|
L’arte
è contemplazione, è il piacere di uno spirito che penetra la natura e
scopre che anch’essa ha un’anima; è la più sublime missione
dell’uomo, poiché è l’esercizio del pensiero che cerca di
comprendere l’universo e di farlo comprendere
(Auguste Rodin)
In
provincia della Spezia esistono
due luoghi dotati di toponimi ricchi di particolare valore semantico, il
“Golfo dei Poeti” e la “Via dell’amore”. I poeti (come
tutti gli artisti e musicisti) sono uomini dotati di grande sensibilità e
di capacità espressive innate che li fanno estranei all’umanità
ordinaria e alla società in cui sono a chiamati a vivere, che spesso li
ricambia con l’emarginazione.
L’amore, inteso come espressione di uno stato particolare
del comportamento dell’uomo bisessuato,
tocca quasi tutti gli esseri umani. Per
comodità, questo tipo di
amore verrà espresso con la lettera iniziale minuscola (si potrebbe anche
esprimere con il termine “sentimento”) mentre se espresso con la
lettera iniziale maiuscola diverrà di nuovo una espressione di dinamiche
mentali ed affettive frutto di ricerca e di elaborazione personale da
parte di pochi.
Con questo non si vuole far diminuire il valore del suddetto comportamento dell’animale uomo, che consente la sopravvivenza della
specie attraverso la pulsione vibrazionale verso la donna,
che, secondo Teilhard de Chardin
“è il depositario responsabile di un quantum affettivo ed unitivo”.
In
entrambi i luoghi suddetti, il Golfo e la Costiera, emerge un comune
principio di causalità, il quale può
essere espresso con la definizione generale di “interazione fra geomasse
e biomasse”, intendendosi per geomasse la crosta terrestre e per biomasse
gli esseri viventi al di sopra di essa, siano essi vegetali, animali,
umani. In entrambi questi
luoghi i comportamenti umani, siano essi dei
pochi, cioè i poeti, gli scrittori, i pittori, i danzatori
e gli artisti in genere, siano essi comportamenti dei molti
“normali” che sono “innamorati”,
nascono da particolari situazioni geologiche del territorio, che
influiscono sulle dinamiche interne del corpo umano. Si assiste ad un
funzionamento che avviene in fasi successive
(oggi si direbbe in progress)
dovute ai campi
elettromagnetici, che fanno produrre da specifici organi del corpo umano
gli enzimi, i quali influenzano la successiva produzione degli ormoni. Per
migliorare la comprensione di ciò si riporta quanto scritto in una
dispensa predisposta per un corso residenziale a tema “Percorsi percettivi nelle Terre del Monferrato”,
tenuto dal prof. Roberto Chiari dal
31 ottobre al 2 novembre 1998:
“Secondo Popp,
delle quattro interazioni fondamentali oggi riconosciute (forte,
elettromagnetica, debole, gravitazionale) solo quella elettromagnetica,
dovuta a cariche elettriche e momenti magnetici, sarebbe da prendersi in
considerazione nei meccanismi di
comunicazione intracellulare e intercellulare
di un sistema vivente”.
Ricerche
effettuate presso la Università di Pisa hanno chiarito che durante il
periodo di innamoramento si riscontrano nel sangue quantità di serotonina
meno elevate del 40%! Dopo un certo periodo di tempo, in genere un anno e
mezzo, la produzione di questa sostanza risale. Ciò avviene
“normalmente” in qualsiasi luogo, ma se si frequentano luoghi in cui i
campi elettromagnetici siano
tali da favorire il suddetto progress
è possibile che la produzione di questa sostanza si modifichi. Personalmente ho
provato a fare due analisi per la ricerca della serotonina in
due
giorni successivi, dopo aver frequentato un sito sacro,
e il dato è risultato molto diverso, talché
un medico cui sottoposi gli esami ha
ritenuto ciò impossibile, ed ha imputato questa evidente differenza ad
un errore del laboratorio. Sarebbe auspicabile poter
eseguire esperimenti nei luoghi sacri preistorici, utilizzando sostanze
organiche inanimate (lieviti, gel ecc.). Si deve inoltre ricordare
che nelle tradizioni paesane
del passato esistevano i luoghi preferiti
dagli innamorati, tradizioni ora scomparse con l’avvento di
quella scatola mobile che è chiamata
“macchina” o “auto”, che
ha rivoluzionato i costumi dei
giovani, che arrivano ad usarla anche come vera e propria alcova, subendo
spesso cocenti delusioni date le ristrettezze, le scomodità e lo stato di
tensione dovuto alla non perfetta tranquillità del luogo, specie da parte
delle femmine, che hanno bisogno di maggior tempo per concentrare tutta la
loro vitalità verso il comportamento unitivo. L’esempio “limite” di
questa analisi è il racconto di chi è stato disturbato nella propria
intimità da parte di esseri alieni
che hanno circondato l’autovettura, ovviamente
in ore notturne, nel crinale del Monte Parodi, luogo noto agli
studiosi di Ufologia come quello in cui avviene la più alta
concentrazione di avvistamenti in Italia.
Se
si analizza la carta geologica delle Cinque Terre si potrà scoprire come
lungo la costa siano evidenti fenomeni tettonici di tipo distensivo che
hanno dato luogo al scivolamento
verso il mare del Macigno della falda Toscana, arenarie torbiditiche
medio grossolane in banchi con siltiti argillose, che talvolta
diventano verticali, così come si scorge dall’alto della Strada
Litoranea, approssimandosi a Riomaggiore. Più a monte passa anche una
faglia potente e profonda (una master-fault).
Esistono in proposito alcune
fotografie della Via dell’Amore pubblicate alle pagine 115 e 119 del bel libro “Magiche Cinque Terre”, a cura di Paolo
De Nevi, che mostrano inequivocabilmente la suddetta
verticalità. Per meglio capire cosa Riomaggiore rappresenti in
termini geologici, occorre dire che siamo ancora sulla zolla
africana (mentre la dirimpettaia Corsica per la maggior parte
appartiene alla piattaforma iberica, che originariamente non era attaccata
all’Eurasia, e nello scontro sono nati i Pirenei e gli Appennini)
e che la zolla africana continua a spingere verso Nord. Gli
esiti di questa spinta sono registrati nei difetti reticolari
dei minerali e particolarmente nei cementi delle arenarie della
costa, di colore giallo-rosaceo. Si prenda atto del contenuto specifico
del seguente passo: “Le pieghe e
le faglie attualmente visibili
a Riomaggiore sono il traguardo finale di un campo di sforzi orientati
Est-Est Nord Est, già esauritesi circa 1 milione di anni fa. Le prossime
pieghe e faglie con orientamento a Nord si vedranno quando le relazioni
energetiche tra i minerali trasferiranno l’energia che stanno
attualmente accumulando”.
Generalmente
nella cultura corrente non si fa distinzione fra i termini di faglia e
frattura, pensando in ogni caso ad
una lesione profonda della superficie
terrestre ed ignorando che mentre nella frattura i due lembi del
terreno rimangono stabili, nella faglia una delle due parti è soggetta a
movimento. Praticamente in questo campo la cultura corrente è ancora
ferma al Medioevo, quando i maestri costruttori, spesso riuniti in confraternite, veri e
propri specialisti della scelta e della lavorazione delle pietre nonché
della progettazione degli spazi e delle forme, innalzavano costruzioni perfette, che però, dopo uno o due secoli,
sono andate in rovina. Si
cercava infatti di posizionare l’altare delle chiese su un luogo di
emissioni di potenti flussi ionici
(incroci di linee d’acqua, di doline, di fratture, di scorrimento di
strati ecc. ecc.) perché il celebrante potesse utilizzare questi flussi
per influenzare le menti dei fedeli ad entrare in isofrequenza con esse,
cioè spingendo i fedeli ad
uniformarsi con la propria volontà
educativa. I pur grandi maestri costruttori ignoravano
però che nel caso di costruzione elevata su una faglia, questa avrebbe perso la sua stabilità. Esempi chiari di
questa situazione costruttiva sono i ruderi delle chiese di San Martino
Vecchio sul Monte Parodi (La Spezia) e di San Lorenzo al Caprione (Lerici).
Mentre i ruderi della chiesa di San Lorenzo al Caprione sono visibili dal
sentiero che sale in alto verso Campo de Già, la Gavizza, i Monti Branzi
e la Rocchetta, i ruderi di
San Martino Vecchio, che si trovano al di sotto della strada carrozzabile
del Monte Parodi in prossimità del bivio per Carpena, sono
difficilmente visibili per la continua crescita della vegetazione
di tipo “radiofilo” (amante cioè dei campi ionici) che la sommerge,
in particolare il sambuco, la vitalba e l’ortica,
che qui cresce ad altezza superiore a quella dell’uomo. Pertanto,
per visitare questi ruderi (affascinanti perché l’unica parte
dell’abside che ha resistito al tempo porta una finestratura monofora
orientata al sorgere del Sole nella festa del Santo, cioè il
giorno 11 novembre, che
guarda appunto verso la
Versilia e l’ultimo crinale delle Alpi Apuane) occorre attrezzarsi con
casco, visiera, tuta monopezzo e scarponi, nonché machete (o pennato)
come fanno i Volontari Antincendi Boschivi. Per meglio comprendere queste ultime osservazioni occorre capire che lo sviluppo della struttura dei vegetali avviene
secondo precise funzioni numeriche che appartengono alle serie pitagoriche.
Così avviene lo sviluppo dei rami, così si formano le varie strutture
dei fiori, quali il cavolfiore o il girasole; così si forma la curvatura
della banana. La struttura dell’ananas nasce da due spirali che si generano
in tal modo, ruotando una a destra ed una a sinistra, come nel caso della
pigna
del Pinus pinea (il pino da
pinoli) che si ritiene abbia
dato origine ai toponimi liguri di Pigna
e Pignone, rispettivamente nella Liguria occidentale e nella Liguria
orientale, nonché ai diversi Pigna di Corsica. Questa convinzione nasce
dalla constatazione che entrambi
i luoghi liguri furono insediamenti dei Templari, e che anche i siti della
Corsica si trovano sugli itinerari medioevali seguiti dai Templari per
attraversare l’isola, provenendo via mare dalle Baleari, per poi
reimbarcarsi nei porti della costa orientale dell’isola per raggiungere
l’Italia. Si noti la strana coincidenza fra i toponimi fra loro vicini
di Pignone e Corvara in Val
di Vara e il ripetersi, in
Corsica, di una simile coppia di toponimi vicini per ben due volte. È
noto che i Templari conoscessero
le dottrine alchemiche e non ci si deve stupire che conoscessero queste segrete proporzioni legate al numero aureo
“1,618034”, che è implicito anche nelle proporzioni fra le varie
parti del corpo umano. La rappresentazione dell’Uomo
di Vitruvio (disegnato da
Leonardo da Vinci) nella attuale moneta dell’Euro e l’uso di questo
rapporto aureo nelle misure
del Bancomat (per farlo accettare più facilmente dal pubblico) derivano da queste conoscenze.
Pitagora, conosciuto da tutti per la Tavola Pitagorica, fu uomo di
scienza, ma anche filosofo ed ebbe anche doti shamaniche, perché si
tramanda che parlasse agli animali. Non
si deve però pensare che sia stato lui
a dare origine a queste conoscenze, perché case di abitazione
dell’epoca del Bronzo, ritrovate in Israele, hanno mostrato nella loro
forma rettangolare la proporzione pitagorica. Una comunicazione in tal senso è
stata effettuata nel corso dell’VIII Convegno Nazionale della Società
Italiana di Archeoastronomia, tenutosi a Ferrara nei giorni 17-18 ottobre
2008, avente titolo: “La geometria di alcuni edifici ‘Early Bronze
Age’ di Tell Arad e Bab edh-Dhra” dagli studiosi Marcello Ranieri e
Andrea Polcaro. Robert J. Gilbert riprende questi concetti come
“geometria sacra” e così la enuncia: “Da una prospettiva olistica, ciò che chiamiamo
geometria sacra è in effetti una correlazione di schemi conoscitivi
dell’umanità da tutti i nostri antenati. Ad ogni scala
dell’esistenza, dalla scala subatomica a quella galattica, gli stessi
schemi chiave coinvolgono tutte le cose dell’esistenza. È un fatto
storico che molti di questi stessi schemi (che includono forme, modelli,
proporzioni e ritmi) sono andati bene per secoli, ma dentro un contesto
molto più olistico di oggi”. Nel nostro Medioevo queste conoscenze
furono divulgate dai matematici dello studio pisano fra Luca Paciolo e
Leonardo Fibonacci.
Si noti come i vegetali, se sottoposti a shock del tipo termico, in
conseguenza del cambio repentino di densità dei fluidi vitali
dell’albero, possano dar luogo a figure di crescita degli anelli
dendrici (dal greco dendros =
albero) simili alla farfalla, cioè con un fenomeno simile alla formazione
degli “anelli di Liesegang”,
il fisico che studiò le strutture di auto-organizzazione nei liquidi. In
analogo modo l’armonia che
regola la spirale vegetativa delle piante non avviene quando il luogo è
ricco di flussi ionici che
salgono dalle fratture o dalle faglie, e che impediscono, con il loro
continuo bombardamento, che le piante si manifestino nella loro forma
armonica, per cui si noteranno in questi luoghi piante molto alte,
sottili, senza rami o con rami che si innestano nel fusto con angolo di
inserimento molto chiuso. Molte piante non possono riprodursi in questi
siti, che vengono invece colonizzati da piante “radiofile”, che amano
cioè i luoghi ricchi di energia, come l’alloro, il ginepro, l’ortica,
il sambuco, la vitalba. Da questi esempi si capisce come la
biomassa, in questo caso vegetale, subisca l’influsso delle anomalie
della geomassa, e l’esempio viene facilmente accettato pensando che la
pianta non può spostarsi, per cui lo sviluppo previsto nel DNA
della pianta viene influenzato dalla potenza di emissione dei campi che
provengono dal sottosuolo. Per i molti che sono ancora scettici sulla
presenza di questi campi si deve ricordare che il Centro Nazionale per le
Ricerche ha reso noti i
principi scientifici che caratterizzano queste emissioni, che si possono
così riassumere:
-
Super-rotazione del nucleo centrale liquido fatto di ferro-nichel, che gira a velocità superiore
a quella di rotazione della Terra, generando impulsi come una dinamo da miliardi di Ampère;
-
percorso interno di discesa di questo flusso verso il Polo Sud;
-
uscita di questo flusso dal Polo Sud e percorso esterno
superficiale verso il Polo
Nord;
-
uscita di flussi in luoghi particolari della crosta terrestre, più
o meno similmente alla forma
del posizionamento degli aculei del riccio di mare (Sea-urkin o Paracentrotus
lividus di Lamarck).
Ciò
premesso occorre fare riferimento ad un altro principio
scientifico, che ci illustra come nella struttura atomica l’elettrone è
definito da quattro numeri quantici,
di cui uno è magnetico. Quindi è possibile facilmente prevedere che il
campo magnetico terrestre produrrà
anche, con le sue variazioni da luogo a luogo, reazioni biochimiche
diverse all’interno del corpo umano.
Ciò
avviene perché la vita si snoda in un mondo immerso nell’energia
radiante ed il nostro corpo è esso stesso fonte di radiazioni. Noi ci
facciamo un’idea di cosa siano queste radiazioni osservando la luce
visibile, quella che percepisce quel meccanismo recettore che è il nostro
occhio, ma questa ricezione è solo una piccola parte dell’intero
spettro elettromagnetico (come dice Goethe “se
l’occhio non fosse solare / mai
potrebbe guardare il Sole”). Animali più evoluti di noi hanno
sensori più sviluppati per ottenere una maggior quantità di energia
radiante rispetto a quella disponibile. L’incontro fra la radiazione
elettromagnetica e la materia porta
questa a riflettere una parte di quanto ricevuto, cioè a ritrasmetterla.
Questa realtà viene definita come “principio di riflettanza” e per
rendersene conto basta toccare con mano due pietre vicine, di cui una sia
marmo, esposte alla luce del Sole. La risposta del
marmo apparirà diversa. Il rapporto matematico fra la quantità di
radiazione magnetica riflessa da una superficie e quella incidente sulla
stessa superficie è denominato scientificamente come “riflettanza”.
Questo rilascio di energia è conseguenza della variazione del contenuto
energetico della materia, dopo l’avvenuto incontro con una radiazione
elettromagnetica esterna. Le variazioni del contenuto energetico della
materia vengono definite
scientificamente come “transizioni”. In sostanza è l’architettura
della materia a governare il proprio contenuto energetico. Due gruppi di
fenomeni producono assorbimenti ed emissioni di energia: sono i fenomeni
“elettronici”
ed i fenomeni “vibrazionali”.
L’uomo
vive accanto alle rocce della superficie terrestre, ed accanto
all’acqua. La registrazione della riflettanza dei diversi componenti
delle rocce si chiama “spettroscopia”, e dalle tabelle della
“spettroscopia di riflettanza” si può conoscere il modo
diverso di come le rocce possono influenzarci. Per capire quanto difficile
sia questa materia, esponiamo uno schema sintetico sui rapporti fra
territorio, geologia ed energia, derivante da una comunicazione
tenuta dal prof. Roberto Chiari, già docente presso l’Università di
Parma, durante il convegno “Percorsi percettivi nelle terre del
Monferrato”:
Nella composizione
energetica di un territorio concorrono alcune caratteristiche geo-fisiche
e geo-chimiche, che variano come intensità
su scale temporali sia geologiche sia umane.
Le più importanti
sono:
1)
LA STRUTTURA GEOLOGICA
Si
può suddividere in tre categorie:
a)
distensiva = i rilasci di energia
sono continui, senza fasi di accumulo;
b)
compressiva
= gli accumuli
energetici sono prevalenti sui rilasci e sono generalmente
discontinui;
c)
quiescente
= gli scambi energetici minimi
ed, in gran parte, d’origine
extrastrutturale;
2)
LA COMPOSIZIONE LITOLOGICA
Dal
punto di vista energetico, si può riassumere in quattro gruppi:
a)
materiali
prevalentemente riflettenti (per
esempio i materiali quarzosi)
b)
materiali
prevalentemente assorbenti (per
esempio i materiali organici)
c)
materiali
prevalentemente assorbenti nel Visibile e riflettenti nell’Infrarosso
(per
esempio le
terre rosse)
d)
materiali prevalentemente assorbenti
nell’Infrarosso e riflettenti nel Visibile (per
esempio i marmi)
3)
L’IDROGEOLOGIA
Può essere grossolanamente suddivisa
in:
a)
idrogeologia di acquiferi liberi
b)
idrogeologia
di acquiferi confinati
4)
L’IDROCHIMICA
Può
essere, in generale, suddivisa in:
a)
acque
recenti
(in quasi equilibrio con i gas atmosferici attuali ed i terreni
recenti)
b)
acque
antiche (in
disequilibrio con atmosfera e suolo attuali).
Tutte queste variabili concorrono alla composizione energetica del
territorio. Il loro singolo peso sul quadro generale è difficile da discernere in parecchi casi. Nei casi in cui
la parte strutturale ha un ruolo determinante, è possibile studiare
meglio queste relazioni.
Pur
con il timore di addentrarsi in una materia così complicata, che richiede
molteplici apporti scientifici, si ritiene possibile tentare una
spiegazione del perché la baia esistente fra i castelli di Lerici
e di San Terenzo sia stata chiamata “Golfo dei Poeti”, e quindi
questa denominazione sia passata a tutto il golfo, il cui logo “Golfo
dei Poeti” è ormai divenuto famoso.
Quanto
sopra presentato attiene alle
condizioni della geomassa, e, per meglio comprendere ciò che il corpo
umano potrebbe ricevere dallo
scambio energetico con le transizioni energetiche di questa geomassa,
si deve tener presente la scoperta del fisico inglese Roger Penrose, il
quale ha dimostrato come i nostri stati emotivi dipendano dal
comportamento dei microtubuli delle proteine.
Successivamente il fisico
svedese Max Tegmark ha calcolato come il tempo di attivazione ed
eccitazione di un neurone nei microtubuli delle proteine sia più lento
del tempo di “decoerenza”,
pari ad un fattore di almeno 10.000.000.000. Ciò avviene nei diversi stadi strutturali della materia, ed è
molto importante per capire come noi reagiamo a flussi
improvvisi di energia.
Dobbiamo
pensare ai poeti, agli scrittori, agli artisti in genere, come dei
contenitori di lumache infinitesimali in cui, più velocemente e con più
intensità, le corna delle loro lumache reagiscano a stimoli esterni.
A parte che gli abitanti delle Baleari affermino che nell’isola
di Maiorca si registra il maggior numero di poeti per chilometro quadrato,
lasciando pure ad essi questo primato,
è importante cercare di capire perché ciò avvenga nel Golfo dei
Poeti, luogo ove i suddetti personaggi vengono comunque a concentrarsi,
lasciandone traccia nei loro scritti o nella produzione delle loro opere.
Secondo le persone “normali”, cioè educate
secondo la mentalità corrente, il
discorso è semplicissimo. La causa di ciò sta
nella bellezza dei colori dei
tramonti. Secondo altri sta nella
bellezza del paesaggio (per cui i Portoveneresi dicono che Lerici e bello
perché di lì si può vedere Porto Venere!) ma nessuno è in grado di
spiegare perché questo benessere particolare si provi anche quando il
tempo è nuvolo o quando piove. Volendo approfondire le due precedenti spiegazioni
sembra chiaro che per la prima si tratti di ricezione di frequenze
luminose, percepite, per il suddetto principio
della vibrazione dei microtubuli
delle proteine, in maniera più elevata dall’intera struttura corporea
del poeta e dell’artista, e non solo dalla loro mente. Per la seconda il
discorso è più complesso. Si tratterebbe della memoria ancestrale
dell’uomo, che nei tempi preistorici si recava nei “luoghi
alti”,
a fare i sacrifici alle divinità. A questo punto sorgerebbe la domanda di
chi, giustamente, vorrebbe conoscere se ciò avveniva veramente nel Golfo
dei Poeti. Ed allora sovviene la nostra meravigliosa toponomastica, che ci
mostra i seguenti toponimi sacri:
-
Arpara : da harpalios = voce
greca per uccello rapace, luogo in cui esiste un’ara sacrificale in
cui
si usavano i rapaci come uccelli augurali, per scrutare l’accettazione o
meno dei
sacrifici
eseguiti, da parte della divinità, a
seconda se l’uccello prescelto si
ripresentasse
dalla stessa direzione (di levante o di ponente, a seconda delle regole
liturgiche
dei vari popoli, per cui per i Paleo-umbri picus
ab leva, cioè il picchio
doveva
essere considerato da levante; dall’importanza del
picchio deriverà poi l’Ager
Picenus).
Si noti come questo toponimo si rinvenga in
Salita Arpara, per raggiungere
il
Castello di Lerici, e si
ritrovi nella costiera di
Porto Venere come Grande Arpaia e
Piccola
Arpaia, in contiguità con l’altro speciale toponimo paleo-umbro di
Mandracchio,
dialettalmente
Mandraccio, da mantrakle
(tovaglia sacrificale);
-
Falconara : luogo dell’ara sacrificale in
cui i si usavano i rapaci come uccelli augurali per
scrutare
l’accettazione o meno del sacrificio a seconda se l’uccello prescelto
si
ripresentasse dalla stessa direzione (in questo caso i
falchi). Si noti come questo
toponimo
si ripresenti più in basso nel promontorio di Falconara, come Oca Pelata
(oggi Punta di Santa Teresa) e più in alto nel Monte
do Sogio di Pitelli, ove Sogio
è il
solium,
cioè il sedile del sacerdote, e Pitelli è un toponimo derivato
della voce paleo-
umbra
puplitelli, cioè il popolo dei
maschi;
-
Oca Pelata : da ocar pihatu dei Paleo-umbri, in cui ocar
è il “luogo alto” (corrispondente
semanticamente
al Latino arx ) e pihatu sta per
“pregato ad alta voce”;
-
Vallestrieri : in dialetto Vaistee
o Vaistei, toponimo che si trova
lungo la strada militare del
Forte
Rocchetta, luogo dotato di una grande panoramicità, e derivante dalla voce
paleo-umbra uesteis,
di cui si trascrive il significato tratto dal libro “Le Tavole di
Gubbio
e
la civiltà degli Umbri”(Ancillotti & Cerri, Perugia) = impastando,
come derivazione dal
verbo uesticaom,
cioè impastare, chiaro riferimento alle offerte non cruente delle
pastelle di
varie forme. Si pensi
alla tradizione lunigianese del testarolo, pastella di forma rotonda, e
della torta ficla (con il buco come il nostro buccellato, chiaro riferimento
alla sessualità
femminile) o all’attuale “strudel”, che deriva dal termine struhçla,
relativo alla sessualità
maschile, come lo sono i
nostri filoncini di pane
o le baghette francesi. Si
noti come il
termine
struhçla venga collegato
con il libo sacrificale a
strati dei Latini (libum), e
come ciò
corrisponda all’avvolgere con diversi strati di pasta il ripieno dello
strudel. Si pensi alla
lasagna,
non quella squadrata a mandilu,
ma quella derivata dalla losanga (dal greco loxos
+
anghilos
= obliquo + tagliato)
che, secondo la tradizione della
Media Valle della Magra, va
data
da mangiare alle donne che allattano, o che, secondo la tradizione
della Bassa Valle, va
fatta riposare sulla madia e poi servita
nella festa dell’Epifania, come
rito propiziatorio per
non
dover sopportare la fame, come si apprende dai
proverbi
- chi pe’ a Pefana no fa a lasagna, tuto l’ano i s’arencagna;
chi
non fa le lasagne per l’Epifania soffrirà la fame per tutto l’anno;
(tradizione
magico-impetrativa di Lerici e Tellaro)
-
Paskua Pefana, bianca lasagna,
o bianca o negra, basta che la sia destesa;
per
l’Epifania si fanno le lasagne, o bianche o verdi purché siano distese
sulla madia;
(tradizione
di Lerici e Sarzana).
Quanto
sopra contrasta con la tesi sostenuta finora dalla cultura ufficiale
(Sovrintendenze, Università, Accademie e Istituti
vari ecc. ecc.) secondo cui nella Liguria Orientale soltanto le
statue-stele sarebbero antichi reperti, e quindi documentazione
inoppugnabile, di civiltà preistoriche. Ciò stride inevitabilmente con
l’ultima potente scoperta di Brian Sykes, professore di genetica presso
l’Università di Oxford, secondo cui
17 000 anni fa, nella pianura costiera prospiciente la Lunigiana
(allora il mare era ad un livello più basso di 110 metri rispetto
all’attuale) si è formato un nuovo DNA, che attualmente è posseduto
numericamente dal 9% della
popolazione mondiale, ma che si trova concentrato nella nostra zona
mediterranea e si ritrova
assai numeroso anche nell’Inghilterra occidentale e nella Irlanda occidentale.
Egli stesso è portatore di questo DNA, ottenuto con l’analisi dei
mitocondri femminili. Nel libro “The Seven Daughters of Eve”, che
porta come sottotitolo “The Science that reveals our genetic Ancestry”,
egli ha denominato come “Tara” questa nostra genia. Le altre sei madri
ancestrali sono “Ursula” (Grecia, 45 000 B.P.) “Xenia” (Caucaso,
25 000 B.P.) “Helena” (Dordogna, 20 000 B.P.) “Velda” (Pirenei, 17
000 B.P.) “Katrine” (Istria, 15 000 B.P.) “Jasmine” (Israele, 10
000 B.P.). Si noti la contemporaneità fra le genti di Lunigiana e le
genti pirenaiche, ma è da ritenersi che i due gruppi non siano giunti in
contatto.
Molte
persone non accettano
che i luoghi mantengano la memoria di ciò che vi è avvenuto, ma giova
ricordare che Padre Pellegrino Alfredo Maria Ernetti, nato a Rocca Santo
Stefano presso Subiaco nel 1925, morto a Venezia nell’isola di San
Giorgio nel 1994, monaco benedettino, esorcista e musicologo, titolare
dell’unica cattedra esistente al mondo di musica prepolifonica, presso
il Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia, è
riuscito con la specialissima macchina
da lui messa a punto ad
ottenere la registrazione del quarto atto di una tragedia greca, il
Thyeste, rilevata presso il Tempio di Apollo, situato fra il Foro Romano
ed il Circo Flaminio, andato perduto, nonché ad ottenere l’ascolto
del discorso con cui Napoleone abrogava l’esistenza della
Serenissima Repubblica di Venezia, oltre ad un discorso di Mussolini.
Egli sosteneva infatti che le musiche e le voci, i suoni in genere,
si disgregano, ma che è possibile riaggregarli, in conformità al
principio del dualismo e al principio che nulla si crea e nulla si
distrugge. Egli eseguiva con Padre Gemelli esperimenti per la captazione
della voce dei trapassati. Ma soprattutto egli riuscì, in prossimità di
una reliquia della Santa Croce, a fotografare il volto di Gesù. Ben si
capisce come il Vaticano abbia voluto
sequestrargli quella macchina
“diabolica”, costruita con la consulenza di grandi scienziati, quali
Fermi e Von Braun, perché
ritenuta troppo pericolosa (per chi detiene il potere della conoscenza).
Egli infatti ne aveva presentato il funzionamento allo stesso Papa
Pio XII ed al Presidente della Repubblica Italiana. Su di lui calò
l’ordine del silenzio. Non solo, ma nel 1988 il Vaticano emanò un
decreto con cui si metteva in guardia, pena la scomunica, contro chi capti
o divulghi <con qualsiasi strumento tecnico (incluso il
“Cronovisore” di Padre Ernetti) qualsiasi cosa, vera o finta…>!
Come sempre, di fronte a scoperte troppo innovative, scatta
l’oscurantismo. La macchina, sequestrata dal Vaticano, sarebbe poi stata
consegnata al Ministero degli Interni e trattenuta al Viminale.
Personalmente ho potuto parlare con il padre scolopo
che era stato suo antagonista, Padre Luigi Borello, insegnante di fisica e
membro della Accademia Tiberina, ricercatore
della Teoria Neutrinica di Cesare Colangeli. Dopo aver contrastato
inizialmente Padre Ernetti, Padre Borello ne divenne sostenitore ed iniziò
egli stesso esperimenti per ricreare il “Cronovisore”. Secondo quanto
egli mi raccontò, chiese preventivamente il permesso di eseguire
questi esperimenti al Vaticano, ma non ottenne risposta alcuna, né in
negativo né in positivo, per cui poté proseguire gli studi presso il laboratorio che aveva montato nella Colonia Estiva
di Varazze. Prima di morire
egli mi raccontò inoltre di aver potuto far registrare da un
“testimone”, in questo caso un pezzo di pomice, un’opera (prima
suonata in presenza di questo pezzo di pomice) introducendo all’interno
di quell’amasso informe la punta metallica del nuovo strumento da lui
messo a punto. Padre Borello, nato nel 1926, è morto nel 2001 e così non
è più stato possibile continuare questo prezioso contatto. Al fine di
confortare coloro che rimangono scettici o confusi di fronte a quanto
sopra, si trascrive un passo
del fisico Alain Aspect dell’Università di Parigi, nato nel 1947
e vivente: “Nella nuova concezione
l’universo è visto come
una rete dinamica di eventi interconnessi. Nessuna proprietà di una
qualsiasi parte di questa rete è fondamentale, ognuna di essa deriva
dalle proprietà delle altre parti e la struttura complessiva delle loro
connessioni reciproche determina la struttura dell’intera
rete…processo infinito perché circolare…”. Andando oltre nella
ricerca delle ragioni per cui poeti
ed artisti sarebbero attratti dal nostro golfo, è possibile estendere
ulteriormente la ricerca alle interazioni geomasse / biomasse attraverso la
presenza nel Caprione di grandi faglie. Si noti come la struttura
orogenica del nostro Appennino sia collegata
alla storia del Mediterraneo
Occidentale, ed in particolare all’apertura del Mare delle Baleari e del
Mar Tirreno, apertura quest’ultima che
è iniziata proprio in Lunigiana. Emerge quindi una
coincidenza fra la memoria di poeti concentrati nell’isola di Maiorca e
di poeti concentrati
nel Golfo dei Poeti. Ciò
deriverebbe da una situazione
geologica particolare, generatrice di uno stato vibrazionale insolito,
gradevole e memorizzabile attraverso le vibrazioni dei microtubuli delle
proteine delle persone che sono oggetto del nostro studio. La nascita di una
simile ipotesi è anche
confermata dalla ormai più
che decennale osservazione delle persone che vengono ad ammirare il
formarsi della “farfalla dorata” nel sito sacro di San Lorenzo al
Caprione, poche decine di metri sotto i ruderi della chiesa.
Si è infatti notato che molte
persone (ed i visitatori sono ormai diverse migliaia)
percepiscono flussi di energia dal culmine della pietra a forma di
losanga che sovrasta il quadrilite, con
stimoli da esse definiti come
onde continue di calore, oppure punzecchiature come di spillo, ma di
natura elettrica. Per contro vi
sono state cinque persone che hanno dichiarato di aver avuto sensazione
di freddo. E fra queste un uomo. Dopo aver rilevato per la prima
volta questa anomalia di comportamento in una donna, un architetto, per di
più studiosa di geobiologia,
è stata incaricata
un’altra persona, dotata di grande sensibilità,
ad effettuare – in doppio ceco – una analisi simile.
Anch’essa ha manifestato la stessa sintomatologia,
per cui si è reso necessario prelevare un campione della roccia,
prima classificata come normale dolomia, e sottoporla ad analisi
spettrografica. L’analisi ha fatto conoscere che questa dolomia è ricca di
ossidi di ferro, in
particolare ematite e pirrotite. Essendo il sito di San Lorenzo collocato
su una delle faglie principali con
cui si è formata la apertura
del Mar Tirreno, avviene che una parte prevalente dei campi
elettromagnetici, dovuti alla presenza della faglia,
sia assorbita da questi due tipi di ossidi
presenti nella dolomia. Stimando questo assorbimento in circa il 70%,
rimane ai normali frequentatori del sito l’assorbimento del restante
30%. Avviene però che alcune persone, forse per qualità specifiche del
proprio sangue, entrino in isofrequenza con gli ossidi presenti nella
roccia, e quindi ne traggano una sensazione di freddo, cioè entrino
frequenzialmente all’interno dello scambio che avviene fra i campi elettromagnetici emessi dalla
faglia e la sovrastante
dolomia. Dalla tipologia dei cinque soggetti
che sperimentarono questa sensazione sembrerebbe potersi rilevare la
presenza di uno stato leggermente anemico, ma, non essendo possibile
violare la privacy delle persone, si renderà necessario eseguire
esperimenti con modalità diverse, servendosi di parametri oggettivi.
Prescindendo da questo tipo di riflessioni, e dei conseguenti futuri
progetti, sembra però che queste transizioni energetiche possano spiegare le sensazioni
provate dai nostri poeti ed artisti. Un “testimonial”,
ovvero una certificazione di ciò, ci è fornita
inconsciamente dallo scrittore, novelliere e poeta David Herbert Lawrence,
che dopo essere andato a fare un pic-nic sul Monte Caprione, partendo da
Tellaro e seguendo la via che da Capo d’Acqua raggiunge la Valletta, così
ne scrive in una lettera ad un amico
:
To
A.W. McLeod
Lerici, per Fiascherino,
Golfo
della Spezia, Italia.
14
Marzo, 1914
Dear Mac, -
Thanks
for……[omissis]
Today
we have been a great pic-nic high up, looking at the Carrara
mountains, and the flat valley of the Magra, and the sea cost sweeping
round in a curve that makes my blood run with delight, sweeping round, and
it seems up into the vaporous heaven with tiny scattering of villages,
like handfuls of shells thrown on the beach, right beyond Viareggio – I
could not tell you how I could jump up into the air, it is so lovely. I
want at this time to walk away, to walk south, into the Apenines, through
the villages one sees perched high up across the valley…
[omissis]
I
wait to hear.
Tanti
saluti”
D.H. Lawrence
Emergono
da questa lettera molte
coincidenze con i punti sopra
trattati. Per meglio capire occorre spiegare che
quando Lawrence provò l’esperienza
di sentire che il suo sangue si mise a scorrere con delizia (my
blood run with delight) egli
si trovava proprio sulla master-fault
che sovrasta il sito sacro megalitico di Scornia (etimologia celtica da skeir-na
= luogo delle rocce). L’effetto di questa faglia fu in lui potente perché
egli era minato dalla tisi, per cui si sentì di saltare in aria dalla
gioia ed espresse la sua contentezza dicendo che ciò è veramente
amabile (it is so lovely).
Lo scrittore Giuseppe Conte, in un articolo uscito sul giornale “Il
Secolo XIX” del 30 maggio 1999, descrivendo
un viaggio fatto in Liguria, quando trattò di Spotorno e di Villa
Bernarda, ove Lawrence soggiornò, scrisse: “Al
n° 11 c’è Villa Bernarda, dove D.H. Lawrence abitò
con la moglie Frieda tra il 1925
e il 1926. Adoratore delle forze
magiche della natura, Lawrence trovò la Spotorno di quegli anni abbastanza
autentica e selvatica per stabilirvisi…”. Sostanzialmente, in
maniera velata, con quel selvatica
voleva egli informarci
che Lawrence fosse un sensitivo?
Ritornando
all’esperienza del Caprione, Lawrence rimase inoltre colpito dalla
vastità della visione di quella costa, che, al disotto della verticalità
delle Alpi Apuane (che egli chiama monti di Carrara) forma come un arco
ovale (sweeping round).
Egli cita due volte questa espressione ed in ciò sembra di potersi
rilevare un richiamo ancestrale alla
liturgia delle Tavole di
Gubbio,
attraverso il valore
semantico dell’espressione “di
lì potrai vedere estendersi sotto di te una grande superficie” (ahmei stahmei stahmeitei)
in cui stahmei sta per “spazio
augurale”, cioè lo spazio in cui stava l’augure, stahmeitei sta per stabilito, cioè approvato dagli anziani della
tribù, ed esmei è un pronome
dimostrativo, simile al dativo sanscrito asmai
e al locativo sanscrito asmin.
Da
questa complessità semantica dovrebbero derivare i toponimi
dell’Ameglia ligure, da cui si può scorgere lo stesso panorama visto da
Lawrence dalle alture del Caprione, e l’Amelia umbra, nonché il più
elevato sito di S.Anna di
Stazzema, di cui, in un
documento medioevale dell’epoca di Carlo Magno, emerge la indicazione
come Statelme, assai simile peraltro al
toponimo di Val di Vara “Stadomelli”, altura vicina al luogo chiamato
“Persico”, che riprende la radice paleo-umbra persklum,
pietra altare. Questo ultimo toponimo si ritrova sia sopra a Levanto, sia
nell’omonimo spiaggione che è sotto Campiglia, nella
costiera dirupata che è
prossima alle Cinque Terre.
Qui si rinviene appunto una pietra altare, con nove coppelle e coppella centrale, da cui
si può traguardare l’allineamento sacro fra la sottostante cuspide
dello Scoglio Ferale
e la cuspide del Monviso, il monte sacro degli antichi Liguri.
Un
altro elemento che bisogna notare nella lettera di Lawrence
è il richiamo che egli sente a dover visitare quei luoghi, quei
villaggi sparsi nella montagna come tante conchiglie sparse nella spiaggia
del mare. Ci si deve chiedere da quale stato vibratorio nasca questa sua
esigenza, e la spiegazione più consona sembra sia quella di un richiamo
ancestrale.
Non
mancano nelle lettere di Lawrence precisi riferimenti anche ai cromatismi
del golfo :
Lettera
a Lady Cynthia Asquith
-
and
then at evening all the sea is milky gold and scarlet with sundown. It is
very pretty;
-
“e quindi
la sera tutto il mare diviene come latte del colore dell’oro e
scarlatto. È assai leggiadro”;
Lettera
a W. E. Hopkin
-
The
Mediterranean
is quite wonderful
- and when the sun sets beyond
the islands of Porto Venere, and all the sea is like heaving white milk
with a street of fire across
it, and amethyst islands away back, it is too beautiful…;
-
“Il Mediterraneo è veramente meraviglioso – e quando il Sole
tramonta dietro le isole di Porto Venere, e tutto il mare è come
palpitante bianco latte con una strada di fuoco che lo attraversa, e isole
ametista lontane dietro ad essa, è troppo bello…”.
Altrove,
in una lettera indirizzata all’amico
Henry Savage, scritta da bordo del vaporetto della “Unione Operaia”,
egli annota come gli appare la spiaggia di San Terenzo, mentre il battello
sta attraccando al pontile:
To
Henry Savage
Lerici,
per Fiascherino,
Italy
Monday………1913
Dear Savage,
I
wonder how long…[omissis]
I
am writing on the steamer, going to Spezia. It is a wonderful morning,
with a great, level, massive
blue
sea, and strange sails far out, deep in a pearl glow, and San Terinzo all
glittering pink on the shore. It is so beautiful, it almost hurts : so
big, with such a massive dark sea and such endless, pearl white sky far
away and level with ones eyes. On this sea, looking at the horizon, I
never know
whether I shall feel
a sensation of gradual, infinite up-slope, or of slow, sure stooping into
the spaces….[omissis]
“Sto
scrivendo su un vaporetto che sta andando a Spezia. È un meraviglioso
mattino, con un grande, piatto, massiccio mare blu e strane vele lontane,
con una profonda luminosità di perla, e San Terenzo tutto scintillante di rosa sulla spiaggia. È così bello che fa
quasi male:
così grande, con così massiccio mare scuro e così sconfinato cielo,
color perla, è lo spaziare lontano
a livello dei propri occhi. Su questo mare, guardando verso l’orizzonte,
io non so mai se sto per percepire
una sensazione di graduale, infinito ascendere, o un di un lento, sicuro
fermarmi negli spazi in alto”.
Qui
si può percepire tutto il suo
stato vibratorio, e la sensazione di riceverne quasi un malessere (it
almost hurts) fa pensare ad un campo energetico che abbia coinvolto
fortemente il nervo vago. Ciò viene confermato dalla successiva
confessione di non capire se egli sia in fase di continua graduale
elevazione oppure sia in condizione di fissità in elevazione.
Conviene
qui citare quanto il concittadino ing. Sergio Berti, Vicepresidente della
“Associazione Architettura
& Geobiologia Studi Integrati” ha riportato in suo articolo,
pubblicato nel Bollettino n° 63 della Asociacion de Estudios
Geobiologicos GEA (Spagna) portante il titolo: “Misura della Heart Rate Variability (HRV)
come indicatore attendibile delle interazioni tra uomo e ambiente”.
Egli
afferma che ”Attraverso la misura
e l’analisi spettrale della Heart Rate Variability si possono ottenere
importanti informazioni oggettive sulla
tipologia di interazioni che si instaurano tra uomo e ambiente,
permettendo, così, di
evidenziare quanto l’ambiente è in grado di stimolare il
sistema nervoso autonomo e di
valutare il sistema di bilanciamento indotto tra il sistema nervoso
Simpatico e Parasimpatico. È possibile, quindi, evidenziare
strumentalmente luoghi che stimolano il sistema
Simpatico e
luoghi dove l’attività dello stesso si riduce al di sotto del livello
normale minimo, con
predominanza dell’attività Parasimpatica...”. Il cuore è uno
degli organi tipicamente responsivi del bilanciamento Simpatico e
Parasimpatico. Nel cuore, la capacità del ventricolo di generare
pressione è controllata dal sistema nervoso Simpatico e l’ormone che
maggiormente contribuisce alla contrattilità ventricolare è
l’adrenalina. Il sistema Parasimpatico invece ha effetto deprimente sul
cuore: esso rallenta la conduzione dell’impulso e così diminuisce la
velocità di contrazione del cuore e la forza di contrazione cardiaca.
Infatti l’acetilcolina, secreta dai neuroni parasimpatici, rallenta la
conduzione dei potenziali d’azione e la frequenza cardiaca. Il cuore può
essere, quindi, un organo da utilizzare come sensore per comprendere come
l’ambiente esterno è in grado di influenzare l’organismo umano
attraverso l’equilibrio tra sistema Simpatico e Parasimpatico. La
tecnica di misura della Heart Rate Variability utilizza, infatti, questo
organo come sensore per rilevare il livello di bilanciamento indotto tra
sistema Simpatico e Parasimpatico, da parte dell’ambiente. In
conclusione della pubblicazione l’ing. Sergio
Berti evidenzia ancora: “Questa
metodologia di misura può
essere molto interessante per la validazione di quella parte delle
indagini geobiologiche dove è predominante la componente di rilievo
biofisica con caratteristiche più soggettive (rilievo dell’influenza
delle falde acquifere, delle interazioni tettoniche e delle reti di
interazioni naturali). Può essere, inoltre, utilizzata per la valutazione
dei luoghi dove dormire, delle interazioni con i materiali da costruire e
di tutti i materiali che possono venire a stretto contatto con
l’organismo umano. Può trovare applicazioni anche nell’analisi delle
interazioni uomo-ambiente nei siti di interesse archeologico (siti
rituali, siti sacri, siti di guarigione, residenze antiche, etc. ) per
meglio comprenderne la funzionalità intrinseca relativa.”
Viene,
inoltre, da pensare che
Lawrence, come altri grandi poeti “including
Arthur Rimbaud, Vladimir Nabokov, and Marcel Proust”
possano essere portatori di esperienze sinestetiche, cioè sensazioni di
un tipo associate ad altre di tipo diverso, ad esempio associazioni
uditive e di colore. Una
frase di Rainer Maria Rilke che sembra richiamare esperienze sinestetiche,
secondo Robert Lawlor, sarebbe la seguente:
My
eyes already touch the sunny hill
going
far ahead of the road I have begun.
(I
miei occhi già toccano la collina solatia
e
mi portano lontano al di sopra della strada che ho iniziato a seguire).
Indubbiamente
Lawrence appartiene a quelle persone che subiscono il campo energetico che
proviene dall’acqua del mare. Molte persone, infatti, non possono
neppure guardare il mare, perché ne vengono destabilizzate, sconvolte,
dai riflessi della luce sull’acqua. Con
ciò non si pensi che egli sia uscito di senno in modo da percepire
anche un colore rosa della sabbia, perché in effetti ciò corrisponde a
verità, in quanto il
promontorio alle spalle di San Terenzo è formato da quarzite rosa, che il
mare frangeva e trasportava sulla spiaggia! Oggi ciò non è più visibile perché molti
autocarri, in conformità alle “geniali” deliberazioni dei
moderni amministratori,
vi hanno scaricato sabbia di fiume, cancellando così una delle più
belle qualità del nostro ambiente marino, impoverendo così la
potenzialità dei nostri “valori d’uso”
che potrebbero essere i punti forti di una offerta di quel
turismo culturale che gli Inglesi chiamano di special
interest. Si tenga presente che su questa spiaggia si stabilì P.B.
Shelley, il “cor cordium”,
che qui visse esperienze speciali,
quali quella di vedere la piccola figlia di Byron, Allegra,
sorgere dal mare nuda, sorridente, che batteva le mani. Successivamente Shelley
la vide passare due volte, nello stesso senso, attraverso le tre
porte-finestre della grande terrazza della “Casa Bianca”.
Ciò lo turbò perché fu un presagio di un
qualcosa che gli sarebbe capitato, che andava oltre la materialità, perché
normalmente un corpo non può passare due volte nello stesso senso senza
prima essere tornato indietro. Oggi si può spiegare ciò con la fisica
quantistica. La materialità del corpo umano è
uno stato
di energia bloccata in
frequenza e non può permettere un simile doppio passaggio nello stesso
senso. Uno stato di energia
libera, non bloccata in frequenza, cioè libera dalla corporeità, poteva
permettere ciò che Shelley aveva potuto osservare. Ciò era forse da
leggere come messaggio di un evento futuro. Egli
ne fu turbato. E ciò infatti sarebbe
prossimamente accaduto al grande poeta, che amava molto quella bimba bella
e dolcissima, che voleva adottare, ma che non
poté adottare per le sue complicate
questioni interne famigliari. Poco dopo Shelley naufragò col suo
battello “Ariel”,
di ritorno da un viaggio per Livorno, durante un fortunale che lo
colpì davanti la spiaggia della Versilia.
Nota per il
lettore:
Questa materia
potrebbe essere considerata come esoterica (cioè relativa a ciò che sta
dentro) dagli uomini di vecchia tradizione culturale,
ma alla luce delle nuove scoperte così non è. Infatti con questi studi si
tende alla divulgazione di fenomeni prima considerati esoterici,
e quindi si tratterebbe semmai di materia essoterica
(cioè semanticamente volta a
far divulgare al di fuori)
sia perché oggettivamente attiene a fenomeni sperimentabili con il corpo
umano e con l’animo umano,
ma non ancora riferibili al
superiore piano
dello spirito. Va
chiarito infatti che il
livello dell’anima appartiene a tutti i generi di animali, ivi
compresi gli uomini. Valga per tutti, compresi i pur
timorosi Cattolici, la netta distinzione
che San Paolo propone fra il corpo, l’anima
e lo spirito. Ciò si legge sia
nella Prima Lettera ai Tessalonicesi (5-23), sia nella Lettera agli Ebrei
(4,12) ove egli introduce
anche la dimensione di
contatto fra l’anima e lo spirito: “… la parola…di Dio.. penetra
fino al punto di divisione dell’anima e
dello spirito”. Con
questa precisazione si può meglio
distinguere il vissuto dei poeti, e degli artisti in genere,
dal vissuto dei mistici,
e, volendo, attribuire alle
esperienze di questi ultimi il significato di esoteriche.
Nonostante queste
delucidazioni è possibile che alcuni lettori rimangano titubanti,
incerti, imbarazzati nel loro intimo ad accettare
questa trattazione. Si ritiene pertanto riprendere il discorso con
un altro taglio, focalizzando l’attenzione su quanto scrive Lawrence,
così come riportato dallo studioso Robert Lawrol,
a proposito dell’ombra o meglio del lato oscuro della psiche
umana:
Are
you willing to be sponged out,
erased, canceled, made nothing…
dipped
in oblivion? If not, you will
never
really change.
Sostanzialmente
Lawrence ci dice che se non
ci sentiamo mai di essere spazzati via, cancellati, annullati, diventati
nulla, sprofondati nell’oblio, non potremo mai veramente cambiare, e per
essere più chiari, io aggiungerei crescere
ed evolvere. Quanto sopra per dire che meglio ci si addentrerà in questa
materia se ci si troverà in un certo stato d’animo, favorevole a
modificare il rapporto con la realtà,
precedentemente improntato al sentire cosidetto “ normale”,
determinato dalla cultura ufficiale. Lawlor, studioso degli Aborigeni
australiani, scrive che questi considerano le vene
minerarie di ferro e
di ocra come il sangue della terra, mentre noi sorridiamo di fronte a
questa loro credenza. Egli ci avverte però che,
disgraziatamente, le
statistiche dimostrano un esatto parallelismo fra l’estrazione del
minerale di ferro, e la sua successiva trasformazione in metallo ferroso
ed acciaio, e lo spargimento di
sangue umano in conseguenza delle guerre, ormai divenute guerre mondiali,
come la WWI e la WWII. Ancorché
ciò debba essere considerato un “difettivo sillogismo” secondo la
logica dantesca, è una dura verità, che è stata ignorata ancora durante
i recenti anni della
Presidenza Bush. Per capire ciò occorre fare uno sforzo di lettura
olistica della civiltà materiale contemporanea. Ciò che facciamo alla
Terra, ricade su noi stessi. Recenti dati indicano che le ossa degli
attuali viventi contengono da
40 a 100 volte di più di piombo rispetto alle mummie dei faraoni
egiziani. Il contenuto di piombo che circola nel sangue è
causa di malattie del corpo, di disagi mentali e di comportamenti
criminali.
I dati che ci presentano i “media” sono evidenti. Tutto ciò (ammesso
che voglia essere conosciuto
dall’uomo della strada) crea in noi contemporanei
stupore e disappunto, ma per gli Aborigeni è una normale conseguenza, un logica ricaduta per la violazione dei principi sacri della saggezza.
Poiché
potrebbero esservi lettori di taglio umanistico che
ancora rimangano dubbiosi sul
contenuto olistico del presente scritto, e
si pongano l’interrogativo di cosa sia mutato nella mente dei poeti,
degli scrittori, degli
artisti che abbiano frequentato il nostro golfo,
e ne abbiano assorbito
le frequenze, cercherò di analizzare anche questa interessante domanda,
di non certo facile risposta. Con grande dolore si deve prendere atto che
Shelley, il “cor cordium”, ha
interrotto prematuramente la sua esperienza
nel golfo. Non ci resta quindi che una evidente considerazione,
cioè che egli abbia voluto deliberatamente sfidare il destino, con due violazioni delle tradizioni del
mare, una di natura superstiziosa,
quale quella di non cambiare
mai nome ad una barca o ad una nave, ed una di natura illogica
sul coefficente di stabilità trasversale, quale quella di far innalzare
l’albero della vela per migliorare la velocità a scapito della
sicurezza, facendo aumentare il rischio di “fare
scuffia”. E questa illogicità appare a noi, gente di mare, tanto più
illogica e incomprensibile, sapendo che egli non sapeva nuotare. In lui ha
vinto l’eros della velocità, stimolato dalle elevate frequenze
vibrazionali che egli viveva nel golfo, frequenze che emergono
nella bellissima “Ode al Vento dell’Ovest”. Liberazione
quindi di una volontà estrema, liberazione dai limiti che la natura ha
imposto all’uomo, liberazione di istanze titaniche, quasi voler volare
sulle ali dell’albatros. Egli infatti scrive di sé stesso:
Woe
is me?
The
winged words on which my soul would pierce
Into
the heights of love’s rare universe
Are
chains of lead around its flight of fire.
I
pant, I sink, I tremble, I
exipire!
Egli si sente incatenato e non può raggiungere le vette del
raro amore universale. I
critici inglesi riconoscono che nel mare del golfo, nella baia
di San Terenzo, “dove la musica, il chiarore lunare e il
sentimento sono un tutt’uno” (Where music and moon-light and
feeling are one) Shelley
ha trascorso i suoi giorni più felici. Qui egli ha sperimentato salute
fisica e serenità di spirito. Qui il suo spirito si è liberato.
Una indiretta conferma di ciò si può leggere nella lettera che
Mary Shelley ha scritto il 1° maggio 1839, successiva quindi alla morte
di Shelley, all’amica Maria Gisborne. L’ultimo capoverso così recita:
“La
bellezza del luogo, per essere così prorompente, non sembrava di questa
terra: la distanza da ogni traccia di civiltà, il mare ai nostri piedi, i
suoi mormorii o il suo ruggire sempre nei nostri occhi, tutte queste cose
inducevano la mente a meditare su strani pensieri e sollevandola dalla
vita di ogni giorno, la portava a familiarizzare con l’irreale”.
Mary cerca di
trovare la spiegazione di ciò nel ritmico rumore del mare, ma dimentica
la congiunta azione dei raggi solari, che, se percuotono per molte ore
soggetti di carnagione chiara e con occhi chiari, possono indurre il
cervello in uno stato di grande eccitazione. A ciò si aggiunga
l’effetto delle frequenze indotte dalla spiaggia di quarzite rosa di San
Terenzo, così profondamente descritto da Lawrence nella lettera a Henry
Savage del 1913, che per maggior chiarezza, ancora si ripropone:
“Scritto
da bordo del vaporetto “Unione Operaia”.
È
un meraviglioso mattino, con un grande, piatto, massiccio mare blu e
strane vele lontane, con una profonda
luminosità di perla, e San Terenzo tutto
scintillante di rosa sulla spiaggia. È così bello che fa quasi male”.
Che si possa
palare di una “liberazione”, in questo caso collettiva, dal loro
essere “inglesi”, o meglio nobili inglesi, lo si deduce dal tenore di un’altra lettera, in cui
Mary scrive:
“Ora
viviamo senza
problemi alla giornata, assaporando la bellezza del luogo, in una specie
di ordine disordinato”.
Innegabilmente queste testimonianze dimostrano che sono intervenuti
cambiamenti nel modo di sentire e nel modo di comportarsi.
Dalle narrazioni
del marinaio Barba Bepe e dalla domestica Maria, riportate nel manoscritto
della rappresentazione teatrale “La scelta di Shelley” (Shelley’s
Choise) curata da Guido Guarini, presidente della Associazione Culturale
“Trabastia” di San Terenzo, si legge che spesso Shelley usciva all’aperto a fare il
bagno nudo, ed una volta a Lerici rischiò di morire, perché si tuffò,
nudo, ove l’acqua era
profonda ma fu salvato da un pescatore che si gettò in mare vestito e lo
trasse a riva trascinandolo per i lunghi capelli biondi. Il poeta, quasi
arrabbiato (così ha narrato
il pescatore a Barba Bepe)
prese i pantaloni e scappò via, senza ringraziare. Il commento del
pescatore induce a pensare che Shelley
quasi si volesse suicidare nel mare:
“come
se tiandolo foa da l’aigua lu i gavese robà quarcò, forse er so dirito
de vive e moie come i oreva” (come
se tirandolo fuori dall’acqua egli [il pescatore] gli
avesse rubato qualcosa, forse il suo diritto di vivere e morire come egli
[Shelley] voleva).
Nel leggere questo racconto viene a mente un episodio accaduto qualche
anno fa nella cava del Mandraccio,
sul Muzzerone, sopra Porto
Venere. Un professore tedesco, vivendo l’energia di picco
di quel punto magico, si tolse le scarpe e si gettò in mare
dall’alto dei trecento metri dello strapiombo, morendo nell’estasi di
quel luogo, marcato dal
toponimo sacro della liturgia paleo-umbra. Mandraclo
o mantrahklu sta a significare, secondo il Maruotti, tovaglia sacrificale, mentre per Ancillotti e Cerri sta per strumento
per tergere le mani.
Si noti come nel testo di F. Chamoux – La civiltà della Grecia arcaica
e classica si legge: “Gli assistenti del sacerdote si lavano le mani per
purificarsi…”(pag. 186). Nel
leggere le stranezze di comportamento di Shelley, molta gente pensa che
questi anomali comportamenti dipendano dall’uso di stupefacenti. Dai
racconti della domestica Maria e del marinaio Beppe (nel dialetto
santerenzino “barba” sta per zio o per uomo saggio) non sembra
trasparire ciò.
Nel poema iniziato a San Terenzo “The Triumph of Life”
(Il trionfo della vita) cui Shelley si dedicava quando stava
in barca, egli ha
espresso l’attitudine della mente a vivere la pace mediante
la passione di una introspezione guadagnata attraverso la
sofferenza e attraverso l’errore vissuto e superato. In ciò è
contenuto, quasi imbalsamato, il vero spirito
dell’Italia che fu così caro al cuore di Shelley e che fu
innegabilmente così creatore
di potenza nella sua vita. Questo spirito gli impose di gridare “Then,
what is Life?” (ma allora, cosa è
la Vita?). Ma questa risposta è rimasta
inevasa, perché la sua barca è stata capovolta e fatta naufragare dal
fortunale che lo ha colto
dopo aver lasciato il porto di Livorno al mezzogiorno dell’otto luglio
1822. Perché egli fece quel viaggio? Per andare a trattare il progetto,
deciso e finanziato con
l’amico Byron, di fondare a
Pisa la rivista “Il Liberale”, facendo venire in Italia lo sfortunato
amico Leigh Hunt come editore della stessa. Hunt aveva la moglie invalida
e ben sette figli e poteva trovare così una buona sistemazione, anche
climatica, tenendo conto della malattia della moglie.
Dopo aver preso atto che Hunt si era ben sistemato in Pisa,
Shelley intraprese il viaggio di ritorno, che gli fu fatale. La volontà
di dare vita al progetto della rivista costituisce ulteriore prova della forza delle dinamiche mentali
che si liberano in quella “divina”
baia ove egli leggeva, veleggiava ed ascoltava musica incantevole (I
still inhabit this divine bay, reading Spanish dramas, and sailing, and
listening to the most enchanting music).
La liberazione di
dinamiche mentali, la maturazione di volontà rese difficili dalla
tempesta interiore che il
dubbio genera, è una esperienza che
emerge anche dai racconti di molti, fra le persone che vengono ad
assistere al fenomeno dell’apparizione della <farfalla dorata> nel
sito di San Lorenzo al Caprione, sito che è posto
su una delle” master-faults” attraverso le quali si è aperto, in
tempi remoti, il Mar Tirreno.
Peccato che anche
Lawrence, con l’avvicinarsi del rombo della Prima Guerra Mondiale, dopo
aver preso atto delle restrizioni e dell’imprigionamento, seppur
temporaneo, di amici inglesi che venivano a trovarlo, decise di lasciare
Fiascherino, impedendoci di poter fare analisi più lunghe sulla sua
produzione letteraria. La testimonianza nobile e
chiara fornita dal vissuto di Shelley potrebbe collimare con
l’ardimento di Byron, che volle recarsi
con il suo battello in Grecia per sostenere la rivoluzione dei patrioti
greci. Ed a Missolungi ebbe fine la sua esperienza di vita. Qualcuno potrà
rimanere dubbioso su questo accostamento, ma nella successiva storia del Risorgimento italiano gli eroici sacrifici dei
patrioti lericini e santerenzini ne sono conferma. Ben otto furono i
caduti della spedizione dei Trecento di Sapri. Numerosi furono gli atti di
coraggio compiuti dai nostri patrioti fra i Mille, tanto che Garibaldi
ebbe a dire: “Primi fra i migliori gli uomini di Lerici!”. Mazzini,
organizzatore più che combattente, dal canto suo esclamò, mentre in nave
viaggiava davanti alla nostra costa: “Lerici, castel di vita!”.
Egli ben sapeva quale era stato l’aiuto ricevuto dai padroni di
legni mercantili lericini nel trasporto
delle armi e del
denaro necessari
per la rivoluzione. Il padrone lericino
Ambrogio Giacopello dovette emigrare esule in Marsiglia, per non essere
imprigionato per i servigi resi a Mazzini. Sui legni lericini si
imbarcavano a Genova i giovani patrioti per venire sottoposti alla visita
di idoneità che veniva svolta dal
medico Bolognini. Da dove nasceva tutto
questo attivismo? Perché quando in Italia, nacquero le Società di
Mutuo Soccorso, fra le prime dieci ben due appartenevano a Lerici (la
Società Marittima e la Società Operaia)?
Aggiungiamo ancora
che un grande scrittore, noto in tutto il mondo come fondatore
dell’antropologia, igienista sommo,
precursore anche del nutrizionismo, Paolo Mantegazza, scelse San
Terenzo come sua dimora, dopo aver viaggiato
nei luoghi più belli e più famosi del mondo.
Stupisce che egli,
in una sua lettera del luglio 1897, si
sia lasciato andare a
espressioni che più attengono ai poeti anziché agli scienziati:
“Nessun
bagno vi è più poetico, più fresco, più adamantino; è come tuffarsi
nello zaffiro liquido…
È
un alternar sempiterno di freschi tepori
e tiepide frescure che incanta, che solletica e che innamora…”.
Bagno adamantino (che non si doma),
zaffiro liquido (gemma divenuta liquida) tepori…freschi (un ossimoro, cioè una espressione
“acutamente folle”, che contiene due termini semanticamenti contrari)
e frescure… tiepide (altra antitesi) ci riportano ad
atteggiamenti sinestetici.
Diremo ancora che
rafforzano in ogni modo
questa nostra convinzione i
versi di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, il poeta lunigianese che dettò
il testo della lapide che si legge sulla facciata della Casa Magni, la
bianca casa ove abitò Shelley:
DA QUESTO PORTICO
IN
CUI SI ABBATTEVA L’ANTICA OMBRA DI UN LECCIO
IL
LUGLIO MDCCCXXII
MARY
GODWIN E JANE WILLIAMS
ATTESERO
CON LAGRIMANTE ANSIA
PERCY
BISSHE SHELLEY
CHE
DA LIVORNO SU FRAGIL LEGNO VELEGGIANDO
ERA
APPRODATO PER IMPROVVISA FORTUNA
AI
SILENZI DELLE ISOLE ELISEE
O BENEDETTE SPIAGGE
OVE
L’AMORE, LA LIBERTA’, I SOGNI
NON
HANNO CATENE
27
OTTOBRE 1907
L’apporto
semantico dell’ultimo verso appare chiarissimo, e corrispondente,
in senso liberatorio, al verso di Shelley precedentemente citato,
in cui il “Cor Cordium” stigmatizza il peso delle catene di piombo:
Are
chains of lead around its flight of fire.
Si noti come
questa affermazione nasca dall’animo di un altro poeta
e non sia frutto di elaborazioni di taglio scientifico.
Bibliografia
specifica:
-
Augusto
Ancillotti & Romolo Cerri – Le Tavole di Gubbio e la civiltà
degli Umbri – Edizioni Jama,
Perugia, 1996
-
Armando
Baldassarii, Enrico Calzolari et
alii – Misteri di Lunigiana…quella divina lasagna – Luna Editore,
La Spezia, 1998
-
Sergio
Berti - articolo
“Misura della Heart Rate Variabulity (HRV) come indicatore
attendibile delle
interazioni tra uomo e ambiente “ – Bollettino n° 63 della
Asociacion de Estudios Geobiologicos GEA – Benicarlò (Spagna), 2009
-
F.
Chamoux - La
civiltà della Grecia arcaica e classica – Sansoni, Firenze,
……..
-
Enrico
Calzolari – Lerici, la storia in fotografia – Vol. I – Luna
Editore, La Spezia, 1991
-
Enrico
Calzolari – Gulf of the Poets: The Magic
of Caprione – Coedital,
Genova, 1995
-
Roberto
Chiari - Struttura della
Terra – appunti per studenti di geologia, Università di Parma, 1990
-
Roberto
Chiari - Percorsi
percettivi nelle Terre del Monferrato
(31 ottobre – 2 novembre1998)
– Dispensa per corso residenziale di geo-biologia,
Vignale Monferrato
-
Paolo
De Nevi - Magiche
Cinque Terre – Luna Editore, La Spezia, 1999
-
Guido
Guarini – La scelta di Shelley (Shelley’s
Chosse) – manoscritto della rappresentazione organizzata
in San Terenzo, nel Parco Shelley, nell’estate 2008.
-
Robert
Lawlor - Voices of the first day. Awaking in the Aboriginal
Dreamtime – Inner Tradition International
Ltd, Rochester, Vermont (U.S.A.), 1991
-
David
Herbert Lawrence – Selected Letters – Penguin Books, Middlesex,
London, 1976
-
Gerardo
Maruotti – Italia Sacra Preistorica, la dimensione europea delle
Tavole di Gubbio –Amministrazione
Provinciale di Capitanata, Foggia, 1990
-
Anna
B. Mc Maham – With Shelley in Italy – Benneson Mc Maham, London,
1905
-
Brian
Sykes – The Seven Daughters of Eve, The Science that reveals our
genetic Ancestry –W.W.
Norton & Company, New York, 2001
-
Virginia
Woolf - The Sickle Side of the Moon – The Letters of Virginia Woolf
(1932-1935) – Vol. V – Nigel Nicolson & Joanne Trautmann
Editors, London, 1979
NOTE:
Quest’ultimo è noto perché studiò
la serie numerica che assume l’appellativo di “Serie di Fibonacci”
(1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, ecc.). Anche negli animali si rinviene una
simile coincidenza di sviluppo numerico, specie nei gusci delle
chiocciole e del Nautilus (famiglia
dei Nautilidae).
Un esempio di fenomeno elettronico è il trasferimento di elettroni
necessario per far passare lo stato del metallo “ferro” da ferroso
a ferrico. Si tratta di una
trasformazione chimica da ferro bivalente a ferro trivalente
che avviene in presenza di ossigeno. Si noti che il ferro è uno dei
metalli più
abbondanti nella crosta terrestre. Nel nostro territorio segnaliamo in
proposito la miniera del Corvo, già utilizzata dai Romani ed ancora
in uso nel Medioevo da parte degli uomini di Barbazano (si veda il
contratto di Moroello del 1281) nonché la fonte ferrosa della
Ferrara, la cui acqua venne
anche imbottigliata agli inizi del Novecento, e che sembra aver
determinato, con la
presenza dei propri
fanghi curativi, addirittura la firma
di un atto notarile pubblico del marzo dell’anno 1000, da parte
di Adalberto dei Marchesi
Obertenghi di Vezzano Ligure, redatto nell’attuale toponimo Pantaié
del territorio di Ameglia, lungo la sponda del fiume, ove
egli con molta probabilità si recava
per i benefici della fango-terapia (Actum
loco Pantaleo feliciter).
Un esempio di fenomeno vibrazionale è l’oscillazione
dei gruppi chimici che
subiscono una eccitazione da radiazioni elettromagnetiche.
Sarà bene
ricordare, per le successive elaborazioni di questo dialogo,
che i gruppi chimici vibranti più importanti sono l’acqua
(H-O-H), l’ossidrile
(O-H) con i metalli ad esso legati, cioè Alluminio (Al-O-H), Magnesio
(Mg-O-H), Ferro (Fe-O-H). Per
capire perché la materia, interagendo con la radiazione
elettromagnetica, assorbe o emette energia, occorre chiarire che se la
materia fosse perfetta, l’eccitazione elettromagnetica non avrebbe
alcun effetto permanente su di essa. Infatti, passato il flusso di
radiazione, gli elettroni ed i gruppi vibranti eccitati
ritornerebbero ai livelli e nei siti della materia
precedentemente occupati. Poiché la materia non è perfetta nella sua
struttura, si avranno conseguenze (reazioni chimiche di assorbimento,
di soluzione, di scambio ecc.) che renderanno la materia capace di
interazioni (cioè la materia che vive,
che pulsa, reagendo a queste variazioni).(nozioni liberamente tratte da appunti
delle lezioni del prof. Roberto Chiari presso l’Università
di Parma)
riguarda la composizione dell’acqua, in termini quantitativi e
strutturistici.
I microtubuli delle proteine sono corpi filamentosi cilindrici e cavi,
che possono alternativamente polimerizzarsi e depolimerizzarsi (ancora
una volta emerge il
sistema duale, che tanto ha influenzato la simbologia, fin dalla
preistoria).
Ciò avvenne durante il soggiorno fatto poco prima dello scoppio della
Prima Guerra Mondiale a
Tellaro, o meglio a Fiascherino, nel Villino Sturlese-Gambroisier,
successivamente distrutto per
la costruzione di una villa. Contrariamente al vero, si indica oggi,
come residenza di D.H. Lawrence e della sua compagna baronessa Frieda
von Richthofen, la
casetta, egualmente rosa, che è sulla spiaggia, nella quale viveva
invece la famiglia della governante.
(Autore: dr.
Enrico Calzolari) |
|