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(Nota del webmaster: ultima parte di in lavoro composto da 4, in questo
sito. In fondo, si vedano le parti correlate. Grazie)
La
festa di TRINVXTION SAMONI SINDIVOS era la più importante presso i Celti
e si svolgeva, concomitantemente alla levata eliaca della stella Antares,
nei giorni che separavano l’anno vecchio da quello nuovo.
La festa che doveva anche soddisfare alcuni vincoli lunari essendo
celebrata nel sedicesimo, diciassettesimo e diciottesimo giorno del mese
di Samonios come stabilisce il Calendario di Coligny, e quindi 2, 3 e 4
giorni dopo l’ultimo quarto della Luna, rappresentava un periodo
favorevole, ideale per iniziare qualsiasi attività e in questa data
potrebbe essere collocabile la fondazione del nucleo gallico della città
di Milano, allora nota come “Medhelanon”,
da parte di Belloveso, principe gallico che condusse in Italia, attraverso
le Alpi, il surplus della popolazione di svariate tribù galliche
transalpine.
Tito
Livio racconta nella “Historiae” la vicenda di Belloveso (libro V, 34):
<< Quanto al
passaggio dei Galli in Italia, ecco le notizie che ci sono pervenute:
mentre a Roma regnava Prisco Tarquinio, il supremo potere sui Celti, che
rappresentano un terzo della Gallia, era nelle mani dei Biturigi; questi
mettevano a capo di tutti i Celti un re. Tale fu Ambigato, uomo assai
potente per valore e ricchezza, sia propria che pubblica, perché sotto il
suo governo la Gallia fu così ricca di prodotti e di uomini da sembrare
che la numerosa popolazione si potesse a stento dominare. Costui, già in
età avanzata com’era, desiderando liberare il suo regno dal peso di
quel sovraffollamento, lasciò intendere ch’era disposto a mandare i
nipoti Belloveso e Segoveso, giovani animosi, in quelle sedi che gli dei
avessero indicato con gli auguri: portassero con sé quanti uomini
volevano, in modo che nessun popolo potesse respingerli al loro arrivo. A
Segoveso fu quindi destinata dalla sorte la selva Ercinia; a Belloveso
invece gli dei indicavano una via ben più allettante: quella verso
l’Italia. Quest’ultimo portò con sè il soprappiù di quei popoli,
Biturigi, Arverni, Senoni, Edui, Ambarri, Carnuti, Aulerci. Partito con
grandi forze di fanteria e di cavalleria, giunse nel territorio dei
Tricastini.
Di là s’ergeva
l’ostacolo delle Alpi; e non mi meraviglio certo ch’esse siano parse
insuperabili, perché nessuno ancora le aveva valicate, almeno in quello
spazio di tempo che la storia può abbracciare, salvo che si voglia
prestar fede alla leggenda fiorita intorno ad Ercole. - Ivi, mentre i
Galli si trovavano come accerchiati dall’altezza dei monti e si
guardavano attorno chiedendosi per quale via mai potessero, attraverso
quei gioghi che toccavano il cielo, passare in un altro mondo, furono
trattenuti anche da uno scrupolo religioso, perché fu riferito loro che
degli stranieri in cerca di terre erano attaccati dal popolo dei Salvi.
Quegli stranieri erano i Marsigliesi, venuti per mare da Focea. I Galli,
ritenendo tale circostanza un presagio del loro destino, li aiutarono a
fortificare, nonostante la resistenza dei Salvi, il primo luogo ch’essi
avevano occupato al loro varcarono le Alpi; e, sconfitti in battaglia i
Tusci non lungi dal Ticino, avendo sentito dire che quello in cui si erano
fermati si chiamava territorio degli Insubri, lo stesso nome che aveva un
cantone degli Edui, accogliendo l’augurio del luogo, vi fondarono una
città che chiamarono Mediolanium>>.
Secondo
Livio, quindi l’epoca di fondazione della cità è da collocarsi
cronologicamente al VI secolo a.C., in quanto il regno di Tarquinio Prisco
si stese dal 616 a.C. al 579 a.C., mentre la fondazione di Marsiglia da
parte dei coloni focesi avvenne nel 600 a.C. circa.
La fondazione di una nuova città, come era d’uso presso i Celti,
corrispose alla definizione di un centro sacro, detto con un termine greco
“omphalos” e di uno spazio
altrettanto sacro, centrato su di esso e delimitato da un’aratura
rituale compiuta in senso orario, in accordo con il moto apparente degli
astri che popolano la sfera celeste, seguita dalle offerte propiziatoria
agli dei e dalla scelta del nome che doveva essere di buon auspicio e
spesso racchiudeva un teonimo.
Esistono
numerose ipotesi sull’origine del nome di Milano: La più nota vede
nell’etimologia romano-gallica di Mediolanum il significato di “terra
di mezzo”, ma esiste anche la tesi di chi attribuisce a “Medhelanon”
il significato di “centro di
perfezione”, vale a dire “nemeton”
cioè santuario a cielo aperto delimitato da un recinto sacro, connesso
con gli astri (ricordiamo che la radice gallica “nem”,
presente anche nell’irlandese antico ha il
significato di “cielo”
nel senso di sfera celeste). Questa
interpretazione è quella che più si addice al territorio racchiuso
dall’antico sacro recinto di Medelhanon.
Ricordiamo
a questo proposito l’iscrizione di Vaison, in Francia, incisa in
caratteri greci, ma lingua gallica, su una pietra votiva, che recita:
<< Segomaros
villoneos toutios nemausatis eioru belesami sosin nemeton >>
cioè
“Segomaro, figlio di Villo (o
Villu) cittadino di Nemausis (odierna
Nimes, in Francia) ha dedicato
alla dea Belisama, questo recinto sacro”.
Lo sviluppo di Medelhanon fu successivamente abbastanza lontano dal
modello standard di oppidum celtico circondato dal tipico ed imponente
“murus gallicus” ma la realtà protourbana preromana di Milano si
estese intorno al “nemeton” senza alcuna struttura atta alla
fortificazione, come confermano i recenti scavi condotti dagli archeologi,
in occasione dei lavori per la realizzazione della linea 3 della
Metropolitana Milanese. Alla
luce degli ultimi elementi emersi, sembra confermarsi un modello di città
che si è sviluppata attorno ad una zona-santuario, che aveva funzioni
molteplici: religiose, militari, giudiziarie, amministrative, commerciali.
Considerazioni relative all’altimetria ed all’assetto viario,
suggeriscono che l’ubicazione del “nemeton” fosse da ubicarsi nella zona dove ora è piazza della
Scala.
L’iscrizione di Vaison
La
fondazione della città verrebbe a coincidere con la dedicazione del
santuario, presumibilmente avvenuta nella data più propizia: l’inizio
dell’anno secondo il calendario celtico, legato alla levata eliaca della
stella Antares; evento che nel VI secolo a.C. cadeva attorno alla metà di
novembre del calendario giuliano.
Il
profilo del recinto sacro, oltre che la sua ubicazione, è stato oggetto
di numerosi studi e di alcuni convegni in cui si sono confrontati
archeologi, archeoastronomi, topografi, storici, esperti di toponomastica
e di tradizioni locali e più in generale celtiche.
L’ipotesi
che sembra essere quella più accreditata corrisponde ad un’idea di
Maria Grazia Tolfo, una ricercatrice di storia milanese, che mise in
evidenza, in una sua pubblicazione del 1981, l’esistenza di una anomalia
di forma approssimativamente ovale, nella struttura viaria della città,
presente sia nell’antica cartografia sia attualmente nel centro della
città, come emerse successivamente dall’analisi delle fotografie aeree,
eseguita da A. Gaspani, qualche anno dopo.
La
stessa studiosa mise anche in evidenza che l’anomalia risultava
rispettata anche dall’andamento delle mura romane paleocristiane le
quali, nel settore nord-orientale della città, deviavano dalla linea
retta per proseguire lungo un segmento di ellisse, per poi continuare
lungo le direzioni che però non erano in accordo con l’andamento usuale
della centuriazione che i gromatici romani stabilivano quando frazionavano
le terre.
Fotografia
aerea del centro di Milano dove si ipotizza fosse posto il nemeton gallico
L’andamento
delle mura romane, messo in evidenza dagli scavi degli archeologi,
rispettava comunque l’andamento della struttura dell’abitato gallico
più che la convenzionale centuriazione definita dalla linea del “Kardo”
parallela alla direzione del meridiano astronomico locale e da quella del
“Decumano” allineata
parallelamente alla linea equinoziale.
Poichè è ormai assodato che i Celti fondavano i loro santuari
secondo le indicazioni dei loro Druidi, i quali tenevano in gran conto le
direzioni di sorgere e di tramontare dei corpi celesti visibili ad occhio
nudo nel cielo, nel 1997 A. Gaspani e S. Cernuti affrontarono il problema
di determinare per mezzo di sofisticate tecniche matematiche quale fosse
il profilo geometrico, la sua collocazione e l’orientazione più
probabile dello spazio sacro in relazione alle anomalie della struttura
viaria della città e soprattutto dell’andamento anomalo delle mura
romane, documentato archeologicamente e messo in evidenza da M. G. Tolfo.
I risultati mostrarono ben presto che il “nemeton”
primigenio aveva una forma approssimabile con un’ellisse con un asse
maggiore di 433 metri allineato lungo una direzione coerente con la levata
eliaca di Antares all’orizzonte naturale locale verso sud-est e con il
punto di tramonto del Sole al solstizio d’estate dietro il profilo del
Monte Rosa a nord-ovest. L’asse
minore risultò essere lungo 323 metri e allineato verso nord-est nella
direzione della levata eliaca della stella Capella, che per la gente
celtica identificava la data di celebrazione della festa di Imbolc in onore della del Brig, e anche della sua levata ordinaria
dietro il profilo del Resegone.
Le direzioni
geografiche principali secondo le quali è orientato il nemeton di
Medelhanon sono quelle del Resegone a Nord-Est e del Monte Rosa a
Nord-Ovest. Tali direzioni furono anche astronomicamente significative
durante il VI sec. a.C.
L’incrocio
delle due direzioni fornì la posizione del centro dell’area sacra,
l’”omphalos”, come avvenne
in altri casi documentati sia al di qua che al di là dell’arco Alpino,
il quale corrisponde ad un punto attualmente posto in Piazza della Scala
lungo la direzione di Via Manzoni che è allineata molto bene lungo
l’asse minore del “nemeton”
e che è uno dei tracciati viari più antichi documentato anche in epoca
preromana. I risultati
vennero comunicati durante alcuni seminari e descritti nel volume “L’Astronomia
dei Celti” uscito nello stesso anno per i tipi di Keltia editrice in
Aosta.
Ad
onor del vero, va ricordato che la coincidenza tra i fenomeni astronomici
visibili lungo gli assi e la posizione del monte Rosa e del Resegone,
montagne importanti nell’ambito dell’evoluzione storica milanese, fu
messa in evidenza da G. Oneto nelle sue pubblicazioni dal 1997 al 2002 e
lo stesso autore mise in evidenza che il profilo altimetrico dell’area
mostra che il nemeton sorge su
una motta alta 121 metri al cui forma ovale ricalca bene quella assegnata
al nemeton il quale, per questa
ragione, risultò ellittico e non circolare come ci si potrebbe aspettare
di primo acchito. Usualmente
i Celti fondavano le loro città secondo la complicata procedura descritta
in precedenza, ma richiedevano anche che fossero gli dei ad indicare
quando, mostrando agli uomini un evento eccezionale, quale segno della
loro volontà.
Perchè
improvvisamente si decida di fondare un santuario occorre una ierofania,
un evento strabiliante che deve rimanere per sempre a ricordo
dell’accaduto.
Nel
583 a.C. si verificò nell’emisfero per ben due volte nell’arco di un
mese una grande congiunzione planetaria che coinvolse Mercurio, Venere,
Marte, Giove e Saturno, in cui i pianeti raggiunsero la maggior vicinanza
tra loro per ben due volte nell’arco di 16 giorni, il 7 ed il 23 Agosto
del calendario giuliano.
Il
7 agosto i cinque pianeti erano raggruppati entro un settore ampio 18.3
gradi, mentre il 23 agosto il raggruppamento raggiunse i 16.4 gradi, ma se
si simula l’evento al computer ci si accorge che il periodo di massima
spettacolarità del fenomeno fu quello che intercorse tra il 21 luglio e
il successivo 19 agosto i cui i pianeti tramontavano uno dopo l’altro in
una direzione mediamente di azimut astronomico pari a 300 gradi.
La data della fondazione del “nemeton”,
sarebbe prossima a quella che gli storici suggeriscono per l’arrivo dei
Galli di Belloveso. Nel 1997
A. Gaspani mise in evidenza che la spettacolare congiunzione planetaria
del 583 a.C. mostrava i pianeti che tramontavano lungo la direzione
nord-occidentale dell’asse minore del “nemeton”
primigenio durante il periodo dell’anno in cui i Galli celebravano la
festa di Lug e che quindi l’evento inconsueto avrebbe potuto essere in
relazione con la sua fondazione.
Un
passo successivo, in tempi recenti, fu l’analisi della geometria del “nemeton”
mettendo in evidenza che i semiassi dell’ellisse oltre ad essere in
sequenza pitagorica, corrispondevano a valori interi qualora fossero
espressi utilizzando come unità di misura lineare il cosiddetto “tricubito celtico”, di
cui era stata trovata traccia di utilizzo durante l’età del Ferro, sia
nell’Oppidum di Bibracte, capitale del regno degli Edui, in Gallia, che
nel Nemeton di Libenice e nell’Oppidum di Zavist, entrambi in Boemia,
edificati dai Celti Boi, prima della loro migrazione in Ialia, nell’area
bolognese; mediamente un tricubito celtico valeva 1.35 metri.
Ebbene l’asse maggiore del nemeton primigenio valeva 8 volte 40
tricubiti, per un totale di 320 tricubiti, mentre l’asse minore era
esteso 6 volte 40 tricubiti per un totale di 240 tricubiti; va da se che
la misura di 40 tricubiti fu probabilmente la lunghezza della corda usata
per stabilire le dimensioni dell’area sacra, riportandola 6 volte nella
direzione della levata di Capella dietro il Resegone e 8 volte nella
direzione, pressochè ortogonale, del tramonto del Sole solstiziale estivo
dietro il monte Rosa. L’allineamento
di un luogo sacro lungo la direzione di tramonto del Sole solstiziale
estivo dietro una montagna distante non è una novità nel mondo antico
celto-germanico, basta ricordare il tramonto del Sole al solstizio
d’estate dietro il Brocken visibile dalla sommità dell’altura del
Mittelberg dove fu rinvenuto il disco di Sangerhausen (Nebra) e dove è
stato poi scoperto un luogo fortificato di forma ellittica allineato lungo
tale direzione attivo da prima del 1600 a.C. fino in epoca medioevale.
Neanche la definizione della posizione di un “omphalos” in corrispondenza dell’intersezione di due direzioni
astronomicamente significative poste in connessione con i particolari
orografici che definiscono il paesaggio locale risulta essere una novità,
in quanto tale abitudine e documentata in ambito celtico dell’età del
Ferro, ma addirittura in ambito monastico medioevale irlandese qualora
fosse da fondare una chiesa cristiana di particolare importanza, anche
fuori dalla Verde Isola.
Rimane
ora una domanda da porsi e cioè quale possa essere stata l’affidabilità
cronologica del racconto di Tito Livio.
A questo proposito si è provato a verificare quale fosse l’epoca
in cui la orientazione del “nemeton” fosse in miglior accordo con le direzioni
astronomicamente significative che sono state messe in evidenza, mediante
un processo di ottimizzazione al computer.
Il
risultato mostra una buona convergenza per un’epoca pari al 555 a.C. che
è un po’ più recente di quanto raccontato da Tito Livio, ma che
comunque si pone entro il VI secolo a.C.
L’incertezza
di questo risultato è elevata, oltre 50 anni in più o in meno, in quanto
gli allineamenti disponibili sono pochi, e la procedura potrebbe anche
essere, per certi versi, discutibile ma comunque il secolo è quello
giusto e i conti alla fine tornano abbastanza bene.
A questo punto vale la pena di trarre alcune conclusioni da quanto
affermato fino ad ora.
In
primo luogo il “nemeton di Medelhanon” fu deliberatamente progettato secondo una
forma approssimativamente ellittica, dimensionato secondo l’unità di
misura più diffusa tra le popolazione celtiche dell’età del Ferro, ed
orientata utilizzando alcuni criteri astronomicamente significativi
connessi con gli eventi celesti tradizionalmente associati alle feste
celtiche (Galliche).
In
secondo luogo, il paesaggio ha giocato un ruolo determinante ai fini della
scelta dell’ubicazione del “nemeton”: il tramonto del Sole al solstizio d’estate avveniva
dietro il Monte Rosa, mentre la levata di Capella avveniva dietro il
Resegone.
Possibile
ricostruzione del “nemeton di Medelhanon” con indicati gli
allineamenti astronomicamente significativi
L’area
sacra del “nemeton” è stata centrata nel luogo dove entrambi i fenomeni
astronomici potevano essere osservati in relazione al paesaggio.
La stella Capella andava in levata eliaca a fine Marzo (nel VI
secolo a.C.), mentre il Solstizio estivo avveniva il 27 Giugno, quindi
ogni anno nel giorno del
solstizio d’estate, alla mattina poteva essere osservata la levata
ordinaria di Capella dietro il Resegone e alla sera il tramonto del Sole
dietro il Monte Rosa, ricreando le condizioni iniziali di fondazione. In terzo luogo l’ottimizzazione della datazione sulla base
degli allineamenti astronomici ha portato ad una epoca pari al 555 a.C.
con un’incertezza di 50 anni circa.
Tito
Livio indica come termine di raffronto il regno di Tarquinio Prisco e la
fondazione di Massilia. L’epoca di fondazione del Nemeton
di Medehlanon, nel VI secolo a.C.
sembrerebbe essere confermata molto bene anche dall’Archeoastronomia. In più il profilo geometrico del “nemeton” mostra una raffinata geometria che comprende 4 triangoli
pitagorici.
La
terna pitagorica era nota ai Druidi gallici del VI sec. a.C.,
probabilmente si, come alcuni storici latini affermano nelle loro opere.
Nel 583 a.C. avvenne la spettacolare congiunzione di 5 pianeti
(Venere, Giove, Saturno, Marte e Mercurio) nella costellazione del Leone
presso la stella Regulus.
La spettacolare
congiunzione planetaria multipla avvenuta nel 583 a.C. la quale coinvolse
i cinque pianeti visibili ad occhio nudo: Mercurio, Venere, Marte, Giove,
Saturno i quali tramontarono uno dopo l’altro lungo l’asse maggiore
del “nemeton”.
I
pianeti si videro tramontare uno dopo l’altro dietro il Monte Rosa, per
molte sere, lungo l’asse maggiore del “nemeton”,
in Luglio e in Agosto, in concomitanza con la festa di Lugh. Probabilmente
fu un evento determinante ai fini della fondazione del Nemeton
di Medehlanon.
Ricordiamo
anche che tra le tribù che Belloveso guidò in Padania, secondo la
leggenda, erano presenti anche gli Ambarri. I Druidi degli Ambarri hanno
sviluppato il Calendario di Coligny, quindi è facile ipotizzare che
fossero esperti di Astronomia.
A
questo punto può essere interessante cercare nel mondo celtico qualche
sito archeologicamente ben documentato il quale possa essere paragonato
all’antica struttura e all’antico significato rituale e simboliche che
rivestì il nemeton di Medelhanon e
mettere in evidenza eventuali similitudini. Ancora una volta è necessario
rivolgersi al mondo proto-storico irlandese. In particolare dobbiamo
recarci nel luogo più sacro della storia e della mitologia irlandese: la
Collina di Tara: l’antica residenza dei re supremi d’Irlanda.
Le
prime notizie storiche scritte relative a Tara
risalgono alla metà del
VI
secolo d.C. e sono per lo più contenute in manoscritti, in poemi, nelle
vite
di alcuni santi, soprattutto quella di S. Patrizio, in registrazioni
annalistiche
monastiche e nelle liste dei nomi dei re d’Irlanda.
Il
materiale documentario combina insieme, miti, leggende e fatti storici e
il
tutto spesso è difficilmente separabile nelle singole componenti per
cui
e’ talvolta difficile riuscire a comprendere quali siano state le
vicende
storiche
effettivamente avvenute a Tara. Una delle più grosse difficoltà
incontrate dagli storici e dagli archeologi che si occupano
dell’insediamento di Tara e’ proprio l’estrarre quello che dovrebbe
essere la verità storica, da questa massa di notizie mitologiche e
leggendarie, soprattutto per quanto riguarda il periodo più remoto
durante il quale Tara fu fondata e quando la maggior parte delle strutture
oggi visibili, fu edificata: esattamente come avviene nel caso
dell’antico nucleo sacro di Milano.
Il
sito di Tara (Co. Meath, Irlanda): e’ parzialmente visibile il “Rath
na Rioch”, il recinto ovale che mostra marcatissime similitudini con la
delimitazione del “Nemeton di Medelhanon”.
La
collina di Tara è ubicata circa a metà strada tra le città di Dunshaughlin
e
Navan nella campagna della parte meridionale della contea di Meath,
nell’Irlanda
orientale.
Il
sito di Tara è molto complesso e comprende più di 30 strutture
distribuite
per circa 2 Km lungo il bordo di un basso altopiano ad una quota
di
circa 155 metri s.l.m. Ad ovest l’altopiano si interrompe con una
scarpata e dal sito di Tara è possibile, guardando verso ovest,
contemplare uno spettacolare paesaggio che
permette di spingere lo sguardo per molti chilometri lungo il “Central
Plain of Ireland” cioè
l’altopiano centrale irlandese. La
collocazione topografica fu di fondamentale importanza ai fini della scelta
del sito dove edificare l’insediamento che sorge su una collina che
anticamente fu di notevole interesse politico e rituale, ma soprattutto un
importante luogo sacro.
Il Rath na Rioch di Tara (Co. Meath, Ireland)
In
Irlanda, ma anche in tutta l’Europa celtica, i luoghi elevati erano
considerati
luoghi sacri e venivano spesso utilizzati dai druidi per le
assemblee
e le cerimonie religiose.
L’idea
dell’utilizzo di un luogo elevato per facilitare il contatto tra
l’uomo
e la divinità è un concetto di derivazione indoeuropea che diventò
successivamente
anche un elemento tipico del Cristianesimo.
Inoltre
i luoghi sacri fortificati, che in ambito alpino italiano sono detti
“santuari d’altura”, avevano presso i Celti anche una funzione di
reciproca
intervisibilità,
improntata ad esigenze di difesa contro gli attacchi esterni.
Proprio
a Tara questa caratteristica fu sfruttata, secondo la leggenda, da
S.Patrizio,
primo vescovo d’Irlanda per prevalere sui druidi pagani del re
Laoghaire.
A Tara sono
presenti decine di strutture risalenti all’età del Ferro irlandese.
Nelle
vicinanze esiste Teltown il luogo in cui è storicamente attestato lo
svolgimento delle “Oenach
Tailten”, le assemblee presiedute direttamente dal
re di Tara e dedicate al dio celtico Lug la cui data durante
l’anno pare
fosse definita dalla levata eliaca di Sirio o di Regolo e che
corrispondeva
alla festa di Lugnasad,
all’inizio di Agosto.
Tornando a Tara si rileva che la maggior concentrazione di
monumenti è
posta
sulla cima della collina e nei dintorni a qualche chilometro di
distanza esistono altri 5 siti fortificati, che sono anche luoghi
sacri, la
cui posizione fu ritualmente scelta tutto intorno alla collina di
Tara
secondo dei criteri astronomicamente significativi, i quali avevano
anche
importanti risvolti di tipo rituale e sacro.
Verso sud abbiamo Rath Maeve, a
nord-est è posto Rath Lugh, a
nord è
posto Rathmiles, ad ovest è ubicato il Riverstown Enclosure e a sud-ovest
troviamo il Ringlestown Rath. Appare quindi evidente che
Tara appartiene ad un sistema più ampio formato da almeno 6 siti tra loro
collegati sia dal punto di vista politico e soprattutto da quello rituale
per cui e’ possibile aspettarci che la loro distribuzione spaziale e
quindi le singole ubicazioni siano state definite in origine secondo
particolari criteri che i rilievi eseguiti in loco dallo scrivente
durante l’agosto del 2003 e la successiva analisi archeoastronomica
hanno permesso di identificare.
Non
possiamo escludere a priori che anche a Milano possa essere esistita una
configurazione simile con il nemeton posto in corrispondenza del centro sacro del territorio, ma
con intorno altri siti fortificati e sacri appartenenti ad altre tribù
insubri che con il nemeton di
Medelhanon avrebbero potuto costituire una rete di luoghi sacri e di
centr di potere.
Tara
è il più importante tra i “siti
reali” d’Irlanda, compresi Dun
Ailinne nel Leinster, Cruachain nel Connacht ed Emain
Macha nell’Ulaid (Ulster), i quali furono le sedi dei “rig” che si combatterono ferocemente per secoli. Tutti i siti sono
dotati di una o più strutture circolari delimitate da un vallo e da un
corrispondente terrapieno, lunghe strutture lineari e fonti di acqua
sacra.
Se
esaminiamo il “Rath na Rioch”
cioè il sacro recinto reale di forma ellittica osserviamo
che si tratta di un recinto rituale destinato a delimitare uno
spazio sacro più
che un
recinto edificato con funzione difensiva, in quanto il vallo è posto
all’interno rispetto alla palizzata e non all’esterno come
avviene, secondo
logica, nel caso di tutti i siti fortificati di origine celtica.
Lo
stesso accade nel caso degli altri “siti
reali” capitali delle altre tre
province.
Si tratta quindi di una struttura rituale non destinata a proteggere chi
stava dentro da eventuali pericoli esterni, ma a difendere chi
stava fuori
da potenti forze ultraterrene che venivano in questo modo contenute
e
confinate all’interno del recinto sacro.
Il
profilo ellittico del “Rath na Rioch” di Tara
Il
“Rath na Rioch”, che mostra stringenti similitudini con il nemeton
di Medelhanon, sembra risalire ad un’epoca posta tra il
400 a.C. e il 100 a.C.,quindi in piena età del Ferro irlandese,
quindi sembra essere un po’ più recente del recinto sacro primigenio di
Milano.
Il “Rath na Rioch” comprende la Tech
Cormaich, la residenza reale di re
Cormac mac Airt e il
cosidetto “Forradh”, che in antico irlandese significa “piattaforma”. Le
sue dimensioni sono 326 metri per l’asse maggiore e 244 metri per quello
minore. La cosa interessante è, però, che la palizzata, anche se si
tratta di una delimitazione sacrale, fu aggiunta a posteriori, rispetto
alla costruzione del terrapieno, in un’epoca in cui esistettero necessità
di difesa.
Lo studio archeoastronomico di Tara è stato eseguito da Adriano Gaspani a
seguito di una campagna di rilievi eseguita sul posto il 6 Agosto 2003.
Poiché il
sito di Tara è molto esteso, circa 2-3 Km, gli azimut geodetici
di orientazione degli allineamenti sono stati ottenuti
semplicemente sulla
base delle coordinate planimetriche dei vari punti di stazione GPS,
così
come
le loro reciproche distanze.
Rete
GPS stesa in corrispondenza della Collina di Tara il 6 Agosto 2003 da
Adriano Gaspani al fine di eseguire lo studio archeoastronomico del sito
archeologico. Al centro si nota la struttura ellittica del “Rath na
Rioch” la quale mostra spiccate similitudini con il nemeton di
Medelhanon.
Nel
sito di Tara e nelle sue vicinanze sono presenti numerosi allineamenti
astronomicamente significativi.
Prendiamo inizialmente in esame il recinto reale noto come Rath
na Rioch,
esso è caratterizzato da una forma ellittica i cui assi sono
orientati in
modo tale da essere astronomicamente significativi.
L’asse
maggiore del recinto ellittico passa per la sommità della “Teach
Cormaic”,
esattamente dove e’ attualmente posta la Lia
Fail andando poi ad intersecare l’orizzonte naturale locale, presso
le Cooley Mountains (mitologicamente note per essere state il luogo in cui
avvennero gli avvenimenti narrati nel Tain
Bo Cualinge) nel punto in cui, durante l’età del Ferro, era
visibile le levata della stella Deneb, nella costellazione del Cigno.
Anche
in questo caso, come abbiamo messo in evidenza nel caso di Milano,
rileviamo l’esistenza di linee astronomicamente significative poste in
relazione con taluni particolari orografici tipici del paesaggio
posto in lontananza.
Alla latitudine dell’Irlanda, Deneb era circumpolare, ma siccome
l’altezza
dell’orizzonte naturale locale rispetto a quello astronomico è
dell’ordine
dei 6 gradi, la stella era vista sorgere non molto lontano del
punto cardinale
Nord.
L’asse
minore del recinto ellittico e’ risultato essere allineato verso il
punto di levata eliaca della stella Spica, fenomeno visibile, prima
dell’alba, durante la prima decade di Ottobre.
Il“Rath na Rioch”
in una mappa ottocentesca
Il
calcolo delle probabilità ci mostra che la particolare orientazione del
“Rath na Rioch” potrebbe essere casuale solamente con un livello di
probabilità pari al 4.3% quindi con un livello del 95.7%
l’orientazione del
recinto ellittico è stata deliberatamente e consapevolmente
stabilita, durante
la seconda metà del I millennio a.C.
Sulla
collina di Tara esistono svariate altre linee astronomicamente
significative la trattazione delle quali non è però pertinente
all’argomento trattato in questa sede, di conseguenza qui ci si limiterà
a discutere le similitudini tra i due recinti ellittici di Milano e di
Tara.
A
questo punto è necessario eseguire un confronto stretto tra i due
manufatti e discutere criticamente i riultati.
In
primo luogo va detto che gli scavi archeologici eseguiti a Milano non
hanno mostrano fino ad ora tracce evidenti dell’esistenza del
Nemeton
e nemmeno l’esistenza di una discontinuita’ collocabile
cronologicamente al VI sec. a.C. Questo fatto non è un problema poiché
se la delimitazione dello spazio ellittico avvenne tracciando un fossato
ed erigendo un terrapieno, la traccia di questi manufatti dovrebbe essere
completamente invisibile in un luogo che ha subito nei secoli un’intensa
urbanizzazione.
Il
secondo fatto interessante e’ che strutture simila all’ellisse di
Medelhanon si rilevano in Gallia, in ma soprattutto in Irlanda, ad
esempio oltre alla già citata collina di Temair
(Tara), si
rilevano le strutture ellittiche risalenti all’età del Ferro a Freestone
Hill, a
Caherdrinny,
a Carn Tigherna, a
Benagh,
a Mooghaun,
ed in numerosi altri siti protostorici irlandesi.
Dal
punto di vista geometrico l’ellisse di Medelhanon
è caratterizzata dall’avere le lunghezze degli assi in proporzione
pitagorica, infatti se “2a”
indica l’asse maggiore e “2b”
quello minore, si rileva che:
2a
= 433 metri ; 2b = 323 metri
quindi il
rapporto assiale vale:
a/b=1,34
In
particolare, con ottima approssimazione si rilevano i seguenti rapporti
pitagorici validi per ciascuno dei quattro settori in cui l’ellisse può
essere divisa:
a/4 = b/3 = c/5 = 54 metri
Nel
caso del Rath na Rioch a Tara
si rileva che gli assi sono in proporzione pitagorica tale per cui:
2a = 326 metri ; 2b = 244 metri
Con un
rapporto assiale pari a:
a/b=1,34
come
a Milano…
In
particolare, con ottima approssimazione si rilevano i seguenti rapporti
pitagorici validi per ciascuno dei quattro settori in cui l’ellisse può
essere divisa:
a/4
= b/3 = c/5 = 41 metri
L’uso
di rapporti lineari simbolici e’ documentato in Irlanda, ma solo a Bibracte,
nel caso del cosiddetto Bacino
Monumentale, in Gallia nel I sec. a.C.
Il Rath na Rioch a Tara
Dopo
aver messo in evidenza l’esistenza di similitudini geometriche tra il
“Rath na Rioch” di Tara ed
il Nemeton di Medelhanon,
possiamo prendere in esame le similitudini simboliche.
Sia
il nemeton di Medelhanon sia il Rath na
Rioch sorgono su un’altura, quindi in posizione elevata rispetto al
territorio circostante come si conveniva ad un luogo sacro.
In
secondo luogo i due toponimi hanno lo stesso significato:
Medelhanon
= Terra di Mezzo
Midhe
= Terra di Mezzo
Sia
Temair (Tara)
che Medelhanon rivestirono la stessa funzione simbolica di centro sacro:
Medelhanon fu il centro sacro degli
Insubri, Temair fu il centro
sacro per eccellenza in Irlanda.
Nel
caso volessimo accettare invece l’ipotesi avanzata da alcuni studiosi la
quale prevede per il termine Medelhanon
il significato di centro di
perfezione allora dobbiamo ricordare che Temair
era il luogo dove esistevano le migliori scuole per formare i druidi, gli
storici, i poeti ed i guerrieri di tutta l’Irlanda : era il centro di
perfezione per eccellenza.
Dobbiamo
anche ricordare che Temair era la sede di un “ard
Ri” cioe’ un re di tutte le “tuatha”,
cioè le tribù; Medelhanon e’ tradizionalmente fondata da Belloveso, cioe’ un
“Rix” di una comunita’
comprendente secondo il racconto di Tito Livio, genti provenienti da
svariate tribù galliche.
Sia
Medelhanon che Temair
materializzano la nozione simbolica di “centro sacro” definito dall’intersezione di 2 direzioni
astronomicamente significative che interagiscono con il paesaggio locale:
a Medelhanon e’ il tramonto del Sole solstiziale estivo
dietro il Monte Rosa e Levata di
Capella dietro il
Resegone, mentre a Temair abbiamo la levata di Spica dietro le alture di Kopestown
Church e la levata a di Deneb dietro le Cooley Mountains.
A
questo punto la conclusione è che i criteri geometrici, astronomici e
simbolici che vennero applicati nella costruzione dell’antica struttura
ellittica milanese e in quella irlandese sono pressoché gli stessi,
indice questo che essi dovevano rappresentare un patrimonio comune diffuso
presso la maggioranza delle popolazioni celtiche presenti sul territorio
europeo durante l’età del Ferro. Il Rath
na Rioch di Temair (Tara)
rappresenta quindi un buon termine di confronto per valutare come doveva
essere il nemeton di Medelhanon, con la differenza che a Temair non e’ intervenuta l’urbanizzazione a distruggere le
tracce dell’antico recinto sacro, come invece è capitato nel caso di
Milano
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Calende sedici tombe", in "La Prealpina", 19 Febbraio.
FURLANI N., 1995,
"Sesto, si scopron le tombe. Sono undici. La sorpresa durante i
lavori per la costruzione d'un condominio. Dopo i sensazionali
ritrovamenti dei giorni scorsi ecco altri reperti della civilta di
Golasecca, in "La Prealpina", 22 Febbraio.
FURLANI N., 1995,
"Scava scava. E da Bellaria zampillano due millenni di storia",
in "La Prealpina", 7 Aprile.
GRASSI M.T. 1995,
"La romanizzazione degli Insubri - Celti e Romani in Transpadana
attraverso la documentazione storica ed archeologica", Edizioni ET,
Milano.
CARAMELLA L. (a
cura di), "Il Gioco dell'Oca di Sextum", Amici del Museo di
Sesto Calende - La Preja Buja-, Sesto Calende.
VENTURINO GAMBARI
M.-POGGIANI KELLER R.-MEZZENA F., 1996, Museo Civico di Sesto Calende
(Varese), in Lombardia Occidentale, Piemonte e Valle d'Aosta - Preistoria
e Protostoria, "Guide Archeologiche" N. 8, A.B.A.C.O. Edizioni,
Forli.
GAMBARI F.M.-SPAGNULO
GARZOLI G., 1997, (a cura di) li Civico Museo Archeologico di Arona,
Regione Piemonte.
STADERA L., 1997,
"In scavo veritas", in Lombardia Oggi, 30 Marzo.
(Autore:
Adriano Gaspani)
Parti
precedenti:
4) Sole,
Luna e Stelle dei primi Celti d'Italia (A. Gaspani)
3) La
misura del Tempo presso i Celti d'Irlanda (A.
Gaspani
2) Il
Calendario di Coligny (A. Gaspani)
1) L'Astronomia
dei Celti (A. Gaspani) |
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