Un'opportunità senza
precedenti si è aperta per tutti gli amanti dell'antico Egitto:è infatti
partita il 7 febbraio 2009- e si protrarrà fino alla fine di maggio- la
mostra allestita nei locali della reggia di Venaria Reale, unica tappa
italiana dell'esposizione internazionale curata da Frank Goddio, responsabile dell' equipe
dell' IEASM (Institut Europèen d'Archéologie Sous-Marine, ovvero
l'Istituto Europeo per l'Archeologia Subacquea) la quale, grazie ad
una sofisticatissima tecnologia geofisica, ha riportato 'a galla' i
tesori archeologici appartenuti a Canopo, Heracleion e al grande porto di
Alessandria. Situate nel delta del fiume Nilo, queste terre nei primi secoli dell'era cristiana si inabissarono
e scomparvero dalla storia.
Varcato
l'elegante e scenografico ingresso allestito nell'antica
Citroniera (serra per conservare gli agrumi) della reggia di casa
Savoia, si viene accolti dall'atmosfera 'egizia' creata ad hoc
dall'allestimento di Robert Wilson, cui fa eco un sottofondo
sonoro quanto mai appropriato curato da Laurie Anderson. Non ci si
accorge immediatamente di quanto queste componenti incideranno sul
percorso di visita ma nel proseguo i sensi si scopriranno totalmente
immersi in un sapiente, irresistibile connubio di visione /ascolto.
Articolata su dieci sale tematiche, l'esposizione si snoda in diversi
ambienti che comprendono anche le antiche scuderie reali,
progettate dall'architetto di corte Filippo Juvarra nel XVIII secolo.
La prima sala
è un preludio, un prologo obbligato in cui la moderna tecnologia esige il
suo tributo, il merito di aver riportato all'umanità intera la conoscenza
di quanto era sepolto nei fondali marini. Dai monitor arrivano
immagini di un mondo ancora giacente sott'acqua, misterioso e remoto, che
a poco a poco prende forma e si rianima tra le mani dei subacquei e
riacquista vita nel corso delle successive operazioni di pulizia e
restauro per poter arrivare fino a noi.
Statue
colossali, gioielli, oggetti di uso quotidiano e cerimoniale, frammenti di
obelischi, stele, sfingi, monete, amuleti, un 'corpus' di reperti che
documentano 'la vita'
che si svolse a cavallo tra l' VIII sec. a.C e l'VIII sec. d.C. nel delta
del Nilo. Sedici
secoli che videro l'avvicendarsi di diversi invasori in terra egiziana:
Greci, Romani, Bizantini e Arabi. I reperti recuperati interessano
soprattutto il periodo della storia greco-romana dell'Egitto, tappa
cruciale della sua trasformazione culturale. Pannelli
informativi descrivono in doppia lingua (italiano e inglese) le vicende
storiche dell'Egitto che è in mostra, dalla fine del Terzo Periodo
Intermedio (circa otto secoli prima di Cristo) alla dominazione araba
(otto secoli dopo), che serve per poter capire ed entrare nel contesto dei
singoli reperti.
Si viene
attratti da una suadente musica di sottofondo e dall'oscurità misteriosa
della seconda sala, l'ovattato Ocean Corridor, che concentra lo
sguardo dell'attento visitatore sull'unico pertugio che si apre sul fondo.
Ciò che sembra minuscolo, come una piccola toppa di serratura, si apre
invece sorprendentemente al cospetto di una stele colossale,
proveniente dalla perduta Heracleion. Mentre avanziamo, proviamo a
immaginare come dev' essere stata emozionante la scoperta di questi tesori
sommersi. Tutto cominciò nel 1984 quando Goddio partecipò alle
operazioni di recupero dell'ammiraglia francese Orient, che era
stata affondata da Horatio Nelson al largo della baia di Aboukir ai
tempi della battaglia contro la flotta napoleonica. Un sommozzatore
principiante che faceva parte del gruppo si avvide che, sotto le sabbie
del fondale, vi erano dei manufatti simili a colonne e statue colossali
che, evidentemente, non c'entravano nulla con le indagini della Orient..
Ebbe così inizio la straordinaria scoperta di alcune città perdute
dell'antico Egitto.
Come mai erano finite in
fondo al mare? Per diverse cause. La qualità del terreno argilloso e
il peso dei monumenti ivi eretti causava fenomeni di smottamento locali;
l'innalzamento del livello del mare, il progressivo affondamento della
crosta terrestre e un'intensa attività sismica del Mediterraneo orientale,
che si tradusse in terremoti e maremoti, diedero infine il colpo di
grazia.
Canopo ed
Heracleion erano state città importantissime per non parlare del grande
porto di Alessandria, dotato di infrastrutture all'avanguardia. Si ritiene che i tre
territori si siano inabissati definitivamente attorno al 750 d.C. poichè
i reperti recuperati sono databili entro tale data e non oltre, segnale
che le città dovevano già essere finite sott'acqua.
La
colossale stele, un unico blocco monolitico, accoglie i visitatori
all'uscita dal tunnel. E' solo il primo di tanti splendidi reperti
recuperati sui fondali ed esposti in questa mostra; gli altri li
incontreremo nelle sale successive. Spezzata in diversi frammenti a causa
di un probabile terremoto già in antico, risale al II sec. a.C. come
testimonia l'epigrafe (in greco e geroglifico egizio) incisa al tempo di
Tolomeo VIII Evergete II. Si trovava probabilmente all'ingresso del
grande tempio di Amon ad Heracleion, poichè il faraone, con le sue
due mogli, la dea Mut e i suoi predecessori dinastici divinizzati, è
ritratto nell'atto di adorarlo. Oltre a frasi celebrative e narrative
delle azioni politiche e militari del sovrano, l'iscrizione menziona la
visita del re al tempio. Ogni nuovo sovrano doveva ricevere la propria legittimazione divina
in questo tempio, che rivestiva in tal modo anche un importante ruolo politico. Grazie agli scavi oggi è stato stabilito come
fosse strutturato il grande tempio di Amon: circondato da alte mura, era
composto da edifici, cortili e da un viale processionale che conduceva a
piloni fiancheggiati da sfingi e statue colossali, dopo di che si
dipartiva una sala ipostila, numerose cappelle e, nel recesso più intimo,
vi era il naos con la statua della divinità. Anche quando la città
perse d'importanza, con la fondazione di Alessandria ad opera di
Alessandro il Grande (332 a.C.), conservò rilevanza come centro religioso
fino all'epoca romana, per poi venire progressivamente abbandonata. Gli
Arabi la occuparono nel VI sec.d.C. ma ripetuti disastri naturali ne
provocarono la scomparsa in fondo al mare attorno all'VIII sec.d.C.
Heracleion era la stessa città che gli egizi chiamavano Thonis.
Il mistero sui due toponimi che celano in realtà un'unica città è stato
svelato grazie agli scavi, i quali hanno permesso di individuare l'antico
letto del Nilo, cui la città era stata collegata tramite uno stretto
passaggio tra le dune e del quale i testi fanno riferimento a partire
dall' VIII secolo a.C. La ricostruzione della città effettuata in base ai
ritrovamenti sottomarini fornisce il quadro di un grosso centro doganale e
portuale, con numerosi bacini collegati da canali.
Dietro il
pannello che permette alla stele colossale di stare eretta verticalmente,
nel grande spazio contemplativo della terza sala (Contemplation Space)
che ospita solo due reperti, troviamo un meraviglioso vaso canopo
in marmo, con testa di Osiride, proveniente dalle rovine diella
città di Canopo e datato al I-II sec.d.C. Il culto Osiriaco era molto
diffuso nel delta del Nilo; le acque del fiume venivano simbolicamente
racchiuse all'interno di questo tipo di vasi per scopi sacro- rituali.
Pekuat era il nome egizio di Canopo, città che si trova già
citata in testi greci dell' VIII sec. a.C. Con la dinastia Tolemaica (305
- 30 a.C.) divenne uno dei più importanti centri religiosi del delta,
sede di un Serapeum, santuario dedicato al culto di
Serapide (dio greco sovrapponibile ad Osiride). Intensa meta di
pellegrinaggio, la presenza del tempio richiamava genti da tutto l'Egitto,
insieme a mercanti provenienti da ogni dove, qualificandosi come città
cosmopolita. Il dio aveva fama di essere un taumaturgo e a lui si
rivolgevano domande come fosse un oracolo. I fedeli sostavano
l'intera notte nei pressi del santuario e lasciavano oggetti per ricevere
'grazie' o per ringraziamento (ex-voto, statuine, amuleti, libagioni).
Forse per l'elevata concentrazione di genti, Canopo venne progressivamente
considerata moralmente dissoluta e fortemente criticata; con l'avvento del cristianesimo (IV
sec.d.C.) furono perseguiti i suoi culti 'pagani' e sull'antico
Serapeum fu edificato un monastero di culto cristiano. In seguito
arrivarono i bizantini mentre nel 642 d.C. venne definitivamente
conquistata dagli Arabi, che la godettero poco perchè circa cento anni
dopo la città si inabissò per sempre, attorno al 750 d.C., rimanendo
prigioniera del mare per oltre 1.200 anni. Le ricerche nelle acque poco
profonde presso la baia di Aboukir hanno permesso di recuperarne i
resti.
Questi primi oggetti sono stati l'antipasto. La sala successiva, Sunken
Forest (Foresta sommersa) propone un succulento piatto da portata: ventuno pezzi
disposti in tre file parallele per la maggior parte provenienti da Heracleion; tra essi spicca il 'naos' del tempio di Amon, una cappella
monolitica in granito rosa con iscrizione dedicata al 'nobile Dio della
Casa della Gioia". Impressionanti, nella fila centrale, le statue
colossali come quella di Hapi, dio della fertilità associato al Nilo,
raffigurato in forma antropomorfa (forse il re) con un vassoio in mano
come offerta agli altri dei perchè accordino prosperità all'Egitto; si
distinguono poi i colossi in granito rosa di una regina di epoca
tolemaica, con gli
attributi di Hathor/Iside e di un sovrano tolemaico che porta una doppia corona adornata dell'ureo. Si pensa che la
coppia reale, di incerta identificazione, stesse all'ingresso del tempio
di Amon ad Heracleion. In questa magnifica esposizione di grandi pezzi si
annoverano anche reperti litici da Canopo e da Alessandria. Questa
città, tutt'oggi esistente, era dotata di un grande porto, che è stato
rinvenuto sui fondali trentacinque chilometri a ovest rispetto alla baia
di Aboukir, come gli archivi
peraltro documentavano.
L'operazione
di recupero si è presentata subito senza precedenti per la straordinarietà
dei ritrovamenti, che prima di quel momento appartenevano alla sfera del
mito più che della realtà. Sostenuto dall'organizzazione logistica ed
economica della Fondazione Hilti, Goddio ha ottenuto il benestare
dell'alta autorità dello SCA (Consiglio Supremo delle Antichità
dell'Egitto, il cui segretario generale è il prof. Zahi Hawass). Per circa
dieci anni, l'equipe del professor Yoyotte (membro onorario del College
de France) ha condotto studi sui reperti, che appartengono allo stato
egiziano e sono conservati in diversi musei locali, in special modo nel
Museo Nazionale, nel Museo Marittimo e in quello greco-romano di Alessandria d'Egitto. Questa
mostra è stata possibile grazie al contributo di diverse altre istituzioni
universitarie e museali europee.
La quinta sala, Treasures
Honeytomb, ovvero l'Alveare dei tesori, espone numerosi oggetti destinati ad un uso sia domestico
che rituale. Interessantissima la piastra di fondazione di
Tolomeo III, in oro con iscrizione, proveniente dal tempio di
Heracleion, con cui il sovrano compì la posa delle fondamenta per la
costruzione del santuario dedicato ad Eracle. In questa sala si trovano anfore di
varia epoca e di diversa provenienza (esempio una bella anfora in ceramica
da Gaza del IV secolo d.C.) che testimoniano la fitta rete di scambi
commerciali con i Fenici. Molte le kakkabè (marmitte) e le simpula (mestoli) in bronzo
(VI- II sec.a.C.), piuttosto frequenti nel mondo mediterraneo, che si
usavano per versare il vino nelle coppe. Potevano venire impiegati nei
rituali, come i setacci; si ritiene che il popolo li usasse per attingere
l'acqua del Nilo (da consacrare)oppure per servire il vino durante le feste
in onore di Osiride. Uno sguardo più attento permette di apprezzare la
forma lunga e diritta che termina con la stilizzazione di un'oca o di
un'anatra del Nilo, soggetti comuni nel mondo egizio. Troviamo
bacili, ciotole e coppette in bronzo la cui superficie appare
sorprendentemente lucida: questo risultato- dice la didascalia a corredo-
è stato ottenuto dopo pulizia con scalpelli, ultrasuoni, ceselli,
minuscoli tamponi con mola di diamante e diversi tipi di pasta abrasiva.
E, ancora, si possono ammirare vasetti sempre in bronzo, destinati a
contenere profumi o balsami; monili in oro come anelli, ciondoli,
orecchini. Molto bello un pendente a croce, di foggia analoga a quelle
moderne, proveniente da Canopo, databile tra il V e l'VIII sec.d.C.
Notevole la collezione di monete di epoca tarda, sia in oro che in metallo
meno pregiato. Alcune monete in bronzo sono state recuperate in 'grappolo'
poichè l'effetto della salsedine a cui sono state soggette per oltre un
millennio ne ha provocato l'incollamento, che tentare di risolvere sarebbe
dannoso. Quelle in oro, invece, non hanno subito un simile inconveniente
ma sono, però, molto meno numerose.
La sesta sala, lo dice il
nome Sphinx Box, custodisce un 'recinto' di sfingi di varia foggia e
provenienza. Esercitano un fascino arcano, tutte insieme. Vi sono quella
antropomorfe con testa di faraone o, come quella proveniente da
Alessandria, in diorite, che è una sfinge-coccodrillo a testa di falco.
Essa incarna tre caratteristiche sacre agli egizi: quella del falcone
celeste, del leone terrestre e del coccodrillo acquatico. Un pezzo
assolutamente straordinario è il cosiddetto 'naos delle decadi'
(III sec.a.C.),
cappella monolitica in cui si conservava la statua del dio dell'aria e
dell'atmosfera Shu. La sua particolarità è che reca incisa la più antica
rappresentazione nota di un calendario astrologico egizio. Mostra le 37
decadi (cioè i gruppi di dieci giorni) con a capo un decano,
corrispondente al sorgere di una stella. Sulla parete sinistra
è inciso un testo che narra di una Creazione del mondo non riscontrabile
su altri manufatti noti. All'inizio di ciascuna sequenza
corrispondono le raffigurazioni dei decani sottoforma di un
uccello dalla testa umana, una sfinge con la testa di falco, il un ariete, una
mummia in piedi ed una
mummia che giace su un letto funebre. I testi riportarti sono profetici,
ci dice la didascalia a corredo, indicando l'influenza del dio Shu
sulla via umana secondo la configurazione dei decani. Il dio era
raffigurato come leone d'argento ricoperto d'oro fino ed era custodito al
buio all'interno del naos; quando le porte venivano aperte il dio appariva
splendente come il Sole sul fondo scuro (che simbolicamente era la notte,
le tenebre). Chissà che spettacolo!
Lo Spazio liquido o Liquid
Space,è il nome della settima sala, allestita per mettere in risalto i
reperti preziosi che qui sono stati sistemati: corone, amuleti,
imbarcazioni votive, lucerne, specchi, brucia-incenso, oggetti rituali
come il sistro, uno dei principali strumenti musicali in bronzo
rinvenuti a Canopo e ad Heracleion.
Waves Power (Potenza delle
onde). Emozioni
si sprigionano come se in qualche modo fossimo giunti noi stessi sul fondo
marino: l'ottava sala è così. Una serie di inebrianti, raffinatissime
vetrine sono disposte come onde sinuose nell'ampio spazio espositivo in
cui giocano un ruolo determinante l' azzurro, la sabbia che non c'è ma
sembra ci sia, il tessuto di rete che svela e ri-vela i misteri che il mare
ha custodito per secoli. Imprigionati nella loro eterna bellezza, ecco che
tornano a mostrarsi 7 teste di sfingi da Canopo e poi quelle di faraoni
delle dinastie tarde dell'Egitto, divinità ancestrali e altri tesori
pronti a farci sognare.
Ma ecco che tutto cambia di
nuovo e si fa buio. La luce filtra dagli oblò laterali: siamo su una nave
che sta completando la sua rotta e tra poco gentilmente ci congederà.
Prima però ci offre uno spettacolo di tutto rispetto: nel Tunnel dei
Coralli (Coral Tunnel) è la scoperta la vera protagonista. I
reperti non si offrono, infatti, ma bisogna andare a cercarli. Ora sopra,
alzandosi sulle punte dei piedi, ora sotto, abbassandosi in movimenti
leggeri, o stando ad altezza d'uomo. Nelle aperture circolari
si nascondo oggetti di notevole
bellezza, incastonati in una scenografia sonora e visiva di grande effetto. A destra e a sinistra, spostandosi come in una danza,
tranquillamente, senza avere fretta, si troveranno gli ultimi tesori
riemersi: da quelli piccolissimi ai frammenti di colonne e capitelli
colossali. Perfino il cardine della porta di un antico tempio è finito a
far mostra di sè come un prezioso testimone del passato...
Ultimi coralli marini si
stemperano in dolci melodie di sottofondo che concludono i nostri due
passi alla decima e ultima sala da sogno, la Queen's Dream. Chi
è la misteriosa e perfetta figura femminile che occupa l'intero spazio?
Sensuale, regale, o divina creatura? Si dice che sia Berenice, la moglie
divinizzata di un Tolomeo, ma lasciamo a voi di scoprire il mistero.