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                          IL FUOCO DI SANT’ANTONIO: METODI DI CURA UTILIZZATI IN PASSATO

                                                                                           (Gianluca Toro)

Probabilmente, la relazione dell’uomo con i funghi parassiti data a tempi piuttosto antichi, quando egli si imbattè in specie selvatiche di piante e iniziò a utilizzarle per differenti scopi, come cibo, medicina e sostanze psicoattive. Impiegare senza pericolo alcuni vegetali significava avere una certa conoscenza dei loro funghi infestanti, scoprendo così proprietà medicinali, psicoattive o tossiche.

Tali funghi causavano frequenti intossicazioni. Nel passato, la più famosa e impressionante, soprattutto nel Medioevo, era quella prodotta dall’ergot o segale cornuta (Claviceps purpurea), intossicazione nota come ignis sacer, ignis infernalis, male degli ardenti, fuoco di Sant’Antonio ed ergotismo.

Generalmente, l’ergotismo era interpretato nel tipico contesto del mondo medievale. Ciò significa che fenomeni quali condizioni estatiche, possessioni, isterie collettive e casi di variabilità emotiva erano confusi tra gli aspetti visionari, magici e superstiziosi del Medioevo, finendo per essere trascurati o interpretati in senso magico, soprattutto tra le popolazioni rurali e in particolari condizioni (durante guerre, carestie e malattie), causando problemi sociali e contrasti.

Gli ergotati erano sotto la protezione di Sant’Antonio ed erano curati negli ospedali dell’Ordine monastico di Sant’Antonio stesso, i quali erano diffusi per tutta Europa. La graduale scomparsa dell’ergotismo può essere attribuita alla coltivazione della segale e di altri cereali in condizioni più favorevoli, ai miglioramenti delle condizioni sociali e alla ricerca scientifica.

Basandoci su alcuni dati essenziali relativi all’ergotismo, lo scopo del presente articolo è quello di focalizzare l’attenzione sui metodi di cura per questa malattia, disponibili nel passato. 

L’ergot è una forma peculiare del fungo parassita Claviceps purpurea, costituendone lo sclerozio, o il micelio compatto che si sviluppa nell’ovario di certe specie di piante. Infesta circa 400 specie di Graminaceae, sia selvatiche che coltivate, principalmente specie di Agropyron, Alopecurus, Ammophila, Anthoxanthum, Arrhenatherum, Avena, Brachypodium, Bromus, Dactylis, Deschampsia, Elymus, Festuca, Glyceria, Holcus, Hordenum, Lolium, Molinia, Nardus, Phalaris, Phleum, Phragmites, Poa, Secale e Triticum. E’ conosciuto con differenti nomi popolari, derivati dalla sua forma esteriore, dall’origine o dalla qualità: 62 in tedesco, 25 in francese, 22 in olandese, 14 in italiano e 7 in inglese. I più noti sono i seguenti: blé avorté, chambucle, clou de seigle, faux seigle, mere de seigle, seigle corrompu, seigle ivre (Francia), Bockshorn, Mutterkorn e Tollkorn (Germania), spurred rye (Inghilterra), cornezuelo de centeno (Spagna) e segale cornuta (Italia).

Dal punto di vista chimico, gli alcaloidi isolati appartengono a due classi, quella degli alcaloidi maggiori e degli alcaloidi minori. La prima comprende derivati dell’acido lisergico e la seconda alcaloidi clavinici (clavine). Gli alcaloidi maggiori si dividono in alcaloidi polipeptidici (ergopeptine) e alcaloidi ammidici (ergoline). Gli alcaloidi polipeptidici rappresentano circa l’80 % del totale, sono idrosolubili e si differenziano in altri due gruppi, cioè il gruppo dell’ergotossina e il gruppo dell’ergotamina. Gli alcaloidi polipeptidici comprendono: ergotammina, ergosina, ergocristina, ergocryptina ed ergocornina. Gli alcaloidi ammidici rappresentano il restante 20% e sono insolubili in acqua. In questa classe, troviamo l’ergonovina.    

L’ergotismo può essere definito come un insieme di manifestazioni patologiche indotte dall’uso ripetuto e più o meno prolungato di prodotti per l’alimentazione (principalmente pane) contaminati dall’ergot.

Generalmente, i primi effetti iniziano dopo alcune settimane o mesi. Esistono sono due forme di ergotismo, convulsiva o spasmodica (convulsio cerealis) e gangrenosa (necrosis cerealis), con una fase iniziale comune. In questa fase, si ha prurito, leggera e gradevole ebbrezza, vertigini, disturbi sensoriali (in particolare, per vista e udito), cefalgia ed ebetismo. Vi sono anche tremori, spasmi, contratture dolorose, disturbi digestivi e circolatori.

Nella forma convulsiva, il prurito, soprattutto alle estremità, si estende a tutto il corpo, mentre dolorose contratture muscolari permanenti attaccano i muscoli flessori di mani e piedi. Le contratture lasciano spazio a convulsioni, con spasmi epilettiformi. I dolori muscolari sono atroci, gli arti sembrano bruciare internamente e si prova anche una sensazione di freddo glaciale. I disturbi della sensibilità superficiale evolvono in uno stato anestetico. Le persone colpite soffrono di amnesia, allucinazioni, delirio con o senza stupore, demenza, mania e pazzia transitoria o definitiva. Incostantemente, è possibile osservare analgesia, anestesia totale, eruzioni cutanee, cecità transitoria o definitiva, cataratta, sordità, anosmia, paraplegia e paralisi. Questa condizione può concludersi con il coma o la morte per asfissia.

Nella forma gangrenosa, si hanno dolori legati a problemi della vascolarizzazione e dell’innervamento. Gli arti soffrono di prurito, dolori, crampi, contratture, iperestesia con sensazione di bruciore, poi freddo glaciale e anestesia. Generalmente, la gangrena è secca, ma in certi casi anche umida e infetta, e colpisce soprattutto le estremità, come orecchie, naso, mani., piedi e organi sessuali, terminando con il distacco spontaneo e non doloroso della parte. Può comparire cataratta e ulcerazione della mucosa e del tratto digerente, mentre la pelle è secca e insensibile.

Altri effetti sono insonnia e parto e aborto spontaneo.

In generale, l’evoluzione della malattia è lenta e dura tra 2 e 8 settimane, a volte 12, con qualche intervallo nella manifestazione dei sintomi.      

Le epidemie di ergotismo erano molto comuni in Europa tra la fine del X e durante tutto il XIII secolo, diminuendo poi gradualmente, fino ai primi anni del XX secolo. Diversi casi furono registrati in Belgio, Danimarca, Inghilterra, Francia, Germania, Irlanda, Polonia, Spagna, Svezia, Svizzera, Romania e Russia.

Nel 1096, dopo aver osservato che un’epidemia scoppiò a seguito del consumo di raccolti danneggiati, S. De Gremblour riconobbe l’effetto tossico della segale infestata dall’ergot, quando miscelata al cibo, mentre, nel 1596, fu proposto che l’ergot fosse la causa di alcune epidemie nell’Hesse e nelle aree vicine. Così, nel 1597, la Facoltà di Medicina di Marburg, dopo un attento esame di tutte le probabili cause, pubblicò un trattato descrivendo sintomi, cause e metodi di cura dell’ergotismo.

Si è notato che le epidemie di ergotismo scoppiavano quando si verificavano condizioni favorevoli alla crescita dell’ergot, cioè dopo una stagione umida e quando un’estate calda e secca seguiva a una primavera molto piovosa, specialmente nei casi in cui i cereali crescevano in aree paludose e all’ombra. Contribuivano altre intossicazioni concomitanti, le cattive condizioni di salute, l’inedia e la miseria.

L’ergotismo poteva colpire chiunque, a ogni età (ma soprattutto bambini e giovani adulti) e in ogni classe sociale. L’ergotismo era diffuso per lo più tra le persone delle classi sociali basse, le quali vivevano in aree rurali povere, dove il pane e altri simili prodotti rappresentavano la parte più importante delle provvigioni giornaliere. Il pane preparato con farina contaminata era noto come pane maledetto. La farina aveva differenti prezzi, a seconda del fatto che fosse non contaminata (farina bianca) o contaminata (farina scura), e i poveri potevano permettersi solo il prodotto più economico, cioè la farina contaminata. Così, l’uso del pane bianco o scuro costituì un’ulteriore differenziazione tra le classi sociali. Detto ciò, e considerando che nel passato i poveri rappresentavano la maggior parte della popolazione, non è sorprendente che le epidemie di ergotismo non fossero limitate a un numero ristretto di persone, ma fossero collettive.

Tra i Santi relazionati con l’ergotismo, per il loro potere curativo e per l’efficacia delle loro reliquie nel dare sollievo ai sofferenti, il più importante è certamente Sant’Antonio, da cui deriva il nome della malattia. E’ stato riportato che, durante la sua vita ascetica, Sant’Antonio mangiava pane contaminato dall’ergot e che le sue condizioni generali di salute erano diretta conseguenza dell’ergotismo. Ricordiamo per esempio gli stati visionari, legati per lo più a tentazioni demoniache, per i quali bisogna anche considerare, come fattori contributivi, l’isolamento nel deserto, il silenzio, l’insonnia e la scarsezza di cibo e acqua.

Sembra che l’associazione di Sant’Antonio con l’ergotismo iniziò nel 1050, quando molte persone morirono in alcune province della Francia per una serie di epidemie. In quelle occasioni, vi furono incontri pubblici di preghiera e processioni, e coloro che imploravano l’intercessione di Sant’Antonio, specialmente di fronte alle sue reliquie, erano curati per miracolo. Le reliquie furono conservate nella chiesa di La Motte de St. Didier (St. Antoine de Viennois). Altri riportano che la malattia fu chiamata per la prima volta fuoco di Sant’Antonio nel 1090, nel Delfinato.

Nel 1095, un certo Gaston, ricco uomo, arrivò all’Abbazia di Mont-Majour, dove si curava l’ergotismo, pregando per il figlio malato. Sant’Antonio gli sarebbe apparso in sogno, dicendogli che Dio avrebbe esaudito la sua preghiera e richiedendo a lui e al figlio di mettersi al servizio degli ergotati. Sant’Antonio ordinò a lui e ai suoi compagni di portare sulla spalla del vestito una croce blu, a forma di T, come l’estremità del suo bastone. Così, furono fondati gli ospedali dell’Ordine di Sant’Antonio. Gaston, suo figlio e altri costruirono un ospedale vicino alla chiesa dell’Abbazia per ricevere i pellegrini colpiti dall’ergotismo. Papa Urbano II riconobbe l’Ordine nel 1095. Esso acquisì importanza nel corso degli anni e fu presente in tutta Europa, specialmente in Francia, Germania e Scandinavia, offrendo cibo e cure mediche agli ergotati.

I metodi di cura dell’ergotismo erano basati sulla credenza nelle proprietà taumaturgiche delle reliquie del Santo, su trattamenti medici, cioè chirurgici (amputazione degli arti colpiti), e sull’uso di differenti prodotti, sia naturali (fitoterapia) che chimici. Lasciando da parte il metodo drastico e definitivo dell’amputazione, nel prosieguo considereremo gli altri metodi di cura, evidenziando in particolare le proprietà medicinali delle piante utilizzate.

Ogni anno, durante l’Ascensione, si versava sulle ossa di Sant’Antonio un vino prodotto in una vigna vicino alla Maison Aumône, il primo ospedale dell’Ordine. Questo vino santo, somministrato sia internamente che esternamente, curava gli ergotati.

Forse, il modo più semplice per alleviare il dolore bruciante era quello di versare acqua sugli arti colpiti. Seguendo questo metodo, alcuni cronisti medievali riportavano che a volte si produceva un vapore così denso da rendere quasi impossibile la vista. Questo fatto sembra un’esagerazione, riportato solo per dare un’idea della forte sensazione di bruciore.

In un manoscritto del XIII secolo, leggiamo:

“Della piantaggine, la sua umidità è buona, per il fuoco nelle orecchie e per il ‘fuoco cattivo’’. Assenzio. Se le foglie sono cotte con olio, è buono contro il ‘fuoco cattivo’ e contro ciò che brucia. Il cipresso mescolato a farina di orzo e aceto è buono conto il ‘fuoco cattivo’“.

Nella Medicina antiqua del XIII secolo, la radice essiccata di mandragora è prescritta contro il fuoco di Sant’Antonio. Forse, il frutto gigante di mandragora, dipinto da H. Bosch ne Le tentazioni di Sant’Antonio del 1495 ca, è in relazione con tale uso. H. Brunswyck, nel XVI secolo, raccomanda agli ergotati di imbevere i loro vestiti di succo di mandragora, in modo da allontanare la sensazione di avere gli arti. La mandragora era anche usata come talismano, sempre contro l’ergotismo. In un’opera del 1445 ca, notiamo una persona rivolta verso Sant’Antonio, che tiene in mano ciò che sembra essere una mandragora modellata in forma di piccolo essere umano (homunculus), a cui erano attribuiti diversi poteri magici.

Sulla pala d’altare della chiesa di Issenheim, dipinta nel 1515 da M. Grünewald, troviamo la rappresentazione delle tentazioni di Sant’Antonio. Probabilmente, l’artista seguì le istruzioni dei frati di Issenheim, dove si curavano gli ergotati. Sotto la figura di Paolo di Tebe, troviamo la rappresentazione di 14 piante, identificate da M. Hassler come: piantaggine maggiore, piantaggine lanceolata, verbena, ranuncolo bulboso, scrofularia acquatica, alloro bianco, gramigna, veronica, genziana, la pianta nota come “contravveleno”, trifoglio rampicante, albicocco bianco, spelta e papavero sonnifero. Tali costituenti entravano nella composizione dell’unguento di Sant’Antonio, probabilmente con l’aggiunta di grasso di maiale. Ricordiamo che il maiale è l’animale che normalmente accompagna Sant’Antonio nell’iconografia, poichè la sua carne era un cibo nutritivo per gli ergotati.

C. Pedersen, in En nöttelig Loegeborg del 1534, riporta:

“Se qualcuno soffre del ‘fuoco selvaggio’ o ‘fuoco cattivo’, che è chiamato da molte persone fuoco di Sant’Antonio, fategli prendere dell’ acetosa da triturare in piccoli pezzi, poiché il succo placa il calore e cura. Deve bere il succo; e anche l’acqua bollita con questa acetosa placa molto bene il calore e il fuoco eterno.

Prendi le foglie e la corteccia del giovane susino. Triturale in piccoli pezzi e fa un impiastro per la sede della malattia.

Prendi la corteccia dalla metà di una giovane quercia, e delle ghiande o ghiande verdi. Falle bollire in aceto, o acqua, e fa con questo un impiastro per lo stesso fuoco. Questo lo estingue, e cura.

Prendi del loriandro, trituralo in piccoli pezzi, e fà con esso un impiastro per la zona dolorante, perchè esso è molto buono.

Prendi una radice di giglio bianco. Arrostiscilo e trituralo con essenza di rosa, e fa un impiastro. Lascia stare questo impiastro per lungo tempo sulla parte del fuoco e del calore, perché cura ed è molto utile. Puoi anche prendere la radice dell’erba chiamata ‘morso del diavolo’. Triturala in piccoli pezzi, e mettila sulla stessa parte del fuoco. Lo estingue bene. Puoi triturare le foglie del papavero in aceto, e poi metterle sulla parte. Cura ed estingue molto bene”.

“Se l’arto di una persona è infiammato dal fuoco cattivo, che molte persone chiamano fuoco di Sant’Antonio, lascia che immerga un panno in acqua di piantaggine, perché lo estingue molto bene”.

Secondo Dodart, nel 1676, alcuni rimedi contro l’ergotismo erano il cosiddetto orvietano, l’infuso di lupini, gli spiriti ardenti e le sostanze alcaline volatili. In forma fluida o solida, l’orvietano era considerato una panacea contro tutti i veleni, sia in senso preventivo che curativo. Fu inventato in Italia da un certo Luppi o Ferrante nel XVI secolo. Era preparato secondo differenti ricette, in cui rientravano ingredienti vegetali, animali e minerali. La composizione ideale comprendeva angelica (radici), anthora, aristolochia lunga, aristolochia rotonda, bistorta, calamo aromatico, carlina, dittamo bianco, genziana, imperatoria, scorzonera, tormentilla, valeriana, cardo benedetto, (foglie), dittamo di Creta, ruta, camedrio acquatico, alloro (bacche), ginepro (bacche), cinnamomo, chiodi di garofano, carne di vipera, mitridato e teriaca (questi ultimi due erano noti antidoti contro i veleni, ampiamente utilizzati in passato, a base di oppio), vino bianco e miele chiaro.

C. Allard, in Le crayon des grandeurs de Saint-Antoine del 1653, propone alcuni rimedi: gomma di acacia (succo), melanteria, barba di Giove (succo), morella (foglie), correggiola (succo) in bevanda, cinquefoglie (decotto applicato), farfara (foglie spalmate con miele; preventivo), verbena, camomilla selvatica (foglie), parietaria (foglie), mandragora (radice spalmata con aceto), millefoglie (foglie applicate con aceto), ricino (foglie applicate con aceto), pianta delle pulci e ombelico di Venere (succo).

Teissier, Jussieu, Paulet e Saillant, in Recherches sur le feu Saint-Antoine del 1776, riportano l’uso di rimedi esterni, come aqua vitae con canfora, sambuco (essenza di fiori), un unguento preparato con 3 libbre di trementina in essenza di rosa, 1/2 libbra di cera gialla e 2 once di sandalo rosso, un escarotico a base di allume, vetriolo e sale e rimedi interni, come teriaca, vescicanti e salassi.

C. Eloy raccomanda oppio, salassi, emetici, purgativi e tonici.

Verso il 1783, Saillant riporta per la forma convulsiva:

“Gli antispasmodici uniti ai diaforetici sembrano essere gli unici rimedi utili contro questa malattia. I narcotici sono sembrati solo aggravare l’affezione, ma i salassi e i purganti li ho usati con qualche vantaggio all’inizio della malattia, secondo le circostanze e il temperamento del paziente”,

e per la forma gangrenosa secca:

“Il trattamento medico consiste nell’evacuare le primæ viae, nel dare internamente apozemi lassativi, diuretici e antisettici, mentre si ricorre esternamente a quelle applicazioni topiche che sono proprie per la gangrena resistente, per favorire la separazione della parte malata senza amputazione, e per aiutare la suppurazione”.

Infine, durante le epidemie nel 1813-1820, Courhaut propose di neutralizzare il cosiddetto acido ergotico con una soluzione di cinchona e ammoniaca, o di lisciva preparata dalla cenere di vite.    

 Identificazioni e proprietà dei componenti sopra citati:  

-         Acacia sp. (acacia): antinfettivo, astringente

-         Achillea millefolium (millefoglie): tonico, antispasmodico, sedativo dell’utero e delle ovaie, emmenagogo, colagogo, emostatico, diuretico, vermifugo

-         Aconitum anthora (anthora): analgesico, sedativo, decongestionante, vasocostrittore, aumenta le secrezioni (saliva, sudore, bronchi, bile, intestini e reni)

-         Acorus calamus (calamo aromatico): aperitivo, digestivo, colagogo, stimolante, carminativo, sudorifico, diuretico, emmenagogo, febbrifugo, facilita la secrezione delle ghiandole endocrine

-         Angelica archangelica (angelica): aperitivo, digestivo, tonico, stimolante, antispasmodico, carminativo, bechico, sudorifico, emmenagogo, diuretico, espettorante, antidoto per veleni, previene le malattie contagiose

-         Aristolochia longa (aristolochia lunga): emmenagogo, tonico, astringente, antireumatico, diuretico, sudorifico, cicatrizzante

-         Aristolochia rotunda (aristolochia rotonda): vedi Aristolochia longa

-         Artemisia absinthium (assenzio): aperitivo, digestivo, tonico, emmenagogo, vermifugo, diuretico, febbrifugo  

-         Carlina acaulis (carlina): diuretico, sudorifico, detergente, cicatrizzante

-         Cinchona sp. (cinchona): tonico, digestivo, febbrifugo, antinfettivo, antiparassitiario, cicatrizzante

-         Cinnamomum sp. (cinnamomo): antidiabetico, antispastico, antipertensivo, febbrifugo, per freddo e disturbi intestinali

-         Cnicus benedictus (cardo benedetto): tonico, aperitivo, digestivo, sudorifico, depurativo, febbrifugo, diuretico, sedativo, stimolante, disinfettante

-         Cupressus sempervivens (cipresso): astringente, vasocostrittore, antiemorragico, per tosse convulsiva

-         Cynodon dactylon (gramigna): diuretico, rinfrescante, emolliente

-         Dictamus sp. (dittamo di Creta): probabilmente come Dictamus albus

-         Dictamus albus (dittamo bianco): stomachico, vermifugo, tonico, antianemico

-         Eugenia caryophyllata (chiodi di garofano): disinfettante, anestetico, stimolante, per mal di testa e cuore

-         Gentiana lutea (genziana): tonico, aperitivo, stomachico, colagogo, coleretico, depurativo, antireumatico, leucocitogenico, antimalarico, febbrifugo, vermifugo

-         Juniperus communis (ginepro): sudorifico, cefalico, diuretico, emmenagogo, stimola le funzioni renali, per dissenteria   

-         Laurus nobilis (alloro): antisettico, stimolante, stomachico, carminativo, antispasmodico, espettorante, diuretico, emmenagogo

-         Lilium candidum (giglio bianco): diuretico, emmenagogo, espettorante, emolliente, risolutivo, astringente, detergente, per ferite e bruciature         

-         Lupinus sp. (lupino): aperitivo, antidiabetico, diuretico, emmenagogo, febbrifugo, vermifugo

-         Mandragora autumnalis o Mandragora officinarum (mandragora): antispasmodico, analgesico, narcotico, sedativo

-         Matricaria discoidea (camomilla selvatica): tonico, antelmintico, antispasmodico, emmenagogo, febbrifugo, sedativo, stimolante, stomachico, vulnerario

-     Nerium oleander (?) (loriandro): cardiotonico, diuretico, antiparassitario

-         Papaver somniferum (papavero): sedativo, antispasmodico, ipnotico, eupneico, bechico, modera le secrezioni intestinali, biliari e renali

-         Parietaria officinalis (parietaria): diuretico, depurativo, emolliente, risolutivo

-         Peucedanum ostruthium (imperatoria): aperitivo, tonico, espettorante, stomachico, sudorifico, per disturbi intestinali 

-         Plantago sp. (piantaggine): vedi Plantago lanceolata

-         Plantago lanceolata (piantaggine lanceolata, piantaggine): antibatterico, astringente, emolliente, espettorante, antioftalmico, cicatrizzante, depura il sangue e i polmoni, facilitata la coagulazione del sangue 

-         Plantago major (piantaggine maggiore): vedi Plantago lanceolata

-         Polygonum aviculare (correggiola): tonico, astringente, emostatico, antidiabetico, depurativo, diuretico, diminuisce le secrezioni intestinali  

-         Polygonum bistorta (bistorta): astringente, tonico, vulnerario

-         Portulaca oleracea, Scabiosa succisa o Succisa pratensis (morso del diavolo): emolliente, diuretico, rinfrescante, antiscorbutico (Portulaca oleracea), per eczemi, prurito, impetigine, pitiriasi e ulcere (Scabiosa succisa), depurativo, stimolante (Succisa pratensis)

-         Potentilla erecta (tormentilla): tonico, astringente, stimolante, emostatico, febbrifugo, cicatrizzante

-         Potentilla reptans (cinquefoglie): tonico, astringente, stimolante, emostatico, febbrifugo, cicatrizzante

-         Prunus armeniaca (?) (albicocco bianco): lassativo, antipiretico, emetico, antelmintico, per disordini del fegato

-         Prunus domestica o Prunus spinosa (susino): lassativo, nutriente, emolliente, per costipazione

-         Pterocarpus santalinus (sandalo rosso): astringente, rinfrescante, per bronchite, gonorrea, uretrite e cistite

-         Quercus robur (quercia): tonico, astringente, antidiarroico, emostatico, febbrifugo, antisettico

-         Ranunculus bulbosus (ranuncolo bulboso): per neuralgia, crisi epilettiformi ed eruzioni dell’herpes  

-         Rhododendron maximum (alloro bianco): per tosse, affezioni cutanee e difterite 

-         Rhus radicans (pianta delle pulci): tonico, per disordini del fegato, eruzioni della pelle e paralisi  

-         Ricinus communis (ricino): purgante  

-         Rosa canina (rosa): astringente, diuretico, antiscorbutico

-         Rumex acetosa (acetosa): aperitivo, diuretico, antiscorbutico, stimola l’urina e il fegato

-         Ruta graveolens (ruta): emmenagogo, sudorifico, antiepilettico, antispasmodico, vermifugo, antiparassitario, purgante

-         Sambucus nigra (sambuco): purgante, sudorifico, antireumatico, antinevralgico, diuretico, antigotta, antiepilettico, depurativo, galattagogo

-         Scorzonera hispanica (scorzonera): diuretico, antireumatico, antipertensivo

-         Scrofularia aquatica (scrofularia acquatica): antidiabetico, stimolante, diuretico

-         Sempervivum tectorum (barba di Giove): astringente, diuretico, antisettico, per bruciature, punture di insetto, afte, ulcere, cefalea, delirio, angina e sordità

-         Solanum nigrum (morella): antispasmodico, analgesico, narcotico, sedativo, emolliente

-         Teucrium scordium (camedrio acquatico): tonico, diaforetico, antelmintico, antisettico, antidoto per veleni, per ulcere

-         Trifolium repens (trifoglio rampicante): tonico, antireumatico, depurativo, oftalmico, detergente

-         Triticum spelta (spelta): nessuna specifica proprietà medicinale

-         Tussilago farfara (farfara): espettorante, sudorifico, depurativo, tonico

-         Umbilicus pendulinus (ombelico di Venere): diuretico, rinfrescante, vulnerario

-         Valeriana officinalis (valeriana): sedativo, antispasmodico, vermifugo  

-         Verbena officinalis (verbena): sedativo, antispasmodico, antinevralgico, antiermico, digestivo, espettorante, galattagogo, rubefacente, vulnerario, facilita il parto

-         Veronica officinalis (veronica): aperitivo, tonico, stomachico, diuretico, espettorante, vulnerario

-         Vincetoxicum hirundinaria (“contravveleno”): diaforetico, emetico

-         Oppio: lattice derivato dall’incisione delle capsule di papavero (vedi Papaver somniferum)

-         Trementina: resina derivata dall’incisione del tronco di alcune conifere del genere Pinus (antinevralgico, antireumatico, antisettico, astringente, balsamico, sedativo, carminativo, stimolante, emostatico, revulsivo, rubefacente, vasocostrittore, vermifugo, vulnerario)

-         Canfora: prodotto derivato dalla distillazione di radici, tronco e rami di Cinnamomum camphora (analgesico, stimolante, analettico, antispasmodico, espettorante, carminativo, antisettico, risolvente, antiprurito, anestetico)

-         Cenere di vite: cenere di Vitis vinifera (le ceneri sono in genere alcaline)

-         Vetriolo: sale derivato dall’acido solforico (solfato)   

-         Allume: solfato doppio   

-         Aqua vitae: distillato alcoolico  

-         Spiriti ardenti: distillati alcoolici   

-         Melanteria: pigmento nero derivato dal minerale melanterite (noto in passato come vetriolo verde, chimicamente solfato di ferro), con un dolciastro gusto astringente.

I metodi di cura dell’ergotismo seguivano prescrizioni specifiche derivate dalla scienza medica, ma facevano anche riferimento a criteri non farmacologici.

Considerando le preparazioni fitoterapeutiche, gli ingredienti utilizzati dovevano essere relativamente comuni, relativamente facili da trovare e preparare, senza complesse manipolazioni, e relativamente sicuri ed efficaci. 

Gli ingredienti si possono classificare secondo funzioni definite. Per primi, vi sono quelli con un’azione specifica, cioè contenenti uno o più principi attivi con una definita azione farmacologica. Alcuni componenti potevano anche stimolare la circolazione del sangue, per facilitare l’assorbimento cutaneo. Per le proprietà di ogni singola specie, si veda l’elenco sopra riportato. Vi sono poi gli ingredienti per equilibrare, sinergicamente intensificare o depotenziare l’azione di altri, o anche per purificare il corpo a seguito di effetti indesiderati (tossici). Tra le piante tossiche indicate nell’elenco di cui sopra, ricordiamo l’anthora, l’oleandro, il ranuncolo bulboso e la pianta delle pulci. Infine, vi sono gli ingredienti senza una specifica azione farmacologica, come gli agenti per dare consistenza alle preparazioni, aumentando l’assorbimento dei principi attivi e favorendo l’applicazione (olii e grassi animali, cera, miele e forse farina).

Generalmente, gli effetti desiderati e quelli collaterali dipendono dal tipo di preparazione (ingredienti), dal modo di impiego (interno o esterno), dalla dose e dalle condizioni psicofisiologiche della persona. Per meglio estrarre i principi attivi, gli ingredienti potevano essere posti in vino o aceto, mentre le preparazioni contenenti componenti con effetti collaterali erano di norma applicate esternamente.

Uno dei sintomi caratteristici dell’ergotismo era la sensazione di bruciore, cosicchè era necessario raffreddare le parti affette. Ciò si otteneva versando acqua su di esse, per ottenere un sollievo immediato, o utilizzando rimedi preparati con piante rinfrescanti. Tale uso potrebbe essere interpretato nel contesto dell’antica dottrina delle segnature, secondo cui Dio avrebbe posto in tutte le cose create (piante, animali e minerali) un segno come un messaggio occulto rivolto all’uomo. Così, alcune piante aiuterebbero l’uomo a curare determinate malattie., seguendo gli attributi di forma, colore, fisiologia e habitat delle piante stesse. Nel caso specifico, le piante che crescono in habitat umidi e freschi avrebbero proprietà rinfrescanti, come per esempio la piantaggine.

In alcuni rimedi, troviamo piante con effetti psicoattivi (mandragora, papavero e morella). Forse, l’azione ricercata era quella medicinale (analgesica e sedativa), mentre quella psicoattiva costituiva un effetto collaterale da controllare per mezzo di interazioni con altri ingredienti. Potrebbe anche essere che l’effetto psicoattivo fosse indotto intenzionalmente, per generare uno stato di distacco dal mondo reale, spostando l’attenzione della persona dalla sua attuale condizione fisica.

Tra le piante associate a credenze magiche, la mandragora ha un ruolo importante, a causa della sua reputazione di pianta dai grandi poteri, soprattutto in qualità di panacea. Ricordiamo anche l’uso del mitridato, della teriaca e della pianta “contravveleno”. Forse, tra i rimedi magici relazionati alla dottrina delle segnature, possiamo considerare la melanteria. Essendo di colore nero, avrebbe potuto mostrare qualche simpatia naturale con la gangrena.

Per quanto riguarda le preparazioni chimiche, i distillati come l’aqua vitae e gli spiriti ardenti possono essere classificati tra i rimedi rinfrescanti, poichè l’alcool, quando applicato sul corpo, produce un certo abbassamento della temperatura, mentre l’utilizzo di sostanze alcaline (ammoniaca o lisciva preparata da cenere vegetale) era in quei periodi un modo chimicamente corretto di neutralizzare una sostanza acida, il cosiddetto acido ergotico, ritenuto responsabile dell’intossicazione. Per l’allume, il vetriolo e il sale della miscela escarotica, forse il riferimento è alla proprietà di causare necrosi dei tessuti organici con lo scopo di ridurre il dolore.  

In conclusione, abbiamo visto come i rimedi contro l’ergotismo comprendevano l’intervento taumaturgico, fitoterapeutico, magico e chimico, con l’utilizzo di vino santo, piante, animali e minerali e preparazioni chimiche. Si faceva ricorso alla natura e alle capacità tecniche umane, ma in ogni caso, per un grande periodo di tempo, il sistema di cura più sicuro era rappresentato dalla fede, cioè dall’intervento diretto di Sant’Antonio.    

 Riferimenti

-          Catellani P. & R. Console, 2004, L’Orvietano, Accademia Nazionale di Scienze, Letteratura e Arti Moderne, Edizioni ETS, Pisa

-          Cattabiani A., 1996, Florario, Mondadori, Milano

-          Delague R., 1980, L’étonnante intoxication ergotée. Ses formes historiques (Mal des ardents, feu Saint-Antoine) et leurs équivalents anciens et actuels, These, Universitè Claude-Bernard, Lyon

-          Dixon L.S., 1984, “Bosch’s St. Anthony Triptych: an Apothecary’s Apotheosis”, Art Journal, 44: 119-131

-          Font Quer P., 1961, Plantas medicinales, Editorial Labor, Barcelona

-          Giacomoni L., 1999-2000, “Le Mal des Ardents”, Bulletin de l’A.E.M.B.A., 33-34

-          Samorini G., 1992, “Neurotossicologia delle graminacee e dei loro patogeni vegetali. Un’introduzione”, Ann. Mus. Civ. Rovereto, 7 (1991): 253-264

-          Toro G., 2005, Sotto tutte le brume sopra tutti i rovi. Stregoneria e farmacologia degli unguenti, Nautilus, Torino

-          Valnet J., 2005, Fitoterapia. Guarire con le piante, Giunti Editore, Firenze-Milano

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                                                                                       novembre '08