L’osservazione del cielo fu
un’attività molto diffusa tra le popolazioni del mondo antico. La tipologia
delle osservazioni, e gli oggetti celesti particolarmente osservati dagli
antichi dipesero grandemente dalle caratteristiche culturali e religiose
delle varie civiltà. I fenomeni celesti che furono tenuti strettamente sotto
controllo furono principalmente quelli periodici, quali ad esempio, il
ripetersi della sequenza delle fasi lunari, oppure il ritorno annuale del
Sole alla levata solstiziale invernale o a quella estiva. Oltre a questi
fenomeni, utili soprattutto ai fini del calendario, della pianificazione
agricola e del culto, ne esistono altri i quali, essendo caratterizzati da
una grande spettacolarità, furono osservati e considerati soprattutto da un
punto di vista rituale. Tra questi vanno annoverate le eclissi di Sole,
soprattutto quelle totali, le quali furono spesso interpretate anche in
epoca relativamente recente quali presagi di sventura.
Le eclissi totali di Sole sono
senza alcun dubbio uno dei fenomeni naturali più spettacolari e suggestivi
visibili ad occhio nudo nel cielo. Ancora ai nostri giorni l’osservazione di
un’eclisse totale di Sole è un’esperienza indimenticabile; in pochi minuti
il paesaggio circostante piomba nel buio, le stelle appaiono nel cielo in
pieno giorno, la temperatura cala in modo evidente ed avvertibile, e sui
muri e sugli oggetti compaiono frange colorate che si muovono velocemente.
L’immagine del Sole quasi sparisce dal cielo oppure, nel caso delle eclissi
anulari, essa è ridotta ad un sottile anello. Poi, con la stessa rapidità
con cui le tenebre sono calate, esse spariscono e il Sole comincia ed
emergere gradualmente da dietro il disco della Luna e la luce diurna ritorna
ad avvolgere il paesaggio, come se nulla fosse avvenuto.
L’insieme dei fenomeni che
accadono durante un’eclisse totale concorrono a produrre un’esperienza
indimenticabile.
Non dobbiamo dunque meravigliarci
se le eclissi di Sole, soprattutto quelle totali, cioè quelle in cui il
disco lunare copre completamente il disco solare, abbiano catturato
l’attenzione dei popoli di tutto il mondo fin dalla più remota antichità. Di
molte civiltà antiche esistono documenti scritti che testimoniano come le
eclissi solari venissero previste, osservate, registrate ed interpretate,
per quanto riguarda i Celti invece, nonostante le loro notevoli
capacità astronomiche e matematiche che stanno emergendo solamente in questi
ultimi tempi, non disponiamo di alcuna registrazione scritta relativa ad
eclissi effettivamente osservate.
Il meccanismo dell’eclisse di Sole
La mancanza di riscontri scritti
non implica necessariamente che le eclissi non venissero osservate e che non
venissero tentate predizioni del loro accadere. Disponiamo comunque del
calendario di Coligny, il quale mostra chiaramente che le eclissi
potevano essere previste dai druidi con un’accuratezza relativamente
elevata, eseguendo opportuni calcoli, anzi la lunghezza del “saeculum”
celtico potrebbe essere stata cablata proprio su uno dei periodi
fondamentali di ripetizione delle eclissi.
Le eclissi di Sole si
ripresentano secondo periodicità ben stabilite, alcune delle quali ben note
agli antichi, ma al contrario delle eclissi di Luna -che quando avvengono
sono visibili su tutto l’emisfero della Terra in cui il nostro satellite
naturale è visibile - quelle di Sole si possono osservare solamente entro
una stretta fascia. Prima di parlare esplicitamente dell’eclisse osservata
dagli Unelli è però utile e necessario richiamare brevemente alcune
questioni astronomiche generali relative a questo genere di fenomeni (1).
La ricerca di qualche reperto che
possa testimoniare, con un ragionevole grado di probabilità, che i Celti
osservarono e registrarono qualche eclisse di Sole, è un lavoro di estrema
difficoltà, non esistendo alcuna documentazione scritta. Tra i reperti che
possono essere di qualche utilità esistono però le monete, coniate in
grande quantità e con grande frequenza dalle varie tribù galliche, su cui
possono essere identificati alcuni simboli astronomici. Anche ai Greci e i
Romani coniarono monete con raffigurazioni di oggetti astronomici, ma esse
rappresentano solo casi limitati e poco numerosi, mentre il numero delle
coniature di monete galliche con simbologia astronomica ritrovate durante i
vari scavi è molto elevato. Questo fatto aumenta la probabilità di rilevare
qualche pezzo che potrebbe essere connesso con la registrazione di
un’eclisse solare.
La numismatica celtica è un
campo in cui la datazione dei reperti è particolarmente problematica.
Contrariamente a quanto avviene nel caso delle monete romane, in cui sia le
iscrizioni che le effigi rappresentate sono di grande utilità dal punto di
vista cronologico, nel caso delle monete celtiche risulta generalmente molto
difficile ottenere una datazione abbastanza precisa di ciascun pezzo. Questa
difficoltà è dovuta principalmente, ma non solo, alla completa mancanza di
reperti scritti giunti fino ai nostri tempi, ma anche al fatto che le
monete, anche quelle su cui sono incise delle iscrizioni, forniscono
usualmente poche informazioni utili per risalire alla data di conio. Per
quanto se ne sa, nel caso dei Celti transalpini, esistono solamente due
importanti riferimenti storici su cui basarsi e cioè la sconfitta di
Bituitus (121 a.C) che segnò il termine dell’egemonia della tribù
degli Arverni sulle altre tribù galliche e la Guerra di Gallia
condotta da Giulio Cesare dal 50 al 40 a.C. che culminò nella
sconfitta di Alesia, la quale segnò la fine dell’indipendenza delle
popolazioni celtiche della Gallia. La prima data è ritenuta empiricamente
come il limite temporale più remoto a cui far risalire l’uso di battere
moneta, mentre nel caso della battaglia di Alesia i ritrovamenti
archeologici sono numerosi e di grande interesse.
In Gallia furono coniate monete
rappresentanti il Sole che sorge (o tramonta) all’orizzonte e spesso a
questa immagine ne venne associata un’altra, rappresentante un occhio posto
sulla stessa faccia della moneta, ma difficilmente queste rappresentazione
possono essere correlate con il fenomeno dell’eclisse di Sole.
La moneta d’oro coniata dalla tribù gallica degli Unelli durante il I sec.
a.C.
Nonostante questa difficoltà è
stato possibile reperire l’immagine di una moneta coniata durante il I
secolo a.C. dalla tribù gallica degli Unelli stanziata nella penisola
del Cotentin, attualmente disponibile in un unico esemplare.
Si tratta di una piccola moneta d’oro, di soli 1,7 cm di diametro, sul cui
dritto è rappresentata, come di consuetudine, una testa maschile, ma il
verso rappresenta un lupo a fauci aperte nell’atto di mordere un disco
falcato, posto in alto nel cielo.
Gli Unelli erano una tribu gallica stanziata nell’attuale penisola del
Cotentin
In questo caso l’interpretazione
diviene molto suggestiva in quanto se si avanza l’ipotesi che la falce si
riferisse non alla Luna, ma alla frazione di disco solare che rimane
visibile durante un’eclisse parziale di Sole, oppure durante la fase
intermedia di un eclisse totale, allora potremmo pensare che la moneta degli
Unelli possa rappresentare e ricordare un’eclisse di Sole osservata nella
Gallia settentrionale durante il I secolo a.C.
Accanto alla pura registrazione
del fenomeno astronomico diviene molto interessante e suggestiva la
simbologia del lupo che morde l’astro diurno sottraendone una parte.
Rilievo della moneta d’oro degli Unelli
Non rimane ora che tentare di
identificare l’eclisse a cui l’immagine rappresentata sulla moneta potrebbe
riferirsi.
Rilievo della moneta d’oro coniata dagli Unelli
Il calcolo astronomico ci
permette di affermare che durante il I secolo a.C. furono visibili
3 eclissi, due anulari e una totale.
La prima, anulare, ebbe la sua
fase massima alle ore 10:09 (ora di Greenwich) del 29 Giugno 94 a.C., tre
giorni dopo il solstizio d’estate, in un punto della superficie terrestre
posto in mezzo all’attuale Ucraina a 47.1 gradi di latitudine nord e 31.4
gradi di longitudine est e la traccia dell’anularità non passò per il
paese degli Unelli, dove l’eclisse si vide parziale. Quel giorno, il Sole
sorse alle 4:53 ora locale, mentre la Luna, anche se invisibile perché
immersa nei bagliori solari, era già sorta da 9 minuti. L’astro diurno
transitò al meridiano astronomico locale alle 13:04, mentre la Luna 12
minuti dopo, quindi il disco del Sole e quello della Luna si erano
sovrapposti durante la mattinata. La fase massima dell’eclisse si verificò
con il Sole posto ad un’altezza apparente di 47 gradi rispetto
all’orizzonte astronomico locale e ad un azimut di 111 gradi, questo vuol
dire che l’astro era visibile tra le costellazioni del Cancro e quella dei
Gemelli, a mezz’altezza nel cielo in direzione est-sudest. La Luna
transitò lungo la parte inferiore del disco solare in modo che la “falce”
Sole fu vista con la gobba in alto.
Ricostruzione dell’aspetto
dell’eclisse del 6 Marzo del 78 a.C. come fu vista dai territori degli
Unelli.
I
calcoli ci rivelano che non venne buio in quanto la percentuale del disco
solare eclissato non fu sufficiente a provocare l’oscurità, quindi
l’immagine del Sole falcato poteva essere visibile solamente attraverso le
nubi, se ci furono, altrimenti il fenomeno avrebbe potuto passare del tutto
inosservato ai Druidi degli Unelli. L’eclisse terminò alle ore 11:18 ora
locale.
La terza, totale, ebbe luogo
alle 12:10 del 28 Maggio 64 a.C. e la fase massima si ebbe in un luogo
posto a 44.7 gradi di latitudine nord e 14.1 gradi di longitudine ovest di
Greenwich, corrispondente ad un punto posto nell’Oceano Atlantico, al
largo della Penisola Iberica. Anche in questo caso la traccia della
totalità non passò per la penisola del Cotentin, ma l’eclisse fu visibile
parziale. Quel giorno il Sole sorse alle 5:05 ora locale, mentre la Luna
era già sorta da 6 minuti. La Luna e il Sole passarono al meridiano
rispettivamente alle ore 12:58 e 12:59, quindi il transito al meridiano
astronomico locale avvenne durante il corso dell’eclisse.
Diagramma dell’eclisse anulare
del 6 Marzo del 78 a.C. La fase di totalità passò per la Gallia Cisalpina,
mentre nella penisola del Cotentin, il Sole fu solo parzialmente eclissato.
Il fenomeno iniziò prima del
mezzogiorno locale e la fase massima avvenne quasi in coincidenza della
massima altezza sull’orizzonte astronomico locale raggiunta quasi
simultaneamente dai due astri. Essi erano posizionati tra le costellazioni
del Toro e dei Gemelli e l’altezza raggiunta rispetto all’orizzonte fu pari,
quel giorno, a 61.5 gradi. L’eclisse terminò alle 14:30 circa, ora locale. I
calcoli e le simulazioni al computer ci indicano che il cielo si oscurò
parzialmente, ma senza piombare nell’oscurità più completa, quindi anche se
un osservatore attento avrebbe potuto facilmente accorgersi del fenomeno in
corso, la probabilità che esso sia sfuggito all’osservazione visuale è
tutt’altro che trascurabile.
L’eclisse di Sole del 6 Marzo
del 78 a.C. ricostruita con il calcolo astronomico per la latitudine in cui
era stanziata la tribù gallica degli Unelli.
Rimane ora l’eclisse più
significativa, cioè cronologicamente la seconda la quale ebbe il
suo massimo in un punto posto grosso modo nella parte centro-orientale
della Francia, a 44.9 gradi di latitudine nord e 6.7 gradi di longitudine
est, quindi significativamente a sud rispetto ai territori abitati dagli
Unelli. L’eclisse fu di tipo anulare e la fascia complessiva di anularità
e di totalità fu eccezionalmente ampia arrivando a ben 533 Km di
ampiezza. Poiché un grado di latitudine corrisponde in media a circa 111
km sulla superficie terrestre è possibile arguire che il limite in cui
l’anularità fu visibile giunse fino a poco più di 47 gradi di latitudine
nord, cioè passando almeno due gradi più a sud dei territori occupati
dagli Unelli, nei quali l’eclisse fu però visibile come quasi totale,
in accordo con quanto rappresentato sulla moneta.
Il fenomeno avvenne alle 10 e 09
minuti, ora locale, del 6 Marzo del 78 a.C. Il Sole, posto nella
costellazione dei Pesci, sorse alle 7 e 48 minuti, ora locale, 1 minuto dopo
la Luna, quindi l’eclisse iniziò praticamente prima dell’alba e durò gran
parte della mattinata. Questa circostanza fece di quest’eclisse un fenomeno
straordinariamente visibile a tutti. Quel giorno il Sole sorse quindi
praticamente già eclissato, quindi il grande disco dorato salì sopra
l’orizzonte, emergendo tra le nebbie di una mattina di Marzo, in direzione
sud-est, già con la forma di una falce con le punte rivolte verso il
basso e a destra. L’eclisse terminò alle 11:30 ora locale.
Il grado di straordinarietà del
fenomeno fu grande in quanto nessuno della popolazione degli Unelli poteva
aspettarsi di vedere sorgere il Sole, mancante di una consistente frazione
del suo disco, immerso nell’oscurità precedente l’alba che fu più lunga
del solito. Questa spettacolare eclisse fu interpretata in modo molto
singolare in quanto sulla moneta rileviamo la presenza del Sole falcato
con la forma e l’orientazione esattamente corrispondente a quella che le
simulazioni al computer ci forniscono nel caso dell’eclisse del Marzo 78
a.C.
Rimane ora da porre l’accento su
un altro fatto interessante e cioè che la celebrazione della festa di
Imbolc, corrispondente alla levata eliaca della stella Capella,
avvenne per gli Unelli teoricamente due giorni dopo l’eclisse e forse le due
ricorrenze avrebbero potuto essere poste in relazione tra di loro dai druidi
di quella popolazione. Quello che è importante è anche il fatto che gli
Unelli, probabilmente i loro druidi, immaginarono un lupo simbolico capace
di staccare con un morso una parte del Sole e a ricordo dello straordinario
fenomeno fecero rappresentare la scena su una moneta, il cui conio deve
quindi essere cronologicamente collocato in corrispondenza di una data un
poco più recente del 78 a.C. Anche in questo caso si rileva la
consuetudine, da parte dei Celti transalpini, di rappresentare i fenomeni
astronomici straordinari sul verso delle loro monete, consuetudine che è già
stata ampiamente documentata nel caso dei passaggi delle comete molto
appariscenti e visibili ad occhio nudo.
Bibliografia:
A.
Gaspani, 1995, "Il Cielo sulle Monete Celtiche", L'Astronomia,
No.159, Novembre 1995
A.
Gaspani, S. Cernuti, 1997, "L'ASTRONOMIA DEI CELTI, Stelle e Misura
del Tempo tra i Druidi", Ed. Keltia (Aosta).
Nota:
1)-L’orbita
lunare è inclinata, rispetto al piano dell’orbita terrestre, di un angolo pari a
circa 5 gradi il quale varia periodicamente, di circa 9’, in 173 giorni, la metà
del cosiddetto “anno delle eclissi”. L’ombra della Luna incontra la superficie
terrestre abbastanza raramente, in media non più di una volta all’anno, di
conseguenza meno della metà di tutte le eclissi solari possibili risultano
essere totali. Se un’eclisse di Sole avviene quando la Luna è posizionata in
quella parte della sua orbita che è più distante dalla Terra, allora la sua
dimensione angolare non è sufficiente a coprire completamente il disco solare,
in questo caso non si verifica un’eclisse totale ma solamente un’eclisse
anulare. Nel corso di questi eventi l’oscuramento che si produce è minimo, al
punto che un’eclisse anulare potrebbe persino passare inosservata agli occhi di
un osservatore casuale. Per una strana coincidenza, la lunghezza media del cono
d’ombra proiettato dalla Luna nello spazio è approssimativamente uguale alla
distanza media del nostro satellite dalla Terra, per questo motivo nel punto in
cui il cono d’ombra raggiunge la Terra la sua ampiezza raramente supera i 300 km
anche se talvolta, in casi eccezionali, può raggiungere quasi i 600 Km. Con il
progredire dell’eclisse, l’ombra della Luna percorre la superficie terrestre
disegnando una traccia lunga ma sottile, la velocità con cui l’ombra si sposta è
dell’ordine dei 3000 Km orari e per questo è raro che un’eclisse visibile in un
dato punto del pianeta duri più di 6 minuti. Se consideriamo l’intera
superficie terrestre possiamo affermare che in ogni secolo avvengono
approssimativamente 70 eclissi solari totali, se però consideriamo un singolo
Paese con una superficie paragonabile a quella dell’Italia allora la frequenza
si riduce mediamente a circa un’eclisse per secolo. Il calcolo astronomico ci
permette di ricostruire con grande accuratezza le circostanze e le
caratteristiche delle eclissi visibili in un dato luogo sia nel remoto passato
che nel lontano futuro. Se, ad esempio, calcoliamo quante eclissi furono
visibili a Roma dalla data della sua fondazione, tradizionalmente assunta essere
il 21 Aprile 753 a.C., fino ai tempi nostri, si rileva che quelle totali sono
state solamente 7 in tutto. Esse avvennero negli anni: 402 a.C., 188 a.C. e 18,
540, 968, 1386 e 1567 dell’era volgare. In aggiunta a queste si devono
considerare due eclissi parziali avvenute rispettivamente nel 1431 e nel 1961 le
quali furono piuttosto straordinarie in quanto nel cielo dell’Urbe il disco del
Sole fu occultato dalla Luna per il 99%. Se si esegue il calcolo per le eclissi
che furono osservabili nei territori europei che furono teatro dello sviluppo
della cultura celtica, partendo dal VI secolo a.C. fino all’anno 0, allora
scopriamo che il fenomeno fu visibile per 9 volte e più precisamente negli anni
534 a.C., 554, 348, 234, 158, 116, 94, 78 e nel 64 a.C. Tra queste vanno
annoverate 5 eclissi anulari, 3 totali e una di tipo ibrido, quella del 158
a.C., che a causa della variazione della distanza tra la superficie della Terra
e quella della Luna, causata dai reciproci moti nello spazio durante l’evento,
fu totale in taluni luoghi e anulare in altri. Furono totali le eclissi degli
anni 348, 116 e 64 a.C., mentre furono anulari quelle degli anni 534, 554, 234,
94, 78 a.C. Dal punto di vista osservativo dobbiamo ricordare che generalmente
un’eclisse di Sole non è troppo appariscente a meno che il disco del Sole non
sia coperto da quello della Luna per almeno il 97% della sua superficie. Questo
fatto implica che al di fuori della fascia di totalità, dove l’eclisse è
visibile in maniera parziale, è possibile che essa passi inosservata ad un
osservatore visuale il quale non sia al corrente dell’accadere del fenomeno.
Sotto il limite del 97%, la luce residua è tale da rendere il disco solare
ancora troppo abbagliante per essere visto falcato da un osservatore visuale.
Esistono però alcune eccezioni e cioè qualora una nuvola non troppo spessa,
oppure uno strato di nebbia, coprano il Sole oscurandone consistentemente la
brillanza oppure che l’astro sorga o tramonti eclissato. In questi casi un
osservatore visuale può accorgersi che l’aspetto dell’astro diurno non è quello
usuale, ma ne manca una consistente frazione.