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Egitto:tesori sommersi

Venaria Reale (TO), Scuderie Juvarriane,

7/02 2009- 31/05/2009   REPORT di visita a cura di duepassinelmistero

 

 

Un'opportunità senza precedenti si è aperta per tutti gli amanti dell'antico Egitto:è infatti partita il 7 febbraio 2009- e si protrarrà fino alla fine di maggio- la mostra allestita nei locali della reggia di Venaria Reale, unica tappa italiana dell'esposizione internazionale curata da Frank Goddio, responsabile dell' equipe dell' IEASM (Institut Europèen d'Archéologie Sous-Marine, ovvero l'Istituto Europeo per l'Archeologia Subacquea) la quale,  grazie ad una sofisticatissima tecnologia geofisica, ha riportato 'a galla'  i tesori archeologici appartenuti a Canopo, Heracleion e al grande porto di Alessandria. Situate nel delta del fiume Nilo, queste terre nei primi secoli dell'era cristiana si inabissarono e scomparvero dalla storia.

Varcato l'elegante e scenografico ingresso allestito nell'antica Citroniera (serra per conservare gli agrumi) della reggia di casa Savoia, si viene accolti dall'atmosfera 'egizia' creata ad hoc dall'allestimento di Robert Wilson, cui fa eco un sottofondo sonoro quanto mai appropriato curato da Laurie Anderson. Non ci si accorge immediatamente di quanto queste componenti incideranno sul percorso di visita ma nel proseguo i sensi si scopriranno totalmente immersi in un sapiente, irresistibile connubio di visione /ascolto. Articolata su dieci sale tematiche, l'esposizione si snoda in diversi ambienti che comprendono anche le antiche scuderie reali, progettate dall'architetto di corte Filippo Juvarra nel XVIII secolo.

La prima sala è un preludio, un prologo obbligato in cui la moderna tecnologia esige il suo tributo, il merito di aver riportato all'umanità intera la conoscenza di quanto era sepolto nei fondali marini. Dai monitor arrivano immagini di un mondo ancora giacente sott'acqua, misterioso e remoto, che a poco a poco prende forma e si rianima tra le mani dei subacquei e riacquista vita nel corso delle successive operazioni di pulizia e restauro per poter arrivare fino a noi.

Statue colossali, gioielli, oggetti di uso quotidiano e cerimoniale, frammenti di obelischi, stele, sfingi, monete, amuleti, un 'corpus' di reperti che documentano 'la vita' che si svolse a cavallo tra l' VIII sec. a.C e l'VIII sec. d.C. nel delta del Nilo. Sedici secoli che videro l'avvicendarsi di diversi invasori in terra egiziana: Greci, Romani, Bizantini e Arabi. I reperti recuperati interessano soprattutto il periodo della storia greco-romana dell'Egitto, tappa cruciale della sua trasformazione culturale. Pannelli informativi descrivono in doppia lingua (italiano e inglese) le vicende storiche dell'Egitto che è in mostra, dalla fine del Terzo Periodo Intermedio (circa otto secoli prima di Cristo) alla dominazione araba (otto secoli dopo), che serve per poter capire ed entrare nel contesto dei singoli reperti.

Si viene attratti da una suadente musica di sottofondo e dall'oscurità misteriosa della seconda sala, l'ovattato Ocean Corridor, che concentra lo sguardo dell'attento visitatore sull'unico pertugio che si apre sul fondo. Ciò che sembra minuscolo, come una piccola toppa di serratura, si apre invece sorprendentemente al cospetto di una stele colossale, proveniente dalla perduta Heracleion. Mentre avanziamo, proviamo a immaginare come dev' essere stata emozionante la scoperta di questi tesori sommersi. Tutto cominciò nel 1984 quando Goddio partecipò alle operazioni di recupero dell'ammiraglia francese Orient, che era stata affondata da Horatio Nelson al largo della baia di Aboukir ai tempi della battaglia contro la flotta napoleonica. Un sommozzatore principiante che faceva parte del gruppo si avvide che, sotto le sabbie del fondale, vi erano dei manufatti simili a colonne e statue colossali che, evidentemente, non c'entravano nulla con le indagini della Orient.. Ebbe così  inizio la straordinaria scoperta di alcune città perdute dell'antico Egitto.

Come mai erano finite in fondo al mare? Per diverse cause. La qualità del terreno argilloso e  il peso dei monumenti ivi eretti causava fenomeni di smottamento locali;  l'innalzamento del livello del mare, il progressivo affondamento della crosta terrestre e un'intensa attività sismica del Mediterraneo orientale, che si tradusse in terremoti e maremoti, diedero infine il colpo di grazia.

Canopo ed Heracleion erano state città importantissime per non parlare del grande porto di Alessandria, dotato di infrastrutture all'avanguardia. Si ritiene che i tre territori si siano inabissati definitivamente attorno al 750 d.C. poichè i reperti recuperati sono databili entro tale data e non oltre, segnale che le città dovevano già essere finite sott'acqua.

La colossale stele, un unico blocco monolitico, accoglie i visitatori all'uscita dal tunnel. E' solo il primo di tanti splendidi reperti recuperati sui fondali ed esposti in questa mostra; gli altri li incontreremo nelle sale successive. Spezzata in diversi frammenti a causa di un probabile terremoto già in antico, risale al II sec. a.C. come testimonia l'epigrafe (in greco e geroglifico egizio) incisa al tempo di Tolomeo VIII Evergete II. Si trovava probabilmente all'ingresso del grande tempio di Amon ad Heracleion, poichè il faraone, con le sue due mogli, la dea Mut e i suoi predecessori dinastici divinizzati, è ritratto nell'atto di adorarlo. Oltre a frasi celebrative e narrative delle azioni politiche e militari del sovrano, l'iscrizione menziona la visita del re al tempio. Ogni nuovo sovrano doveva ricevere la propria legittimazione divina in questo tempio, che rivestiva  in tal modo anche un importante ruolo politico. Grazie agli scavi oggi è stato stabilito come fosse strutturato il grande tempio di Amon: circondato da alte mura, era composto da edifici, cortili e da un viale processionale che conduceva a piloni fiancheggiati da sfingi e statue colossali, dopo di che si dipartiva una sala ipostila, numerose cappelle e, nel recesso più intimo, vi era il naos con la statua della divinità. Anche quando la città perse d'importanza, con la fondazione di Alessandria ad opera di Alessandro il Grande (332 a.C.), conservò rilevanza come centro religioso fino all'epoca romana, per poi venire progressivamente abbandonata. Gli Arabi la occuparono nel VI sec.d.C. ma ripetuti disastri naturali ne provocarono la scomparsa in fondo al mare attorno all'VIII sec.d.C.  Heracleion era la stessa città che gli egizi chiamavano Thonis. Il mistero sui due toponimi che celano in realtà un'unica città è stato svelato grazie agli scavi, i quali hanno permesso di individuare l'antico letto del Nilo, cui la città era stata collegata tramite uno stretto passaggio tra le dune e del quale i testi fanno riferimento a partire dall' VIII secolo a.C. La ricostruzione della città effettuata in base ai ritrovamenti sottomarini fornisce il quadro di un grosso centro doganale e portuale, con numerosi bacini collegati da canali.

Dietro il pannello che permette alla stele colossale di stare eretta verticalmente, nel grande spazio contemplativo della terza sala (Contemplation Space) che ospita solo due reperti, troviamo un meraviglioso vaso canopo in marmo, con testa di Osiride, proveniente dalle rovine diella città di Canopo e datato al I-II sec.d.C. Il culto Osiriaco era molto diffuso nel delta del Nilo; le acque del fiume venivano simbolicamente racchiuse all'interno di questo tipo di vasi per scopi sacro- rituali. Pekuat era il nome egizio di Canopo, città che si trova già citata in testi greci dell' VIII sec. a.C. Con la dinastia Tolemaica (305 - 30 a.C.) divenne uno dei più importanti centri religiosi del delta, sede di un Serapeum, santuario dedicato al culto di Serapide (dio greco sovrapponibile ad Osiride).  Intensa meta di pellegrinaggio, la presenza del tempio richiamava genti da tutto l'Egitto, insieme a mercanti provenienti da ogni dove, qualificandosi come città cosmopolita. Il dio aveva fama di essere un taumaturgo e a lui si rivolgevano domande come fosse un oracolo. I fedeli sostavano l'intera notte nei pressi del santuario e lasciavano oggetti per ricevere 'grazie' o per ringraziamento (ex-voto, statuine, amuleti, libagioni). Forse per l'elevata concentrazione di genti, Canopo venne progressivamente considerata moralmente dissoluta e fortemente criticata; con l'avvento del cristianesimo (IV sec.d.C.) furono perseguiti i suoi culti 'pagani' e sull'antico Serapeum fu edificato un monastero di culto cristiano. In seguito arrivarono i bizantini mentre nel 642 d.C. venne definitivamente conquistata dagli Arabi, che la godettero poco perchè circa cento anni dopo la città si inabissò per sempre, attorno al 750 d.C., rimanendo prigioniera del mare per oltre 1.200 anni. Le ricerche nelle acque poco profonde presso la baia di Aboukir  hanno permesso di recuperarne i resti.

Questi primi oggetti sono stati l'antipasto. La sala successiva, Sunken Forest (Foresta sommersa)  propone un succulento piatto da portata: ventuno pezzi disposti in tre file parallele per la maggior parte provenienti da Heracleion; tra essi spicca il 'naos' del tempio di Amon, una cappella monolitica in granito rosa con iscrizione dedicata al 'nobile Dio della Casa della Gioia". Impressionanti, nella fila centrale, le statue colossali come quella di Hapi, dio della fertilità associato al Nilo, raffigurato in forma antropomorfa (forse il re) con un vassoio in mano come offerta agli altri dei perchè accordino prosperità all'Egitto; si distinguono poi i colossi in granito rosa di una regina di epoca tolemaica, con gli attributi di Hathor/Iside e di un sovrano tolemaico che porta una doppia corona adornata dell'ureo. Si pensa che la coppia reale, di incerta identificazione, stesse all'ingresso del tempio di Amon ad Heracleion. In questa magnifica esposizione di grandi pezzi si annoverano anche reperti litici da Canopo e da Alessandria. Questa città, tutt'oggi esistente, era dotata di un grande porto, che è stato rinvenuto sui fondali trentacinque chilometri a ovest rispetto alla baia di Aboukir, come gli archivi peraltro documentavano.

L'operazione di recupero si è presentata subito senza precedenti per la straordinarietà dei ritrovamenti, che prima di quel momento appartenevano alla sfera del mito più che della realtà. Sostenuto dall'organizzazione logistica ed economica della Fondazione Hilti, Goddio ha ottenuto il benestare dell'alta autorità dello SCA (Consiglio Supremo delle Antichità dell'Egitto, il cui segretario generale è il prof. Zahi Hawass). Per circa dieci anni, l'equipe del professor Yoyotte (membro onorario del College de France) ha condotto studi sui reperti, che appartengono allo stato egiziano e sono conservati in diversi musei locali, in special modo nel Museo Nazionale, nel Museo Marittimo e in quello greco-romano di Alessandria d'Egitto. Questa mostra è stata possibile grazie al contributo di diverse altre istituzioni universitarie e museali europee.

La quinta sala, Treasures Honeytomb, ovvero l'Alveare dei tesori, espone numerosi oggetti destinati ad un uso sia domestico che rituale. Interessantissima la piastra di fondazione  di Tolomeo III, in oro con iscrizione, proveniente dal tempio di Heracleion, con cui il sovrano compì la posa delle fondamenta per la costruzione del santuario dedicato ad Eracle. In questa sala si trovano anfore di varia epoca e di diversa provenienza (esempio una bella anfora in ceramica da Gaza del IV secolo d.C.)  che testimoniano la fitta rete di scambi commerciali con i Fenici. Molte le kakkabè (marmitte) e le simpula (mestoli) in bronzo (VI- II sec.a.C.), piuttosto frequenti nel mondo mediterraneo, che si usavano per versare il vino nelle coppe. Potevano venire impiegati nei rituali, come i setacci; si ritiene che il popolo li usasse per attingere l'acqua del Nilo (da consacrare)oppure per servire il vino durante le feste in onore di Osiride. Uno sguardo più attento permette di apprezzare la forma lunga e diritta che termina con la stilizzazione di un'oca o di un'anatra del Nilo, soggetti comuni nel mondo egizio. Troviamo  bacili, ciotole e coppette in bronzo la cui superficie appare sorprendentemente lucida: questo risultato- dice la didascalia a corredo- è stato ottenuto dopo pulizia con scalpelli, ultrasuoni, ceselli, minuscoli tamponi con mola di diamante e diversi tipi di pasta abrasiva. E, ancora, si possono ammirare vasetti sempre in bronzo, destinati a contenere profumi o balsami; monili in oro come anelli, ciondoli, orecchini. Molto bello un pendente a croce, di foggia analoga a quelle moderne, proveniente da Canopo, databile tra il V e l'VIII sec.d.C. Notevole la collezione di monete di epoca tarda, sia in oro che in metallo meno pregiato. Alcune monete in bronzo sono state recuperate in 'grappolo' poichè l'effetto della salsedine a cui sono state soggette per oltre un millennio ne ha provocato l'incollamento, che tentare di risolvere sarebbe dannoso. Quelle in oro, invece, non hanno subito un simile inconveniente ma sono, però, molto meno numerose.

La sesta sala, lo dice il nome Sphinx Box, custodisce un 'recinto' di sfingi di varia foggia e provenienza. Esercitano un fascino arcano, tutte insieme. Vi sono quella antropomorfe con testa di faraone o, come quella proveniente da Alessandria, in diorite, che è una sfinge-coccodrillo a testa di falco. Essa incarna tre caratteristiche sacre agli egizi: quella del falcone celeste, del leone terrestre e del coccodrillo acquatico. Un pezzo assolutamente straordinario è il cosiddetto 'naos delle decadi' (III sec.a.C.), cappella monolitica in cui si conservava la statua del dio dell'aria e dell'atmosfera Shu. La sua particolarità è che reca incisa la più antica rappresentazione nota di un calendario astrologico egizio. Mostra le 37 decadi (cioè i gruppi di dieci giorni) con a capo un decano, corrispondente al sorgere di una stella. Sulla parete sinistra è inciso un testo che narra di una Creazione del mondo non riscontrabile su altri manufatti noti. All'inizio di ciascuna sequenza corrispondono le raffigurazioni dei decani sottoforma di un uccello dalla testa umana, una sfinge con la testa di falco, il un ariete, una mummia in piedi ed una mummia che giace su un letto funebre. I testi riportarti sono profetici, ci dice la didascalia a corredo, indicando l'influenza del dio Shu sulla via umana secondo la configurazione dei decani. Il dio era raffigurato come leone d'argento ricoperto d'oro fino ed era custodito al buio all'interno del naos; quando le porte venivano aperte il dio appariva splendente come il Sole sul fondo scuro (che simbolicamente era la notte, le tenebre). Chissà che spettacolo!

Lo Spazio liquido o Liquid Space,è il nome della settima sala, allestita per mettere in risalto i reperti preziosi che qui sono stati sistemati: corone, amuleti, imbarcazioni votive, lucerne, specchi, brucia-incenso, oggetti rituali come il sistro, uno dei principali strumenti musicali in bronzo rinvenuti a Canopo e ad Heracleion.

Waves Power (Potenza delle onde). Emozioni si sprigionano come se in qualche modo fossimo giunti noi stessi sul fondo marino: l'ottava sala è così. Una serie di inebrianti, raffinatissime vetrine sono disposte come onde sinuose nell'ampio spazio espositivo in cui giocano un ruolo determinante l' azzurro, la sabbia che non c'è ma sembra ci sia, il tessuto di rete che svela e ri-vela i misteri che il mare ha custodito per secoli. Imprigionati nella loro eterna bellezza, ecco che tornano a mostrarsi 7 teste di sfingi da Canopo e poi quelle di faraoni delle dinastie tarde dell'Egitto, divinità ancestrali e altri tesori pronti a farci sognare.

Ma ecco che tutto cambia di nuovo e si fa buio. La luce filtra dagli oblò laterali: siamo su una nave che sta completando la sua rotta e tra poco gentilmente ci congederà. Prima però ci offre uno spettacolo di tutto rispetto: nel Tunnel dei Coralli (Coral Tunnel) è la scoperta la vera protagonista. I reperti non si offrono, infatti, ma bisogna andare a cercarli. Ora sopra, alzandosi sulle punte dei piedi, ora sotto, abbassandosi in movimenti leggeri, o stando ad altezza d'uomo. Nelle aperture circolari si nascondo oggetti di notevole bellezza, incastonati in una scenografia sonora e visiva di grande effetto. A destra e a sinistra, spostandosi come in una danza,  tranquillamente, senza avere fretta, si troveranno gli ultimi tesori riemersi: da quelli piccolissimi ai  frammenti di colonne e capitelli colossali. Perfino il cardine della porta di un antico tempio è finito a far mostra di sè come un prezioso testimone del passato...

Ultimi coralli marini si stemperano in dolci melodie di sottofondo che concludono i nostri due passi alla decima e ultima sala da sogno, la Queen's Dream. Chi è la misteriosa e perfetta figura femminile che occupa l'intero spazio? Sensuale, regale, o divina creatura? Si dice che sia Berenice, la moglie divinizzata di un Tolomeo, ma lasciamo a voi di scoprire il mistero.

 

 

 

Ingresso della mostra

 

 

Operazioni di recupero sui fondali

 

 

 

L'oscuro corridoio (2^ sala)

 

 

 

 

 

La stele colossale di Tolomeo VIII (II sec. a.C.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Statua colossale di un dio della fertilità (Hapi?) recante un vassoio per le offerte, IV sec. a.C. Conservata nel Museo Marittimo di Alessandria.

 

 

 

 

 

 

 

 

Anfora ceramica da Gaza (IV sec. d.C.). Conservata nel Museo Marittimo di Alessandria

 

Il Naos delle Decadi. Già nel 1776 furono ritrovati alcuni frammenti, che sono conservati al Louvre di Parigi; altri ancora vennero scoperti nel 1940 e l'equipe di Goddio, ritrovando quattro ulteriori pezzi,  ha oggi potuto ricomporre il prezioso manufatto (conservato al Museo Greco-Romano di Alessandria)

 

Testa in diorite di faraone, da Canopo (XXVI dinastia, saitica). Le orbite oculari sono vuote. E' conservata nella Grande Biblioteca di Alessandria

Testa di faraone con un'espressione molto particolare, sembra sorridere in eterno

 

Frammento di un piede su basamento litico con iscrizione e cartiglio reale

 

La mostra di Venaria Reale si svolge sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana.

Per tutte le informazioni sugli orari, costi, etc. visitare il sito ufficiale: http://www.lavenaria.it/mostre/ita/mostre/2009/tesori_sommersi.shtml

E' disponibile inoltre il catalogo della mostra.

 

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