomo nei meandri dell'intimo,ma non è altrettanto lecito esaltare una di queste
figure, per potere determinare la valenza operativa ( i riti di cui era sede )
del tempio. Questo perchè non molto si è salvato, come detto, e quindi non
sappiamo se le rappresentazioni fossero presenti sulle altre volte, e certo la
posizione laterale di questo sopravvissuto fregio non ci è d'aiuto alcuno, per
considerazioni aventi carattere generale. Per concludere l'esame del fregio,
un'attenzione particolare merita la Sirena a due code, che sorregge,
presumibilmente dei fiori (simbolo ricorrente in alchimia: ciò che è bello e
nasce dalla terra), che può essere relata alla Melusina gnostica, simbolo della
capacità di ri.:.unificare ogni coppia di opposti, all'interno di una sfera
ontologica per sua stessa natura non scindibile, ma anche archetipo della
rinascita dalle acque, e della trasmutazione di quello stesso elemento: l'Uomo
Nuovo che risorge dalla precedente condizione bestiale.
Si sbaglierebbe a credere che il Tempio, si sviluppi solamente in superficie, e
che il paziente lavoro degli scalpellini si sia arrestato alla nuda roccia di tufo
che dalla terra si staglia quasi a lambire il cielo. In quanto le sorprese sono
riservate anche a chi ha la pazienza e la ventura ( nei giorni di pioggia tale
luogo è impraticabile ) di visitare anche il sottosuolo. Dal piano in
superficie, una non modesta gradinata ci conduce nel ventre della terra, dove
abilmente è stata realizzata una stanza che si mostra su pianta che ricorda una
croce dalle braccia eguali. Ufficialmente gli accademici, sono concordi nel
considerare questa essere una tomba di qualche illustre personaggio ( sacerdote
o potente regnante ), ma la storia non fornisce nessun indizio suffragante tale
ipotesi. Non sono stati ritrovati resti, non vi sono altre camere funerarie poste ai
lati, come da tradizione etrusca, e il viatico che conduce al luogo è ben
visibile, e nessuna pietra è stata trovata ad ostruire in nessun modo
l'ingresso. Ci troviamo quindi in quel luogo d'ombra dove ogni ipotesi è
valida, ed un approccio monocorde deve cedere innanzi ad una visione
omnicomprensiva, che tenga in debito conto l'aspetto storico, religioso e
magico.
La forma della stanza, la posizione della stessa, perfetto sviluppo occulto del
Tempio manifesto, portano a ritenere che più di una tomba, siamo in presenza di
un luogo dove, lontano dagli occhi dei profani, venivano celebrati riti di
iniziazione, così come in uso nella Grecia, e di cui tutta l'architettura del
luogo serba evocativo ricordo. Quale luogo migliore se non quello posto in
posizione intermedia fra il ventre della Terra, e il Cielo, dove il Tempio di
superficie, con le sue dodici colonne, svolgeva funzione di enorme
catalizzatore, se non la cripta sotterranea per abbandonare, durante la discesa,
la vita comune, e risorgere alla luce solstiziale come nuovi uomini, conoscitori
di quanto si cela nelle profondità dell'animo umano, e negli impervi e perigliosi
meandri della mente ? L'unico interrogativo che si apre, all'uomo di
conoscenza, non è tanto credere che questa fosse la funzione del Tempio, ma
quanto il sapere quale tipologia di riti, di cerimonie venissero ivi svolte: se, a
completamento di un'iniziazione manifesta e solare, ve ne fosse un'altra,
complementare, lunare o dionisiaca, e personalmente propendo per questa
seconda soluzione.