Dal XVI sec. fino al 1838, il Castello Ursino di Catania venne adibito a
prigione, in seguito a vasti lavori murari che suddivisero i grandi saloni del
pianterreno in un gran numero di celle o “dammusi”, che come si può ben
immaginare, oltre che buie e malsane finirono per essere infestate da topi ed
insetti.
Sui muri e gli stipiti delle porte – lì dove era più facile scrivere ed
arrivava un po' più di luce - gli sventurati che vi erano rinchiusi
tracciarono scritte e disegni che ancora oggi si possono osservare.
Fra le immagini spiccano in primo luogo le riproduzioni di navi dell'epoca, di
grandi e piccole dimensioni, e delle mura merlate - con tanto di cannone al
momento dello sparo – probabilmente del Bastione di San Giorgio: tutto ciò
insomma che i prigionieri riuscivano a vedere del mondo esterno, considerato
che fino al 1669, la mole della fortezza era a ridosso del mare.
Altro esempio sono teste e volti generalmente disegnate di prospetto, talvolta
con intenzione caricaturale, con i capelli irti.
Un'altra serie di immagini riproducono poi disegni geometrici e simbolici:
stemmi araldici, croci patenti, come quelle degli ordini
monastico-cavallereschi, oppure le tre croci del calvario che come le
raffigurazioni di cuori testimoniano il sentimento di sofferenza dei
condannati che equiparavano la loro pena a quella del Cristo crocifisso.
In questa serie è compresa forse l'immagine più misteriosa fra tutte, situata
sotto il grande arco del cortile, ovvero una grande croce annodata
accompagnata dalle figure della scala, dei chiodi, della tenaglia e del
martello. La studiosa Marisa Uberti ha identificato all'estremità di ogni
braccio della croce dei caratteristici "Nodi di Salomone", figure simboliche
della letteratura ermetica ed alchimistica del periodo medievale e
rinascimentale. L'intera figura potrebbe costituire un unico grande "Nodo
salomonico" cornernente la Resurrezione più che la Passione. Ovviamente rimane
un mistero chi fu ad inciderla ed a quale preciso scopo (Marisa Uberti, vedi
bibliografia).
Numerose sono poi le iscrizioni lasciate sempre sui muri o le porte da
prigionieri evidentemente alfabetizzati, molte in dialetto siciliano, talvolta
anche in latino: “...Per lo più l'iscrizione comincia con la data che, di
solito, è quella della carcerazione: segue poi il nome e quindi la formula
pressocchè costante "vinni carceratu". A proposito delle date ricorderemo che
le iscrizioni recanti la data più antica si trovano nella sala che contiene la
Cappella con le camere adiacenti; ma non si risale oltre il 1526...” (Guido
Libertini, 1940).
L'iscrizione più lunga si trova sull'architrave di una porta, nella quale un
certo capitano Fabio Laurifici dichiara di essere stato imprigionato “sub
pretestu che non andava a bardari (sorvegliare) lu so carceratu”.
Non mancano anche sentenze e massime: “...Un tale, sugli stipiti della porta
del lato meridionale del cortile, ha voluto accennare alla eterna mutabilità
delle sorti umane, e ha scritto: "Mundus rota est", che equivale a dire: "Oggi
a me domani a te". Uno di questi amanti delle sentenze fu rinchiuso nella
mezza torre di ponente dove riempì addirittura le pareti, intonacate di
fresco, con massime chiuse entro rozze cornici. “Memorare novissima tua et in
eternum non peccabis”, dice una di esse attinta all'Antico Testamento dove
“novissima” son da intendere Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso. Accanto
leggiamo, invece, un consiglio molto cinico dello stesso: "Ubi bonum ibi
patria"; la patria è dove si sta bene.... Autore di queste iscrizioni dev'essere
un tal Filippo Mancuso che si firma più in basso con gli stessi caratteri,
aggiungendo la data (1659) e un più o meno sincero "pro se"...” (Guido
Libertini, 1940).
Al pari di molti altri antichi luoghi di prigionia in tutta Italia, insomma
anche il castello svevo di Catania reca ancora le tracce, a volte ironiche, a
volte commoventi, di coloro che scontarono la loro pena tra le sue mura.
Si dice tuttavia – come in ogni buon castello che si rispetti – che anche nel
Castello Ursino non vi siano solo presenze fisiche e materiali: “...pare
infatti che a molti dei custodi siano capitati episodi particolari. Sembra che
la notte, dopo le due, si verifichino alcuni strani fenomeni: porte che si
chiudono da sole, luci e radio che si accendono e si spengono, strane forze
che impediscono i movimenti del corpo.
Ci raccontano poi che la notte, tra le stanze, camminino tanti folletti e che
una bambina pianga in un angolo e addirittura al centro del salone d'ingresso
ci sia addirittura una tomba. Sui muri della stanza e sulle volte, osservando
con attenzione, ecco materializzarsi delle figure, non sono subito chiarissime
ma piano piano appaiono.
Sul muro sembra un bambino con le mani tese e sull'altissima volta una figura
angelica appena percepibile, ma che c'è ! Ma non finisce qui, perchè guardando
attentamente le fotografie scattate durante la visita, sono veramente tante le
figure che prendono forma: donne, uomini e perfino uno strano animale simile
ad un Gremlins...” (da “Il giornale del 'Teresa di Calcutta' di Tremestieri
Etneo”, 6 maggio 2009, articolo a cura della Redazione).
Suggestioni ? Illusioni dei sensi ? O forse uno di quei tanti fenomeni che la
razionalità scientifica ancora non può - o non vuole - comprendere ?
Bibliografia:
Guido Libertini, Iscrizioni e disegni sui muri del Castello Ursino di
Catania, in: Bollettino storico catanese, XVIII, 1940, Catania.