In questo
momento storico ove tutto è incerto, precario, offuscato, molti di noi sono
alla ricerca spasmodica di verità, di certezze.
Ricordo
che da piccola cercavo il mio faro. Spesso, già dai miei primi 10 anni
risuonava in me un’immagine, lontana ma concreta. I monaci erano lì, con le
loro vesti rosso -arancioni. Mi chiamavano, con il suono del loro “mantra”,
tra le montagne maestose ed aride. Uomini dalla storia antica e misteriosa,
detentrice di millenarie conoscenze…
Tanto tempo è passato da
allora, io sono cresciuta e la vita mi ha riportato in quel mio punto
d’origine, ma solo un po’ diverso.
Era l’anno ’90. Anno in cui
caparbiamente e senza un preciso motivo, volli fare una vacanza su un’isola
scomoda da raggiungere. Sembrò impossibile quella vacanza, ma tutto alla
fine mi spinse là. Per quale motivo albergava in me tanta caparbietà,
nonostante le difficoltà si accavallassero numerose? In quel momento non lo
sapevo.
La risposta arrivò in poco
tempo: proprio in quel campeggio, sull'isola tanto faticosamente raggiunta,
mi giunse un dono. Chi erano quelle persone che cantavano una frase
incomprensibile ma dal bel suono?
Fu così che incontrai il
Buddismo.
In pochi giorni contattai
alcuni praticanti di Milano. “Che bello!”- mi dissi – “il mio sogno si
realizza!”
Quella prima sera fu unica.
Avete presente il dejà-vu? Mi bastò aprire quella porta. Sento i
brividi ancora adesso…. “Li conosco tutti!” - pensai - Fu una sensazione
strana ma bellissima. Erano tutti seduti in terra con le gambe incrociate
nella posizione del loto (allora si faceva così). Formavano un cerchio.
Sentii i loro sguardi orientati verso di me, che ero curiosa e nello stesso
tempo spaventata. Lo spavento durò pochi istanti. Ero tornata a casa!
Da allora sono passati tanti
anni e vi confesso che non mi sento arrivata; sono appena partita per un
lungo viaggio, ancora tutto da scoprire. Sì, è così, nonostante i miei anni
di pratica so di avere tantissime cose da imparare. Se ripenso a tutti
quegli anni in cui la domenica mattina correvo alla messa… Per carità
rispetto le altre credenze religiose, ma allora pregavo per implorare, per
chiedere, perché mi giungesse qualcosa dall’alto o da fuori di me! Il
buddismo, mi ha fatto conoscere l’altra verità, quella diversa, opposta.
Medito, per guardarmi dentro, per imparare a conoscermi. Il mio è un lavoro
d'introspezione, in cui l’unico obiettivo è la trasformazione di me
stessa ...e del mio ambiente.
Per ora, mi limito a
raccontarvi un po’ del buddismo che conosco, solo alcune informazioni, che
tenterò di arricchire in futuro; fiduciosa che questo mio semplice e modesto
racconto stimoli curiosità e voglia di scoperta almeno in alcuni di Voi,
così come accadde a me un po’ di anni fa…..
Cosa intendo con la parola
“trasformazione”?
Il mio scopo (ovviamente lo
condivido con tutti gli altri buddisti), è quello di riuscire a vivere
un’esistenza piena e soddisfacente, qui e adesso. Le corazze acquisite
durante l’infanzia e l’adolescenza diventano ingombranti e pesanti, spesso
d'intralcio alla mia evoluzione impedendomi di trovare un ruolo ed una
dimensione in questa vita. I problemi piccoli o grandi, le complicazioni
quotidiane, mi hanno fatto pensare spesso a queste domande: cos’è la vita e
che significato ha la morte? Dove trovo la felicità o serenità? (come
preferite)....
In quella prima riunione mi
spiegarono subito, che alla base di questa pratica buddista, è insita una
teoria fondamentale:
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ogni essere umano possiede
uno stato vitale illuminato, definito buddità, che tende verso una
felicità vera, profonda ed assoluta, la quale va al di là delle
circostanze negative che si possono incontrare nel corso della vita.
Questo stato permette di affrontare e superare le sofferenze, stimolando e
rafforzando le nostre infinite capacità, che a volte restano latenti e che
spesso non crediamo neanche di possedere. Questo è il buddismo di
Nichiren Daishonin. |
Mi spiegavano che per
sperimentarlo non era necessario fuggire dalla realtà, né tanto meno
rifugiarsi in un monastero. Non era necessario che mi affidassi ad un essere
superiore (cosa che avevo vissuto da bambina). Non ero obbligata a seguire
regole rigide o rinunce. Ciò mi piacque molto.
Mi dissero che era una pratica
che funzionava per tutti, perché (così mi spiegarono) la soluzione ad ogni
problema è già pronta dentro di noi. Dove? Nell’infinita potenzialità
dell’essere umano! Tale assunto mi piacque molto perché mi dava fiducia.
Iniziai.
Ricordo quella prima frase, dal
suono misterioso ma attraente che usciva dalle mie labbra... Quel suono, man
mano prendeva forma ed iniziava ad avere un senso. Ripetevo
Nam-Myoho-Renghe-kyo ogni giorno (l’allenamento è importante, come
quello degli atleti) e gradualmente riconoscevo in me emozioni come gioia,
collera, serenità, paura, etc. Era il risultato di quello stimolo, lo stesso
che rigenerava spirito e corpo (attingendo alla mia fonte interiore), con
un’ondata positiva e rivitalizzante. Ecco cos’era!
Un po’ di storia del
Buddismo
Nell’india del 500 a.c.
Siddharta, dopo anni di ricerche e meditazioni, intuì finalmente la
causa del problema: gli esseri umani soffrivano perché la loro visione della
realtà era falsata. Di conseguenza le loro stesse azioni li portavano
inconsapevolmente verso l’infelicità. Siddharta (chiamato anche
Shakyamuni, cioè il saggio degli sakya, dal nome del suo
popolo) insegnò la via per illuminare la propria esistenza e vivere in
armonia con l’ambiente nell’arco di oltre 40 anni di predicazione. Il
Sutra del Loto fu l’ultimo dei suoi insegnamenti. In esso rivelò
l’esistenza di una forza vitale universale, che è in grado di generare,
permeare e regolare tutti i fenomeni della vita.
Nel 1253 in Giappone da tempo
fiorivano innumerevoli correnti e scuole di pensiero buddista. Nichiren
Daishonin (giovane monaco, molto studioso) visitò i principali templi
per comprenderne a fondo le varie dottrine. Dopo 15 anni di ricerca arrivò a
stabilire un nuovo tipo di pratica basato sugli insegnamenti del Budda
Shakyamuni e le successive interpretazioni date da grandi studiosi e
filosofi indiani, cinesi e giapponesi. Nichiren affermò che l’essenza di
questa dottrina era contenuta nella frase Nam-myoho-renghe-kyo (Myoho-renghe-kyo
è il titolo del Sutra del Loto nella sua versione cinese del 406 d.c.)
Ciò significava che la
recitazione di questa frase risvegliava progressivamente la propria natura
illuminata. Questa trasformazione, liberava un’energia positiva interiore
che consentiva di vedere la realtà, e quindi di viverla ed affrontarla in un
modo nuovo. Secondo Nichiren, qualcosa di profondo e sconosciuto dentro di
noi raggiungeva l’io razionale. Ecco che allora l’impossibile poteva
accadere!
L’insegnamento di Nichiren,
rimase confinato in Giappone per quasi 700 anni. Finalmente nel 1928 T.
Makiguchi (direttore di una scuola elementare) e J. Toda (giovane
insegnante) si convertirono al buddismo di Nichiren e due anni dopo
fondarono a Tokyo “la Società Educativa per la creazione di
valore”. Nacque così il primo nucleo organizzato di praticanti laici,
l’embrione della Soka Gakkai.
Con lo scoppio della seconda
guerra mondiale sorsero le prime repressioni a danno dei membri di questa
neonata società e ci furono i primi arresti.
Nel 1947 al neo gruppo si
aggiunse il giovane Daisaku Ikeda (l’attuale presidente che porterà
la S.G. anche a far parte dell’ONU come organizzazione non governativa).
L’obbiettivo si allargò e la S.G. si impegnò a diffondere gli ideali di pace
attraverso gli scambi culturali ed il dialogo tra i popoli.
In Italia il movimento mosse i
suoi primi passi negli anni ’70 del XX secolo.
Filosofia buddista
Noi siamo l’universo e
l’universo è dentro di noi…….Difficile capirlo con la mente razionale.
Il poeta William Blake
scriveva:
“Vedere il mondo in un
granello di sabbia
e il cielo in un fiore di
campo,
tenere l’infinito nel palmo
della tua mano,
e l’eternità in un’ora”.
La vita comprende l’infinito
movimento dello spazio e del tempo che è intorno a noi, con il ritmico ciclo
di nascita e morte cui tutti sono soggetti: esseri umani, alberi,
stelle…Questo movimento è trasformazione, vibrazione continua. L’energia, la
luce, il mare, i pensieri, il movimento dei pianeti e delle stelle. Tutto è
regolato da un ritmo vitale. Il mantra di cui ho parlato prima, racchiude il
ritmo dell’universo, o suono dell’universo. Questo è il punto di partenza
del buddismo: il misterioso ritmo del mutamento continuo di tutte le cose,
della loro impermanenza. Il ciclo dove niente si distrugge, ma tutto
si trasforma, un pensiero, un’emozione, noi stessi, le onde del mare, le
foglie di un albero.
Aggiungo a ciò anche
l’importanza del significato della simultaneità della causa e
dell’effetto. Quel che siamo o quel che accade è sempre riconducibile ad
una causa che sta dentro di noi e che, proprio per questo, possiamo cambiare
in meglio. Meditando, recitando il mantra, ci sintonizziamo con l’energia
dell’universo. Così riportiamo armonia nella nostra vita. L’effetto si
manifesta nella nostra quotidianità. Questo buddismo non mira ad estraniare
le persone dalla vita quotidiana per cercare un’idealistica tranquillità. Al
contrario, le mette in grado di attraversare ed affrontare il percorso della
vita in modo diverso, sviluppando una potenzialità interiore nascosta in
tutti gli esseri umani, chiamata Buddità.
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Il segreto quindi non è
cercare di non aver problemi, ma imparare a vivere bene in mezzo ad essi.
Oppure: per una condizione statica ed immodificabile all’apparenza,
possono esistere miriadi di soluzioni già pronte a manifestarsi. La nostra
mente tende a limitare le possibilità. Quando la speranza manca, la paura
vince. Una visione ristretta delle potenzialità della vita può bloccare
tutto ed imprigionarci. |
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Corpo e mente sono
inseparabili (inseparabilità del tutto), legati fra loro. Da
duemilacinquecento anni il Buddismo afferma che gli aspetti fisici e
spirituali hanno un’origine comune. |
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Uno stress psicologico può
provocare una malattia fisica. Una disfunzione corporale può avere effetti
sull’umore o sui pensieri. Il sistema nervoso e quello immunitario sono
come due parti di un tutto, che comunicano continuamente fra loro. Ecco
quindi che lo stato vitale profondo ha un’influenza concreta sul corpo e
sulla mente. Attivando la tonalità giusta, tutto si modifica positivamente
e si armonizza. |
Il Karma
Karma è un antico
termine sanscrito che significa “azione”. Qualsiasi azione (causa),
mentale, verbale o fisica, produce una reazione (effetto). Tale
effetto può essere immediato o lontano nel tempo. Nessuna causa svanisce nel
nulla, nonostante le apparenze; piuttosto si accumula dentro di noi in una
sorta di magazzino, nell'attesa di essere attivata.
Il concetto di karma (comune
alle filosofie sorte in India) compare per la prima volta nelle
Upanishad, uno dei testi fondamentali del Bramanesimo. Questo
concetto è stato interpretato in modi diversi secondo le scuole di pensiero.
Alcuni vedevano la sofferenza derivante dal cattivo karma con l’unica
soluzione nell’annullamento dei desideri per arrivare al noto Nirvana.
Altre scuole di pensiero passavano attraverso pratiche ascetiche ed esercizi
di perfezionamento spirituale da completare nell’arco di numerose
esistenze. Altri delegavano le pratiche ai monaci, che sostenevano con
offerte di cibo, vesti e denaro assicurandosi così la felicità dopo la
morte.
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Infine il buddismo di
Nichiren Daishonin insegna invece, partendo dal Sutra del loto, che ogni
persona ha dentro di sé la potenzialità di cambiare il corso
dell’esistenza qui ed ora, indipendentemente dal bagaglio carmico che
porta sulle spalle. Tutto questo senza complicate pratiche ascetiche e
senza bisogno di alcun intermediario, monaco o laico. |
Continueremo il discorso, ma
per il momento concluderei con un’affermazione di Daisaku Ikeda:
“Il ventesimo secolo è stato
caratterizzato da un osceno e totale disprezzo per la vita umana.Ha
depauperato, inaridito e contaminato le sorgenti della vita. I progressi ed
i miglioramenti realizzati in tale periodo sono stati praticamente tutti di
ordine materiale e fisico, mentre è innegabile che, per quanto riguarda la
dimensione interiore, invece di avanzare si sia andati indietro. In un
percorso che sembra a senso unico, la vita spirituale dell’umanità si è
ristretta e atrofizzata, prigioniera di quello che il Buddismo definisce
“piccolo io”, una condizione d'isolamento che si verifica quando vengono
recisi i legami fra gli esseri umani e fra questi e l’universo”.
...Meditate
gente, meditate! ….
(Rita d'Abbene rita.dabbene@hotmail.it )
Bibliografia:
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“Felicità in questo mondo”
- ed. Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai |
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“Il libro Tibetano del
vivere e del morire” Sogyal Rinpoche - ed. Ubaldini Editore |
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